Alphonse Marie Louis Prat de Lamartine

Poeta francese, Mâcon 1790 - Parigi 1869. Appartenente a una ricca famiglia di proprietari terrieri, trascorse l'infanzia nel podere di Milly, in un contatto con la natura che doveva rivelarsi poeticamente fecondo. Dopo gli srudi a Lione e presso il collegio dei gesuiti a Belley, visse l'esaltante esperienza di un viaggio in Italia, 1811-12, innamorandosi a Napoli di una fanciulla che rivivrà più tardi nel racconto Graziella, 1849. Nel 1816, ad Aix-les-Bains, conobbe Julie Charles, per la quale nutrì una viva passione, conclusasi, due anni dopo, con la morte della donna: a questo amore sono ispirate le Méditations poétiques, 1820, Meditazioni poetiche, che riscossero straordinario successo anche fuori di Francia. Nominato segretario di ambasciata a Napoli nel 1820, iniziò la sua carriera diplomatica, senza trascurare la produzione poetica: nel 1823 videro la luce le Nouvelles méditations poétiques, Nuove meditazioni poetiche e il poemetto La mort de Socrate, La morte di Socrate, fiaccamente ispirato al Fedone platonico. Addetto alla legazione di Firenze nel 1825, Lamartine pubblicò Le dernier chant du pélerinage d'Harold, L'ultimo canto del pellegrinaggio di Aroldo, che si ricollegava al poema di G.G. Byron: un verso infelice, che definiva l'Italia come " terra dei morti", attirò su Lamartine il risentimento di P. Giordani e di G. Giusti e provocò perfino un duello con Gabriele Pepe. Accolto, nel 1829, nell'accademia di Francia, Lamarine pubblicò, l'anno successivo, le Harmonies poétiques et religieuses 1830, Armonie poetiche e religiose. La rivoluzione di luglio del 1830 segnò il maturare, in Lamartine, della vocazione politica: l'ex legittimista passò nelle file dell'opposizione e, dopo un viaggio in Oriente, le cui impressioni furono raccolte in Voyages en Orient 1835, Viaggio in Oriente, fu eletto deputato nella circoscrizione di Bergues, 1833; dotato di scintillante eloquenza, Lamartine anticipò la rivoluzione del 1848 con discorsi e scritti storici, tra cui la notevole Histoire des girondins 1847, Storia dei girondini; era intanto proseguita la sua produzione poetica con Jocelyn, 1836, La chute d'un ange, 1838, La caduta di un angelo e i Recueillements poétiques, 1839, Raccoglimenti poetici. Protagonista delle tumultuose giornate del 1848, ministro degli Affari esteri nel nuovo governo repubblicano, Lamartine si presentò come candidato alle elezioni per la presidenza della Repubblica, ma subì uno scacco clamoroso, ottenendo solo 18.000 voti contro i più di 5 milioni andati al principe Luigi Napoleone. Ritiratosi a vita privata dopo il colpo di Stato di Napoleone III, ormai un sopravvissuto sul piano artistico, Lamartine fu assillato negli ultimi anni da problemi economici, che gli imposero uno sfibrante lavoro di pubblicista: tra le numerose ma mediocri opere dell'ultimo periodo merita di essere ricordato solo il Cours familier de littérature, 1856-69, Corso familiare di letteratura. Poeta esemplarmente romantico, Lamartine interpretò, con le Méditations poétiques, lo stato d'animo della generazione post napoleonica, stanca di guerre e ripiegata sulle fantasticherie amorose e malinconiche: suggestive per il ritmo fluente del verso e per i colori smaglianti delle immagini, le liriche di Lamartine peccano non di rado di trascuratezza stilistica e di inconsistenza sentimentale, ma non mancano in esse momenti di profonda umanità, come in Le lac, Il lago, alta celebrazione dell'inquietudine dell'uomo di fronte al destino. Al tono elegiaco della Méditations subentra, nelle Harmonies poétiques et religieuses, una più ampia dimensione religiosa, ma rimane immutato il tipico "irrealismo" di Lamartine, quella sua disposizione a un vago e impreciso sentimentalismo, che qui si ammanta di toni panteistici e orientaleggianti. Desideroso di temperare con una più robusta ispirazione epica la tendenza alla mollezza e al languore dei suoi versi giovanili, Lamartine intraprese una vasta epopea spirituale del destino umano con Jocelyn e con La chute d'un ange, un'opera, quest'ultima, di notevole interesse, malgrado la sua prolissità, per il rivelarsi di una componente sadica. La grandiloquenza di Lamartine fa le sue prove maggiori nei Recueillements poétiques, dove è sensibile l'influsso di V. Hugo, anche se non mancano ritorni a quel tono elegiaco nel quale si esprime la più autentica vena del poeta. Considerato dalla critica come uno scrittore di transizione, sensibile alle esigenze dei tempi nuovi, ma incapace di un profondo rinnovamento formale e stilistico, Lamartine è tra i poeti oggi non più attuali, forse perché la sua lirica è sovraccarica di quella "eloquenza" cui, secondo un noto giudizio di P. Verlaine, occorre inesorabilmente "torcere il collo".