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La Professione e la Cultura dell'Ingegnere Italiano

scritto da Dott. Ing. Mauro Banchero



Prima della svolta sancita il 2 settembre 2001
con l'entrata in vigore del DPR 328/01
"Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti
per l'ammissione all'Esame di Stato
e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni,
nonché della disciplina dei relativi ordinamenti",
la figura dell'ingegnere era ben definita e,
in molti ambienti,
decisamente stimata.

La preparazione di base, composta da esami di analisi matematica, fisica e chimica,
certamente non comparabile con l'attuale,
molto più blanda,
trasformavano l'ingegnere capace in un professionista con competenze tecniche specialistiche da affinare nel corso dell'esperienza
e un bagaglio iniziale invidiabile.

Il mondo del lavoro attuale sta puntando invece ad una elevata settorializzazione delle conoscenze
con conseguente specializzazione delle professioni e dei ruoli.
Ciò si riflette nel formare tecnici non più potenzialmente competenti su più aree
ma più specializzati su settori definiti.
Negli albi professionali questo si riflette nella costituzione di tre macroaree:
Civile Ambientale, Industriale, dell'Informazione.

Va da sé, però, che una più elevata specializzazione va a discapito dell'insegnamento di base
e, quindi, della Cultura del nuovo ingegnere.

Non ci si lamenti pertanto se un novello ingegnere,
a cui si chieda l'equazione del moto uniforme delle correnti a pelo libero
(classica domanda da "18" in Idraulica), ovvero il significato delle matrici di Householder, abbia difficoltà a rispondere.
Analogamente, non ci si stupisca dello studente in ingegneria che,
diplomatosi alle superiori con difficoltà e
riservando allo studio solo qualche ora al giorno, si laurea in Ingegneria con votazioni interessanti.

La ragione della diaspora dalla facoltà di Ingegneria degli anni passati era proprio dovuta alle materie di base,
difficili in quanto imponevano un metodo di ragionamento,
in parte impostato al liceo,
che permetteva allo studente capace di metabolizzare più facilmente le materie tecniche specialistiche del triennio.
Ora che gli esami matematici sono semplici
(certo non a dire dei novelli ingegneri, poiché mediamente più impreparati dei precedenti),
la specializzazione si trasforma in un insieme di nozioni tecniche
per cui il ragionamento non sempre è necessario, motivo per il quale l'accesso in facoltà e la conclusione degli studi
si rivela più facile di prima per tutti.
I dati infatti evidenziano un numero minore di abbandoni, non,
a mio giudizio, dettato dalla maggiore preparazione dei nuovi studenti,
ma dalle maglie allentate della selezione.

Oggi l'ingegnere è un semplice tecnico, o un gestionale parzialmente tecnico, o un simil tecnico, non più uno specialista con Cultura Tecnica.

Con questo non nego che al mercato del lavoro, in cui l'ingegnere bravo ahimè non serve più come un tempo, e dove spesso è anche osteggiato, possa interessare questa nuova figura, più sfruttabile, più settorializzata, meno dotata di creatività e preparazione generale.

L'Ordine degli Ingegneri, in questo panorama complesso da gestire, ove i titoli, solo quelli, regnano sovrani, secondo me dovrebbe ricoprire ancora di più il ruolo di garante della professione,
intervenendo in maniera decisa nei confronti di chi millanta competenze che non ha
(o che colpevolmente il nuovo sistema non è stato in grado di fornire, facendo però credere il contrario)
e premiando invece chi la professionalità la detiene davvero;
un ruolo di garanzia per la società che, non potendo distinguere come prima l'Ingegnere dal Geometra o dal Perito,
possa almeno affidarsi a chi sa differenziare l'ingegnere dall'Ingegnere.



Scritto da Mauro Banchero



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