...STREAM...

Non andate avanti a leggere, non penso ci sia molto di interessante qui sotto...
...solo stream...
Probabile concentrato di banalita' e concetti sentiti, ma e' quello che mi capita di pensare scrivere annotare quando alzo un po' la testa dal caos
Non sara' bello, ma almeno e' mio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Vabbe', io vi ho avvisato...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

...Vorrei una giornata di odori diversi e
stimolanti. Pensi esista anche un ricordo per gli odori e i suoni, o per
le sensazioni tattili?
Non so, ma mi sembra di ricordare i vari odori del posto dove vado in
campagna.
Ogni odore e' un'indicazione di uno stato d'animo: vacanza,
stress, cambiamento, persona a cui vuoi bene...
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Una persona ha visto la mia foto e mi ha definito "scompigliato" e "spettinato"
..................................................................................
................................................
......................................................
........................................................................
mi piace, mi piace molto 'sta definizione!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Penso che la donna della mia vita sara' quella
che faro' sorridere, non ridere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La cosa piu´ buona degli ultimi giorni
 e´ l´odore di erba tagliata,
>
 cambiamento,
 eppure tutto come prima,
>
 odore che ti entra nelle narici
 e ti rinfresca come l´acqua della fontana
 che scorre scorre scorre scorre...
>
 Vorrei essere come l´erba
 tagliatemi eppure ricresco,
 piu´ forte di prima.






















Alcuni dei miei peggiori sogni finiscono con un urlo. Non si capisce da dove arrivi, comincia basso di tono, poi si alza diventando assordante come una sirena. E' un suono agghiacciante, paura pura. Mi tappo le orecchie per non sentirlo, ma non cambia nulla. L'urlo e' dentro la mia testa...
 
 














Adoro gli artisti di strada. Il concetto di arte per tutti, di arte che ti viene a cercare, che scende nelle strade, che non chiede prima ma semmai dopo, e' una grande utopia, l'illusione che non si debba pagare anche un'emozione.
E gli artisti di strada sono grandi eroi, sconfitti eppure vincenti, disperati ma sorridenti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Forse c'e' un linguaggio nascosto, dentro ai libri, un messaggio muto che ti guida nella scelta del prossimo volume. Ultimamente tutto cio' che sto leggendo, anche se la scelta arriva da strade diverse (consigli, altre letture, caso) sembra legato da un filo: i libri si citano tra loro, si legano con invisibili fili, e quasi sempre si parla di qualcosa che ho, o ho avuto, sulla scrivania negli ultimi mesi...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ho visto Pearl harbour.
Dopo la prima mezz'ora del soldato Ryan, nessuna scena di guerra, per quanto ben realizzata, mi colpisce.
Quei 30 minuti ti pigliano allo stomaco, ti fanno venir voglia di scappare, comunicano con l'azione la fondamentale inutilita' e crudelta' della guerra.
Ma non so se noi, cresciuti al calduccio e nel benessere, potremo mai capire.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spengo il telefonino, spesso. Questa cosa di essere sempre rintracciabile è più un peso che altro, per me. Certe volte mi verrebbe anche da staccare il telefono di casa.

Non ci sono per nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17 febbraio 2000

Ero solo a teatro 

(andare da soli a teatro è triste quasi quanto andare da soli al cinema).

Ascoltavo un discorso. 

A un certo punto, mi chiedo: "E se me ne andassi via per un po' di mesi?"

Fran.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verso la metà di giugno.

Fuori dal Luna Park. Al buio, ad aspettare i fuochi.

Non mi piacciono i fuochi.

Penso: "Mi devo tagliare i capelli. Corti."

Fran.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20/07/2001

Sono a Fascia. La valle, verde di alberi, si apre spaziosa, una vista infinita per chi vive in queste strette valli. E' sera, il cielo è ancora abbastanza chiaro e il profilo del monte si staglia netto sullo sfondo del cielo che va scurendosi. Distinguo ogni singolo albero, radure che punteggiano il bosco.

Penso a Genova.

Immagini di distruzione, gli edifici che vedo ogni giorno, che in fondo amo così tanto da arrivare a odiarli. La mia casa è lì, a cento metri da quella macchina in fiamme. Il mio motorino è posteggiato nella via adiacente a quella in cui i pali sono stati divelti, le vetrine sfondate.

Ma non soffro per le mie cose, soffro perché ogni colpo che distrugge una vetrina infrange i sogni e il cuore di chi vive vicino a me, di chi ha costruito, di chi solo ci passa davanti ogni giorno, insomma di chi sa che Genova è parte del suo essere.

Quegli stessi che adesso stanno sfasciando quella macchina, tra qualche giorno staranno nelle loro tranquille case (indipendenti o meno), lasceranno i grandi con il loro baraccone e noi a girare tra le macerie (non solo fisiche) della nostra piccola realtà, costruita in anni e distrutta in due giorni. E non da noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22/07/2001

Sono per le strade, a Genova.

Piazza Paolo da Novi è deserta, sembra immensa. L'atmosfera è sempre surreale, nulla si muove, ma c'é qualcosa che aleggia. L'odore della violenza. E' vero, la violenza ha un odore, ha qualcosa che si posa come una patina sulle cose.

Giro per le strade che percorro ogni giorno, ogni tanto una vetrina non c'é più, o è piegata da colpi, o è stata miseramente coperta.

E' un trauma. Vedere cambiare così tante cose in un attimo, mentre piccoli mutamenti le avevano cambiate in anni, senza che te accorgessi. Un giorno alzavi lo sguardo e dicevi: "ma una volta qui non era diverso?".

Ora tutto sarà ricostruito, e in pochi giorni ci abitueremo anche a questo, chissà se la patina di violenza sarà spazzata via dal vento di tramontana...

Una parte di Piazza Rossetti in pratica non esiste più. Mi si inumidiscono gli occhi. Distrutta da chi porta avanti una non-idea, una anti-idea. La gente scatta foto, qualcuno ride, perché?

In piazza Alimonda osservo le facce di chi si ferma dal "sepolcro" del giovane. Facce diverse, di chi è solo a "succhiare" il luogo, di chi cerca di capire. Per terra, tanti fogli, quasi tutti chiedono vendetta, chiamano altra violenza. Qui nessuno ride, per fortuna.

Torno a casa, camminando piano, osservo ogni cosa, quasi a "cercare" la distruzione. Genova vuota e ferita, Genova "sporca" di violenza, Genova violentata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli oggetti sono essenza dei ricordi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere

le farfalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

23 agosto 2001

2.30

come un gatto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parigi città ampia, ariosa

aperta

si può respirare di più, qui?

non penso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Popolo bue.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Occhi e sorriso di chi attende quei giorni per tutto l'anno.

Occhi e sorriso di chi, avendo poco, da ogni cosa estrae l'essenza, la gioia del "poco"

Occhi e sorriso di persone per cui 10 giorni sono molto più di una breve ma intensa parentesi

Dove sono i miei occhi?

Dove è il mio sorriso?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono luoghi (Calvari, San Barnaba, monte Fasce)

da cui vedi Genova

tutta

a un passo

allunghi la mano e quasi la tocchi

eppure ti trovi in un qualcosa che ha altri ritmi

altre motivazioni

altra capacità di elettrizzare.

Oasi nel deserto

oppure

deserto purificatore nella finta oasi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9/9/2001

Oggi non era una giornata limpida.

Il confine tra mare e cielo non c'era

non si trovava

Scrutavi con gli occhi, ma non riuscivi a individuare

quella lunga linea.

Mi ha fatto venire in mente la nostra ricerca

del confine,

del giusto equilibrio

in tutto

Strizzi gli occhi, lo cerchi

ma trovarlo è difficile

e se

in un giorno molto limpido

lo riesci a individuare

sai già che non puoi averlo

perché appena ti sposti

cerchi di avvicinarti

esso cambia direzione

forma

essenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Se aveste fede

quanto un granellino di senapa,

potreste dire a questo gelso:

Sii sradicato e trapiantato nel mare,

ed esso vi ascolterebbe"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dietro lo schermo verde o nero

come un sipario

cadono le stelle della distruzione

dal cielo.

Dallo schermo

generali e politici

nascosti dietro i microfoni

ci spiegano la morte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ormai la scrittura sul mio diario

è diventata illeggibile anche per me.

Forse sono io che non voglio che ciò che di me pongo sul foglio

possa essere visto, magari a distanza di tempo, da qualcuno,

me compreso.

Quando picchio sui tasti di questo aggeggio, invece,

la mia mano sembra essere troppo lontana dallo schermo

per infondere qualcosa di me

a questi caratteri gialli, tutti uguali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ieri andavo alla riunione dei bambini e mi ha fermato una signora, un po' trasandata, che faceva fatica a camminare. Gloria, si chiamava. Mi ha chiesto se la potevo accompagnare a un bar e chiamre un taxi, per tornare a casa. Aveva i soldi.

Abbiamo parlato, e in fondo aveva più bisogno di questo che del taxi. Ha comprato qualcosa al bar, ha pagato, ma quando l'ho accompagnata al taxi, non hanno voluto portarla. Nonostante avesse i soldi. L'ho dovuta lasciare al bar (i bambini aspettavano), ad aspettare un radiotaxi. Sperando che qualcuno la portasse a casa.

Povera Gloria, bisognosa di parole, che non può neanche tornare a casa...

 

 

 

 

 

 

 

 

I. è morta. In mezzo alla nostra fanghiglia, in cui ci dibattiamo, in mezzo ai nostri piccoli problemi quotidiani, in mezzo alle nostre lamentele a bassa voce, al nostro continuo mugugno, al nostro "che vita di merda, sono stanco, niente va mai bene", un colpo secco, la VITA, entra nei nostri discorsi.

Difficile è capire "l'utilità" di una simile scomparsa, della perdita di ciò che nessuno ha potuto "capire", sentire, realmente comprendere.

La vita di ognuno esiste solo in funzione degli altri. Povera I., la cui esistenza sarà mezzo per altri per capire, temprarsi, imparare ciò che è veramente dolore. Prego per te, piccola anima, la tua colpa non esiste, torni su con lo stesso abito bianco con cui sei stata accolta da noi.

Donaci la forza di ricordarti, di essere vicini a chi veramente ora SOFFRE, di una sofferenza che non posso immaginare.

Ci vuole un cuore troppo grande per comprendere la perdita, il mio è piccolo, duro.

Il mio dire, davanti a ciò, "il Signore è buono", è solo un piccolo scudo, che mi copre la faccia. il mio affidarmi a Gesù è frutto solo del rispetto del patto di "non belligeranza": tu non fai male a me, io non faccio male a te.

I. è nelle tue mani, lo so, ma non lo comprendo. Proprio perché io per primo non mi pongo nelle tue mani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando vedo che un gatto si è seduto sulla sella della mia moto, sono contento: lo considero quasi un onore...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sabato, alla riunione, è venuto un ragazzino, vestito da terrorista di Hamas (!).

Con un mitra finto.

Correva gridando:

"datemi un Israeliano, che lo ammazzo"

Ero senza parole, scoraggiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Dublino è una città non bella, non molto appariscente.

Quasi tutti gli edifici storici sono stati distrutti, abbattuti. I luoghi che si ricordano sono quelli dove i patrioti hanno perso la vita.

Le grandi battaglie sono tutte sconfitte.

Eppure Dublino è una città giovane, il contrario di Genova. C'è una quantità di facce della tua età incredibile. Ed è strana la sensazione che hai, quella di trovarti in un luogo dove le possibilità di incontro sono infinite.

 

 

 

 

 

 

 

E' uno strano periodo, questo.

Come vivere su un filo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mio diario (di carta) è quasi finito.

Poche pagine, ma sembra quasi che abbia paura di scrivere l'ultima riga.

Come colui che legge la propria storia e quando arriva alla fine osserva il brano che narra la sua morte.

Ho paura che possa essere la morte del mio periodo, iniziato in Inghilterra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho finito il diario, il suo posto è stato preso da un'altra agendina,

fatta di carta grezza, semplice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sai che all'università c'é un solo piccolo pezzettino di prato

e che questa settimana odorava di primavera

tanto che chi passavi di lì sorrideva?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho visto questo favoloso mondo di Amelie. Non mi è piaciuto. Mi è stata antipatica lei, fin dall'inizio. Perché? Perché aiutare la gente non vuol dire costruire la felicità su inganni e mezze verità. Negli sprazzi c'é un pezzetto che molto mi aveva colpito qualche giorno prima (non si legge per caso...): bisogna imparare ad aver cura, non a curare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Scusa, ma tu ce l'hai uno scopo nella vita?"

"Certo"

"E cos'é?"

"Inseguire l'orizzonte"

"Ma l'orizzonte è infinito!"

"Appunto"

 

 

 

 

 

 

 

 

Racconto di tipo sufi...

...

Aveva camminato a lungo, scrutato l'orizzonte, fissato volti diversi, imparato lingue dai suoni forti e acuti, aveva pianto e riso fino a che il suo volto era percorso da fini rughe, mappa della sua ricerca.

E alla fine l'aveva trovato, seduto nella capanna di un tranquillo villaggio di pastori. Il vecchio aveva gli occhi chiusi, e meditava.

Senza aprirli disse:

"Cosa cerchi?"

Avrebbe dovuto aspettarsi quella domanda, eppure non era preparato. Un attimo e tutto quello che aveva vissuto camminò, attraverso un brivido, per il suo corpo.

"Molto ho vissuto" disse "ma non mi basta."

"Vuoi provare il dolore del mondo?" disse il vecchio.

"Si" rispose, d'istinto.

E subito, come un urlo assordante, il dolore del mondo lo prese, immobilizzando il suo corpo. Senti le fitte dei sofferenti, il sordo rumore nelle orecchie di chi muore, il lancinante soffio della mancanza, la lenta distruzione di chi muore ogni giorno, poco per volta.

Durò un secondo, e lo lasciò sul pavimento della capanna, paralizzato. Ma ce l'aveva fatta, aveva provato tutto il dolore possibile.

"Adesso tocca all'amore" disse il vecchio, sempre senza aprire gli occhi.

"Sono pronto"

"Sei sicuro di poter sopravvivere all'amore del mondo?"

"Certo, se ho superato il dolore"

"Come vuoi"

Subito non senti niente, poi come un onda si avvicinò a lui. Vide migliaia di piccole vite, consacrate agli altri. Era stupendo e terribile. Miliardi e miliardi di gesti, piccoli piccoli. Un sorriso, una mano sulla testa, un pensiero affidato al vento. E l'onda cresceva e lo travolgeva...

Giacque sul pavimento, immobile. Nulla sarebbe stato più come prima. La grande onda dell'amore fatta di infinite piccole gocce, l'aveva annullato.

Il vecchio, seduto sul pavimento di una capanna, in un villaggio di pastori, aveva gli occhi chiusi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Sento intorno, riflessi su di me

le lacrime i sorrisi i sogni dei miei simili.

Non li vedi i riflessi su di te

segni indelebili sono questa genesi."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sto passando un gran periodo negli ultimi giorni. Ho per fortuna alcuni appigli, punti fermi. Ho lasciato le cose più belle che abbia mai scritto nel quaderno di Calvari. Rilette a distanza di mesi, anni, sono ancora fresche e vive, le parole brillano sul foglio, richiamano le sensazione di quel momento. Bello, non mi accade quasi mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questi ultimi tempi, di piccolo disagio, sguardi fissi, silenzi, ho letto le poesie di Emily Dickinson. Trascorse quasi tutta la vita (da 18 anni in su) in una piccola cittadina della campagna americana. Da lì, con la leggerezza delle sue parole, coglieva la vita nei suoi risvolti tenui, viveva il dolore nella calma passionale di una vita lenta. A volte per assaporare pensiamo che ci voglia per forza il piccante nella vita. Ingenui, a volte. La lingua scottata non coglie più i gusti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggera leggera

si bagna la fiamma

rimane la cera

e non ci sei più...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Odio la stagione delle piogge,

odio dovermi bagnare tre,

quattro volte al giorno.

Ma devo ammettere che nulla

rende l'aria tanto chiara

limpida

trasparente

quanto la pioggia d'autunno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"La parola ha un valore altissimo, sacro, è per questo che non ne faccio mai molto uso nelle mie canzoni. La musica esprime sensazioni, la parola idee, concetti e quindi va misurata"

(Moby)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Adoro le mezze "mezze stagioni": l'inizio della primavera, l'inizio dell'autunno.

Passeggiare in maglione al sole, scoprire con piacere quanto può essere caldo senza essere invadente.

Liberarsi della giacca.

Godere della luce fino a tardi.

A volte sembra che l'inverno non finisca mai: poi un giorno ti scopri a passeggiare piano, con un gelato in mano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi ero il lab e ho avuto come un

"ricordo olfattivo":

ho alzato gli occhi e ho sentito che c'era lo stesso odore

che c'era in Inghilterra, nel campus,

a primavera.

Lo ricordo come fosse ieri

un odore che fa sorridere.

Perché indossi il maglione

ma sai che sarà una delle ultime

volte...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

C'è una cosa che ho guadagnato in questi ultimi mesi: un rapporto veramente "rilassato" con la vita. E' bellissimo, ve lo consiglio. A volte mi capita di osservare la gente (ad esempio i miei genitori) affannarsi, stressarsi per cinque minuti in più o meno. Non capisco. Mi sento un po' come il Piccolo Principe. Ed è una bella sensazione. Non è appagamento. E' mancanza di fretta, di quella fretta che ti fa correre senza sapere dove andare. Forse è chi mi sta accanto che mi aiuta con la sua gioiosa semplicità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello che ho perso è un po' quella "affidabilità" che mi aveva reso famoso (che paroloni)

Sono stato qualche minuto davanti al mio chissono, dalla voce "pregio",

tentato di cambiarla.

In questi mesi sono diventato un po' più "inaffidabile", anche per le cose semplici tipo organizzare le serate (ad esempio la festa di laurea).

Chiedo scusa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ultimo album di Niccolò Fabi è veramente bello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'altro giorno ho scoperto un pelo di barba bianco sulla mia guancia. Non solo crescono tardi, ma crescono direttamente bianchi...

... non ho parole...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comincia in questi giorni per me un periodo di attesa,

che creerà un sottile patina di nervosismo,

lo so.

Speriamo di non rovinare questo "equilibrio" che sento in me,

qualsiasi cosa accada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Battuta da ingegnere:

"Che scuole hai fatto?"

"Le scuole "differenziali""

"E perché?"

"Eh, non mi integravo"

...

A volte mi spaventa sapere che in me vive un ingegnere,

potrebbe svegliarsi in una calda notte d'estate...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi è capitato molto spesso di ripensare a un film che ho visto insieme a C. ormai vari mesi fa: si tratta di "One hour photo" con R. Williams. Oltre a essere un film "strano" propone delle riflessioni bellissime sulla solitudine e sul significato delle foto. Mi sa che un giorno me lo affitto di nuovo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho avuto una bella estate, "nuova" per me, per un certo numero di motivi.

Ora la nuova esperienza del servizio civile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi ho avuto un'esperienza strana: ero in autobus e andavo al lavoro. Passiamo dalla rotonda di piazza Tommaseo. Al centro della rotonda c'é un uomo, 35-40 anni, con un cane. E' accosciato, e gesticolando con la mano sinistra parla, un discorso accorato, gli occhi quasi spiritati. Non si sente nulla, naturalmente, dall'autobus. Percorrendo la rotonda, gli giriamo intorno, giriamo intorno alle sue parole e al suo pensiero, che percorre strade lontane dalle nostre. Ci sarebbe voluta una di quelle belle musiche di sottofondo.Penso che a volte bisognerebbe avere a portata di mano una telecamera. Come per il sacchetto di American Beauty, poter fissare il momento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo sommersi dai blog. A volte mi spavento a pensare quante parole sono chiuse nella Rete. Tutti vogliono dire qualcosa o comunicare loro stessi. Davanti a questo avevo quasi pensato di chiudere il sito. Poi ho deciso che non farò più pubblicità, se non tra i conoscenti.

Mi convinco sempre di più che prima di imparare a scrivere bisognerebbe imparare a leggere... la condivisione è un frutto dell'ascolto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'esperienza all'Unione Ciechi mi porta spesso a fare delle riflessioni in parte nuove per me. La prima cosa che ti colpisce è la diversità nei "veicoli" delle emozioni. La vista per noi è fondamentale, è forse il senso che usiamo di più. La seconda è che spesso ho la necessità di descrivere gli ambienti: è una cosa strana, ma anche un esercizio nel sapere cogliere e dipingere le cose. un utile esercizio... 

 

 

 

 

 

 

 

New year expectations, le chiamano, mi pare. Ve ne dico due: dedicare l'anno alla mia famiglia (chi c'é e chi ci sarà) e imparare a fare il giocoliere con le palline (almeno tre).

 

 

 

 

 

 

E' nato Samuele, gioia grande. E' bello vedere anche anche gli occhi dei miei amici si illuminano quando lo dico. Non pensavo potesse essere così bello e intenso, che sarei stato ore a guardarlo dormire.

E' una grande benedizione per tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi il sole era caldo, e le giornate si fanno lunghe.

Non vedo l'ora di gustarmi i lunghi pomeriggi di luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ne vengo da un week end (lungo) bello bello.

Mi auguro che cercare il deserto nella città mi aiuti a stupirmi e a ringraziare con forza del dono della persona che ho accanto e di una famiglia

unita intorno a una nuova vita.