L'Apparizione

 

L'Apparizione, di G. Moreau

 

... ma l'acquarello intitolato L'Apparizione era ancora più inquietante.

Qui, il palazzo di Erode si slanciava come un Alhambra su leggere colonne iridate di piastrelle moresche, che sembravano sigillate da un calcestruzzo d'argento, da un cemento d'oro; arabeschi partivano da losanghe di lapislazzuli, si svolgevano lungo le cupole dove, su intarsi di madreperla, si arrampicavano bagliori di arcobaleno, fuochi di prisma.

Il delitto era compiuto; ora il carnefice stava impassibile, con le mani sul pomo della lunga spada, macchiata di sangue.

La testa decapitata del santo si era sollevata dal piatto posato sul pavimento e guardava, livida, con le labbra esangui, aperte, con il collo scarlatto, gocciolante lacrime. Un mosaico circondava il volto da cui si sprigionava un'aureola irradiandosi in fasci di luce sotto i portici, illuminando la spaventosa ascesa della testa, accendendo il globo vitreo delle pupille, fissate, quasi aggrappate alla danzatrice.

Con un gesto d'orrore, Salomé respinge la terrificante visione che la inchioda, immobile, sulle punte; i suoi occhi si dilatano, la mano stringe in modo convulso la gola.

E' quasi nuda; nella frenesia della danza, i veli si sono sciolti, i broccati sono caduti; é vestita solo di gioielli e lucidi minerali; un corpetto, come un busto, le stringe la vitae, a mo' di superbo fermaglio, un meraviglioso gioiello dardeggia lampi di luce nell'incavo dei seni; più in basso, una cintura le circonda le anche, nasconde la parte superiore delle cosce battute da un gigantesco ciondolo dove scorre un fiume di carbonchi e di smeraldi; infine, sul corpo rimasto nudo, tra il corpetto e la cintura, il ventre s'inarca, scavato da un ombelico il cui foro sembra un sigillo di onice, dai toni lattiginosi, dalle tinte di un rosa d'unghia.

Colpite dai raggi ardenti emanati dalla testa del Precursore, tutte le sfaccettature dei gioielli s'infiammano; le gemme si animano, disegnano il corpo della donna con tratti incandescenti, la pungono al collo, alle gambe, alle braccia con aghi di fuoco, vermigli come carboni accesi, azzurri come fiamme di alcol, bianchi come raggi di stelle.

L'orribile testa fiammeggia, sempre sanguinando, mettendo grumi di porpora scura all'estremità della barba e dei capelli. visibile solo per Salomé, non stringe nel suo cupo sguardo né Erodiade, che ripensa al suo odio finalmente saziato, né il tetrarca che, un po' chino in avanti, con le mani sulle ginocchia, ansima ancora, sconvolto da quella nudità di donna impregnata di sentori animali, rotolata nei balsmi, macerata negli incensi e nelle mirre... 

Da "Controcorrente" di J. Huysmans

 

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