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Platone: Vita e opere - Filosofia - Concezione dell'anima - Repubblica - Politico, Leggi - Timeo
PLATONE: il padre della filosofia.
VITA: Nasce ad Atene fra il 428 e
427 a.C. da una famiglia aristocratica (padre Aristone) che
vantava di discendere da Crodo, mitico re di Atene. Il suo vero
nome è Aristocle, Platone deriva forse dal fatto di avere le
spalle larghe o la fronte spaziosa. Crizia era lo zio della madre
di Platone, Pirilampo, secondo marito della madre, era amico di
Pericle. Nonostante ciò non si dedicò alla politica ma alla
filosofia. Aveva due fratelli, Adimanto e Glaucone, che compaiono
in alcune sue opere come interlocutori e una sorella, Potone, il
cui figlio Speusippo gli succederà alla guida dell'Accademia.
Platone compie 3 viaggi verso Siracusa (alla sua epoca la più
ricca e potente città della Magna Grecia, grazie al tiranno
Dionigi il Vecchio).
Primo dopo la morte di Socrate (l'incontro con questo il più
importante della sua vita) nel 399 a.C. viaggia per l'Italia dove
incontra Archita (pitagorico che gli salvò la pelle), poi va a
Siracusa dove frequenta la corte e diventa amico di Dione (fratello
di una moglie di Dionigi). Ma in un sogno Dionigi vede Platone e
così lo fa imbarcare su una barca che lo dovrebbe far tornare in
patria ma invece si dirige ad Egina (nemica di Atene). Qui viene
comprato come schiavo da Annicere di Cirene (socratico) che lo
libera. Platone vorrebbe ripagare a lui la somma che aveva speso
per acquistarlo ma questi rifiuta ed allora con i soldi Platone
si compra un terreno ad Atene dove poi sorgerà l'Accademia. Tra
386-366 a.C. fonda e dirige l'Accademia: ufficialmente
confraternita religiosa dedita al culto delle muse, in realtà si
praticava un insegnamento superiore per la riforma politica: se
la poleis democratica ha ucciso il più giusto fra i giusti (Socrate)
questa deve essere riformata, perciò inizialmente si istruiscono
giovani per governare, ma poi questo progetto fallisce.
Secondo (367-365 a.C.) dopo la morte di Dionigi il Vecchio, il
figlio Dionigi il Giovane chiama Platone per fargli da maestro ma
a causa di false voci e congiure di palazzo Dionigi esilia Dione
e Platone si lamenta rischiando grosso, poi fugge.
Terzo (361a.C.) Dionigi richiama Dione e insiste perché Platone
lo istruisca, ma Dionigi si rivela un pessimo allievo perché
semplifica troppo, vuole scrivere le lezioni e questo irrita
Platone. Dionigi lo consegna alla guardia e Platone è in balia
dei mercenari, ma Archita lo libera. Nel ritorno a casa passa per
Olimpia dove Dione sta preparando una armata per cacciare Dionigi.
Nel 353 Dionigi è cacciato ma Dione muore ucciso da un allievo
di Platone. Platone scrive allora la VII lettera (scrive molte
lettere ma non tutte sono autentiche: questa riporta però
informazioni attendibili, forse scritta da uno che lo conosceva
bene perché contiene note biografiche suj Platone) per
discolparsi di questa uccisione. 348-347 a.C. Platone muore
mentre scriveva le Leggi, opera incompiuta.
OPERE: è il primo filosofo con l'intera opera scritta, Trasillo
(I sec a.C.) ha riorganizzato tutti i suoi scritti: ci sono 34
dialoghi, 1 discorso (Apologia) e le lettere (che valgono quanto
1 dialogo) quindi si dice che ha scritto 9 tetralogie (9x4=36
opere). 5 dialoghi sono falsi, 1 è in dubbio. E' in dubbio la
datazione delle opere, per stabilirla si usano due criteri:
critica interna (richiamo di testi in altri testi che sono quindi
posteriori) e stilometrico (si guarda lo stile: conoscendo l'ultimo
scritto, si collocano gli altri a ritroso guardando le analogie
stilistiche). Combinando i due criteri si stabiliscono 3 periodi:
- dialoghi giovanili: prima della fondazione dell'accademia.
Molto vicini a Socrate (Apologia di Socrate, Eutifonte, Ippia
Minore, Protagora, Critone, ...)
- dialoghi della maturità (Eutidemo, Simposio, Fedone, Gorgia,
Cratilo, Repubblica, Parmenide, Fedro, Teeteto, ...)
- dialoghi della tarda maturità e vecchiaia (Timeo, Crizia,
Sofista, Politico, 13 lettere)
Ci sarebbero poi delle dottrine non scritte: Aristotele dice che
Platone esponeva oralmente teorie ai suoi discepoli (lezione sul
bene a sfondo matematico), rimangono inoltre frammenti di
Alessandro di Afrodisio che presentano dottrine diverse da quelle
scritte. Riguardo queste dottrine non scritte ci sono 3 posizioni:
- non ha mai professato dottrine profondamente orali e Aristotele
ha frainteso
- le dottrine orali sono la vera filosofia di Platone, i dialoghi
sarebbero solamente un'introduzione (tesi sostenuta dalla scuola
di Tubinga: Krämer, K. Gaiser e da Giovanni Reale nella sua
monografia a Platone).
- Le dottrine non scritte sarebbero solo l'ultimo insegnamento e
sono successive alla composizione della Repubblica: non sono il
vero pensiero d Platone ma la parte terminale.
A seconda delle tre posizioni cambia totalmente la visione del
filosofo: la prima è solamente una risposta semplice ad un
grande problema perché in alcuni scritti Platone si schiera
contro la scrittura: nella VII lettera dichiara che affiderebbe
il suo pensiero solamente ad un dialogo che nasce dal rapporto
diretto di una vita vissuta in comune; nel Fedro racconta l'origine
della scrittura: una storia ambientata in Egitto in cui Teut, dio
che inventa gli scacchi, la geometria e la scrittura, si vanta di
quest'ultima con il re di tutto l'Egitto, che dice che è una
grande sciagura epr l'uomo, perché darebbe meno spazio alla
memoria. La scrittura comincia a diffondersi nel V sec con la
democrazia ad Atene. Platone dice che:
- la scrittura non promuove apprendimento e vera sapienza perché:
1) le nozioni rimangono opinioni superficiali e non scaturiscono
dall'anima; 2) il discorso scritto è troppo rigido, non risponde
ai quesiti che il lettore rivolge; 3) esponendosi a tutti può
essere frainteso da qualcuno che può riportarlo tale.
- Diversi sono i discorsi scaturiti dall'anima. In un dialogo fra
due anime scatta un Eros. Nel dialogo forse c'é un'obiezione che
sorpassa la scrittura, perché riprende un discorso diretto.
Platone: Vita e opere - Filosofia - Concezione dell'anima - Repubblica - Politico, Leggi - Timeo
Si può approcciare la filosofia di Platone da vari punti di
partenza. Uno di questi è la politica: ha espresso in molti
luoghi il fatto che l'impegno politico nella poleis fosse
premente per lui, ma non si impegnò in politica per varie cause
che accadevano ogni volta che lui si fosse deciso: sotto i 30
tiranni riteneva che questi fossero troppo arbitrari e per quanto
riguarda la nuova democrazia, questa si era macchiata di un grave
delitto (l'uccisione del più giusto fra i giusti: Socrate). A
causa di queste delusioni si dedica alla creazione di un nuovo
modello di poleis che superi la crisi della poleis tradizionale.
Scrive 3 libri sulla politica: Repubblica, Il politico, Le leggi.
In ognuno di questi fa aggiustamenti, nell'ultimo cerca di
adeguarsi alla realtà moderna. Solo una retta conduzione del
potere può portare ad una città giusta e quindi a dei cittadini
giusti. Quindi o i filosofi vanno al potere o chi è al potere
diventa filosofo.
La politica viene intesa anche come impegno etico (palesa l'influenza
di Socrate): la filosofia è la somma conoscenza, chi la conosce
può fare il bene. Tutti possono imparare a governare (si
avvicina alla visione dei sofisti, di cui rifiutava però il
relativismo gnoseologico, al quale succede quello etico e poi
politico, imputando a quest'ultimo la caduta della poleis). Nel
Gorgia con un esempio rimarca una distanza fra la sua visione
politica e quella dei sofisti (la retorica è pari all'arte
cosmetica e culinaria, che non mirano al bene, ma a produrre
piacere con un abbellimento del corpo: la realtà non viene
incisa). La retorica mira a produrre persuasione, a cui oppone l'arte
politica: la filosofia mira a produrre la virtù (solo se so cos'è
il bene lo posso fare, in ciò consiste la salute dell'anima).
Per riuscire a governare gli uomini devo sapere che cos'è l'uomo
(antropologia platonica).
La virtù corrisponde all'armonia dell'anima e sostanzialmente
alla filosofia. Platone non accettava l'idea della filosofia che
viene dai sofisti, perché la sua filosofia si serve di un
modello che viene dalla medicina: la dieta, che è il
riequilibrio degli umori che stanno nel corpo. La dieta è un
vero e proprio modello di vita: l'equilibrio tra gli alimenti e l'esercizio
fisico. Cercare la dieta dell'anima è come saper armonizzare le
passioni con la ragione, sottoponendo la prima al volere del
secondo. Lo strumento per ciò è la dialettica. Gli equivalenti
del nutrimento sono i mathemata, che sono gli oggetti di
apprendimento, tra questi i è anche la virtù. Purtroppo la città
esistente non può spingere alla virtù, ma è quella delineata
da lui nella Repubblica.
L'intellettualismo etico viene portato alle estreme conseguenze:
chi sa che cos'è il bene continuerà a fare il bene, chi ha
fatto il male continuerà a fare il male.
Dottrina della conoscenza
I Greci chiamavano episteme la conoscenza chiara di un
oggetto e techne era la conoscenza pratica applicata all'oggetto.
Il problema della conoscenza in Platone prende il via da molto
lontano: il problema socratico della virtù: Socrate si chiedeva
se la virtù, etica e politica, fosse insegnabile, entrando in
conflitto con i sofisti. Platone va oltre Socrate e compie un
progresso in due direzioni:
1- non indaga solo la virtù politica ma anche valori tecnici e
pratici alla base delle techne
2- Platone supera il carattere aporetico (che non dava risposte)
di Socrate, dicendo che la virtù coincide con la scienza (episteme)
Platone divarica sempre di più le differenze fra episteme e techne, subordinando il sapere pratico a quello teorico. L'episteme
è la vera conoscenza. Il sapere teorico fonda quello pratico. La
scienza è un sapere universale, la tecnica uno individuale.
Nel Teeteto, Platone fa una critica radicale della concezione
sofistica del sapere, interpretandolo come una forma estrema di
relativismo. Il matematico Teeteto ha tre posizioni sul sapere,
che vengono smontate da Socrate perché ad ognuna manca qualcosa:
la prima dice che la conoscenza è sensazione (secondo la
concezione dei sofisti e di Protagora: l'uomo misura di
tutte le cose); la seconda che la conoscenza è opinione
vera; la terza che la conoscenza è opinione vera accompagnata da
ragione.
Platone è contro il relativismo gnoseologico , che è l'idea di
Protagora secondo la quale tutte le qualità sono vere perché
appaiono tali al soggetto e variano da individuo a individuo e da
momento a momento, e riporta questa tesi alla posizione eraclidea,
che sosteneva che tutto scorre: Panta Rei sembra
giustificare Protagora in quanto le sensazioni sono mutevoli.
Secondo questa tesi impropriamente diciamo che una cosa è bianca
e dolce, bisogna dire invece che questa cosa diviene bianca e
dolce. Non si potrebbe perciò fare scienza, per cui Platone
distingue opinione (diversa e particolare) da scienza (universale).
La teoria della conoscenza dei sofisti vale solo per l'opinione e
non per la scienza. La conoscenza non può essere basata su
sensazioni, non può essere opinione.
La sensazione si divide in due aspetti fondamentali:
1- è un processo fisiologico, uno stimolo fisico che innesca una
sensazione
2- è un processo psicologico in cui il soggetto interpreta lo
stimolo trasformandolo nella sensazione corrispondente.
Quindi noi conosciamo con l'anima o con i sensi? La risposta è
con l'anima perché indagando in questa troviamo le eidos, le
idee in cui si fonda la conoscenza. La conoscenza non può
partire dai sensi.
Il problema dell'arte:
Nel X libro viene spiegato il problema dell'arte, che è
legato a quello della conoscenza.
Platone a prima vista condanna l'arte e la esclude dall'educazione
della città. Nella Repubblica tutto è finalizzato al bene e
alla poleis, il bene coincide con il sole che illumina e idee.
Ma qual è il valore di verità dell'arte? La concezione di
Platone è che l'arte è la riproduzione della natura (detto imesis, perché imita, in quanto tutta l'arte antica è basata
sul concetto di imitazione). Per Platone questo è il limite dell'arte,
che non può essere scienza. Essendo l'arte imitazione delle cose
sensibili, che sono copie delle idee, l'arte è 3 gradi lontano
dal vero. Siccome il bene coincide col vero, l'arte è lontana
dal vero e viene espulsa dalla città.
Nei libri II e III si dice che l'arte non è solo uno scherzo o
un divertimento, ma è una cosa seria e corrompe l'anima
suscitando passioni e agendo in modo indiretto sull'anima.
Analizzando anche altre opere l'atteggiamento di Platone sull'arte
è più complesso. L'arte non viene associata all'idea di
bellezza, bensì a quella di Eros (nel Simposio). È possibile
conciliare l'inno alla bellezza con la condanna dell'arte perché
l'arte può educare l'uomo. Per Platone l'arte non ha autonomia,
può servire allo stesso tempo vero e falso e va controllata
dallo stato. È eccessivo considerare il discorso una condanna
totale all'arte. Anche in questo caso, non andando bene la teoria
tradizionale sull'arte, Platone sente il bisogno di creare una
nuova forma d'arte, che è la filosofia: l'unica accettabile. Nel
Sofista suddivide mimetica in icastica (copia perfetta dell'oggetto)
e fantastica. Platone propone un ritorno allo stile severo,
realistico (rappresentare le cose come le rappresenta la realtà).
C'è un'arte che Platone tiene in massima considerazione ed è la
musica. Questa era stata inserita nella Paidea perché insegna le
proporzioni geometriche, quindi è propedeutica alla matematica.
Nel Timeo, ad esempio, Demiurgo (che è l'artefice divino che ha
un progetto e lo trasforma in realtà creando il mondo) per
creare l'anima del mondo si serve di esatte proporzioni
matematiche. L'armonia musicale è il godimento per i filosofi.
Nel Fedro compare invece il mito delle cicale: ci sono alcuni
uomini che sono talmente tanto innamorati della musica che si
lasciano morire di fame. Le ninfe impietosite trasformano loro in
cicale. Queste chiedono alle muse chi coltivare la musica ed esse
rispondono che sono i filosofi.
La dottrina delle idee
La dottrina delle idee di Platone forse è ripresa da Socrate,
forse è sua personale. Forse è nel Fedone che viene meglio
spiegata: essa nasce da un approfondimento della concezione
socratica arrivando però ad esiti aporetici: Platone arriva a
trovare il che cos'è nelle idee (intese come
appartenenti all'ontologia: una realtà più vera e più
autentica di quella che conosciamo). La dottrina delle idee è
utilizzata contro al relativismo sofistico, a cui contrappone il
realismo gnoseologico: esiste una conoscenza che è universale e
necessaria, questa ci consente di cogliere le verità e l'oggetto
di questa sono le idee eterne e immutabili.
COSA SONO: Le idee sono l'oggetto della scienza: queste sono
immutabili e esistenti in sé e per sé.
QUALI SONO I TIPI: Esistono due famiglie inizialmente: le idee
insieme ai valori (che sono i principi supremi come bello o
giusto) e gli enti matematici (come l'uguaglianza, i numeri, il
maggiore...). Più tardi aggiungerà anche le idee naturali (come
l'umanità), quelle artificiali (come un letto) e negli ultimi
scritti (Sofista e Timeo) fa corrispondere ogni cosa ad una idea.
Le idee sono in ordine gerarchico: in cima ci sta il bene,
rappresentato dal sole, verso cui convergono tutte le idee.
Le idee sono criteri di giudizi delle cose. Le idee sono causa
delle cose (l'idea di penna è causa della penna che ho in mano).
Ma dalla difficoltà di esprimere questi concetti, Platone è
costretto a revisionare la sua dottrina delle idee:
1- Mimesis: le cose imitano le idee.
2- Metessi: le cose partecipano delle idee.
3- Parusìa: le idee sono presenti nelle cose.
Bisogna ora vedere dove stanno le idee (che sono cose realissime
ma invisibili): le idee sono trascendenti ed esistono oltre le
cose, è la tesi di Platone. Platone dice che sono nell'iperuranio
(oltre i cieli), oppure nel mito della Biga alata
nella pianura delle idee. Le idee esistono come enti matematici.
Ora analizziamo come si possano conoscere le idee: la teoria
della reminiscenza viene presentata nel Menone e nel Fedone.
Socrate propone ad un giovane schiavo un problema geometrico:
deve disegnare un quadrato di 2 piedi di lato e di superficie 4.
Che lunghezza avrà il lato del quadrato doppio del primo, chiede Socrate? Lo schiavo risponde senza problemi, seppur non sapeva
nulla né di matematica né di geometria. Questo, secondo Socrate-Platone,
dimostra che la conoscenza è dentro di noi. Secondo Socrate-Platone
il sapere che è dentro di noi, alla nascita viene dimenticato,
è poi la namnèsis che fa scattare dentro di noi il ricordo. L'apprendimento
è un processo di reminiscenza ed è possibile perché la natura
è una totalità di parti legate fra loro da affinità: è
sufficiente ricordarsi di una per ricordare le altre.
Il ragionamento causale (la ricerca della causa) coglie i
rapporti stabiliti fra le varie parti del sapere (come un
pescatore che tira la rete in cui ogni nodo rappresenta un sapere).
Conosciamo perché abbiamo tutto dentro. Il ragionamento per
causa è l'episteme, diverso dalla doxa che è un ragionamento
fluttuante.
Dottrina dell'Eros
C'è un rapporto fra la dottrina dell'Eros e dottrina delle
idee. È l'Eros lo strumento che spinge alla ricerca delle idee.
Questo tema è presente nel Simposio e nel Fedro. Nel primo
vengono descritti i gradi di bellezza, nel secondo c'è invece un
punto di vista soggettivo: l'aspirazione verso la bellezza (rappresentata
da un filo rosso che guida verso le idee). L'amore viene
considerato una forma di mania ed è un possesso divino. Anche la
poesia viene vista come una forma di mania. L'Eros è un daimon:
messaggero della divinità. Questo essere, presi dalla bellezza,
che si trova nelle cose terrene, può essere spiegato solo per
analisi.
Secondo Platone il discorso pedagogico dei sofisti era solo un'istituzione
tecnica, divisa dall'educazione morale. Platone fonde invece i
due momenti:
La conoscenza coincide con l'istruzione, che coincide con la
formazione morale. La virtù dipende dal sapere, il sapere
appartiene all'anima, quindi l'educazione ha a che fare con l'anima.
Viene poi espressa la teoria dell'anima tripartita. L'anima è
giusta quando c'è un equilibrio fra le parti. L'educatore ha il
compito di mantenere in equilibrio le parti dell'anima insegnando
un metodo che appunto le mantenga in equilibrio.
Il modello è il paradigma medico: nell'antichità si credeva che
il corpo fosse sano se ci fossero stati equilibri fra i vari
componenti. Educare equivale alla terapia dell'anima. L'anima
giusta viene paragonata all'anima sana.
Platone supera l'antitesi fra nomos e fusis, dicendo che non sono
in antitesi: per Antifonte (un sofista sostenitore del
relativismo gnoseologico) violando il nomos si può calcolare il
danno che può anche non esserci, violare la fusis determina
invece una sanzione. In Platone questa divisione viene cessata
perché nomos e fusis coincidono: la legge della città giusta
coincide con la natura stessa dell'uomo, che si riflette nell'anima.
Platone afferma che la giustizia coincide con l'utile, in quanto
realizza il fine assegnato all'uomo dalla natura. L'uomo non deve
scegliere tra bene e utile, ma deve capire che con il rispetto
dell'ordine normativo compie il bene. L'uomo libero è ordinato
ed equilibrato nell'anima, in antitesi con lo schiavo, dipendente
dalle passioni: Platone giustifica razionalmente questa divisione
fra gli uomini.
L'Eros in tutto questo ha il ruolo di educare, che significa
educare l'anima, che è tripartita, quindi l'educazione non
comprende solo quella intellettuale, ma di tutte le parti dell'anima.
Per istituire un giusto rapporto fra esse Platone suggerisce che
gli impulsi della passione e del desiderio devono essere oggetto
di Paidea ma vengono anche utilizzati per formare la personalità
dell'individuo. Solo se si motiva l'allievo lo si può educare.
Nel Simposio Platone recupera una vecchia tradizione greca: la
pederastia, intesa come rapporto tra un giovane e un uomo. Questo
legame era molto forte nel gruppo dei guerrieri e veniva usato
durante le migrazioni delle stirpi. Il rapporto viene usato nell'aristocrazia
ateniese. Platone stravolge questo legame, che inizialmente
veniva utilizzato per la trasmissioni dei valori sociali, ma all'epoca
c'era chi lo condannava, come i sofisti e chi invece lo ricercava.
Platone riafferma il valore positivo di questo rapporto perché
supera la convinzione comune che spinge l'amante (eraspes) verso
l'amato (eronemos). Per Platone l'Eros non è un'attrazione ma
una mancanza (dice ad esempio che Eros è brutto e cerca il bello,
è ignorante e cerca la cultura). Eros è un daimon perché è
nato da uno stupro al contrario: Pandemia, la dea povertà,
approfitta di Paros che è ubriaco. Da qui si deduce che Eros è
ambiguo perché ha caratteristiche sia del padre (espedienti per
conquistare ciò che non ha) che della madre (conquistare ciò
che non ha). Eros è il tramite fra cielo e terra ed è anche il
simbolo del filosofo che va alla conquista di ciò che non sa.
Eros può essere interpretato come impulso umano a possedere il
bene, che è l'immortalità. Ci sono due vie per arrivare a
questa: attraverso la generazione dei discendenti con una donna
oppure con una generazione con un uomo: in questo secondo caso è
l'anima che diventa gravida e genera ragionamenti che poi lascia
per l'eternità. Per questo l'incontro amoroso è educativo. Un'anima
aiuta l'altra a realizzare la propria vita. Alcibiade attua una
seduzione alla rovescia: è il giovane a cercare il vecchio (che
è brutto fuori ma bello dentro, una persona che dopo averla
ascoltata non puoi rimanere indifferente). Lo scopo di Socrate
era quello di spingere Alcibiade verso le verità, ma questo si
è fermato prima. Platone riconosce che anche l'eros del maestro
deve essere prima educato e solo chi è stato educato può
diventare maestro.
(E' questo che rappresenta l'amore platonico: scindere la
componente emotivo-mozionale da quella fisica)
Nel Fedro l'anima, rappresentata dalla biga alata, compie la
strada che porta all'Eros. L'anima mantiene comunque l'idea di
bellezza, che viene rappresentata come un filo rosso che conduce
al bene: ciò che è bello emerge subito (calos caia cazzos). Se
l'anima segue l'Eros va verso il mondo dell'essere e prende una
via razionale: l'Eros è la guida dell'anima verso il suo destino
(PSICACOGIA da psicacogo, persona che evoca i morti in una
cerimonia per i morti di cui non era stato trovato il corpo).
Viene attuata una vera e propria sublimazione dell'Eros, che da
oggetto sensuale diventa una creazione intellettuale. In un
rapporto amoroso la passione può essere anche deviata verso
altri oggetti, il che è compito della filosofia che guida alle
idee.
Revisione della dottrina delle idee
Platone, come sappiamo, divide il mondo delle idee (composto
da mimesis, metessi e parusia) dal modo sensibile, però, in seno
all'Accademia, ci sono difficoltà perché questa divisione non
viene ritenuta completa e adatta. Platone dà le soluzioni per
far accettare il suo modello revisionando la dottrina delle idee.
La revisione della dottrina delle idee si trova nei dialoghi
della vecchiaia (Parmenide e Sofista). I due problemi centrali,
che nascevano dalla base della metafisica, sono strettamente
collegati: il dualismo ontologico che c'era nella prima dottrina
delle idee diventa dualismo gnoseologico. I problemi sono:
1- Come concepire il rapporto fra le idee e la realtà naturale (quella
sensibile con cui noi veniamo a contatto)
2- Come concepire il rapporto fra le idee
Platone attribuisce alla dialettica il compito di superare le
contraddizioni sul dibattito svolto nell'Accademia sulla teoria
delle idee, ma in Platone la dialettica ha più significati (vedi
più avanti).
Il Parmenide e il Sofista sono collegati: nel primo evidenzia le
critiche alla dottrina delle idee, nel secondo propone la
soluzione attraverso il metodo dialettico.
Le critiche alla dottrina delle idee sono tre:
1- Riguardo alla relazione fra idee e oggetti sensibili,
ammettendo che alcune cose partecipino all'idea corrispondente,
ci si chiede: esse partecipano solo dell'idea intera o solo di
una parte? Tutte e due le vie portano ad una contraddizione: se
partecipano dell'idea intera, allora si arriva alla
contraddizione dell'uno e molti, se invece partecipa solo ad una
parte dell'idea, allora l'idea è divisibile ed in ogni cosa vi
è una parte: se le cose uguali sono tali perché in ognuna c'è
una parte di uguaglianza, allora sono uguali per qualcosa che è
meno dell'idea di uguaglianza.
2- Se le cose sono copie delle idee, allora le idee sono i
modelli si queste cose. Qui compare la famosa obiezione del terzo
uomo.
3- Questa obiezione non è presente nel Parmenide. Se l'idea è
un modello, avrà un valore in relazione alla cosa che questa
idea rappresenta. Che valore si attribuisce ad una idea di cose
che hanno poco valore?
Nel Parmenide queste obiezioni non trovano risposta. Parmenide
aveva risposto abolendo il molteplice, Platone va oltre e deve
affrontare il problema del non-essere. Non si può stabilire un
rapporto fra il mondo delle idee e quello sensibile come una
contrapposizione fra essere e non-essere perché altrimenti
Platone dovrebbe o convergere con Parmenide o sostenere che tutta
la realtà è apparenza. Non potendo rinunciare alle idee,
Platone nel Sofista preferisce rinunciare a Parmenide: è il
parmenicidio da parte di Platone.
Platone ritorna sul suo concetto di partecipazione non riferito
al mondo delle idee e a quello sensibile, ma solo al mondo delle
idee. Il rapporto fra le idee si chiama coinoia.
Platone articola il mondo delle idee non più in modo orizzontale,
ma verticale. Lo scopo è far riepilogare al mondo delle idee la
molteplicità delle realtà. Ogni realtà può essere
rappresentata come gerarchia fra idee. Un oggetto partecipa a più
idee, è un insieme di idee: l'idea singola è universale, l'insieme
no. Non si può mai giungere alla completa conoscenza dell'oggetto,
che è ineffabile.
Attraverso la dottrina dei generi sommi Platone spiega come le
idee possano comunicare fra loro.
Dottrina dei generi sommi
Un genere sommo è l'attributo fondamentale delle idee e
tutte le idee sono comprese in questi 5 generi sommi:
1- essere: ogni idea rientra nell'essere
2- identico: ogni idea è identica a se stessa e partecipa all'idea
di identità
3- diverso: già i primi due so diversi, quindi partecipano all'idea
di diverso
4- stasi
5- movimento
Il non-essere è inteso come diverso quindi se una cosa non è,
ciò vuol dire che è diversa da qualcos'altro.
Le relazioni fra idee si affermano con la dialettica. Gli Eristi
sostenevano che l'errore non esiste, perché se esistesse
vorrebbe dire ammettere il nulla. Per Platone, invece, fare un
errore significa dire le cose in modo diverso.
I Materialisti avevano ridotto il concetto dell'essere a
materialità (Democrito). Nel Sofista Platone afferma
che materialità e immaterialità non possono venire intese come
essere. L'unico modo per superare questa difficoltà è dire che
l'essere significa relazione quindi il nulla non esiste perché
non può entrare in relazione con alcunché. Questo è per
Platone uno strumento per conoscere le idee. Quindi, se l'essere
è un tessuto di relazioni, la dialettica è il definire la mappa
di tali relazioni.
Il metodo dicotomico
Il metodo dicotomico (deriva da tagliare)
consente di individuare le relazioni tra le idee.
Esempio: Cos'è un uomo? col metodo dicotomico ci si
può avvicinare a chiarire cosa è un uomo con tutte le relazioni
tra le idee. Innanzitutto, bisogna partire dall'idea più lontana
(essere vivente) poi gli esseri viventi si dividono in: esseri
selvatici, animali selvatici, animali domestici. Gli animali
domestici si dividono in acquatici e terrestri. Quelli terrestri
in volatili e pedestri. Quelli pedestri in quadrupedi e bipedi.
Quelli bipedi in piumati e impiumati.
Ogni volta bisogna seguire solo la direzione interessata,
tralasciando l'altra. Il metodo dicotomico consente di definire l'idea
di partenza. Più sono le biforcazioni, più l'oggetto è
definito precisamente.
Però ci sono 2 difetti in questo metodo:
1- Il punto di partenza è ipotetico, non c'è una regola da cui
partire, non c'è un criterio di inizio.
2- Tende a strutturarsi come ricerca inesauribile (si può andare
avanti all'infinito).
La soluzione a questi problemi verrà data da Aristotele.
Significati della dialettica
Il presupposto della dialettica è la comunicazione delle
idee e bisogna rifiutare gli Eristi e coloro che sostengono
affermazioni di tipo tautologico, al cui interno non ci sono non
vi è nessuna idea.
1- Il significato generale e principale afferma che la dialettica
è una discussione franca e aperta (come faceva Socrate) per
conseguire la verità, contrapposta all'eristica, modo di
discutere elaborato dalla terza generazione di sofisti che mirava
solamente a vincere le dispute.
2- È una dimostrazione per confutazione (come faceva Zenone) che
mira alla riduzione per assurdo.
3- Il metodo della filosofia (dire filosofia e dialettica è la
stessa cosa) definita sinossi (visione d'insieme): è la capacità
di andare oltre i particolari per cogliere cosa c'è dopo. Con
questa si arriva all'eidos (idea), vera e propria scienza della
realtà, che è la scienza delle idee. La dialettica è il metodo
(che significa percorso da metà + odos) per ricondurre ogni cosa
all'unità dell'idea a cui appartiene (nel Fedro viene definita l'arte
del ricondurre il molteplice all'uno).
4- Compare negli ultimi scritti (Sofista) ed è la visione più
matura: la dialettica è l'unione di sinossi e diaresis. Prende
il via dal metodo dicotomico: la dialettica funziona da una parte
con sinossi (da caso particolare si arriva a caso generale) e
anamnesis (da una cosa concreta si arriva ad un'idea), dall'altra
con diaresis (dal caso generale si arriva a definire una cosa).
Significato del mito
Il mito è una narrazione con valore simbolico, una storia
esemplare, un racconto che si contrappone al logos (che è il
ragionamento, una esplicitazione argomentata) e che manca di
concatenazione logica: afferma senza dimostrare perché il
racconto mitico non ha bisogno di argomentazioni per essere
accettato. Ci sono molteplici tipi di mito in Platone, ma si
possono raggruppare in 3 categorie principali:
1- mito prescientifico: il mito si riferisce a materiale
trattabile razionalmente ma Platone usa il mito per una forma
inferiore di trattamento che si serve di immagini sensibili perché
così risulta più efficace didatticamente (ad esempio il Mito
della caverna: Platone aveva già spiegato cos'era la conoscenza
ma si serve di un'immagine sensibile per spiegarla meglio).
2- mito postscientifico: il mito si riferisce a materiale non
trattabile razionalmente perché va al di là delle capacità
umane. Il mito rimane in questo caso l'unica forma di conoscenza,
che è sicuramente inferiore a quella scientifica (come ad
esempio nei miti escatologici, come quello di Er o di Crono e
Zeus. Infatti negli ultimi scritti Platone attenua il distacco
fra il mondo delle idee e la realtà sensibile ricorrendo ai
grandi miti escatologici)
3- mito cosmologico: in questo caso Platone non deve né esporre
con immagini né riferirsi a cose che vanno oltre la ragione. Il
mito è una trattazione verosimile (simile alla verità ma non è
la verità) di una materia che sta al di qua e al di sotto della
ragione per la natura del suo oggetto. Infatti vi è differenza
di principio fra carattere fisso e immutabile del mondo
intellegibile ("è sempre e non ha origine") e aspetto
variabile e instabile del mondo naturale ("nasce sempre e
mai non è"). Il cosmo è creato dalle idee, ma non è le
idee, è mutevole. Si può spiegare la realtà naturale solo
attraverso un mito. La natura è in continua mutazione e non può
essere oggetto di scienza. Nel Timeo lo studio della natura viene
descritto come uno studio moderato e ragionevole che il filosofo
può concedersi per riposarsi dopo la impegnativa speculazione
sulle idee. Giustifica così la trattazione filosofica della
scienza della natura. Le idee sono verità materiali che possono
essere conosciute solo dall'intelligenza, la natura invece si
conosce attraverso le sensazioni e la conoscenza che ne deriva
non è un sapere reale ma una congettura (non si ha mai la
certezza assoluta del sapere ma non è allo stesso tempo un
sapere nullo). Ciò non esclude che la conoscenza della natura
per gradi non possa arrivare all'esattezza delle conoscenze
matematiche e delle idee. Questo avviene se si assume come
ipotesi verosimile la conoscenza di una struttura razionale che
è preesistente.
Platone: Vita e opere - Filosofia - Concezione dell'anima - Repubblica - Politico, Leggi - Timeo
L'ANIMA NEL FEDONE
Vediamo nel Fedone un discorso sull'anima. Il Fedone, insieme al Critone e all'Apologia agli ultimi istanti
della vita di Socrate, che si intratteneva con discepoli e amici
prima di bere la cicuta. Il filosofo non solo non teme la morte,
ma la ricerca perché l'anima con la morte si stacca dal corpo.
Cerca prove dell'esistenza dell'anima e porta quattro argomenti,
che sono una presa di posizione rispetto alla tradizione
precedente.
La prova decisiva dell'accettazione dell'anima deriva dalla
dottrina degli dei, in cui l'anima ottiene una giustificazione.
Il corpo è la prigione dell'anima perché è fonte di errori. La
saggezza (Frònesis) si ottiene con il raccoglimento, la felicità
si ottiene solo dopo la morte. Ma Simmia e Cebete esprimono dei
dubbi: e se l'anima morisse con il corpo? Socrate
espone le sue prove:
1° argomento (ciclicità della natura): la realtà è formata da contrari (maggiore - minore)e la natura è ciclica (sonno veglia sonno). Se tutto in natura è così allora anche per la vita e la morte deve essere tale: se dalla vita si genera la morte, dalla morte si genera la vita.
La domanda è: l'anima può sopravvivere
svuotata?
2° argomento (reminiscenza, che si vede nel Menone: conoscenza
è ricordare): se conoscere è ricordare, l'anima deve aver già
conosciuto ciò che conosce e se l'anima prima di incarnarsi
esisteva, continuerà ad esistere anche dopo la morte, quindi
anche dopo la morte l'anima non perde le sue qualità conoscitive.
3° argomento (affinità): somiglianza dell'anima con l'essere incorporeo: i corpi sono dei composti, la morte è decomposizione dei legami: ciò che è eterno e incorporeo non è disfacibile, ciò che è corporeo si adatta al disfacimento. Siccome l'anima ci consente di venire a contatto con una realtà invisibile e incorporea deve essere della stessa natura di ciò che è semplice e immortale, quindi l'anima è immortale.
L'obiezione di Simmia è: Se l'anima è l'armonia del corpo, al venir meno dell'armonia del corpo viene meno anche l'armonia dell'anima. La risposta di Socrate: l'anima non è armonia: se conoscere è uguale a ricordare, l'anima deve preesistere, mentre l'armonia viene sempre dopo; dato che la virtù è uguale all'armonia dell'anima, se l'anima fosse armonia, non esisterebbe il vizio, oppure, visto che il vizio esiste, l'anima sarebbe disarmonica, il che è impossibile; se l'anima fosse armonia non potrebbe opporsi alle sue componenti, mentre l'anima controlla il corpo e le sue porzioni.
L'obiezione di Cebete è: L'anima
potrebbe consumarsi passando da un corpo all'altro come un
mantello.
4° argomento (partecipazione: legame fra idee e realtà
sensibile): bisogna fare un grande balzo intellettuale e
affidarsi solo alla purezza del logos: viene chiamata seconda
navigazione. Ammette l'esistenza di un mondo sovrasensibile (il
mondo delle idee) staccato da quello sensibile. Siccome ogni cosa
è quella che è per la partecipazione all'idea corrispondente (una
cosa è bella perché rientra nell'idea di bellezza), non è
possibile un passaggio fra idee contrarie. L'idea di anima può
partecipare solo all'idea di vita, perché da la vita al corpo,
non può partecipare all'idea di morte e quindi l'anima è
immortale (anima = non morte).
CONCLUSIONE: l'anima è principio di vita, il corpo senza di essa sarebbe inanimato, l'anima è il soggetto della conoscenza.
L'ANIMA NELLE ALTRE OPERE DI PLATONE
Nel Fedro, Repubblica e Timeo, l'anima è qualcosa di intermedio tra sensibile e intelligibile. E' un pezzo di quel mondo chiuso nel corpo che aspira a liberarsi da questo. Nel Fedone (che si ritiene anteriore agli altri tre) l'anima è prettamente religiosa, negli altri diventa politica. L'anima non è più contrapposta al corpo, non è più è unitaria ma tripartita per conoscenza, sentimento e volontà e c'è un conflitto psichico tra le varie componenti per il predominio. Le tre parti sono: razionale, arazionale o concupiscibile (spinge l'uomo verso i piaceri) e irascibile (sta con una o l'altra parte e determina il tipo di anima.
L'anima nel Fedro:
Viene illustrato il mito della Biga Alata: le anime prima di
incontrarsi procedono con cocchi alati in processioni. La biga
rappresenta l'anima, l'auriga l'anima razionale, ci sono poi due
tipi di cavalli: quello bianco che rappresenta l'irascibile e
quello nero che rappresenta il concupiscibile. Quando il cavallo
nero imbizzarrisce, la biga perde equilibrio e precipita, cadendo
in un corpo. La morale del mito è che il bene consiste nell'obbedire
alla ragione e resistere alle passioni. La morale ascetica che
consiste nel dominare le passioni e dedicarsi a passioni solo
spirituali.
L'anima nel Timeo:
Nel Timeo viene spiegato il mondo della natura. Le tre componenti
dell'anima vengono localizzate: quella razionale nella testa, l'irascibile
nel cuore e la concupiscibile nel basso addome. La virtù è l'armonia
dell'anima, che si deve subordinare alla ragione. Sognare è
importante e tocca alla ragione interpretare i sogni.
L'anima nella Repubblica:
Nella Repubblica si dice che, se le anime avessero tutte un
premio e un castigo, essendo limitate, a un certo momento non ce
ne sarebbero più da usare sulla terra, allora premio e castigo
sono limitati. La vita dell'anima è 10 volte 100 (1000 anni). Si
presenta il mito di Er, mitico e valoroso guerriero che risuscita
dopo la morte e racconta: i vari tipi (paradigmi) di vita che
ognuno può fare sono nel grembo della Moira Lachesi (figlia di
Necessità). L'uomo non può scegliere se vivere o meno, ma può
scegliere come vivere: Lachesi lancia in aria i numeri e
stabilisce l'ordine con cui le anime si possono presentare. La
scelta è conforme alla condotta di vita della vita precedente.
Qui l'intellettualismo etico viene portato alle estreme
conseguenze: chi sa che cos'è il bene continuerà a fare il bene,
chi ha fatto il male continuerà a fare il male. Passati 10000
anni tutte le anime tornano presso gli dei. Chi per tre vite
consecutive ha vissuto da filosofo, torna subito presso gli dei
nella pianura delle verità.
Platone: Vita e opere - Filosofia - Concezione dell'anima - Repubblica - Politico, Leggi - Timeo
Il tema più importante della Repubblica è
quello della città giusta. Qui c'è la fedeltà di Platone alla
visione classica del mondo greco: l'uomo di completa solo se è
al servizio della poleis (intesa come comunità e non come luogo
fisico della città). Nel Gorgia, che è uno scritto giovanile,
la virtù dell'anima equivale alla giustizia, il vizio all'ingiustizia.
La giustizia è una virtù essenzialmente sociale. Se la
giustizia è il bene dell'uomo egli realizza il suo bene se è in
rapporto con gli altri nella politica, che è la scienza del bene,
scienza della comunità, dove l'uomo si realizza completamente in
rapporto agli altri uomini: quindi l'etica equivale alla politica.
Il compito del buon governante è rendere migliore il cittadino,
quindi il modello è Socrate, il cui scopo era rendere gli uomini
migliori.
La Repubblica può essere interpretata diversamente: in chiave
dialettica, critica, ironica. Secondo alcuni voleva far
riflettere mostrando l'assurdità di un modello di poleis che sia
giusto. (Hans Geodem e Vadamer), secondo Quine voleva invece
realizzare veramente questo stato ideale, a Siracusa, ma incontrò
delle difficoltà che lo portarono a rivedere le sue idee e a
scrivere Le Leggi.
La repubblica è un testo composto da 10 libri. C'è una netta
differenza fra il primo libro (probabilmente scritto in età
giovanile) e glia altri 9.
Primo libro:
Personaggi: Socrate, Polemarco, Cefalo, Trasimaco.
La scena si svolge nella casa di Chefalos, meteco (ospite di
Atene, nella quale non poteva avere potere politico), ricco
fabbricante d'armi, che pone la domanda: che cos'è la
giustizia? Secondo lui, essendo un mercante, significa
mantenere la parola data negli affari. Socrate gli risponde che
non è una risposta soddisfacente. Allora interviene il figlio di Chefalos,
Polemarco, che dice che giustizia significa far danno
ai nemici e far l'utile degli amici. Socrate risponde che neanche
questa è una risposta esatta. Trasimaco ritiene che la giustizia
non esiste; giusto è ciò che sembra utile al più forte, il
quale spaccia il proprio utile per giustizia. La poleis nasce in
seguito ad un atto violento da parte di chi impone il proprio
potere sugli altri. Stolto è colui che frena i propri stimoli
per amore della giustizia (questa interpretazione riflette un
aspetto dell'Atene di fine V secolo). La sua è una posizione
cinica ma realistica, allora Socrate per dare una risposta
reimposta il problema, cosa che accade nel secondo libro. Segue
quindi lo slittamento del problema, che diventa: quando è
giusta la poleis?. La tesi è che l'uomo è giusto quando
è giusta la poleis: da qui parte l'illustrazione del concetto
ideale di poleis illustrato nella Repubblica. Lo stato ha alla
base la divisione del lavoro. Diverse attitudini dei singoli che
si specializzano e possono fare il bene di tutti. Occorre creare
la comunità in cui è possibile organizzare il soddisfacimento
dei bisogni di tutti specializzandosi tre classi di cittadini:
produttori (ognuno produce con interesse proprio), guerrieri e
governanti (entrambi custodi nell'interesse dello stato). Ad ogni
classe corrisponde un tipo di anima, in modo da averle tutte tre
per formare lo stato ideale.
Secondo libro:
Socrate deve riproporre il tema in modo diverso e inizia a
chiedersi: quando è giusta la città?
Secondo Socrate l'uomo è giusto quando è giusta la poleis.
Inizia così a delineare il modello di stato ideale e giusto:
crea la Repubblica. La poleis nasce per la divisione del lavoro (che
si trova anche in Protagora e Aristotele): è meglio
specializzarsi, ma bisogna avere delle regole comuni. La
divisione dei lavori, che è alla base della poleis, è la
conseguenza della naturale diversità di un uomo dagli altri
uomini. Ciascuno è in relazione all'anima che si ritrova.
Ai tre tipi di anima corrispondono tre tipi di classi: chi ha l'anima
razionale sarà portato a governare gli altri: i filosofi-governanti,
chi un'anima irascibile o impulsiva sarà guerriero, che è
capace di perdere la vita per un ideale), chi un'anima concupiscibile, sede dei desideri, farà parte della classe dei
produttori: contadini, artigiani, mercanti.
La comunità ideale è un organismo vivente: immagine reale e
ingrandita dell'uomo. La poleis è un uomo grande, composto da
tre classi in cui predomina un tipo di anima. Così come l'uomo
è armonioso se sottostà all'anima razionale, così la poleis è
armonioso se si sottomette ai governanti.
A ogni uomo corrisponde una virtù: ai governanti la saggezza, ai
guerrieri il coraggio, i produttori condividono invece la virtù
della temperanza (che significa tenere a freno i desideri).
Io vengo educato a fare la mia parte e questo è giusto, quando c'è
la giustizia nella poleis c'è anche nel singolo. Il giusto è
felice perché c'è la giustizia, che è l'armonia dell'anima.
2 sono le condizioni che possono realizzare la città ideale:
1- che i filosofi vengano chiamati al governo o che i governanti
vengano educati alla filosofia (strada tentata nell'Accademia).
Per questa si rifà all'esempio di Archita di Taranto, filosofo-governante.
2- che la classe dei custodi (guerrieri e governanti) abolisca la
proprietà e la famiglia (comunismo di Platone). Qui un esempio
può essere quello degli Spartiati a Sparta che avevano terre
comuni, ma non famiglie.
Nel libro è presente anche l'addestramento dei governanti: il
curriculum che devono svolgere le classi dominanti (tradizionale
nella cultura greca da Omero in poi), chiamato Paidea, non si
basa su livelli cronologici, ma su studi svolti fin dalla prima
giovinezza.
1° livello: musica e ginnastica + addestramento militare
2° livello: per la preparazione intellettuale e politica:
discipline matematiche, musica e dialettica. Ogni disciplina
plasma una qualità dell'anima: la musica plasma il carattere
nella temperanza e nell'amore per le proporzioni e ingentilisce l'animo
irascibile. La ginnastica serve per mantenere il corpo sano e
sviluppare volontà e coraggio. Tempera l'elemento irascibile e
lo conferma nella fermezza; l'esperienza di guerra abitua al
coraggio.
La scelta dei guardiani viene fatta attraverso una selezione che
sceglie i migliori in base alla fatica, al dolore e alla gara (si
ispira in ciò agli allevatori).
La geometria non va imparata per il suo valore pratico ma solo
per esercitare l'anima razionale, inoltre non va studiata in
senso specializzato.
Lo studio della dialettica dura 5 anni + 10 di tirocinio
Dopo 50 anni può finalmente diventare filosofo-governante.
Quinto libro
Nel V libro compare il cosiddetto comunismo platonico:
il comunismo di Platone prevede la comunanza dei beni e delle
donne. Parte da un bisogno etico - politico: l'unico modo per cui
i governanti badino agli interessi comuni è quello di togliere
loro i maggiori istinti individuali: la proprietà e la famiglia.
Non traspare che questa comunanza valga anche per la terza classe,
ma sicuramente per le prime due. Platone libera così le donne: l'educazione
è la stessa degli uomini e possono diventare guerrieri e
governanti.
Si stabilisce inoltre la comunanza dei figli: appena nati vengono
tolti alla madre e partecipano poi ad una educazione collettiva,
che li spinge verso il servizio alla poleis, in quanto ogni
cittadino potrebbe essere il genitore del ragazzo. In seguito
vengono selezionati i migliori per governare.
Sesto libro
Nel sesto libro viene presentata la dottrina della conoscenza:
Socrate in relazione alla preparazione dei filosofi parla dell'idea
della conoscenza. Fa l'esempio della retta, cercando di chiarire
con proporzioni l'apprendimento della conoscenza. È presente un
dualismo gnoseologico - ontologico: due tipi di conoscenze che si
rivolgono a due tipi di oggetti. Nel distingue l'episteme,
scienza necessaria e universale, nel campo gnoseologico, dalla doxa, conoscenza non universale e contingente, nel campo
ontologico. Le idee rappresentano l'essere in senso pieno.
La linea rappresenta la conoscenza (sensibile e
intellegibile),
i segmenti i vari livelli della conoscenza.
I primi due gradi corrispondono al sapere sofistico, gli altri ad
un sapere intimo dell'anima.
Distingue i gradi in base agli oggetti: eikasìa non sono oggetti
veri, ma immagini degli oggetti, la pistis immagini reali, la
dianoia sono gli enti intelligibili che possiedono universalità
(e comprendono dalla matematica alla propedeutica alla dialettica).
I limiti di questi sono: 1-i matematici si affidano a figure che
sono limitate alle figure sensibili; 2-nelle teorie matematiche
si parte sempre da assiomi che riteniamo veri ma non sono
dimostrati tali e quindi le costruzioni matematiche non sono
fondate in modo rigoroso. Siccome gli interlocutori facevano
fatica, Socrate fa un esempio: il mito della caverna: un uomo
viene tenuto prigioniero in una caverna fin da tenera età ed è
incatenato in modo che veda solo la caverna: egli vede la realtà
per le ombre che passano sull'imboccatura della caverna (eikasìa).
L'uomo viene poi girato e in un primo momento è abbagliato, poi
è confuso e scopre che ciò che vedeva erano soltanto statue
portate da schiavi nascosti dietro un muretto (pistis). La
caverna è il nostro mondo e l'esperienza del nostro mondo. Poi
esce ed è abbagliato e non vede oggetti veri ma è costretto a
guardare in basso dove vede ombre di oggetti veri (diànoia). Una
volta abituato può vedere oggetti veri (nòesis). Adesso che
vede questo pensa di renderne partecipi anche i suoi compagni e
ridiscende nella caverna. Torna quindi nuovamente alla cecità e
quando racconta del mondo più vero viene deriso e se continua può
finire per essere ucciso. Si può vedere il destino dell'uomo o
del filosofo.
Secondo G. Reale, questo mito può avere varie spiegazioni:
1- La caverna rappresenta gli stati ontologici della realtà
2- La caverna rappresenta i gradi della conoscenza
3- Il significato della caverna è l'aspetto acetico-mistico di
Platone: la vita con le sue sensazioni è quella della caverna ed
è senza luce.
4- La concezione politica di Platone: il ritorno dello schiavo
rappresenta il ritorno del filosofo politico che non è capito.
Ottavo libro
In questo libro Platone evidenzia anche le possibili forme di
decadenza in cui potrebbe sprofondare la sua città. Facendo ciò
rettifica il modello delle divisioni in classi dello storico
Erodoto. La costituzione è un modello con cui confrontare la
realtà: esistono quattro modelli di costituzione.
La forme di decadenza sono sempre più peggiori scendendo:
1- Timocrazia: il governo passa dai filosofi ai guerrieri
2- Oligarchia: il governo dei più ricchi, in cui c'è l'amore
per il denaro
3- Democrazia che è uguale all'Anarchia: il popolo si ribella e
prende il potere
4- Tirannia: un capo del popolo si impadronisce del potere
Decimo libro
In questo libro compare la prima versione della dottrina
delle idee, poi revisionata nei dialoghi della vecchiaia.
La dialettica è la scienza della sinossi (visione unitaria che
sa cogliere gli aspetti della realtà). Il bene è più che un'idea:
chi lo conosce lo realizza. L'idea è il modello da cui
discendono tutte le cose.
Nella Repubblica Platone unisce politica, etica, psicologia (intesa
come scienza dell'anima) e metafisica.
Il migliore degli uomini è il filosofo, perché è quello che più
somiglia ad un dio, il tiranno è invece il peggiore degli uomini,
il più bieco e anche il più infelice perché non ha amici e ha
sempre paura di essere ucciso.
Platone rifiuta la democrazia (quindi secondo Popper Platone è
il padre del totalitarismo occidentale). Attinge per questo alla
critica alla democrazia diffusa tra gli ambienti aristocratici
del IV-V sec, oltre alla molte critiche che circolavano in
ambiente socratico perché la democrazia aveva ucciso Socrate.
Platone sostituisce però alla democrazia una città ideale, che
forse voleva realmente realizzare, ma gli interessano le
condizioni con cui realizzarla, non il tempo. Questa città
ideale non è un ritorno al passato, ma un modello con cui fare
un confronto critico con gli stati attuali.
Platone: Vita e opere - Filosofia - Concezione dell'anima - Repubblica - Politico, Leggi - Timeo
Nelle ultime opere Politico, Timeo
e Leggi, Platone, essendo più vecchio e vicino alla
morte, vuole giungere alle conclusioni del suo pensiero. Ha varie
delusioni in questo periodo: l'Accademia lo critica, il tiranno
di Siracusa non è convertito al suo pensiero, la politica della
polis è compromessa, il pensiero scientifico diventa autonomo
dalla filosofia.
Platone vuole saldare il rapporto tra sapere e potere e vuole
unificare maggiormente il sapere (avvicinare il sapere dialettico
alle scienze).
Nelle Leggi e nel Timeo Platone unifica
la spaccatura tra idee e mondo empirico e tra sapere epistemico e
mondo della natura. In questo periodo abbandona la dialettica e
valorizza la matematica come chiave di unificazione. In questi
scritti c'è la tendenza ad avvicinarsi alla realtà e ad
abbandonare il modello ideale.
Nel Politico compare il mito dell'età di Crono e
dell'età di Zeus: l'età di Crono (che è il padre di Zeus) è l'età
dell'ordine perché gli uomini sono governati dagli dei, mentre l'età
di Zeus è l'età del disordine perché gli uomini sono governati
da altri uomini. Nel Politico Platone vuole ricreare l'antico
ordine, creando la perfetta figura del governante. Il politico è
un abile tessitore che ordina il carattere degli uomini dalle
diverse arti in un unico tessuto, è il padrone della dialettica
e governa da solo la città. Non ha bisogno di leggi, che
spiegano come intervenire in casi generali, ma non nei casi
particolari che accadono quotidianamente, quindi Platone mette da
parte la divisione in classi.
Platone fornisce una classificazione delle costituzioni e
distingue 3 che rispettano la legge, buone, e 3 cattive. Questi
sono i modelli:
1- Monarchia, buon modello, in cui governa un uomo solo, il buon
politico, assistito da un concilio. Ad esso corrisponde la
Tirannia, cattivo modello, in cui governa sempre un uomo solo ma
senza regole, il tiranno, che è il più abietto degli uomini.
2- Aristocrazia (da aristoi = i migliori), modello buono in cui
governano pochi migliori e Oligarchia, il governo arbitrario di
pochi, cattivo modello.
3- Democrazia regolata, buono, governo di molti e Democrazia
estrema, cattivo, governo senza regole della moltitudine.
In scala il migliore è la Monarchia, poi l'Aristocrazia, la
Democrazia regolata, la Democrazia estrema, l'Oligarchia e infine
la Tirannia.
Nel Politico Platone ritiene superflue le leggi, ma nelle Leggi
le rivaluta, ma è una contraddizione apparente. Se il politico
è l'immaginario ordinatore delle leggi la contraddizione
scompare perché le leggi mantengono cristallizzate la scienza
del governo e politica. Le leggi sono un insieme di consuetudini.
Nelle Leggi Platone fa uno sforzo per avvicinarsi ad un
programma concreto: si occupa della città seconda, la poleis
realizzabile nella storia, che deve essere governata da leggi.
Questo è il contrario della Repubblica in cui parte dalla
giustizia e le leggi apparivano solo come degli elementi
accessori.
Per analizzare quali siano le leggi migliori Platone procede a
determinarle attraverso un excursus storico, analizzando le leggi
delle poleis, di Creta, dei Persiani etc. Individua in fine nella
democrazia greca e nella monarchia persiana le matrici (i modelli
di base) di tutte le costituzioni. La migliore costituzione sa
riunire ciò che c'è di più valido in ciascuno dei tre modelli
buoni di costituzioni: per la monarchia la concordia, per l'aristocrazia
la saggezza e per la democrazia la libertà. La migliore
costituzione è quella mista, come a Sparta, in cui il potere è
in mano ad un monarca, che viene controllato da una aristocrazia
e da un'assemblea del popolo.
Nelle Leggi Platone crea il miglior modello realizzabile nella
realtà, mettendo da parte la distinzione in classi. Tutti i
cittadini, se proprietari, possono partecipare alla politica.
Abbandona il terreno della mediazione e dell'educazione e impone
un modello autoritario. Le Leggi sono rigide e immutabili, chi
attenta alle leggi viene condannato con durezza. Per questo
elabora una complessa teologia astrale. Il divino si identifica
con l'ordine, il cui esempio più eclatante è il cielo. Se c'è
ordine nel cielo c'è ordine in tutte le cose. La teologia
astrale è fondamentale per l'azione dei governanti e prende il
posto della dialettica che c'è nella Repubblica. Viene
condannata ogni forma di ateismo. Accanto agli organismi elettivi
c'è il Potere occulto: un consiglio notturno, un organo segreto
e ristretto che si riunisce nelle notti senza luna. È formato
dai 10 cittadini più saggi ed ha il vero potere sulla città e
un controllo insindacabile.
Platone: Vita e opere - Filosofia - Concezione dell'anima - Repubblica - Politico, Leggi - Timeo
Nel Timeo Platone valorizza la matematica (che
nella Repubblica è la dianoia, contenuta nell'episteme), che
assume un ruolo sempre più importante. Cerca di colmare con la
matematica il mondo delle idee e quello sensibile.
Nella 1^ PARTE Platone cerca di dimostrare che le società umane
hanno un andamento ciclico. Il narratore non è più Socrate ma Crizia, zio della madre di Platone, che aveva saputo da suo nonno,
Crizia il Vecchio, il racconto del mito di Atlantide, il quale a
suo volta lo aveva sentito da Solone. Nel mito si dice che la
città ideale è la Costituzione di Atene capace di sottomettere
Atlantide. Atene però, così come Atlantide, viene distrutta da
un cataclisma e gli ateniesi sopravvissuti devono ricominciare da
capo la loro vita e sono costretti a vivere in modo primitivo.
Questo mito si ricollega a quello greco di Deucalione e Pirra,
che dopo il diluvio universale iniziano una nuova fase della
civiltà. Tutto questo spiega l'ordine ciclico della natura: i
cicli storici diventano cosmologici. Il gigantesco mito dell'origine
del mondo viene affidato a Timeo di Locri, illustre scienziato
della Magna Grecia vissuto ai tempi di Platone.
La narrazione del Timeo, avendo come oggetto il mondo sensibile,
non ha carattere scientifico. Platone riconosce qui la legittimità
di una trattazione sulla natura, che non ha valore solamente come
opinione (doxa). La doxa non è più contrapposta alla verità,
non è più sinonimo di errore. Attraverso il mito cosmologico
alcuni aspetti della doxa si avvicinano alla verità. Platone
distingue quindi un'opinione vera da una falsa: all'opinione vera
corrisponde un ambito distinto, anche se non coincide con la
verità filosofica, che si traduce in mito cosmologico.
Nel mondo naturale si sviluppa un discorso verosimile (mytos + eikos) che non è più opinione falsa ma doxa vera,
che non può essere e non potrà mai essere episteme perché l'episteme
si ha solo con le idee, ma essendo il mondo sensibile immagine
delle idee è necessario ammettere una certa analogia tra i logoi
(plurale di logos=sapere della ragione) inconfutabili delle idee
e quelli più incerti delle immagini; è per questo che si può
tradurre in mito cosmologico. Platone riteneva di poter
rappresentare il divenire attraverso un discorso verosimile, che
è il mito cosmologico. Per poter sviluppare questo mito ho però
bisogno di tre elementi:
1- il modello o paradigma esemplare ed eterno
2- un artefice che faccia da mediatore fra il mondo intellegibile
e quello sensibile: il demiurgo, che è l'artigiano, il
legislatore, colui che mette ordine
3- il luogo o chora: qualcosa a metà fra lo spazio e la materia
informe
Nel Timeo Platone collega il matematismo al
finalismo. Siccome il cosmo ha un fine Platone lo immagina come
un gigantesco essere animato perché è superiore a chi non è
animato perché ha un'anima. Il Demiurgo crea l'anima del mondo (
che è il primo prodotto) incorporea in quanto principio della
trascrizione dell'ordine ideale costruita secondo rigore delle
regole matematiche. Il finalismo è dovuto all'anima del mondo
che ha anche previsto l'ordine degli astri. Per Platone la causa
ultima di tutto ciò che accade sono le cause finali.
Platone concepisce il mondo di forma sferica e al suo interno ci
sono i quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco) che a loro
volta sono formati da 5 solidi regolari invisibili che possono
essere ridotti a triangoli regolari. La terra è costituita da
invisibili cubi (stabili), l'aria da ottaedri (mobili), il fuoco
da tetraedro (appuntiti), l'acqua da icosaedri. Platone dice che
il Demiurgo utilizza il dodecaedro per decorare l'universo. Uno
dei problemi centrali è quello del tempo, definito da Platone
immagine mobile dell'eternità. Platone lo misura in
relazione al moto degli astri (circolare). Il modello ideale è
senza tempo, nell'iperuranio non ha senso parlare di tempo, in
quanto le idee sono atemporali. Il tempo è scandito dal moto
circolare degli astri, attraverso il moto degli astri gli uomini
sono riusciti a calcolare il tempo, che ritorna su se stesso e
rappresenta bene la perfezione dell'eternità. Il tempo nasce con
l'anima del mondo Il moto degli astri è quello che ricorda più
da vicino il tempo e il moto degli astri sembra ripercorrere l'assenza
del tempo.
Il Timeo in definitiva si basa su due capisaldi:
1- l'idea di un'intelligenza ordinatrice e finalista alla base
della natura
2- la cosmologia matematizzata
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