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L'integrazione culturale



Prima di fornire alcuni spunti di riflessione su questo tema,
desidero riportare una massima di Napoleone Bonaparte
che potrebbe illuminare le menti più attente:

<< Il disprezzo delle leggi e le scosse dell'ordine sociale sono il risultato della debolezza e delle esitazioni dei principi >>

Ancora più calzante questo passo tratto dal Libro I del "De Republica" di Cicerone
(di cui fornirò man mano la traduzione non letterale):

<<...Cum, enim inquit, inexplebiles populi fauces exaruerunt libertatis siti malisque usus
ille ministris non modice temperatam, sed nimis meracam libertatem sitiens hausit, tum magistratus et principes, nisi valde lenes et remissi sint et large sibi libertatem ministrent, insequitur, insimulat, arguit, praepotentes, reges, tyrannos vocat. (...)
Quando il popolo, egli dice, ha le fauci arse da inestinguibile sete di indipendenza e, assistito da perfidi ministri, vuota fino alla feccia la coppa di una libertà troppo pura e non saggiamente temperata, ecco che allora si scaglia contro magistrati e governanti e, se questi non si mostrano arrendevoli nel concedere quanto esige, li calunnia, li accusa e li chiama despoti e tiranni.

Eos, qui pareant principibus, agitari ab eo populo et servos voluntarios appellari; eos autem, qui in magistratu privatorum similes esse velint, eosque privatos, qui efficiant, ne quid inter privatum et magistratum differat, ferunt laudibus et mactant honoribus, ut necesse sit in eius modi re publica plena libertatis esse omnia, ut et privata domus omnis vacet dominatione et hoc malum usque ad bestias perveniat, denique ut pater filium metuat, filius patrem neglegat, absit omnis pudor, ut plane liberi sint, nihil intersit, civis sit an peregrinus magister ut discipulos metuat et iis blandiatur spernantque discipuli magistros, adulescentes ut senum sibi pondus adsumant, senes autem ad ludum adulescentium descendant, ne sint iis odiosi et graves; ex quo fit, ut etiam servi se liberius gerant, uxores eodem iure sint quo viri , in tanta libertate canes etiam et equi, aselli denique liberi sint <et> sic incurrant, ut iis de via decedendum sit.
Il popolo perseguita anche quelli che obbediscono ai magistrati e li chiama schiavi volontari; tributa, al contrario, lodi e onori ai magistrati che cercano di comportarsi come semplici cittadini e a quei privati che si adoperano per abolire ogni distinzione tra cittadini e magistrati. È quindi inevitabile che in uno stato siffatto la libertà degeneri in licenza, che nelle famiglie non vi sia più alcuna autorità e che il male si estenda fino alle bestie: i padri infine avranno timore dei figli ed i figli non riconosceranno più l'autorità dei padri. Viene poi a mancare ogni senso morale e nessuna differenza vi è più tra cittadino e straniero: il maestro teme gli scolari e li blandisce, i discepoli disprezzano il maestro ,gli adolescenti si arrogano l'autorevolezzza dei vecchi i quali, per non rendersi uggiosi e molesti, si abbassano a giocare con quelli. Avviene anche che i servi si comportino con eccessiva libertà e le mogli vantino gli stessi diritti dei mariti e che infine asini cavalli e cani, lasciati finalmente in libertà, corrano tanto impetuosamente che tutti debbano loro cedere il passo.

Ergo ex hac infinita, inquit, licentia haec summa cogitur, ut ita fastidiosae mollesque mentes evadant civium, ut, si minima vis adhibeatur imperii, irascantur et perferre nequeant; ex quo leges quoque incipiunt neglegere, ut plane sille ullo domino sint >>.
Ecco il risultato, continua, di questa sfrenata licenza: gli animi dei cittadini diventano così difficili da accontentare ed intolleranti di tutto da non sopportare il minimo di autorità che si voglia su di essi esercitare e, per non avere più padroni, trascurano perfino le leggi >>.

Questo lungo preambolo per introdurre il mio commento ad un fatto di cronaca:
a Cornigliano, quartiere di Genova in cui si voleva costruire una moschea, un ragazzo di dodici anni nordafricano sembra essere stato allontanato da un negozio con frasi razziste.

Certamente questo episodio, posto che sia vero, non si può elogiare.

L'integrazione razziale e culturale tra etnie e religioni diverse però non si può ricercare soltanto con iniziative a livello di scuole elementari o medie ove, colpevolmente, si tende ad azzerare qualunque differenza, ma nel fare comprendere che tali differenze, che esistono, possono utilmente coabitare per un fine comune.

L'incapacità "politica" in tal senso, nei fatti, genera tensioni sociali in cui l'ospitante tende a difendere da solo la propria identità e l'ospite a ghettizzarsi per mantenere la sua.
La costruzione di una moschea, pertanto, viene considerata come l'invasione di un mondo su un altro.

Il dialogo è il modo migliore per affrontare questo problema, dialogo che, ovviamente, deve svolgersi tra due interlocutori, al fine di comprendere reciprocamente le diversità e le potenzialità.
Le differenze esistono ed il tentativo di negarlo, o la incapacità di volerlo ammettere, fa nascere inutili tensioni tra la popolazione.



Scritto da Mauro Banchero



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