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Storia della Pedagogia e della Scuola nellopera
di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni |
2. Emilia Santamaria e la "Rivista
Pedagogica"
Tornando al dibattito animato
dalla Rivista Pedagogica è opportuno rilevare che nella varietà
dei temi affrontati una delle costanti è rappresentata dalle ricerche di
storia della pedagogia; tale interesse risponde sostanzialmente alle
esigenze culturali della corrente neokantiana ancora legate alleredità
positivista e ad una istanza antiidealista sviluppata lungo una
prospettiva storica, mirante a contrastare lindirizzo neohegeliano
nella sua egemonia culturale e nellapproccio metodologico. Anche questo
tipo di problematica naviga nel tipico eclettismo proprio della Rivista;
infatti rimanendo sospinta dallorientamento personale dei vari
studiosi, la Rivista non riesce ad articolare le voci in un programma
organico. Tuttavia emergono dal dibattito due principali direzioni di
indagine: una proiettata verso la storia delle teorie pedagogiche, laltra
verso la storia delle istituzioni scolastiche, affrontata con metodologie
storico-filosofiche la prima, con un taglio storico-politico o
storico-giuridico, la seconda. Limpostazione critica ed
epistemologicamente corretta dei neokantiani travalica dunque la portata
dei metodi, più limitati, dellapproccio positivista insistente su un
riduzionismo scientista e di quello idealista ancorato allidentificazione
tra filosofia e pedagogia.
Tra le voci che partecipano al
dibattito si distingue quella di Giovanni Vidari con un articolo dal
titolo: La posizione kantiana in pedagogia 1,
in cui tratta della sterilità del positivismo assoluto e dellidealismo
assoluto di fronte al problema delleducazione, la quale, invece, trova
una sua collocazione nella organicità del criticismo kantiano, inteso
come risultante di una dottrina gnoseologica e di una dottrina morale.
Erminio Troilo nellarticolo
Considerazioni sullo spirito pedagogico della filosofia di Kant2
rileva dalle maggiori opere del filosofo la valenza pedagogica,
individuata nella critica come disciplina della ragione. Avere
individuato nel ruolo del filosofo il legislatore della ragione, che,
oltre a scorgere attua i fini, significa proiettare nella filosofia lalto
compito di formare luomo. Kant ha dunque inteso linsegnamento della
filosofia come molla per intervenire sulla moralità del mondo, nel
rispetto costante delluomo come fine e mai come mezzo, infondendo
principî morali nella politica e nei rapporti tra i reciproci ruoli
di Stato e Chiesa, e contribuendo così a consolidare lideale educativo
dellumanità. Troilo sottolinea, come si vede, lenorme potenziale
pedagogico contenuto nel messaggio kantiano.
Se Kant rimane al centro di
attenti studi non solo di filosofi ma anche di pedagogisti legati alla Rivista
Pedagogica, Luigi Credaro con le sue erudite ricerche archivistiche e lampia
consultazione di testi italiani e stranieri, realizza un notevole
contributo personale alla storia della pedagogia dimostrando: Litalianità
della stirpe di Enrico Pestalozzi 3,
con il ridisegnare per intero la genealogia della famiglia del
pedagogista.
Anche la storia della scuola
è oggetto di primario interesse e di particolare studio per i
collaboratori della Rivista; si ricordano larticolo di Luigi Credaro
sulle Proposte al governo napoleonico per la riorganizzazione della
scuola in Sondrio 4,
in cui mostra come nel primo quindicennio del XIX secolo listruzione
non fosse emanazione dei Comuni o di pubbliche amministrazioni risultando
ancora frutto di opere pie; e larticolo di Alfredo Zazo [Le
riforme scolastiche di Murat dal 1808 al 1815 5 precedente
larticolo di Margherita Romano su Il giornalismo pedagogico del
Risorgimento in Torino dal 1837 fino alla legge Casati 6.
Nel contempo la Rivista
analizza anche la condizione scolastica negli stati preunitari, per
risalire in qualche caso fino al Settecento; grande interesse suscita il
pensiero di J. J. Rousseau al quale è dedicato, nel 1912, un intero
fascicolo in occasione del bicentenario della nascita.
Ispirati alla storiografia
pedagogica, appaiono sulla Rivista anche numerosi contributi di Emilia
Santamaria, che condivide le metodologie di ricerca fondate sulla puntuale
documentazione e sui rigorosi principî interpretativi dei colleghi. Le
sue prospezioni sono raccolte in articoli e recensioni che vedono la luce
soprattutto nel primo ventennio di pubblicazione del periodico.
Si offrono qui alcuni cenni:
nel 1909 la recente pubblicazione di Emilia Santamaria Listruzione
popolare nello Stato Pontificio (1824-1870), nata come tesi di laurea,
è oggetto di una approfondita recensione di Baldo Peroni 7.
Nel 1911 la pedagogista commenta la lodevole iniziativa di Lombardo Radice
di ripercorrere, con il contributo di più autori, in una collana delleditore
Sandron di Palermo, lopera di Pedagogisti ed educatori antichi e
moderni 8 un progetto già formulato dallAssociazione
nazionale per gli studi pedagogici e anche motivato da finalità
professionali, cioè legate allinsegnamento dellultimo anno delle
scuole normali. Nello stesso anno la pedagogista presenterà nellarticolo
La legislazione scolastica a Parma alla vigilia dellannessione al
Piemonte 9 i risultati di uno studio destinato a dare
corpo, lanno seguente, a una pubblicazione autonoma dal titolo: Listruzione
pubblica nel Ducato Estense (1772-1860) 10.
Per rimanere sempre e solo nel
campo della storiografia della scuola si segnala, nel 1912, un
contributo della studiosa dal titolo Lautoeducazione e il Rousseau11che
partecipa al fascicolo di saggi dedicati a J. J. Rousseau; in esso si
ripercorre la storia del concetto di autoeducazione con riferimenti allesperienza
di grandi uomini di pensiero.
Nel 1922 il suo testo La
pedagogia italiana nella seconda metà del secolo XIX. Parte prima. Gli
spiritualisti, edito da Formiggini, è, sulla Rivista, oggetto di
attenta analisi da parte di Giuseppe Arrighi12,
che riconosce allautrice il merito di aver contribuito anzitutto a
mettere in luce lopera di pedagogisti italiani tanto trascurati dalla
storiografia.
Non manca, nel 1926, il
riferimento alla seconda edizione dellopera scritta dalla nostra
pedagogista dal titolo: Ciò che è vivo e ciò che è morto della
pedagogia di Federico Froebel13.
Linteresse mostrato dalla
Santamaria per la storiografia pedagogica è, ampiamente documentato sulle
pagine della Rivista, dalla quale però, come sè detto, si
allontanerà progressivamente, a causa dei sempre più pesanti intrecci,
nel clima culturale del Paese, tra attualismo e fascismo, tra vita
culturale e regime, intrecci che compromettevano e logoravano le origini
di quel concetto di libertà in cui tanto la studiosa aveva confidato.
Intrecci negativi che, pur se estranei alla Rivista Pedagogica,
inducono lautrice ad appartarsi e a farsi sentire sempre meno.
Tra le rilevanti tematiche
dibattute sulle pagine della Rivista figura con un suo forte spessore il
problema didattico, affrontato con quei tratti di specificità, autonomia
e centralità posti con decisione dalla riflessione herbartiana
considerata sempre come prezioso riferimento.
Emilia Santamaria compie
alcune indagini operative e ne riferisce nelle pagine del periodico
sostenendo vigorosamente una didattica costruita su una solida base
psicologica e proiettata verso un importante concetto di emancipazione del
bambino. Nel suo articolo: Linsegnamento del disegno nella scuola
elementare popolare14,
richiama a riflettere, ad esempio, oltre che sulla valenza educativa e
creativa del disegno identificata nello sviluppo e nelleducazione del
gusto, nellesercizio dellattenzione e nellabile progressiva
scioltezza della mano, sulla organica e globale propedeuticità della
materia nei confronti della vita. Sarà linsegnante del corso
elementare a scegliere il metodo operativo che aiuti il bambino a
rappresentare figurativamente un oggetto della realtà, evitando con cura,
ad esempio, di ricorrere alla più facile copiatura di figure già
delineate ed interpretate, suggerendo inizialmente dei modelli per
facilitare lapproccio e lapprendimento. Linsegnamento del disegno
così formulato appare come condizione necessaria allesecuzione di un
lavoro manuale correttamente pianificato (ad esempio per la costruzione di
alcuni strumenti di fisica è richiesto il sussidio del disegno), da
intendere quindi come importante momento di apprendimento.
In ambito più generale la
pedagogista sostiene lopportunità della diffusione delleducazione
artistica, come strumento fondamentale per la divulgazione dellarte tra
il popolo.
E appena il caso di
aggiungere che la didattica, nella visione educativa di Emilia Santamaria,
è comunque sempre saldamente legata alla psicologia; nel significativo
articolo Rapporti tra psicologia e didattica apparso sulla Rivista
Pedagogica nel 1914, osserva come le sue ragioni affondino nella
ricerca storica: infatti una fitta categoria di autori che vanno da
Comenius con la sua Didactica Magna ad Alexander Bain, hanno
considerato, pur privi dello strumento scientifico, il problema. Nel corso
del XX secolo la psicologia infantile ha trovato fondamento, sè
radicata e ha progredito sensibilmente; linteresse principale dellautrice
consiste nellavvicinare i pedagogisti e gli insegnanti ai principî
della psicologia, attraverso indicazioni illuminate e preziose; insomma
una materia con cui alimentare il tirocinio mentale e la ricerca,
doverosi in ogni insegnante.
Nelle pagine della Rivista la
Santamaria si dichiara disposta ad ospitare dibattiti e confronti su temi
stimolanti, proposti anche da novità editoriali, come ad esempio largomento
vertente sui componimenti scolastici, la cui funzione di esercizio formale
di carattere espressivo doveva essere integrata da quella di stimolazione
dellattività psichica; perchè dunque non estendere la consuetudine
del componimento scritto ad altre materie?
Anche la prassi del voto è
oggetto di attento esame da parte della pedagogista proprio nellarticolo
Il voto15;
i suoi rilievi si rivolgono soprattutto alle autorità centrali che hanno
identificato nel voto la compiuta espressione del valore intellettuale e
culturale dellallievo, con la conseguente attribuzione allinsegnante
di un inevitabile ruolo computistico. La vita di scuola ha necessità di
una dinamica elasticità e soprattutto di fiducia nellintelligenza,
nell avvedutezza e nel sentimento del dovere degli insegnanti. Il voto
dovrebbe rimanere una convenzione, un dato sintetico per aiutare la
memoria del docente; a questo proposito la pedagogista sembra auspicare un
maggiore apprezzamento, non solo della cultura, ma anche del carattere
morale dellinsegnante.
La sensibilità delleducatrice
Emilia Santamaria nei confronti di un sentimento nazionale e patriottico
che spicca dalle pagine del suo diario degli anni di guerra pubblicato nel
191916,
si riaffaccia con vigore sollecitata da alcuni temi proposti dalla Rivista
nel periodo della Grande Guerra.
Sempre convinta del ruolo
primario della scuola, la studiosa individua anche nella affermazione di
un saldo concetto di Stato, inquadrato in un organico disegno di
educazione nazionale, il principio da cui muovere nella costruzione della
società, in una direzione però non obbligatoriamente aderente al sistema
politico dominante e sottratta al peso dei fatti contingenti. Ciò emerge
con grande evidenza dalla sua recensione17
dellantologia La scuola nazionale, un testo che raccoglie più
voci, tra cui quelle di Anile, dello stesso Cento, Prezzolini, Varisco,
Vidari, Vitali e Volpe. Ella mostra di apprezzare chi, anche in un periodo
così difficile, rimanga coerentemente legato alle proprie posizioni, chi
riesca a guardare serenamente gli avvenimenti senza perdersi in quell
insensato opportunismo proprio del pseudo-scienziato o del
dilettante. Il suo consenso, dunque, premia sempre un approccio realistico
e un taglio metodologico che prescinda da astrazioni logiche.
Il tema della Guerra Mondiale
nella realtà della ricostruzione è dominante nel libro di Giovanni
Calò, Dalla guerra mondiale alla scuola nostra; su questo problema
la nostra studiosa riflette in una recensione apparsa sulla Rivista
Pedagogica nel 192018.
Il dramma della società italiana ferita profondamente in ogni suo aspetto
dal conflitto è sostanzialmente un problema di scuola, con importanti e
gravi ripercussioni nel mondo professionale (nel 1920 si imponeva con
urgenza il problema della riforma della scuola normale), e più
genericamente nel settore sociale. Il programma politico secondo lautore
ed anche secondo il personale giudizio della pedagogista, non avrebbe
dovuto prescindere da una scuola rinnovata, in modo da includere anche un
intenso programma di educazione fisica mirato a sviluppare lo spirito diniziativa,
a diffondere abitudini di vita sana ed attiva, e incoraggiare lapertura
di approcci diretti, delle singole unità scolastiche con le varie forme
di attività economica e sociale. Si suggeriva inoltre una metodologia dinsegnamento
finalizzata alla professione e alla massima produzione. Lautore auspica
comunque un dibattito libero e sereno sulla scuola, proiettato verso
importanti forme di interazione e collaborazione, e svincolato da retorica
e individualismo elementi che connotavano negativamente la cultura
italiana.
I contributi alla attività di
recensione evidenziano alcuni aspetti del pensiero di Emilia Santamaria; e
rimarcando alcune problematiche importanti, grazie anche a questi
interventi, la Rivista conferma leclettismo e lapertura che lhanno
contraddistinta dalle origini.
Tale aspetto è notato
con attenzione da Remo Fornaca19che
dà un meditato, interessante giudizio sulla Rivista, sottolineandone il
ruolo di attivo e dinamico palcoscenico per unampia serie di problemi e
interessi apparentemente estranei alla cultura pedagogica italiana del
tempo, considerandola una rivista che ha sempre avuto carattere
composito sia nei collaboratori sia negli argomenti affrontati, ma che si
distingueva per il non essere dichiaratamente spiritualistica, per le
distanze che prese dalle correnti cattoliche ed idealiste, per i richiami
alla storia della pedagogia (in particolare a Herbart) per laccento
posto sugli studi e sulle ricerche di psicologia, di psicologia
sperimentale, di psicopedagogia, per lattenzione alle correnti, ai
movimenti educativi e scolastici italiani e stranieri, allorganizzazione
scolastica internazionale, alla didattica e in generale alla cultura
pedagogica20.
La fisionomia articolata e
composita della Rivista è letta anche da Fornaca nella sua valenza più
positiva, cioè in quella disponibilità ad aprirsi di fronte ad
informazioni e contributi nuovi e originali, anche se gran parte degli
esiti di questi confronti non furono compiutamente utilizzati dopo la
seconda guerra mondiale; egli osserva infatti che nei nuovi indirizzi
pedagogici italiani prevalse sostanzialmente lidea che nel periodo tra
le due guerre non si sia nutrito alcun tipo di interesse verso ciò che
accadeva fuori del Paese. Tuttavia, nonostante i forti condizionamenti
esercitati dalla cultura idealistica, dalla situazione politica e dai
pesanti richiami nazionalistici, la presenza della Rivista Pedagogica
garantiva lo spazio necessario a sviluppare confronti dibattuti in nome di
un realismo e di uno spirito scientifico che rappresentavano una
significativa e diversa chiave di lettura da quelle prevalenti nel
panorama culturale italiano.
Lopera prestata, la
collaborazione data dalla Santamaria alla Rivista Pedagogica sono
una buona scuola e un buon pegno per la sua attività e produzione di
studiosa, sia di pedagogia e didattica che di storia della pedagogia, come
vedremo in seguito. Già però in questo si è visto come la sua posizione
è seria, impegnata e non conformista e anche se non di primo piano merita
di essere considerata e analizzata, traendola dal troppo lungo oblio in
cui è stata lasciata.
[1]
G. Vidari, La posizione kantiana in pedagogia, in Rivista
Pedagogica, anno XVII, fasc. 7, luglio 1924, pp. 624 - 634.
[
2] E. Troilo, Considerazioni
sullo spirito pedagogico della filosofia di Kant, in Rivista
Pedagogica, anno XVII, fasc. 5, maggio 1924, pp. 341-354.
[3]
L. Credaro, Litalianità della stirpe di Enrico Pestalozzi,
in Rivista Pedagigica, anno XIX, fasc. 2, febbraio 1926, pp.
177-191.
[4]
L. Credaro, Proposte al governo napoleonico per la
riorganizzazione della scuola in Sondrio, in Rivista Pedagogica,
anno XVIII, fasc. 6, giugno 1925, pp. 433-438.
[5]A. Zazo, Le
riforme scolastiche di Murat dal 1808 al 1815, in Rivista
Pedagogica, anno XVII, fasc. 3, marzo 1924, pp. 226-250.
[6]M. Romano, Il
giornalismo pedagogico del Risorgimento in Torino dal 1837 fino alla
legge Casati, in Rivista Pedagogica, anno XVIII, fasc. 9,
novembre 1925, pp. 738-766.
[7]B. Peroni, rec. a E.
Formiggini Santamaria, Listruzione popolare nello Stato Pontificio
(1824 - 1870), Bologna - Modena , Formiggini Editore, 1909, in Rivista
Pedagogica, anno II, fasc. 10, luglio 1909, pp. 1008-1013.
[8]E.
Formiggini Santamaria, rec. a G. Lombardo Radice (direttore), Pedagogisti
ed educatori antichi e moderni, Palermo, Sandron Editore, 1911, in
Rivista Pedagogica, anno IV, fasc. 4, aprile 1911, pp. 364 - 366.
[9]E. Formiggini
Santamaria, La legislazione scolastica a Parma alla vigilia dellannessione
al Piemonte, in Rivista Pedagogica, anno V, fasc. 3, dicembre
1911, pp. 236-241.
[10]E. Formiggini
Santamaria, L istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860),
Genova, Formiggini Editore, 1912.
[11]E. Formiggini
Santamaria, L autoeducazione e il Rousseau, in Rivista
Pedagogica, anno VI, fasc. 3, dicembre 1912, pp. 271-286.
[12]G. Arrighi, rec.
a E. Formiggini Santamaria, La pedagogia italiana nella seconda metà
del secolo XIX. Parte prima. Gli spiritualisti. Roma, Formiggini
Editore, 1920, in Rivista Pedagogica, anno XV, fasc. 7-8,
luglio-settembre 1922, pp. 273-276.
[13]G. Tauro, rec. a
E. Formiggini Santamaria, Ciò che è vivo e ciò che è morto della
pedagogia di Federico Froebel, (sec. ed.), Roma, Formiggini Editore,
1926, in Rivista Pedagogica, anno XIX, fasc. 5, maggio 1926, pp.
416-419.
[14]E.
Formiggini Santamaria, Linsegnamento del disegno nella scuola
elementare popolare, in Rivista Pedagogica, anno I, fasc. 3,
marzo 1908, pp. 273-276.
[15]E.
Formiggini Santamaria, Il voto, in Rivista Pedagogica, anno
XV, fasc. 7-8, luglio-settembre 1922, pp. 255-259.
[16]E.
Formiggini Santamaria, La mia guerra, Roma, Formiggini Editore,
1919.
[17]E.
Formiggini Santamaria, rec. a La scuola nazionale, di vari
autori, Milano, Libreria Editrice Milanese, 1918, in Rivista
Pedagogica, anno XI, fasc. 5-6, maggio-giugno 1918, p. 417.
[18]E.
Formiggini Santamaria, rec. a G. Calò, Dalla guerra mondiale alla
scuola nostra, Firenze, Bemporad, 1919, in Rivista Pedagogica,
anno XIII, fasc. 7-8, luglio-settembre 1920, pp. 435-437.
[19]Cfr. R. Fornaca,
Pedagogia italiana del Novecento, Roma, Armando Armando Editore,
1978.
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