Questi appunti sono la trascrizione della seconda lezione tenuta
dal dott. Massimo Martinucci alla Scuola di Educazione Civile sul tema
Introduzione alle Nuove Religioni il 28 novembre 1995.
Gran parte del contenuto riprende ampiamente o si ispira a conferenze,
articoli o volumi del dott. Massimo Introvigne. Si indicano in particolare
i seguenti testi:
La questione della nuova religiosità, Cristianità, Piacenza
1993;
Le sètte cristiane. Dai Testimoni di Geova al reverendo Moon,
Mondadori, Milano 1990;
I nuovi culti. Dagli Hare Krishna alla Scientologia,
Mondadori, Milano 1990;
Le nuove Religioni, SugarCo, Milano 1989;
Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo,
SugarCo, Milano 1990;
Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare,
Mimep-Docete, Milano 1995.
Quanto finora detto già ci dimostra come una possibile futura
grande diffusione delle idee portate avanti dai nuovi movimenti religiosi
possa veramente cambiare in modo sostanziale e profondo l'intera nostra
civiltà anche agendo su quegli uomini, e donne, che intendono rimanere
in qualche modo religiosi. L'attacco alla nostra civiltà non viene
dunque solo da parte di coloro che intendono secolarizzare completamente
la nostra società, già tanto secolarizzata, ma viene anche
dal versante religioso.
Ecco quindi che ci accorgiamo che l'argomento ha una importanza straordinaria,
e che non interessa soltanto la Chiesa Cattolica -- o, in altre Nazioni,
le Chiese maggioritarie -- preoccupate della fuga di fedeli nelle più
disparate direzioni, ma che investe tutta la cultura dei popoli, incidendo
nella vita della società a tutti i livelli, e producendo dei mutamenti
che spesso sono preoccupanti non esclusivamente a livello religioso.
Per un cattolico, naturalmente, la preoccupazione maggiore rimane quella
della salvezza dell'anima del suo prossimo, e il suo atteggiamento di fronte
alla persona che abbraccia un credo diverso o assolutamente contrastante
con la dottrina cattolica sarà quello di tentare di ricondurlo alla
fede cristiana perché ritiene che solo in questo modo potrà
salvare la sua anima. Ma non dobbiamo dimenticare nemmeno che l'avanzata
di nuovi modelli di pensiero e di vita sono spesso un pericolo per la stessa
convivenza civile, per i rapporti umani che si instaurano quotidianamente
nella società, anche senza andare a scomodare i grandi cambiamenti
che possono operare a livello di civiltà. Come esempio è
sufficiente ricordare l'atteggiamento dei Testimoni di Geova di fronte
alle trasfusioni di sangue, il loro rifiuto a partecipare alle consultazioni
politiche e amministrative, i grossi problemi che creano agli insegnanti
delle scuole elementari (non si possono festeggiare in classe i compleanni,
o organizzare delle recite in occasione del Natale); o l'atteggiamento
di alcuni gruppi di mormoni che ammettono la poligamia, o ancora quello
di movimenti di origine orientale che non ammettono pratiche sessuali,
nemmeno all'interno del matrimonio, e quindi rendono impossibile la procreazione
(questi ultimi a dire il vero sono fenomeni piuttosto marginali). E evidente
comunque come questi atteggiamenti, se diffusi nella società, renderebbero
veramente problematica la convivenza civile. Per non parlare poi dei metodi
della Scientologia, che offre una gran quantità di corsi ai suoi
adepti a pagamento, ed il cui costo aumenta progressivamente con l'avanzare
del grado di "perfezionamento", a volte fino a ridurre in miseria
i malcapitati.
Dunque la proliferazione dei nuovi movimenti religiosi e più in
generale la diffusione della nuova religiosità è un fenomeno
molto vasto e in grado di apportare dei significativi mutamenti anche sociali
e culturali. Ebbene, nonostante questo, molti non se ne rendono conto,
o tendono a minimizzarne la portata. A questo proposito vengono evocate
statistiche dei sociologi secondo cui gli aderenti a nuovi movimenti religiosi,
in Italia, non supererebbero in ogni caso il 2 per cento della popolazione
(si parla di una percentuale che va dall'1 al 2). Queste statistiche sono
certamente affidabili, ma tengono conto esclusivamente della stretta appartenenza
ai nuovi movimenti religiosi, senza considerare l'area ben più vasta
di persone che subiscono la loro influenza. In secondo luogo, è
molto riduttivo prendere in considerazione solo l'Italia: è giusto
invece allargare la prospettiva per rendersi conto che se -- dal punto
di vista anche solo della stretta appartenenza -- l'Italia non è,
o non è ancora, uno dei paesi più interessati dal fenomeno,
il ricorso a statistiche come quelle citate dà, per altri paesi,
risultati ben diversi. E sufficiente un velocissimo giro di orizzonte per
rendersi immediatamente conto di questo: in America Latina per esempio
statistiche attendibili ci informano che circa ottomila cattolici al giorno,
naturalmente non tutti praticanti, abbandonano la Chiesa cattolica per
aderire a nuovi movimenti religiosi, in genere di origine protestante.
La geografia religiosa di paesi come il Messico, il Cile e il Brasile si
è modificata radicalmente a partire dagli anni Settanta: in queste
nazioni i non cattolici sono passati dal 2 al 20 per cento, o anche al
30 per cento se si crede alle valutazioni che riguardano il Guatemala.
Come si vede, si tratta di una autentica mutazione che cambia i connotati
di un'intero continente e che si riproduce in Asia, nelle Filippine, e
in numerosi paesi africani, Nigeria in testa, dove si calcola esista un
numero di denominazioni talmente elevato da arrivare a diecimila, la metà
cioè di quante ne esistono in tutto il mondo. Questa "mutazione",
a partire dalle nazioni più interessate al fenomeno, si va spargendo
a poco a poco, con ritmi a volte lenti, a volte più veloci, e con
il passare degli anni va assumendo una dimensione planetaria. L'obiezione
quindi secondo cui il fenomeno del proliferare dei nuovi movimenti religiosi
non sia poi così rilevante denuncia una certa miopia: può
darsi infatti che oggi e qui ci si possa permettere il lusso di sottovalutarlo,
ma questo significherebbe arrivare impreparati al momento in cui si sarà
costretti a fare i conti con esso. Per quanto riguarda poi l'altra obiezione,
quella secondo cui si tratta, almeno in Italia, di minoranze ininfluenti,
essa misconosce completamente alcuni princìpi fondamentali della
dottrina dell'azione. In molti casi, coloro che aderiscono ad un nuovo
movimento religioso non sono semplici fedeli, ma veri e propri militanti:
si pensi ai Testimoni di Geova, che non considerano nelle loro statistiche
come membri del movimento tutti coloro che partecipano alle loro attività
- - oltre 400.000 persone in Italia --, ma solo coloro che si impegnano
nel "servizio porta a porta": 250.000 (un numero di tutto rispetto!)
in Italia. Italia, che è al primo posto al mondo (superando anche
gli Stati Uniti di America) per numero di Testimoni di Geova in rapporto
al numero degli abitanti. Ci si può chiedere quale movimento, o
associazione possa contare oggi in Italia su 250.000 militanti, e ci si
può chiedere se chi considera questo numero modesto ha riflettuto
sul ruolo che nuclei di militanti ben addestrati e attivi possono svolgere
nel modificare anche in modo profondo gli orientamenti dell'intero corpo
sociale. E allora non appaiono più così insignificanti nemmeno
i 1.000 Hare Krishna impegnati in Italia a tempo pieno, o i neo-buddisti
della Soka Gakkai che hanno una forte spinta al proselitismo, o i giovani
Mormoni venuti dallo Utah che girano in coppia presentando ai passanti
il loro Libro di Mormon.
Una presenza, quindi, quella dei nuovi movimenti religiosi, che si fa sentire,
spesso in modo scoperto, palese, ma spesso anche in modo inapparente, per
mezzo delle influenze che essi possono esercitare su ampi strati della
società senza nemmeno che ci se ne accorga.
A questo punto è necessario presentare un altro gruppo di personaggi
che si muovono nella grande rappresentazione della nuova religiosità,
e lo farò richiamando un altro concetto che già ho esposto
precedentemente. Parlando delle dispute terminologiche -- chiesa o setta,
denominazione o culto, membri o adepti, eccetera -- vi dicevo che comunque
un gruppo percepito come "diverso" o "ostile" verrà
chiamato "setta", mentre un gruppo percepito come "buono"
o "legittimo" verrà chiamato "Chiesa", o "comunità".
Infatti è con questi significati questi termini sono usati comunemente
dalla gente comune e dai mezzi di comunicazione. Ma attenzione, perché
la terminologia giornalistica e quotidiana non si forma spontaneamente,
ma è pesantemente influenzata dalla azione di forze organizzate,
che svolgono un'attività ostile a gruppi e fenomeni religiosi percepiti
come pericolosi o nocivi. Queste realtà sono molto forti in alcuni
paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti d'America, dove organizzano
delle campagne di stampa che a volte sono molto aggressive.
In Italia solo di recente hanno iniziato a farsi sentire (es.: CICAP, Comitato
italiano di controllo delle affermazioni del paranormale, di cui personaggio
di spicco è Piero Angela).
Esistono dunque delle vere e proprie organizzazioni che si oppongono ai
nuovi movimenti religiosi, sono molto attive ed hanno una certa presa sull'opinione
pubblica. Queste organizzazioni, nel loro complesso, vengono definite "anti-cult
movement" in italiano "movimento anti-sette" ma in effetti
è necessario operare una distinzione fondamentale all'interno di
esso, a seconda se si tratti di gruppi di orientamento laicista o religioso.
Le organizzazioni laiciste dichiarano di interessarsi esclusivamente ai
comportamenti dei gruppi religiosi, e vengono definite propriamente "movimento
anti-sette", mentre le organizzazioni religiose, definite "movimento
contro le sette", si interessano anzitutto alle idee e alle credenze
e non soltanto ai comportamenti. Il movimento "contro le sette"
nasce in ambiente protestante, quindi in un ambiente esso stesso frammentato
in mille denominazioni, per cui è comprensibile la preoccupazione
di identificare una serie di elementi minimi per cui si possa dire se un
gruppo è una denominazione protestante, quindi una "chiesa",
oppure non possiede i requisiti minimi indispensabili, quindi classificarla
come "setta, come già ricordavo in precedenza.
Del tutto diverso l'atteggiamento della Chiesa Cattolica, che non ha evidentemente
i problemi delle Chiese protestanti dal punto di vista della definizione
della propria dottrina la quale poggia su dogmi definiti e stabili, per
cui sarà molto più facile rendersi conto se un gruppo religioso
devia verso l'eterodossia fino a costituire un nuovo movimento religioso.
Per il resto, la Chiesa cattolica è sempre in un atteggiamento missionario,
ma mai persecutorio, nei confronti dei non cattolici.
Il movimento "anti-sette" e le sue organizzazioni, come ho ricordato,
è di origine laica e afferma di non interessarsi di idee o di credenze,
ma soltanto di comportamenti, quindi il suo bersaglio sono quelle "sette"
che a suo giudizio si comportano in modo nocivo nei confronti degli individui
e della società; secondo il suo modo di vedere sarebbe possibile
infatti giudicare i loro comportamenti prescindendo totalmente dalle loro
dottrine, e condanna senza mezzi termini non solo le tecniche di "lavaggio
del cervello" e di indottrinamento forzato che ritiene che vengano
messe in atto, ma anche qualsiasi esperienza religiosa "forte",
o che superi comunque una soglia per la verità piuttosto bassa.
Il pericolo di un tale modo di pensare è evidente, perché
il concetto di esperienza religiosa "forte", sganciata da ogni
valutazione dottrinale, può benissimo essere applicata, e di fatto
è applicata, a qualsiasi esperienza religiosa considerata forte
o esagerata, compresa la spiritualità dei monasteri ed anche quella
dell'Opus Dei.
Secondo il "movimento anti-sette" dunque i movimenti religiosi
(tutti i movimenti religiosi, quelli nuovi e quelli vecchi) sono nocivi
in quanto espressione di un fanatismo religioso che dovrebbe essere limitato,
con apposite leggi, dallo Stato moderno, il quale dovrebbe fissare in modo
rigoroso i limiti quantitativi entro i quali l'intensità dell'esperienza
religiosa può essere tollerata. L'accenno che ho fatto all'Opus
Dei non è un caso-limite: Alain Woodrow, uno dei maggiori dirigenti
del movimento anti-sette, scrive che «a priori non c'è nessuna
ragione per mostrarsi più indulgenti verso le chiese che verso le
sette», mentre a proposito del cristianesimo ed in particolare del
cattolicesimo, afferma che l'idea di essere la sola vera Chiesa, la missionarietà,
il catechismo imparato a memoria e altre cose di questo genere sono pratiche
tipicamente settarie. Bontà sua, Woodrow riconosce che dopo l'ultimo
Concilio il clima è molto cambiato, ed in particolare si rallegra
del fatto che «i digiuni e le altre forme di ascesi sono praticamente
scomparsi, e il regolamento all'interno dei seminari e delle case religiose
si è molto umanizzato». A queste condizioni si può
dire che la Chiesa cattolica non è (anzi non è più)
una "setta", ma è evidente che facendo di questi argomenti
il criterio principale di critica alle "sette", si rischia di
rendere assolutamente incomprensibile il concetto stesso di "setta"
o di nuovo movimento religioso in quanto realtà distinta dalle religioni
tradizionali riducendo tutto ad una sterile e generica polemica antireligiosa.
Molti movimenti anti-sette favoriscono la cosiddetta "deprogrammazione",
una pratica considerata illegale dalla maggioranza dei tribunali amenricani
che hanno avuto occasione di occuparsene, che consiste nel rapire l'adepto
di una "setta" di solito su incarico dei genitori o di altri
parenti, rinchiuderlo contro la sua volontà e sottoporlo ad un trattamento
di "deprogrammazione" che consiste in forti pressioni psicologiche
non di rado accompagnate anche da violenze fisiche. Va detto che i "deprogrammatori"
normalmente non sono né medici né psichiatri ma di solito
ex membri di "sette" che svolgono questa attività a scopo
di lucro. La giustificazione che adducono coloro che si affidano ai deprogrammatori
è che il loro congiunto che ha aderito ad un nuovo movimento religioso
l'abbia fatto contro la sua volontà, sia stato cioè costretto
ad aderirvi perché sottoposto al cosiddetto "lavaggio del cervello",
e che quindi il cercare di salvarlo tramite la deprogrammazione non sia
altro che una sorta di terapia per farlo guarire. Fatto sta che dopo uno
studio durato numerosi anni l'Associazione degli Psicologi Americani ha
dichiarato la teoria del "lavaggio del cervello" applicata a
gruppi religiosi non scientifica. Recenti ricerche poi hanno potuto stabilire
che la deprogrammazione forzata è basata su un presupposto inesistente:
quello secondo cui i membri dei nuovi movimenti religiosi non siano in
grado di andarsene da soli. In uno studio fatto su 1607 adulti canadesi
si è scoperto che il 75,5% dei membri di nuovi movimenti non ne
facevano più parte dopo cinque anni. Un altro studio eseguito tra
il 1974 e il 1975 dimostra che oltre la metà di quelli che avevano
aderito agli Hare Krishna se ne erano già andati dopo un solo anno.
In una ricerca sulla Chiesa dell'Unificazione si è scoperto che
almeno il 61% di quelli che avevano aderito al movimento nel 1978 se ne
erano andati in un periodo di quattro anni e mezzo. Un'altra ricerca ancora,
dell'87, riferisce che su 800 membri di vari nuovi movimenti oltre il 90%
se ne era andato nel giro di due anni.
Nonostante questo, i deprogrammatori hanno fortuna, specialmente negli
Stati Uniti, e godono di buona stampa e dell'amicizia e della considerazione
del movimento anti-sette. Ma spesso combinano dei pasticci, che a volte
finiscono veramente male.
Voglio ricordare solo l'episodio di Waco, nel Texas, dove, come ricorderete,
nel 1993 gli appartenenti ad una comunità di millenaristi in attesa
della fine del mondo, chiamati Branch Davidians, si son visti piombare
addosso i carri armati dell'esercito americano che hanno provocato un incendio
in cui la maggioranza degli aderenti a questa comunità sono morti
(circa novanta persone). Se ricordate come ci è stato presentato
questo episodio, vi accorgerete che si è parlato di fanatismo religioso,
di pazzia collettiva, di suicidio di massa, eccetera, ma si è sorvolato
sul fatto che l'unica imputazione, a carico del leader del gruppo, David
Koresh, per cui l'esercito è intervenuto così pesantemente,
era soltanto la detenzione illegale di un'arma da fuoco, e negli Stati
Uniti sappiamo quanto questo non venga ritenuto affatto grave!
Di fatto a provocare la tragedia di Waco è stata la puntigliosa
caparbietà proprio di un deprogrammatore, Rick Ross, che con il
sostegno di alcuni organi di stampa e del CAN (Cult Awarness Network -
Organizzazione per la Consapevolezza nei confronti delle Sette) tanto ha
fatto da riuscire a far scatenare l'attacco (v. Idee che uccidono, di Massimo
Introvigne).
Per questo mi sono soffermato sugli atteggiamenti e sui movimenti anti-sette
e contro le sette: non bisogna cedere alla tentazione di fare di tutte
le erbe un fascio, pensando che, se esiste un gruppo di esaltati che provoca
danni in nome del fanatismo religioso, tutti i nuovi movimenti religiosi
debbano essere composti da esaltati. Nel mondo ci sono più di ventimila
nuovi movimenti religiosi strutturati (se anche escludiamo i circa diecimila
nigeriani ne rimangono comunque oltre diecimila); quelli accusati di comportamenti
illegali o violenti sono circa un centinaio. Questo significa che più
del 99% di essi -- benché sicuramente discutibili, dal punto di
vista cattolico, sotto il profilo teologico e culturale -- non sono mai
stati accusati di essere pericolosi per la convivenza civile.
Con questo non vorrei dare l'impressione di essere eccessivamente benevolo,
o accondiscendente, nei confronti di queste forme di religiosità.
Ma la Chiesa mi insegna che con esse è necessario misurarsi proprio
sul piano culturale, dottrinale, teologico. I movimenti anti-sette invece,
a quanto pare, fanno proprio di tutte le erbe un fascio, non volendosi
rendere conto che la "setta" tipica non esiste. I davidiani sono
molto diversi dagli scientologi, i quali sono molto diversi dai testimoni
di Geova, i quali a loro volta non hanno niente a che vedere con i mormoni.
Sapere tutto sui mormoni non servirà a nulla nel momento in cui
ci si trova ad avere a che fare con un neo-buddhista, e quando appare un
nuovo movimento che crea dei problemi a livello sociale, è assolutamente
controproducente affidarsi, per la loro soluzione, a personaggi come il
deprogrammatore Rick Ross, come abbiamo visto per il caso di Waco.
Una frase di Massimo Introvigne mi sembra descrivere perfettamente l'atteggiamento
del cattolico, in vista sempre di una sua possibile conversione, nei confronti
di chi ha scelto dei riferimenti religiosi diversi da quelli cattolici.
Secondo il direttore del CESNUR occorre evitare «sia il pessimismo
radicale che demonizza l'interlocutore e chiude anticipatamente la discussione,
sia l'ottimismo ingenuo che rischia di condurre -- più che verso
la conversione -- verso sincretismi infecondi, "doppie appartenenze"
inaccettabili, tentativi sterili di conciliare l'inconciliabile. Fermezza
e dialogo sono invece i due atteggiamenti di cui deve essere capace chi
intende rivolgersi agli adepti dei nuovi movimenti [religiosi e] magici,
senza blandirli né incoraggiarli, ma insieme prendendoli -- come
ogni uomo merita -- assolutamente sul serio».