Carlo Porta

Poeta italiano, Milano, 1776 - 1821. Interrotti gli studi umanistici, si impiegò all'Intendenza di finanza di Venezia, poi al Protocollo di Milano. Costituitasi la seconda Repubblica Cisalpina nel 1800, perse il lavoro, ma fu poi riammesso, 1804, nell'amministrazione statale, con la qualifica di sottocassiere, poi di cassiere generale presso il Monte Napoleone. Caduto il Regno d'Italia, Porta fu sospettato dalla polizia quale autore della Prineide, una dura requisitoria antiaustriaca che era invece stata scritta dall'amico T. Grossi: turbato dall'equivoco, fu sul punto di abbandonare la poesia. Nel 1816 istituì in casa propria una società di amici, la "Camaretta", e, nel 1817, aderì al romanticismo, fiancheggiando, insieme con A. Manzoni, il gruppo del "Conciliatore". Si spense prematuramente a soli 46 anni.

Di formazione illuministica, Porta svolse il suo apprendistato come poeta dialettale sotto l'influsso di D. Balestrieri, cui dedicò due almanacchi, dal titolo El lava piatt del Meneghin ch'è mort, 1792-93. La sua prima opera significativa è la traduzione in milanese, in ottave, di alcuni canti dell'Inferno dantesco, un Inferno meneghino, rivisitato in chiave comico-realistica, dove spassosissima è la trasformazione di Francesca da Rimini in una donna plebea che ha già il linguaggio spregiudicato e spavaldo della futura Ninetta del Verzee. Integratosi nel regime di Napoleone, per le cui nozze con Maria Luisa scrisse il Brindes de Meneghin all'Ostaria, 1810, Porta si entusiasmò per il decreto napoleonico della soppressione degli ordini conventuali e diede inizio ai suoi splendidi affreschi del mondo clericale, che suggestioneranno la fantasia di A. Manzoni, creatore di don Abbondio: Ona vision, 1812, dove a un pio sacerdote appare in sogno uno sconvolgente paradiso, popolato di poeti in odore di eresia, di massoni e perfino di plebei; Fraa Zenever, 1813 e Fraa Diodatt, 1813-14, vicende esilaranti di lardose figure di frati, dotati più di un gagliardo appetito che di qualità mistiche; e On miracol, 1813-14, dove il sentimento del divino è sottratto all'interessato monopolio del clero. Con le Disgrazî de Giovannin Bongee, 1812, irrompe intanto, nella poesia di Porta, il mondo popolano: la vicenda del meneghino "umiliato e offeso" dalla soldataglia francese offre al poeta il pretesto per un superbo pastiche linguistico, che fagocita nel dialetto milanese le espressioni in lingua francese. L'epopea comica delle prime Disgrazî in sestine si tinge di un tono patetico nelle Olter disgrazî de Giovannin Bongee, 1813-14, in ottave, preludendo alla situazione diversamente drammatica del monologo successivo, la Ninetta del Verzee, 1814: nella storia della propria perdizione, narrata con crudo linguaggio da un ex pescivendola, divenuta prostituta, a un occasionale cliente, non c'è ombra di compiacimento erotico, ma c'è la coerenza, portata fino all'estremo esito linguistico, di uno dei più grandi poeti realisti della nostra letteratura. Il malgoverno francese, fondato su tassazioni e spoliazioni, suscitava intanto il risentimento del Porta, che nell'aprile del 1814 scagliò contro i francesi in fuga il sonetto Paracar che scappee de Lombardia, uno dei testi più significativi della poesia politica italiana accanto al Brindes de Meneghin del 1815, pervaso da un ansioso desiderio di pace e da un vivo attaccamento all'operosa terra lombarda. Ma la restaurazione austriaca deluse le speranze del poeta, che tornò, con tono più risentito, ai motivi della sua prima produzione satirica; videro così la luce, nel 1816, una serie di capolavori: On esempi, dove appare un memorabile diavolo che parla in francese ma ha un modo di fare tutto ambrosiano; La messa noeuva, feroce ritratto di un devoto ipocrita e reazionario; On funeral (El Miserere), dove il pastiche portiano tocca un altro esito altissimo nel canto bilingue dei preti, che mescolano al latino dell'ufficio funebre il meneghino dei loro desideri gastronomici; El viagg de fraa Condutt, storia di un prete lercio e trafficone, dove la comicità di Porta raggiunge un vertice molieriano; il Lament del Marchionn di gamb avert, dove la vicenda di un povero sciancato, sublimato dall'amore paterno, perviene a esiti di struggente sensibilità elegiaca. Nel 1818, con le celebri ottave del Romanticismo, Porta aderì alla nuova scuola, rifiutando però certe fumisterie tedesche che ripugnavano alla sua formazione illuministica. La "svolta" romantica segna la nascita di due nuovi capolavori: la Nomina del cappellan, 1819, ripresa, in chiave comico-ironica, di un celebre episodio pariniano e denuncia vizi della società nobiliare, e l'Offerta a Dio o La preghiera, 1820, dove, nella blasfema preghiera di una nobildonna, la mistificazione religiosa si congiunge con la prevaricazione sociale. Una dura contestazione della corruzione del clero è infine presente nel Meneghin biroeu di ex monegh, 1820, che segna, nel fosco clima della Restaurazione, il risveglio morale che si era verificato nel popolano, non più disposto a curvarela schiena come ai tempi del Bongee. Figure esemplari di preti sono invece delineate nella Guerra di prêt, poema rimasto incompiuto: non nel tono smorzato e patetico, ma nella vigorosa polemica, condotta con l'arma micidiale della comicità, contro i vizi dei potenti e in difesa degli umili si manifesta pienamente il genio realistico di Porta.