Osama

 

La sfida del terrorismo integralista non attacca quel che c'é di ingiusto nella società occidentale. Non ne contesta le diseguaglianze, le violenze, la repressione, l'alienazione. Anzi. Quando rientra in Arabia Saudita dopo aver combattuto contro i sovietici in Afghanistan, Osama bin Laden non chiede che i lavoratori immigrati, filippini o palestinesi abbiano un aumento dei loro salari miserevoli, sindacato, o diritti pari a quelli di privilegio feudale dei sauditi. Non chiede che i favolosi profitti del petrolio e degli imperi immobiliari, che hanno costruito la fortuna del clan Bin Laden, vengano in parte reinvestiti nello sviluppo, magari a Gaza o in Cisgiordania. No: chiede che gli americani lascino i sacri luoghi e si allontanino dalla Mecca. Alla fine - è meglio non stancarsi di ripeterlo, perché questo è il nodo strategico difficile da comprendere per l'opinione pubblica occidentale - Bin Laden propone a Usa ed Europa un patto di non aggressione. Voi di là, noi di qua. Il suo nemico è la civiltà globale, i liberi viaggi, il fatto che gli Stati Uniti possano mandare un ambasciatore donna in Pakistan.

Osama bin Laden non attacca il peggio della nostra civiltà: è nemico giurato del meglio. Libertà, uguaglianza e fratellanza lo irritano. Può convivere con i nostri vizi, vuole distruggere le nostre virtù. E' disposto ad accettare le nostre ingiustizie, a patto che noi rinunciamo al nostro senso di giustizia. Il nostro cinismo può interloquire con il suo mondo. Ma sono i nostri ideali a renderlo per noi un nemico mortale.

 

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Insisto: il contratto che Bin Laden propone all'Occidente è nitido, ritiratevi dal mondo islamico, abbandonate Israele alla sua sorte, non impicciatevci e vi lasceremo in pace. E' assai probabile che, se assumesse il controllo dei paesi musulmani, Bin Laden contratterebbe con gli Usa e l'Europa accordi sul greggio, più o meno come hanno fatto finore gli altri raiss della zona.

 

Da "N.Y. Undici Settembre, diario di una guerra" di G. Riotta

 

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