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Mestieri che scompaiono o che si trasformano
La pesca

Prima della 1° guerra mondiale i pescatori ad Olbia erano molti, perché tante persone non avevano lavoro. Si andava a pescare con le "fiusce", con la lampara, con le reti e con le sciabiche. Il pesce che veniva pescato, però, veniva venduto solo in piccola parte, perché non c'erano soldi e molte volte lo si ributtava in mare. C'erano, però, alcune persone che venivano dal Continente a comprarlo e si portavano via "maccioni", saraghi, polpi, seppie e molti altri tipi di pesce.

Quasi tutti i pescatori uscivano verso le sei o le sette di sera con la "zichilera" di carburo e non con la lampara. Alcuni andavano a pesca con la sciabica in gruppo di sei pescatori. Si disponevano tre sulla barca e tre a terra. I pescatori buttavano le reti, facevano un giro circolare e battevano nelle tavole della loro barca per far andare i pesci dove avevano messo le reti. I pescatori che erano sulle barca rientravano, poi, pian piano a terra tirando la rete in modo che i pesci vi entrassero dentro.
Tiravano, quindi, le reti per controllare il pescato. Normalmente si trattava di sparaglioni, cefali, qualche spigola, triglie. Talvolta andavano a buttare le reti verso Capo Figari, Tavolara e verso Capo Ceraso perché lì prendevano pesci più grandi e più belli. Rientrati in città, trasportavano i cesti pieni di pesce dentro dei magazzini dove poi facevano la cernita, cioè separavano le diverse qualità di pesce: i polpi da una parte, le seppie dall'altra, ecc. Vendevano, poi, i pesci ai commercianti o ai privati cittadini.

I pesci più pregiati erano le spigole e le orate, perché se ne pescavano di meno: quelle poche che venivano pescate, venivano acquistate subito. Dentro casse di ghiaccio venivano portate anche in Continente. Le spigole si pagavano al dettaglio 7 lire e 50 centesimi al chilogrammo, circa 40.000 lire di oggi.

Dopo un po' di tempo, si trasferirono ad Olbia alcuni pescatori da Sant'Antioco con delle barche grandi. La mattina, buttavano la sciabica a due miglia da terra e la sera la tiravano a riva. Quando la rete s'impigliava negli scogli, due barche la sollevavano.

Prendevano anche cernie da dieci chili e dentici di tre o quattro chili.

La notte gli uomini dormivano sulla spiaggia, fino alla mattina successiva.

La pesca interessava anche San Teodoro, Porto San Paolo, Golfo di Orosei, sino a La Maddalena.

Quando il pesce vendeva venduto, il ricavato normalmente veniva diviso così: un terzo al padrone delle reti e delle barche, il rimanente diviso in parti uguali tra i pescatori, perché erano tutti soci.

Questa divisione dei soldi guadagnati dalla vendita del pesce, però, non veniva accettata da tutti. Alcun ritenevano che la parte spettante ai pescatori dovesse essere maggiore.

Il lavoro, però, ad Olbia mancava e, pertanto, anche gli scontenti dovevano pur sempre tornare a mare, buttare le reti per i padroni delle barche e sperare in una buona giornata.

Quando il tempo era brutto, infatti, non potevano prendere il mare, dovevano restare a casa e non guadagnavano nulla.

Nanu Tommaso e Dettori Salvatore, 1^B