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Il primo decennio unitario

 

ISTITUTO MAZZINIANO

 

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Introducono all'ultimo settore del museo alcuni dipinti che si sostano dalla consueta iconografia patriottica-risorgimentale. Una scena d'ambiente familiare di G. Morselli (880) mostra un volontario ferito in battaglia e restituito all'affetto dei familiari nel calore della propria casa. In due figure femminili il pittore Antonio Zona, vuole rappresentare allegoricamente Venezia e la Lombardia: la prima si appoggia, quasi a chiedere protezione alla compagna, che impugna la spada con la quale ha conquistato la propria libertà (881). Un piccolo dipinto su metallo, di autore ignoto, (882), mostra un bersagliere ed un croato, reduci dalla guerra del 1859, che, feriti, procedono a braccetto  per la stessa via fra cannoni e proiettili, mentre sullo sfondo due donne - le regioni meridionali e il Veneto - li osservano tristemente. Infine, in un dipinto di Casimiro Teja (883), si vede, sullo sfondo di una farmacia di paese, un gruppo di persone attorno a un anziano brigadiere dei carabinieri intento a leggere un giornale che riporta le ultime notizie dal fronte. Sono poi presentati alcuni esemplari di litografie, che nel secolo XIX i camerieri usavano offrire agli avventori come strenna d'inizio anno (884-887). Sono finemente decorate ed hanno dediche e poesie d'occasione.

Con la liberazione delle province meridionali, l'obiettivo dei democratici si spostò su Roma e Venezia; a Genova, nel settembre del 1861, fu fondata l'Associazione Unitaria che si proponeva di raggiungere l'unità nazionale con Roma capitale (man. 889, op. 890). Composta da mazziniani, si trovò in contrasto con i Comitati di Provvedimento che riunivano la corrente garibaldina (ms. 891). In un'assemblea comune tenuta a Genova nel marzo del 1862 alla presenza di Garibaldi, le due componenti trovarono un accordo dando vita all'Associazione Emancipatrice Italiana (op. 892).

Nell'estate del 1862 Garibaldi ruppe gli indugi: da Marsala, dove aveva riunito i suoi volontari al motto di "O Roma o morte" (lit. 893), mosse verso Roma, sperando nel tacito assenso del governo italiano, ma sull'Aspromonte, nella località "le forestali", venne affrontato e fermato dall'esercito regolare. In una litografia (894) si vede la scena nella quale il colonnello Emilio Pallavicini di Priola comunica a Garibaldi, coricato sotto un albero mentre alcuni volontari gli stanno medicando le ferite subite nello scontro, l'ordine ricevuto di dichiararlo in arresto. La detenzione al forte di Varignano provocò indignazione generale e il 22 ottobre l'eroe fu liberato e condotto a Pisa dove fu operato.

Una litografia (895) mostra il trasporto in barca del ferito, adagiato sotto un baldacchino, con accanto il figlio Menotti ed i medici Prandina, Ripari e Albanese.

La terza guerra di Indipendenza, che vede l'Italia a fianco della Prussia contro l'Austria, ebbe come risultato l'annessione del Veneto. Tuttavia fu una guerra ingloriosa poiché alle vittorie degli alleati fecero riscontro degli insuccessi italiani sia in terra ferma, a Custoza, sia sul mare, a Lissa. Quest'ultima battaglia è il soggetto di tre dipinti di Selerio (899, 900, 901), che rappresentano una eccezione nell'iconografia risorgimentale, tesa a memorizzare solo gesta eroiche od eventi positivi. Su questa linea sono, ad esempio, i due dipinti di De Belly (897, 898) sulla strenua difesa opposta dalla divisione di Umberto di Savoia alla cavalleria austriaca, soverchiante per numero, nei pressi di Villafranca; l'episodio entrò nell'epopea sabauda quasi a controbilanciare la sconfitta che lo stesso giorno subì  a Custoza il grosso dell'esercito: Ancora una volta Garibaldi ebbe modo di distinguersi: a Bezzecca sconfisse gli austriaci, ma quando stava per occupare il Trentino, gli giunse l'ordine perentorio di ritirarsi poiché la guerra era finita. Sull'episodio si legge una relazione, scritta a matita dallo stesso Garibaldi (902), e un suo manifesto in elogio dei volontari per il loro comportamento eroico sul campo (903). L'anno successivo il nizzardo rinnovò il tentativo di arrivare a Roma; il piano prevedeva una sommossa nella città capitolina ed un successivo intervento dei volontari garibaldini. In un pannello sono presentati alcuni buoni di sottoscrizione per sovvenzionare l'attività dei patrioti romani (906-908) ed un proclama del re che condannava ogni tentativo rivoluzionario (man. 911), poiché avrebbe provocato l'intervento dei francesi. Infatti, mentre a Roma la sommossa era soffocata nel sangue (un dipinto di Gerolamo Induno mostra il sacrificio di Giuditta Tavani) (914), Garibaldi era fermato a Mentana dall'esercito papalino, sorretto dai francesi, dotati dei moderni fucile chassepots. Una fase dello scontro è in una litografia di N. Mazza (913), mentre una grande tela di Archimede Tranzi (912) raffigura la ritirata di Garibaldi e dei suoi volontari.

L'atteso ricongiungimento di Roma all'Italia doveva avvenire tre anni dopo, quando al Papa venne a mancare l'appoggio di Napoleone III, sconfitto in guerra dai prussiani, e in Francia si costituì la terza repubblica. Ad essa fa riferimento un fazzoletto di seta con il motto "La France en paix" (924), mentre l'intervento di Garibaldi in sua difesa è ricordato con un prezioso cimelio: la bandiera della prima brigata dell'armata dei Vosgi (925).

I documenti successivi in museo costituiscono un'appendice al percorso storico: a sei litografie colorate e con caricature di personaggi politici (915-918) ne seguono altre tre (921-923) che si inseriscono nel filone ageografico del risorgimento: L'integerrimo triumvirato (Cincinnato, Garibaldi, Washington) che riunisce personaggi che in epoche diverse si adoperarono per la patria e nulla chiesero in cambio, ma si ritirarono alla vita dei campi; Alla memoria dei grandi uomini che fecero l'Italia, diffusa subito dopo la morte di Garibaldi: il Nizzardo è accolto nell'olimpo degli eroi da Mazzini, Cavour e Vittorio Emanuele II; Una partita a tressette in paradiso, dove si vedono in atteggiamento amichevole i personaggi che, come si legge nella didascalia, "seguirono e raggiunsero per vie diverse la medesima stella": Garibaldi, Vittorio Emanuele II, Carlo Alberto, Mazzini e Pio IX

 

 

 

 

 

       

 

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Ultimo aggiornamento

giovedì 17 agosto 2000