La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Storia della Pedagogia e della Scuola nell’opera di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni

4. Enciclopedia delle Enciclopedie

La stessa calda umanità e sensibilità culturale che ha nutrito l’opera destinata a vincere il premio Ravizza nel 1909, ha condotto Emilia Santamaria alla pubblicazione, nel 1931 del già ricordato volume dal titolo Pedagogia, facente parte della Enciclopedia delle Enciclopedie.

Tale volume, curato, diretto ed in gran parte anche redatto dalla pedagogista, ripercorre in chiave enciclopedica le più importanti tematiche pedagogiche: dall’analisi delle correnti contemporanee e dei congressi sulla materia, all’indagine su pensatori e filosofi che con le loro riflessioni, pur avendo solo sfiorato la pedagogia, hanno contribuito a dare vitalità all’attività educativa: si pensi, ad esempio, al ruolo avuto da Kant nell’educazione morale.

Risulta ottima anche la tecnica, con cui viene ordinata la materia, la quale rispettando il consueto criterio alfabetico, non rinuncia però ad associare gruppi di voci per affinità di argomento. Ogni voce è seguita da una attenta, precisa bibliografia, che spesso va ad arricchire la riflessione pedagogica del tempo.

Dalla storia della pedagogia si passa così alla didattica scomposta nelle sue varie realtà: dalla didattica del canto a quella della storia, dall’educazione religiosa a quella inerente la vita nazionale, in una complessità ed articolazione che definiscono a tutto tondo l’universo pedagogico.

Il volume sviluppa tra gli altri alcuni notevoli motivi di interesse: a cominciare dal ruolo educativo del canto che è individuato come veicolo di espressività, ma subito l’autrice rivela come questa pratica sia disattesa a tutti i livelli dell’istruzione pubblica. Secondo la studiosa sarebbe opportuno prevedere una formazione diversa soprattutto negli istituti magistrali dove è auspicabile, rileva, che fiorisca una nuova sensibilità per la musica sia a livello teorico che pratico. Nelle sue acute osservazioni traspaiono i suggerimenti dati in quegli anni da Rosa Agazzi ne L’abbiccì del Canto educativo e gli esiti delle riflessioni fröbeliane in materia.

Per quanto attiene all’educazione che l’autrice intende di respiro nazionale -un secondo motivo di interesse-, ella individua una serie di criteri generali che vanno dalla cortesia da impiegare nel dare le indicazioni richieste, al rispetto dei giardini e delle opere d’arte, dall’uso esatto della lingua, alla disciplina in casa e a scuola, e che concretizzandosi in comportamenti quotidiani contribuiscono alla formazione della personalità dell’uomo. L’educazione nazionale, così com’è definita, implica in primo luogo una consapevolezza civica del cittadino; questa particolare istanza, relativa all’impossibilità di scindere la formazione dell’uomo dal cittadino, riporta la Santamaria al pensiero di Rousseau e di Mazzini.

La studiosa perseguirà in seguito un itinerario molto personale che si distinguerà per i contributi che le scienze psicologiche possono, a suo avviso, apportare allo studio delle attitudini degli italiani e alla valorizzazione del senso della patria facendo anche leva sul sentimento e sull’esempio: due elementi efficaci destinati a fare presa sul fanciullo.

Altre importanti considerazioni sono quelle relative alla didattica della storia; l’autrice si pone infatti il quesito di come possa esserne impostato l’insegnamento ai diversi livelli di istruzione e con quali finalità si debba porre l’insegnante di fronte al fatto storico. Partendo dall’esame concreto della figura del discente ella sostiene l’importanza dell’insegnamento di questa materia fino dalla scuola elementare, avendo il bambino una capacità logica e una immaginazione vivace, che, se sostenute da una buona guida, possono impadronirsi del senso di avvenimenti anche lontani nel tempo. Confortata dalle indicazioni di Antonio Labriola, l’autrice individua dunque due elementi essenziali: una scelta di fatti suscettibili di chiara esposizione, ed una narrativa da organizzare con ordine, secondo criteri che possano essere recepiti dai ragazzi e che siano in grado di stimolare ulteriori interessi. La Santamaria sostiene l’importanza, in breve, della misura, qualità primaria dell’insegnante, e di un approccio pluridimensionale con il fatto storico destinato a diventare stimolo di crescita fin dalla prima età  scolare.

In un’opera di taglio così ampio non potevano mancare preziose indicazioni sulla didattica, un tema sempre caro alla Santamaria che fissa nell’impegno volto a reale vantaggio della scuola il dovere primario dell’insegnante. Il futuro docente dovrà però essere preparato a gestire il suo ruolo tanto importante per la società; dovrà quindi percorrere un itinerario formativo guidato in primo luogo dai classici della pedagogia che permettano di cogliere in un disegno storico le basi dello sviluppo del pensiero pedagogico. Inoltre, nel progetto dell’autrice, egli deve realizzare un aggancio concreto al mondo dell’infanzia nella sua viva peculiarità. Tale obiettivo potrà essere raggiunto grazie all’esperienza realizzata in collaborazione con i docenti, grazie all’analisi, per cominciare, dei disegni in cui i bambini descrivono i loro giochi o abbozzano il loro ritratto, grazie a visite frequenti nelle scuole e a frequenti contatti con i neo-maestri, e ancora grazie all’analisi dettagliata dei programmi e alla costante critica riflessiva su di essi. Insomma, il fine diventa quello di favorire nell’ insegnante la nascita di un legame con il mondo della scuola e dell’infanzia e di suscitare in lui l’amore per l’opera educativa. Tra i meriti da riconoscere alla Santamaria si evidenzia l’attitudine a non concedersi a facili giudizi di valore, ma, con un forte richiamo all’oggettività, a scegliere un criterio espositivo rigoroso ed alieno da sentenze sommarie.

 

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