Bollette mascherate: quando
l'eccesso di garanzie fa comodo ai gestori della telefonia
da Interlex n. 100
"L'ufficio ritiene necessaria una modifica del decreto"...
di Manlio Cammarata - 21.10.99
La Newsletter del Garante per la protezione dei
dati personali che porta la data dell'11 ottobre si apre con una nota "Bollette telefoniche e privacy"
che non può essere ignorata, perché indica ancora una volta, e in modo molto chiaro, i
limiti della nostra legislazione sulla tutela della riservatezza.
E' un aspetto particolare di una questione molto spinosa, quella delle banche dati dei
gestori delle telecomunicazioni, sulla è quale intervenuto ieri, 20 ottobre, il Garante
in persona, con il solito bell'articolo su la Repubblica.
Scrive Rodotà: Oggi in Italia i tabulati sono
conservati per cinque anni. Considerando i volumi di traffico del 1997, si può stimare in
settanta miliardi il numero delle telefonate in uscita, che contribuiscono a creare una
banca dati di proporzioni gigantesche... Una rete a maglie fittissime viene stesa su tutta
la società, che consente di seguire implacabilmente ogni traccia lasciata da ciascuno di
noi, ricostruendo l'insieme dei rapporti sociali attraverso l'individuazione di tutte le
persone chiamate, il luogo e la durata delle telefonate. Il rischio di abuso è
evidente...
Vero. Occorrono misure serie per allontanare il più possibile il rischio che questi
dati vengano usati da soggetti non autorizzati e per scopi diversi da quelli per i quali
sono stati raccolti. Ma si deve fare attenzione anche a non esagerare nella tutela, fino a
vietare la comunicazione dei dati... allo stesso interessato!
Questa, gira e rigira, è la conclusione (provvisoria)
della querelle sul "mascheramento" delle ultime tre cifre nella
documentazione del traffico telefonico inviata all'abbonato, imposta dall'articolo 5, comma 3, del
DLgs 171/98.
La disposizione avrebbe lo scopo di tutelare la riservatezza non solo del chiamato, ma
anche del chiamante, posto che non sempre una telefonata viene fatta da titolare
dell'abbonamento. Quindi, con la documentazione completa delle telefonate l'interessato
può ottenere, in certi casi, anche la comunicazione di dati che riguardano altre persone.
E' la situazione tipica del dipendente che telefona dall'ufficio, dove i numeri in chiaro
fornirebbero all'impresa o all'ente informazioni incompatibili anche con lo Statuto dei
lavoratori. Si potrebbe anche eccepire la situazione di un padrone di casa che gentilmente
permette a un ospite di usare il telefono, ma si tratta di un caso così marginale da
rendere inutile una specifica previsione legislativa.
Invece è del tutto legittimo l'interesse dell'abbonato non solo di controllare l'esattezza della fattura, ma anche di ricordare, attraverso l'elenco delle chiamate, in quali momenti ha parlato con qualcuno. Chiamiamola pure "mera curiosità", come scrive il Garante, ma anche la mera curiosità su fatti propri è un diritto.
Invece, come si legge in un comunicato del 3 dicembre
1998, "l'abbonato può rivolgersi al gestore telefonico - che deve
attivare una procedura snella e senza particolari oneri o formalità - contestando la
circostanza che determinate telefonate siano state effettuate dai propri apparecchi. Il
gestore deve verificare le chiamate "contestate" e comunicare all'abbonato se
l'addebito, dopo il controllo, resta fondato. Nel caso in cui tale riscontro non giunga, o
comunque permanga un giustificato e motivato dubbio nell'abbonato, quest'ultimo ha diritto
di chiedere e di ottenere gratuitamente dal gestore la comunicazione per intero dei numeri
telefonici oggetto di precisa contestazione".
Dunque l'abbonato, per avere la documentazione completa delle proprie telefonate, dovrebbe
sistematicamente contestare al gestore del servizio tutte le chiamate, quindi dichiararsi
ancora dubbioso e finalmente ottenere i numeri completi oggetto di precisa
contestazione. Altro che "procedura snella"!
Sarebbe molto più pratico rendere obbligatoria nei contratti una clausola specifica di
riservatezza dei numeri per gli abbonamenti relativi a utenze diverse da quelle familiari.
Ma non è questa la scelta del legislatore italiano. Dalla
nota del Garante citata all'inizio di questo articolo si apprende che "un
ufficio" della Commissione europea (che sarebbe nientedimeno che la DG XIII!) ha
inviato alcune osservazioni al Ministero delle Comunicazioni, sul decreto legislativo
n.171 del maggio 1998 che, obbligando i fornitori a "mascherare" le ultime tre
cifre, avrebbe recepito in maniera restrittiva le norme comunitarie che disciplinano la
materia. Secondo questo ufficio, le norme comunitarie sulla telefonia individuerebbero la
misura del "mascheramento" in alternativa alla previsione di altre misure, quale
il pagamento di singole chiamate con modalità diverse dalla "bolletta",
imponendo agli operatori di telecomunicazioni (sempre nel rispetto delle norme sulla
privacy) lobbligo di fornire gratuitamente un livello base di dettaglio nelle
fatture telefoniche sufficiente a permettere la verifica dei costi sostenuti
dallabbonato.
L'ufficio, pertanto, ritiene necessaria una modifica del decreto legislativo n.171/1998 in
modo da consentire il "mascheramento" delle ultime tre cifre "solo su
esplicita richiesta dellabbonato.
Che cosa risponde il Garante? Che è senzaltro opportuna... una riflessione a livello normativo sul "mascheramento" delle ultime tre cifre, che deve però essere affiancata dal contestuale rispetto, da parte dei fornitori, dellobbligo di introdurre le predette modalità alternative di pagamento, anche al fine di "assicurare un accesso anonimo o rigorosamente privato ai servizi di telecomunicazione offerti al pubblico, quali carte telefoniche, oppure possibilità di pagamento con carta di credito". Solo leffettiva introduzione di tali strumenti renderebbe possibile la modifica dellistituto del "mascheramento"... Al fine di un riesame delle norme nazionali, lAutorità Garante ha quindi avviato unindagine per verificare presso i fornitori italiani di servizi di telecomunicazioni sia lo stato di attuazione del decreto legislativo n.171 in tema di modalità alternative alla fatturazione, sia il rispetto delle indicazioni contenute nel provvedimento dellottobre 1998, anche relativamente allaggiornamento, alle modalità e ai limiti delle procedure concernenti la contestazione delle fatture telefoniche e la "messa in chiaro" dei numeri relativi alle telefonate controverse.
"Una riflessione a livello normativo" e l'avvio
di un'indagine sono quello che ci vuole per rinviare all'infinito la soluzione del
problema, mentre occorre semplicemente una norma che imponga ai gestori dei servizi
l'attuazione immediata delle "modalità alternative di pagamento", tecnicamente
già operative, ma non ancora diffuse allo scopo di garantire l'anonimato degli utenti.
Tralasciamo la questione, già trattata molte volte su queste pagine, dell'anonimato
totale degli utenti, inopportuno per la protezione dalle attività criminali. Il punto
essenziale, in questa sede, è che in questo modo si lascia ancora nelle mani dei gestori
delle telecomunicazioni una serie di decisioni che vanno a discapito degli interessi degli
utenti, e non solo per quanto riguarda la tutela dei dati personali (si vedano il comunicato del
Comitato vittime della Sip-Telecom e la lettera di Alessandro Ghezzer in InBox).
C'è da rilevare, fra l'altro, che i due principali
concorrenti di Telecom hanno colto al volo l'occasione per dare agli utenti quello che non
il gestore (ancora per molti aspetti) monopolista non vuole dare. Il trucco è
l'instaurazione di una specie di contenzioso permanente e sistematico con gli abbonati,
che consente di fornire la documentazione delle chiamate senza il mascheramento dei
numeri. Infostrada ha predisposto un apposito modulo,
mentre sembra che Omnitel non richieda neanche questa formalità.
Così, per aggirare l'eccesso normativo, si vanifica del tutto il fine della norma (vedi Riservatezza e bollette
telefoniche: l'eccesso di tutela).
In tutto questo continua a mancare la repressione dei
comportamenti di diversi operatori che costituiscono la minaccia più reale e diffusa alla
riservatezza degli utenti. Si aspetta ancora un passo del Garante sui trattamenti di dati
relativi agli abbonati ai servizi telefonici e all'internet, segnalati anche in via
formale.
Gli articoli giornalistici non costituiscono, per quello che sappiamo, una fonte di
diritto. Occorrono sanzioni per chi non rispetta le norme che ci sono, occorrono norme
nuove (fra l'altro previste dalla legge-delega 676/96 e non ancora emanate) per le
situazioni che sono ancora in attesa di regolamentazione.
Con la speranza che le nuove disposizioni siano più sensate di quelle che oggi si
dovrebbero applicare.