Giovanni Berchet

Poeta italiano, Milano, 1783 - Torino, 1851. Di famiglia originaria della Svizzera, trascorse la sua giovinezza a Milano, alternando il lavoro di impiegato con gli studi letterari. Profondo conoscitore delle lingue francese, inglese e tedesca, lesse in originale le principali opere dei letterati romantici europei, tradusse anche da T. Gray, O. Goldsmith e F. Schiller, delle cui dottrine si fece, insieme con A. Manzoni, acceso sostenitore. Ne sono testimonianza una serie di articoli sulla rivista romantica "Il conciliatore" e soprattutto il famoso opuscolo Lettera semiseria di Grisostomo, 1816, in cui Berchet esortava i letterati italiani ad abbandonare la cultura accademica e l'imitazione dei classici per rivolgersi allo studio della letteratura straniera moderna, al fine di creare una letteratura più vicina alla realtà italiana ed espressa in una lingua più accessibile al popolo. Implicato nei moti carbonari del 1821, prese la via dell'esilio. Dalla Francia fece quindi sentire il suo fervore patriottico con il poemetto I profughi di Parga, 1822, cui fanno seguito da Londra le Romanze, 1822-24 e le Fantasie, 1829, tra le più calde pagine del nostro romanticismo risorgimentale. Dopo altri lunghi anni di esilio in Belgio, in casa Arconati, dove portò a termine la traduzione delle Vecchie romanze spagnole, nel 1848 rientrò in patria accolto clamorosamente; ma, dopo le cinque giornate di Milano, dovette riparare in Piemonte, dove fu anche deputato al Parlamento in appoggio alla causa monarchica. Anche al di là dell'autentico senso civile e patriottico della sua poesia, la figura di Berchet rimane tra le più significative di tutto l'Ottocento culturale italiano, quella dove meglio lo spirito romantico trova compiutezza d'espressione.