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Gli immigrati
I nostri vicini

E' alto con una pelle scura scura, in Africa era uno studente di medicina; è alta, bionda ed è laureata in ingegneria; è piccolo piccolo, con grandi occhi a mandorla. Tante storie ma un solo problema che tragicamente li accomuna: la necessità di dover lasciare il loro paese.

Li vediamo per le strade a vendere un po' di tutto, oppure a lavare i vetri delle macchine ai semafori, o nel lungo mare con abbigliamenti ridicoli, le donne vendono i loro corpi a pochi soldi. Sono storie drammatiche, che forse non capiamo completamente, anche se possiamo provare ad immaginare che cosa, a distanza di tanti anni, ancora li spinge a prendere d'assalto i porti, nella speranza di raggiungere un luogo più sicuro.

Provengono da paesi dove c'è la guerra e la disperazione, dove mancano lavoro e soldi per sfamare i propri figli; arrivano a decine di migliaia, scappando, per avere, almeno la speranza della vita.

Gran parte di loro ha speso sino all'ultimo spillo per pagare, a scafisti senza scrupoli, quei cinquemila dollari a testa che dalle coste albanesi, iugoslave, nord africane consentirà loro di approdare in questa terra promessa.

Gli italiani , che hanno già vissuto la loro stessa esperienza, conoscono bene il dolore di dover lasciare il proprio paese per cercare lavoro altrove, dovrebbero quindi essere più tolleranti verso gli immigrati.

Forse molti malviventi, consapevoli di questo aspetto degli italiani, per i loro sporchi traffici, approfittano di bambini o ragazzini molto piccoli. Nel corriere della Sera di qualche giorno fa, ho letto un articolo di cronaca di Milano che spiegava come un bambino di undici anni sia stato portato in Italia e bloccato dai vigili urbani con un etto di hashish, una potente droga. Il bambino viveva in una misera capanna senza acqua, né riscaldamento e veniva utilizzato per spacciare perché la legge italiana non punisce i ragazzi che non hanno ancora i quattordici anni. Per quale motivo migliaia di bambini, così come ci presentano i mass media, vengono trattati in questo modo? Perché devono essere strappati alle loro famiglie? E noi stiamo a guardare, continuando a discutere sulla causa delle immigrazioni, ma poco sugli effetti.

Credo che ormai non sia più tempo di fare distinzioni fra immigrati ed emigrati, ma è opportuno fare di tutto per abbattere le barriere, e non solo quelle politiche.

E' vero, comunque, che i problemi sono tanti! Come si può fare quando prevedi di regolarizzare migliaia di persone e invece negli uffici preposti se ne presentato centinaia di migliaia? Sono convinto che tutto dipenda dalla volontà: se noi vogliamo, oppure no, aiutarli a sperare nel futuro, dovremmo fare del nostro meglio.

E' nostro dovere far di tutto perché si integrino nella nostra terra; si potrebbe iniziare con corsi di italiano o con una casa dove vivere, questo li farà sentire un po' accettati, e forse farà di noi un popolo che ha capito cos'è la civiltà. Per noi è molto difficile, non siamo ancora pronti a vivere fianco a fianco con persone provenienti da tutto il mondo, ma è giunto il momento di pensarci.

Fabrizio e Francesco Demontis, 2^ B