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Storia della Pedagogia e della Scuola nellopera
di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni |
1. Lepoca della formazione, la vita, lopera
di Emilia Santamaria
La storia della pedagogia
italiana ha in Emilia Santamaria (Roma 1877 - ivi 1971) lautrice dei
primi più significativi contributi storiografici sulle istituzioni
scolastiche e sulle teorie pedagogiche.
Lopera e la figura della
studiosa sono rimaste in ombra nel lungo secondo dopoguerra e ora si
coglie loccasione per richiamare alla luce alcuni risultati del suo
lavoro, ritenuti, non senza simpatia e partecipazione, meritevoli di
attenzione.
La singolare figura di donna,
studiosa di filosofia e di pedagogia, una personalità forte e generosa
anche di fronte alle durissime esperienze familiari, emerge -per quanto
attiene specie alla componente storiografica della sua attività- dal
saggio di Franco Cambi La scuola italiana nella storiografia
compreso nel volume curato da Giacomo Cives La scuola italiana dallUnità
ai nostri giorni, edito a Firenze per La Nuova Italia nel 1992; il
riferimento ha sollecitato e quindi maturato e sviluppato un interesse
specifico sullattività della studiosa romana.
Si ritiene quindi che uno
studio sulla Santamaria tragga giustificazione dal reale spessore del suo
attento e continuo lavoro, teorico e pratico, nel mondo delluniversità
e della scuola; le sue riflessioni mirarono subito ad almeno due campi:
storiografico-educativo e pedagogico-didattico, senza peraltro collocare
in sottordine la concretezza della vita pratica di scuola. Ella fu infatti
anche insegnante, formatrice, insomma educatrice partecipante attiva al
dibattito aperto nei primi decenni del secolo, attorno alla riforma della
scuola, soprattutto in rapporto allo sviluppo dei gradi secondari. Il suo
pensiero, pur non imponendosi come formulazione di primo piano nel mondo
della pedagogia della prima metà del Novecento, costituì una sutura
significativa tra accademia e scuola militante, sviluppando
inoltre un particolare, validissimo e moderno impegno storiografico nel
campo delleducazione.
Emilia Santamaria nasce a Roma
nel 1877, nel 99 si iscrive allUniversità1
dove segue con attenta partecipazione i corsi di filosofia di Antonio
Labriola, allievo ed amico di Bertrando Spaventa; il 9 luglio 1903 si
laurea in filosofia con una tesi dal titolo Le idee pedagogiche di
Leone Tolstoi, divenuto in seguito un saggio (Laterza, 1904), con una
prefazione dello stesso Labriola; nello stesso anno vince il concorso per
il perfezionamento negli studi filosofici gestito dalla fondazione Corsi.
Contemporaneamente ottiene la
cattedra di pedagogia ed insegna nelle scuole normali. Nel 1906 inizia ad
insegnare a Genova e poi a Bologna. Nello stesso anno, sposa Angelo
Fortunato Formiggini, filosofo, scrittore e poi attento e vivace editore
che con le fortunate e puntuali iniziative editoriali concorrerà a
promuovere nella cultura italiana un clima di liberalità e di gusto,
maturati con una notorietà che è giunta fino a noi. Nel 1909 la
pedagogista partecipa al Concorso nazionale Ravizza, vincendolo, con lopera
La psicologia del fanciullo normale ed anormale con speciale riguardo
alla educazione; tra il 1909 ed il 12 pubblica le sue due opere
più importanti di carattere storico-educativo: Listruzione popolare
nello Stato Pontificio (1824-1870) (che coincide quasi completamente
con il testo della sua seconda tesi presentata per la Laurea in lettere e
discussa il 20 aprile 1905), e Listruzione pubblica nel Ducato
Estense (1772-1860); inoltre dà alle stampe le Lezioni di
didattica (storia e geografia), elaborate in un corso di
perfezionamento per maestri tenuto a Modena e frutto di ricerche
bibliografiche e di attività divulgativa, iniziata con Bernardino Varisco
e Alessandro Levi nel 1907, perfezionata nellambito di congressi
internazionali, in un quadro di intensa attività approdata nella
redazione del periodico LItalia che scrive.
Su invito della
Federazione insegnanti italiani di Trieste, dellIstria e del Friuli,
Emilia Santamaria tiene a Trieste un corso di conferenze su temi
pedagogici; durante la Guerra Mondiale, partecipa ad attività
assistenziali come infermiera in un ospedale da campo, mentre prosegue lattività
di ricerca nel campo degli studi pedagogici dando alle stampe il volume Ciò
che è vivo e ciò che è morto della pedagogia di Federico Fröbel (1916).
Si trasferisce quindi a Roma dove il Ministero della Pubblica Istruzione
le affida linsegnamento della filosofia nel liceo Umberto I, che
condurrà per tre anni.
Intanto la studiosa ha avviato
una collaborazione, da esterna, con il Comitato di redazione della Rivista
Pedagogica diretta da Luigi Credaro, suo maestro, che fu relatore di
entrambe le tesi discusse a suo tempo presso lUniversità romana.
Questa collaborazione avrebbe avuto una lunga durata. La Rivista, organo
dellAssociazione Nazionale per gli Studi Pedagogici, fondata dallo
stesso Credaro, ebbe una modesta anticipazione nella rubrica di
informazione bibliografica dal titolo: Rassegna di Pedagogia-Una
Rivista pedagogica in nuce, ospitata dal periodico Rivista di
filosofia e scienze affini diretto da Giovanni Marchesini, in cui la
firma di Emilia Santamaria comparirà solo saltuariamente.
Sarà Angelo Fortunato
Formiggini, marito di Emilia (già editore dal 1909 al 1922 della Rivista
di filosofia), a pubblicare la Rivista dal 1910 al 1912, mentre dal
1913 a farsi carico della stampa della Rivista Pedagogica sarà la
Società editrice Dante Alighieri.
La figura di Luigi Credaro si
impone con una sua precisa fisionomia sullo scenario filosofico italiano,
che subiva, come il resto dEuropa, le ripercussioni della crisi
civile che investe anche il mondo della cultura e inevitabilmente la
scuola positivista. In questo contesto si fanno strada numerosi e
diversificati indirizzi interpretati come vivi tentativi di soluzione
della crisi, i quali interagiscono fino a costituire un nodo ricco di
tensioni, che intersecandosi, permettono nel contempo anche aperture
innovative; la filosofia, in particolare, si pone come linterprete
più autentica di questa crisi, poiché ne evidenzia le ragioni ed il telos
profondo, ne sottolinea il pluralismo e la funzione di spartiacque nella
cultura moderna. La riflessione più generale, di cui la filosofia si
conferma interprete, rispetto alla sua morte dentro le scienze
decretata dal positivismo, disarticola il sapere tradizionale, ne
aggredisce le fondamentali certezze ed esige che, per pensare nel proprio
tempo e per il proprio tempo, la crisi venga radicalmente e completamente
attraversata, che le forme del pensiero negativo vengano valorizzate
come i segni efficaci della contemporaneità e come la via preliminare per
ogni incamminamento verso nuovi ordini2.
Su uno scenario che vede la
moltiplicazione delle voci orientate al superamento della crisi, accanto
ad una soluzione marxista, e a una, quella di Wittgenstein, che propone
una radicalizzazione formalistica della conoscenza, e poi ancora accanto
alla via ontologica nichilista di Heidegger, la via neokantiana - nel
recupero sostanziale della tradizione occidentale (cioè attraverso il
postulato del primato della teoresi e della conoscenza come valore) e
quindi in una nuova messa a fuoco del pensiero kantiano - cerca un
confronto con la crisi in atto, un modo per percorrerla e non rimanerne
vittima. Per i neokantiani si tratta di ricostruire un senso reale
restaurando la funzione ed il valore della filosofia, unico strumento
capace di cogliere le articolazioni della crisi e di dissolverne i
dogmatismi. Il ritorno alla ragione è la via regia per uscire dal buio e
dal tormento che la crisi provoca nella società e nel singolo3.
Permane chiaramente, anche in questa prospettiva, lesigenza di
rifondazione che anima tale approccio filosofico, così il rapporto tra
scienza ed etica si pone in termini di distinzione anche se insieme di
continuità, come quello tra fatti e valori, senza tralasciare la funzione
regolativa dei valori rispetto alle esperienze. Lindirizzo neokantiano,
assieme allherbartismo ed allo psicologismo, dà consistenza ad un
fronte antidealistico che la Rivista Pedagogica ospita forte delle
convinzioni del direttore Credaro, ma aprendosi anche a studiosi di
indirizzi diversi, dando così vita ad un eclettismo non sempre
chiaro ed accettato.
Emilia Santamaria partecipa
attivamente ai lavori della Rivista evitando di rinunciare però alle
proprie convinzioni, sia nel dibattito politico, che in quello filosofico
e pedagogico, che la inducono, nel 1922, ad un vivace confronto, insieme a
Raffaele Resta, con Credaro. Entrambi lamentavano una larghezza di
ospitalità che opportunamente si era voluto mantenere fino ad allora4.
Essi insomma non aderivano più allorientamento che il Direttore aveva
dato al periodico dal 1908. La palese apertura stigmatizzata dalla
Santamaria era, evidentemente, nei confronti dellattualismo gentiliano
mentre la studiosa reclamava per la Rivista una opzione più decisa nella
direzione di uno schieramento, così da alimentare con maggiore forza la
fiducia ancora viva nei confronti del carattere realistico che il
Direttore aveva proposto nel suo programma iniziale.
In una concezione realistica
della pedagogia la studiosa cercava la risposta ad esigenze oggettive
della cultura dellepoca. Lauto-chiarificazione teoretica, e quindi
anche ideologica, invocata dai due redattori, non otteneva, da Credaro,
udienza, anche se in lui vi era sicuramente la coscienza del compromesso
inevitabile, ma anche della rischiosità della componente attualista, che
con Giovanni Gentile, Ministro del governo Mussolini, era giunta al
potere. In seguito, superate le sfuggenti considerazioni del Direttore, il
periodico assumerà, dal 1923 in poi, tendenze sicuramente anti-idealiste
e troverà una propria autonomia sia nelle scelte teoretiche, che nello
sviluppo dei temi affrontati, ed ancora nella cooptazione dei
collaboratori, mentre i due redattori riprenderanno la collaborazione nel
1924.
Nella vita di Emilia
Santamaria si verifica, nel '19, un avvenimento destinato a segnarne
fortemente lesistenza: a quarantadue anni accoglie Nando, un bambino
orfano, di circa tre anni, ed avvia un diario in cui raccoglie con metodo
le proprie esperienze di madre. Inoltre nel 20 Emilia pubblica La
mia guerra, un testo in cui narra le vicende belliche sotto la forma
di una testimonianza personale. Nello stesso anno pubblica La pedagogia
italiana nella seconda metà del secolo XIX. Parte prima. Gli
spiritualisti, un corso sugli spiritualisti appunto, tenuto presso lAteneo
romano nellanno accademico 1918-19. A Trento la Santamaria gestisce
fino al 1923 una serie di corsi estivi per le maestre giardiniere in
collaborazione con Rosa Agazzi.
Nel 1926 la pedagogista
pubblica il primo volume del Giornale di una madre nel quale espone
leducazione di Nando, fino ai 9 anni di età; il testo avrà unedizione
fiamminga ed una brasiliana. Nel 28 si stampa lVIII edizione di Prima
lettura, un sillabario da lei elaborato che raggiunse lo straordinario
successo di ottantaseimila copie. La Santamaria riceve nel33 un
riconoscimento dallAccademia dItalia e nel 35 assume lincarico
di redattore capo de LItalia che scrive dopo una collaborazione
di oltre 15 anni: si tratta di una rassegna bibliografica ideata e
pubblicata dal marito (1918) che si proponeva di mettere in rapporto gli
addetti ai lavori delleditoria: autori, editori, studiosi, ed il più
ampio pubblico di lettori. Nel 38 il marito, colpito dalle
discriminazioni razziali, abbandona lattività editoriale e la
direzione della rivista, suicidandosi nella sua città, precipitando dalla
Ghirlandina di Modena.
Nel 41, il Ministero della
Pubblica Istruzione, già in possesso della documentazione dellarianesimo
della Santamaria la invita a presentare ulteriori prove sulla sua famiglia
di origine; quindi la colloca a riposo forzato. Nel 43 sarà esonerata
dalla libera docenza per non avere giurato fedeltà al regime fascista e
soltanto nel 46 sarà riabilitata. Nel 48 pubblica il secondo volume
del Giornale di una madre, il diario che accompagna la crescita del
figlio adottivo fino al diciottesimo anno di età. Nel secondo dopoguerra
la Santamaria pubblica Adolescenti nella scuola (1949), e la
monografia LEducazione e la scuola (1951), ospitata nel primo
volume di Storia della civiltà, un testo a più voci, in cui
la studiosa figura tra diciotto coautori specialisti della materia. Nel
58 pubblica la terza edizione dellopera su Fröbel. Si spegnerà nel
1971 alletà di 94 anni.
Il quadro storico e culturale
in cui prende corpo la formazione intellettuale di Emilia Santamaria è
dunque fittamente articolato e presenta, negli anni a cavallo del nuovo
secolo, una struttura aperta su più fronti: economico, politico, sociale
e naturalmente anche culturale, in animata evoluzione. Dalla scienza allarte,
fino alla filosofia, maturano elementi destinati ad alimentare un processo
radicale di critica ed autocritica dei propri postulati e strutture,
concorrendo così fortemente al crollo di quel mondo della sicurezza
edificato su valori e norme ben definiti, su un preciso ordine sociale ma
anche su miti (quali il progresso armonico e la pacifica emancipazione
universale dellumanità attraverso il modello economico ideologico
borghese) ormai però svuotati della loro consistenza.
Su Emilia Santamaria
esercitò un peso notevole il movimento positivista: la sua
formazione si sviluppò infatti nella luce di questo indirizzo
scientifico-filosofico, anche se in seguito il pensiero della pedagogista
è difficilmente sintetizzabile, nella sua autonomia, in un approccio
filosofico definibile con precisione. Ella identifica la propria
posizione, nella Prefazione per i filosofi che apre il suo Giornale
di una madre, in termini molto espliciti. In questa bella pagina, lautrice
indugia sul delicato rapporto tra pedagogia e filosofia: Oggi per
timore di essere giudicati pedestri, pratici, empirici, parecchi che
potrebbero scrivere utili cose educative sono condotti ad intrattenersi di
preferenza su problemi dindole generale o su ricostruzioni storiche,
studi che corrispondono anchessi senza dubbio ad un bisogno della
nostra disciplina, ma che restando estranei alla maggioranza degli
educatori, non hanno quel risultato al quale principalmente mira la
pedagogia. Essa è anche sguardo al passato e costruzione organica, ma
vuole principalmente compenetrare di sé la coscienza dei presenti e
futuri educatori5.
Si comprende quindi come la studiosa rispetti, del positivismo, il valore
delle scienze particolari, in contrapposizione alle formulazioni astratte
dellidealismo, e ancora la validità dellesperienza nei confronti
dellapriorismo, alimentando dunque un fondamentale atteggiamento
critico nel lavoro intellettuale. Ella condivide insomma il positivismo
moderato di Aristide Gabelli, espresso tra laltro nelle Istruzioni
premesse ai Programmi dell88: un vero balzo in avanti rispetto a
quelli di Coppino, concordando perdipiù con le indicazioni relative al
metodo didattico e di ricerca fondato sull osservazione e sullesperienza,
così lontano dai sistemi schematici e irriducibili, contenute nel
prezioso volumetto di Gabelli Il metodo dinsegnamento nelle scuole
elementari (1880).
Anche in Italia, in Europa,
sul finire del secolo scorso il mondo della cultura si allontana dal
positivismo ormai irrigidito in schemi filosofici formalistici e
scarsamente comunicativi, e quindi anche i pedagogisti, abbandonato il
determinismo biofisico, tornano a considerare il ruolo della libertà e
dellattività individuale, concetti sempre inseriti in un contesto
metodologico supportato dallesperienza e confortati dagli apporti della
nascente psicologia come strumenti indispensabili alla definizione di una
efficace teoria delleducazione. In rapporto a questi temi Emilia
Santamaria accetta con moderazione il taglio positivista di Antonio
Colozza da lei considerato l'investigateur le plus subtil et le plus
scrupuleux des phénomènes spirituel6.
Riconosce dunque quel ruolo primario affidato alla psicologia, criticando
però fortemente la pedagogia sperimentale svolta nei laboratori, e il
rilievo, dato al determinismo; un ulteriore momento di accordo è invece
individuato nel ruolo affidato allattività intellettuale dellallievo,
origine di ogni forma di educazione, che nella Santamaria rimarrà tema
centrale e in Colozza porterà ad approdi di matrice idealistica.
Tra le personalità di maggior
risalto che influenzarono la formazione della pedagogista romana vi fu
quella di Antonio Labriola7
di cui fece propri alcuni orientamenti, come ad esempio il costante
antidogmatismo -la Santamaria infatti lo ricorda tutto teso a combattere e
superare le correnti del suo tempo- e lantiaccademismo; infatti la sua
lezione spesso assumeva i toni di una conversazione familiare e rifuggiva
sempre dagli schemi rigidi dellinsegnamento cattedratico. Tali
principî si compendiarono in una pedagogia che, per Labriola, non si
identificò tanto con la scienza, quanto soprattutto con la riflessione,
con la individuazione di ciò che impedisce il libero sviluppo dellindividuo,
per giungere invece alla più ampia emancipazione dellumanità. Si
tratta di indicazioni che la Santamaria tenne sempre presenti sia nella
pratica educativa che nei risultati teorici confluiti nelle sue
pubblicazioni; ne è un esempio proprio il Giornale di una madre,
la cronaca di una azione reale, di una educazione non fittizia ma
concreta, nel cui sviluppo sè curato di bandire ogni astrazione. Nel
diario è presente costantemente il lavoro introspettivo della madre e
quello critico delleducatrice, per un progresso duplice e
biunivocamente costruttivo.
Nellevoluzione del pensiero
della Santamaria, maturato con originalità, è ben presente anche una
vigile componente neokantiana che si coglie soprattutto: 1) nellimpegno
morale sempre attivo nella sua azione educativa (leducazione ha
il compito preciso di formare un ideale di vita nobilmente morale);
e 2) in un atteggiamento critico ed aperto nei confronti di posizioni
diverse.
In una prospettiva più
segnatamente filosofica, seppure sgombra da astrattezze, il richiamo a
posizioni neokantiane avviene, nel pensiero della studiosa, attraverso un
riferimento da inquadrare soprattutto nellambito del criticismo puro
di Giovanni Vidari (1871-1934).
Emilia Santamaria condivide,
del discorso di Vidari, limportanza conferita allopera educativa
concepita come terreno dincontro di molteplici coordinate: letica
filosofica, lantropologia, la storia, la sociologia; anche il suo
disegno è caratterizzato da una componente pedagogica strutturata in
principî normativi, tendenti allalto ma nel contempo operanti
criticamente quali stimolo e misura della ricerca e dellazione. Bisogna
tuttavia precisare che la pedagogista pur partecipando al kantismo
presente nel pensiero di Vidari, non condivide ovviamente il suo approdo
al fascismo realizzato lungo un percorso svolto allinsegna del
Nazionalismo.
Tuttavia bisogna ricordare,
che, in generale, pur non essendo stati affrontati dalla studiosa problemi
fondativi della pedagogia risulta evidente nelle sue pagine una sensibile
fedeltà a Credaro, il maestro, e attraverso il suo magistero a Herbart.
Infatti unitamente alla via
tardo-positivista, a quella neokantiana nei suoi diversi aspetti, la via
herbartiana è forse quella che coinvolge maggiormente la pedagogista nel
proposito di arginare gli effetti della dura crisi in atto agli inizi del
secolo e nel tentativo di presentare una valida alternativa alle
incombenti speculazioni dellattualismo gentiliano. In Italia Luigi
Credaro incarna lala kantiana-herbartiana interpretando il ruolo di
animatore di tale indirizzo sia pure in una veste eclettica e mediatrice.
Emilia Santamaria, come si diceva, allieva di Credaro - cui dedica una
estesa voce nel volume Pedagogia dellEnciclopedia delle
Enciclopedie - condivide in gran parte, ma con qualche riserva le idee
del maestro. Della lezione di Credaro ella riflette sicuramente limportanza
riconosciuta in primo luogo agli eventi, allazione più che alle
parole; tale convinzione portò Credaro ad organizzare nel 1901, la Unione
Magistrale Nazionale, un organismo che si proponeva di affrontare a
tutti i livelli, da quello economico-giuridico a quello culturale e
didattico, i problemi attinenti alla vita professionale degli insegnanti
elementari. A Roma invece, diede vita la Scuola Pedagogica, un corso
di specializzazione universitaria degli studi pedagogici dei maestri,
mentre dal 1906 nel ruolo di Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, e
dal 1910 come Ministro, intervenne con forza per potenziare i vari ordini
scolastici, soprattutto quello elementare, e spingere nella direzione di
un radicale rinnovamento il settore dellistruzione nella sua
globalità.
Il percorso filosofico di
Luigi Credaro partito da posizioni kantiane perviene al pensiero
herbartiano cogliendone i dati che meglio si assimilavano alle sue vedute:
la causalità del mondo dello spirito, la necessità di mettere il
fanciullo direttamente in rapporto con la natura e con la società, ma
anche di organizzare la sua esperienza diretta con lopera scolastica;
la reazione al frazionamento scolastico; il carattere dellinsegnamento:
mezzo, per formare lanimo per cui non importa il quanto, ma il come del
sapere 8.
In tali principî trovano
posto anche le idee pedagogiche di Emilia Santamaria così legata ad un
concetto di educazione lontano da dogmatismi ed invece, in sintonia con il
maestro, votata a raggiungere il reale obiettivo della solidarietà umana.
Tale principio rappresenta infatti, per Credaro, un momento di azione
morale, di armonia, di mutuo aiuto; inserito nel contesto sociale dellepoca
-si stava affermando in maniera incisiva la corrente socialista anche se
la posizione di Credaro era quella di un democratico avanzato e radicale,
di ispirazione gradualistica e non rivoluzionaria- era un invito alla
cooperazione e non alla lotta e alla sovrapposizione tra le classi
sociali. Da qui la convinzione che la pedagogia, come leducatore, non
si debba nutrire di concetti puri, di leggi aprioristiche, ma di
esperienza storica e sociale.
E legittimo quindi
affermare che limpegno pedagogico di Emilia Santamaria non si sia
evoluto sullonda di premesse filosofiche nettamente definite e
determinate ma che la sua filosofia sia invece venuta progressivamente
maturando attraverso lopera educativa concretamente svolta e abbia
costruito il suo impianto formale sulle vitali basi dellattività
scolastica.
1
DallArchivio storico dellUniversità di Roma (Cassetta
n. 1567) si apprende che già nel 1897 ella figura, alla facoltà di
Filosofia dellUniversità di Roma, in qualità di uditrice dei
seguenti corsi singoli: Filosofia Teoretica, Geografia, Grammatica (anno
accademico 1997-1998); mentre nellanno successivo vi figura per i
corsi singoli: Letteratura Italiana, Letteratura Greca, Letteratura
Latina, Storia Antica (anno accademico 1998-1999).
2
Franco Cambi, L'educazione tra ragione e ideologia. Il
fronte antidealistico della pedagogia italiana. 1900-1940, Milano,
Mursia Editore, 1989, p. 13.
4
E. Formiggini Santamaria e R. Resta, All'on. Direttore
della Rivista Pedagogica, in Rivista Pedagogica, anno XV,
fasc. 9-10, ott.-dic., 1922, p. 385. Il testo della lettera a stampa è
riportato di seguito:
Onorevole
Sig. Direttore,
Col Suo ritorno noi
riteniamo di aver terminato il compito di redattori, assunto
provvisoriamente durante la Sua assenza da Roma. Crediamo però di
doverle dire, per debito di sincerità, che le nostre dimissioni non
sono soltanto determinate dalla doverosa correttezza di rimetterLe il
mandato ricevuto, cessata la causa che lo ha suggerito: ma hanno un
motivo più profondo. Quattro anni - quanto è durata lopera nostra -
non sono passati senza che negli studi pedagogici e nella Rivista
parecchie cose siano mutate. Nella redazione, già non perfettamente
omogenea nellorigine, si sono intensificate attraverso questo tempo
le incompatibilità scientifiche, talchè, soltanto la convinzione che
le nostre vedute coincidessero con le Sue più di quelle dei Colleghi (e
possiamo avere sbagliato nel nostro apprezzamento) ci persuase a restare
al nostro posto fino al momento del Suo ritorno. Di più, quel certo
eclettismo della Rivista che permise a persone di indirizzi filosofici
diversissimi di avervi la loro voce, e che fu o esplicitamente o
implicitamente riconosciuto da tutti come giovevole agli studi
pedagogici, suscitò ad un tratto opposizione da parte di un gruppo ben
omogeneo di studiosi. Sarebbe sembrato a noi allora opportuno che - in
contrapposto agli attacchi di periodici più recenti, i quali
esprimevano un pensiero, più ancora che ben delimitato (cosa giusta e
meritevole di tutto il rispetto), aggressivo e disdegnoso del lavoro
coscienzioso dovuto a studiosi non simpatizzanti col loro indirizzo -
anche la Rivista Pedagogica assumesse un più determinato carattere
filosofico; o, più esplicitamente: esprimesse solo ed evidentemente
quel carattere realistico che il suo Direttore aveva indicato nel
programma iniziale ed aveva confermato nella lettera che presentava la
nostra redazione ai lettori; e rinunciasse alla larghezza di ospitalità
che opportunamente si era voluta mantenere fino allora, ma della quale
ormai non pareva più sentirsi il bisogno. Nonostante queste nostre
vedute, non proponemmo neppure di introdurre nellorientamento della
Rivista alcun cambiamento, rispettosi del deposito a noi affidato, che
mirammo a conservare nelle stesse direttive con le quali lo avevamo
ricevuto, convinti che soltanto il ritorno del suo Direttore al campo
degli studi, avrebbe potuto introdurre modificazioni nella Rivista.
Ora
che Ella, con viva sodisfazione di quanti sono da lunghi anni
affezionati alla Rivista Pedagogica , ha ripreso la Direzione, noi
sentiamo il bisogno di esprimere francamente il nostro pensiero,
affinchè Ella sappia che laccordo dato da noi, quattro anni fa, al
programma iniziale del 1908, non è più pieno ed intero, per una sua
parte, nel nostro spirito, e che, perciò, crediamo incompatibile lufficio
di redattori finchè resti nella Rivista sia pure come affermazione di
possibilità, quelleclettismo di contenuto che, fondato sul
presupposto di una reciproca valutazione serena del pensiero altrui, e
di elevate discussioni, da parte di tutti gli studiosi, cessa di essere
utile e possibile quando una parte di questi non riscontri che acri
opposizioni e svalutazione sistematica. Ora a noi sembra che nelle
grandi correnti di pensiero che nel mondo civile compongono i diversi
indirizzi filosofici, la Rivista debba avere un suo posto ben
determinato; non dovrebbe essere, no, langusta nicchia di un idolo,
ma lampio nodo stradale per passaggio di genti anche di vario
linguaggio, ma di un tronco comune di mentalità. Vivo, cospicuo,
largamente internazionale e originalmente produttivo è il movimento che
la filosofia riattacca non alle deduzioni dialettiche seppellite in un
cerchio di formule, ma alle esperienze lato sensu. La filosofia che,
come linfa vitale, risale o discende per i rami numerosi delle scienze
prende molti nomi ed ha mille concrete definizioni, ma definizioni
e nomi vari sono tutti acqua di una stessa scaturigine e duna stessa
corrente: la concezione realistica del mondo. Quello che da noi ora
manca è precisamente un periodico che raccolga esclusivamente le file
numerose di questi studiosi i quali hanno comune, con la concezione
realistica del mondo, una concezione realistica della pedagogia. Noi
siamo perfettamente daccordo con Lei nel desiderare la Rivista
serena, obiettiva, estranea a lotte personali, lontana da polemiche
offensive e da insensati partigiani; ma ci sembra che essa possa e debba
avere un concorde punto di vista nel discutere le soluzioni che dei
problemi più vitali del nostro tempo presentano studi e periodici di
indirizzo antitetico a quello che dette origine alla Rivista Pedagogica.
Tutto questo
richiederebbe atteggiamenti più decisi ed espliciti, e specialmente
piena coesione di redattori, coesione della quale nella redazione comè
oggi costituita, non cè la minima traccia. Perciò rinunciamo per
nostra parte, allufficio redazionale, sicuri, daltronde, che lautorità
Sua potrà contribuire al progresso del periodico molto più di quanto
non abbia potuto fare la nostra volontà; e mentre La ringraziamo
vivamente per la fiducia accordataci in questi quattro anni, Le
esprimiamo la nostra immutabile devozione
E.Formiggini Santamaria
R.Resta
5
E. Formiggini Santamaria, Giornale di una madre, Roma,
Formiggini Editore, 1926, pp. VII-VIII.
6D.
Reolon, La pedagogia di Emilia Formiggini Santamaria come
realismo spirituale, Pavia, Luigi Ponzio editore, 1965, p. 29.
7Cfr.
di e su di lui A. Labriola, Scritti Pedagogici, a cura di N.
Siciliani De Cumis, Torino, UTET, 1981; N. Siciliani De Cumis, Studi
su Labriola, Urbino, Argalia, 1976.
8
E. Formiggini Santamaria, Correnti di pedagogia italiana
contemporanea, in E. Formiggini Santamaria (direttore), Enciclopedia
delle Enciclopedie. Pedagogia, Roma, Formiggini Editore, 1931, col.
136.
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