QUALCOSA CHE VA AL DI LA' DI OGNI INTENDIMENTO

 

 

Totalmente ignari della tragedia che si svolge a poche centinaia di metri dalla spianata Nera, gli invitati al matrimonio di Dilip e Padmini si godono innocentemente la festa. Padmini ha riservato a tutti una sorpresa. Non c’è festa in India in cui non si renda omaggio anche agli dei. Quella notte, la giovane donna ringrazierà Jagannath dei suoi doni ballando per lui e per tutti gli abitanti della bidonville dell’Orja basti. Senza dare nell’occhio, va nelle sua capanna per sostituire l’abito nuziale con il costume degli interpreti degli Odissi, la danza tradizionale dell’Orissa. Ovviamente è di semplice cotone, e non di seta ricamata con fili d’oro come quello delle danzatrici dei templi. Ma che importa!Dalima e Sheela le sistemano il corsetto, drappeggiano il tessuto intorno ai fianchi e alle cosce, e lo spiegano a ventaglio dalla cintura fino alle ginocchia. Poi fanno una crocchia con le lunghe trecce della giovane donna, vi appuntano un fiore di gelsomino, e le fissano modesti ornamenti al collo, alle orecchie, alle braccia, ai polsi e alla cintura. Per terminare, le infilano alle caviglie dei cerchietti con dei sonagli. Il dio può essere contento. é proprio il sangue dell’Orissa quello che scorre nelle vene dell’ex contadina di Mudilapa. Ed è proprio la millenaria cultura della sua lontana provincia a trascinare la giovane sposa quando incomincia a martellare con i piedi nudi la stuoia del mandap, sul quale ha suggellato poco prima la sua unione.

Il canto rauco di Dalima e i battiti che Dilip scandisce su due tamburelli accompagnano al danza. La folla degli invitati, piena di meraviglia, grida la propria felicità con i “vah! vah!”degli uomini e gli  “yu yu”delle donne. Il miserabile quartiere vive un momento di trionfale entusiasmo. Improvvisamente, Belram Mukkadam solleva in alto il bastone. Ha sentito l’ululato lontano della sirena della Carbide. I piedi di Padmini s’immobilizzano, i sonagli delle caviglie tacciono. Tutti tendone l’orecchio, ansiosamente, verso l’enorme costruzione metallica che pure sembra così tranquilla nell’alone remoto delle sue mille lampadine.

“Non ricominceranno mica come l’altra sera!”protesta vivacemente la levatrice, Prema Bai. “ Perché io, questa notte, resto a casa!”

Ancora una volta è lo storpio Rahul a tranquillizzare gli animi.

“Non vi fasciate la testa per niente, amici”assicura.”Dopo l’ultimo allarme hanno deciso di demolire la fabbrica. Ma, a quanto pare, è talmente mal ridotta che temono di non riuscire neppure a smontarla. È tutta bucherellata.”

“Forse è per questo che suona la sirena, come l’altra sera con la fuga di gas” dichiara il lattaio Bublabai.

Il commento resta senza risposta: l’ululato della sirena si è bruscamente interrotto.

Padmini ricomincia a danzare, Dalima a cantare, Dilip a battere sui tamburelli. Lo spettacolo riprende, ancora più avvincente di prima. Il dio sarà soddisfatto. E anche gli invitati. Ma perché non si sente più la sirena? Nessuno sa che da poco i dirigenti della fabbrica hanno modificato il funzionamento dell’impianto. Per facilitare la trasmissione delle istruzioni ai lavoratori presenti in fabbrica attraverso gli altoparlanti, e per impedire che la popolazione vicina si spaventi a ogni incidente, la sirena si interrompe automaticamente dopo dieci minuti. A rimpiazzarla è una suoneria meno rumorosa, che dai dintorni non si può sentire.

Altri segnali suscitano poco dopo l’inquieta curiosità degli invitati. Dapprima è un odore pungente.

“Ancora qualche mattacchione che ha buttato i peperoncini in un chula!” azzarda Ganga Ram che ha un olfatto finissimo da ex lebbroso.

“Bah!” risponde il ciabattino Iqbal. “Lo sai che è la tradizione…”

Alcuni muggiti strazianti li interrompono. Il toro Nandi con le corna dipinte e le cinque vacche che Mukkadam e i suoi amici hanno acquistato con i risarcimenti della Carbide spuntano dal buio avanzando a passi incerti, quasi fossero ubriachi. Vomitano una schiuma giallastra, hanno le palpebre gonfie come palloncini e dai loro occhi colano lacrime brucianti. Gli animali fanno ancora qualche passo, poi stramazzano a terra con un ultimo rantolo. é l’una e trenta del mattino. Sulla spianata Nera ha inizio l’apocalisse.

[…]

 

 

 

Oggi si ritiene che i gas della “bella fabbrica”abbiano fatto tra i sedicimila e i trentamila morti.

 

 

Da "Mezzanotte e cinque a Bhopal" di D. Lapierre

 

 

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