Johann Gottlieb Fichte
Filosofo tedesco (Rammenau 1762 - Berlino 1814), nato da una famiglia contadina, studiò, in condizioni precarie, teologia a Jena e a Lipsia. Nel 1790, iniziò lo studio sistematico di I. Kant, ne sviluppò le idee sulla religione nel 1792 - Ricerca di una critica di ogni rivelazione, che fu attribuita a Kant, ma poi lo stesso la riconobbe come lavoro di Fichte, nel 1794 divenne professore a Jena, dove rimase fino al 1799, anno in cui fu coinvolto nella "polemica sull'ateismo" che lo portò all'allontanamento dalla cattedra. Di questo periodo Dottrina della scienza; Dottrina morale; Fondamenti del diritto naturale. Successivamente insegnò a Erlangen e a Berlino, dove fu fondatore e rettore dell'università.
La sua filosofia viene definita come idealismo etico-religioso, per differenziarla dall'idealismo estetico-naturalistico di F.W.J. Schelling e dall'idealismo panlogistico di G.W.F. Hegel. Il principio fondamentale sta nella contrapposizione della deduzione metafisica o assoluta alla deduzione trascendentale di I. Kant, secondo il quale l'io consiste in una funzione finita dell'intelletto, attraverso la quale il molteplice dato dalla sensibilità viene ricondotto all'unità originaria dell'intelletto; viceversa per Fichte, l'io è un principio infinito e assoluto dal quale deve essere de-dotta l'intera realtà. La Dottrina della scienza espone i tre principi attraverso i quali si compie la deduzione: l'io pone se stesso; l'io oppone a se stesso il non-io; all'interno dell'io, l'io oppone all'io divisibile un non-io altrettanto divisibile. Il primo principio chiarisce che l'io è causa di se stesso e non può essere dedotto da una realtà antecedente; il secondo principio spiega come l'io sia produttore di tutta la realtà che da esso si differenzia (mondo, natura); il terzo principio mostra come internamente all'io infinito si distingua una molteplicità di io finiti (individui particolari) e di non-io finiti (oggetti particolari). Questi tre principi stanno alla base della metafisica, della gnoseologia (parte della filosofia che si occupa dell'origine, della natura, del valore e dei limiti della nostra facoltà di conoscere) e della morale fichtiana. La teoria della conoscenza è riconducibile a una dottrina della rappresentazione, attraverso l'immaginazione produttiva l'io pone il non-io (l'oggetto), ma poiché tale produzione è inconsapevole, il non-io si presenta all'autocoscienza dell'io come un dato da essa indipendente. La presenza di questo mondo esterno e oggettivo indipendente dall'io costituisce la condizione per la realizzazione della moralità. L'attività etica dell'io consiste nel comprendere che il non-io che a esso si oppone è in realtà una sua propria produzione: e siccome l'immaginazione produttiva continua a porre sempre nuovi non-io, l'esercizio della moralità consiste in una infinita attività di ricomprensione dell'oggetto nel soggetto, dove il non-io funge da elemento di resistenza che l'io pone a se stesso per realizzare lo sforzo che è connesso a ogni attività etica. Quindi l'etica di Fichte è una dialettica tra io e non-io, che lascia poco spazio ai rapporti tra i diversi io empirici. Questi rapporti sono oggetto del pensiero politico di Fichte, nel quale l'io determina a se stesso una sfera di libertà delimitata dalle sfere di libertà pertinenti agli altri individui. Tali giurisdizioni individuali sono definite dal diritto naturale, ma trovano la loro garanzia soltanto nella coercizione esercitata dallo Stato. Il pensiero politico è completato da uno scritto del 1800 -Lo Stato commerciale chiuso, dove elabora una concezione autarchica dello Stato, che deve chiudersi al commercio con l'estero per consentire una perfetta pianificazione dell'economia nazionale. La concezione della storia viene esposta nel 1806 - Caratteri fondamentali del tempo presente, in cui il processo storico è visto alla luce del passaggio da una ragione che s'impone attraverso l'istinto a una ragione che si realizza nella libertà, nel 1807-08 - Discorsi alla nazione tedesca, in cui viene prospettata la funzione di guida morale che la Germania deve svolgere in Europa. L'ultima fase del pensiero del filosofo è distinta dall'accentuarsi dell'interesse per la religiosità; nelle prime formulazioni della Dottrina della scienza, finito e infinito, mondo e Dio venivano a coincidere, a iniziare dal 1801 egli distingue tre realtà: l'Assoluto o Dio, il Sapere assoluto che è immagine di Dio, e il mondo che è copia del Sapere. Si viene così a creare un divario metafisico e assiologico tra il mondo e Dio che l'uomo può superare solo abbandonando la filosofia, la quale può giungere soltanto al Sapere, e intraprendendo la via della mistica.