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Il Settecento

 

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Sono riunite testimonianze della rivolta antiaustriaca del 1746. L'atto originale di resa della Repubblica di Genova, siglato il 6 settembre è in duplice copia (27). La prima rimase ai genovesi, i quali, infatti, aggiunsero in seguito una postilla: "capitolazione non eseguita". Sottoscrissero le condizioni di resa il Doge, Gio Francesco Brignole, e diciannove senatori della repubblica, ciascuno dei quali appose un sigillo rosso, impresso in ceralacca, con lo stemma della propria casata. La seconda copia, firmata dal marchese Antoniotto Botta Adorno, comandante delle truppe austriache, ha invece la postilla "capitolazione eseguita e consegnata".

Tre mesi dopo un ragazzo di Portoria dette il là alla famosa insurrezione.

Lo documenta il dipinto di Giuseppe Comotto (33), uno dei protagonisti di quei fatti. Chi era quel ragazzo? I documenti esposti (30) mostrano come la tradizione che, dal 1845, lo identifica con Giambattista Perasso, detto Balilla, è errata; essa è basata, infatti, su un autografo che si riteneva di pugno dello stesso Perasso, nel quale era attestata l'identità del protagonista. Si tratta però di un falso, poiché risulta vergato su carta fabbricata nel 1832, come ben si rileva dall'esame della filigrana. Chi lo presentò ottenne dal governo un riconoscimento in danaro, firmando con un segno di croce la relativa ricevuta. Il nome del ragazzo di Portoria, pur celebrato in numerose stampe popolari (38) e con l'erezione di un monumento (foto 40), rimane quindi ignoto, mentre sono identificati altri giovani personaggi che si distinsero durante la rivolta (lit.44): Pittamuli che, nel borgo di Santagata, alla testa di un gruppo di popolani, assalì e costrinse alla resa un distaccamento austriaco di 50 granatieri e Giovanni Carbone, che riportò al governo le chiavi di Porta San Tommaso, confine occidentale della città, dopo la cacciata del nemico da parte del popolo. La riconquista della Porta di San Tommaso è oggetto del secondo dipinto di Giuseppe Comotto (50).

  Gli austriaci cercarono la rivincita, assediando la città lungo la dorsale appenninica tra le valli del Bisagno e del Polcevera; ma né le promesse di perdono del marchese Botta Adorno (inc.53), né le minacce del suo successore, generale Schulemburg  ebbero ragione dei genovesi che resistettero sino all'estremo sacrificio.    Significativo è l'episodio di Pier Maria Canevari (dip. 56), che con un gruppo di montanari respinse l'offensiva austriaca al passo della Scoffera e fu ucciso in combattimento da un soldato nemico che, già catturato, era riuscito a nascondere una pistola con la quale lo colpì.

 

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Ultimo aggiornamento

giovedì 17 agosto 2000