La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Storia della Pedagogia e della Scuola nell’opera di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni

5. La ricerca storiografica in Emilia Santamaria

Nel progetto orientativo dell’idea pedagogica ed educativa di Emilia Santamaria risulta centrale l’interesse per la storia delle teorie pedagogiche e delle istituzioni scolastiche; questo impegno attento alla ricerca storiografica emerge soprattutto dalla sua biografia. Da questa si rileva che la pedagogista discute nel 1903 la sua prima tesi di laurea in filosofia con un’indagine su Le idee pedagogiche di Leone Tolstoi (pubblicato poi in forma di saggio da Laterza nel 1904), mentre nel 1905 si laurea in lettere con una tesi dal titolo L’istruzione popolare nello Stato Pontificio (1824-1870), pubblicata poi dall’ editore Formiggini nel 1909. Nel 1912 la studiosa darà alle stampe la sua ricerca su L’ istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860), che contribuirà ad arricchire la collana della “Biblioteca di Filosofia e Pedagogia” avviata dall’editore Formiggini nel 1908. La collana, che rimarrà aperta fino al 1920, rappresenta l’avvio della casa editrice sotto il segno della filosofia, confermando l’interesse dell’editore a promuovere e articolare, con un nucleo organico di opere pur definite nella loro individualità, temi legati a dinamiche sostanzialmente in ombra nei primi due decenni del secolo. Come si vede gli interessi di Formiggini si muovono lontano dai canali ufficiali del pensiero filosofico: siano essi riferibili all’attualismo non ancora fortemente affermato ma già strutturato, siano le istanze filosofiche di un positivismo ormai in crisi. Nella collana apparirà anche il fortunato studio della Santamaria dedicato a Fröbel intitolato, parafrasando Benedetto Croce, Ciò che è vivo e ciò che è morto della pedagogia di Federico Froebel; l’opera, pubblicata nel 1916, vedrà una seconda edizione nel 1926, mentre nel 1958 ne apparirà una terza con il nuovo titolo La pedagogia di Federico Fröbel.

Nel 1920 è la volta de La pedagogia italiana nella seconda metà del secolo XIX. Parte prima. Gli spiritualisti, che raccoglie un corso di lezioni tenuto all’Università di Roma nell’ anno accademico 1918-’19. La Santamaria traccia qui una storia del pensiero pedagogico italiano moderno in due volumi, dedicati alle due correnti fondamentali, quella spiritualista e quella positivista, ma il lavoro non andrà oltre il primo volume.

L’interesse per il taglio storico nell’itinerario intellettuale di Emilia Santamaria si spiega attraverso una aperta sensibilità per l’istanza neokantiana che si colloca al punto di convergenza di due direttrici: l’una che rinvia all’eredità del positivismo -il quale aveva rivolto una viva, sebbene non rigorosissima, attenzione alle ricerche storiche- l’altra che recupera una polemica frontale con il neoidealismo misurandosi sul suo terreno privilegiato, con l’evidente egemonia culturale e la supremazia metodologica. Al neoidealismo la Santamaria contrappone un metodo d’indagine di taglio più filologico che filosofico, in ciò quindi fedele alla lezione del migliore positivismo, a sua volta interessato alla storia delle istituzioni educative. Nell’orientamento culturale della pedagogista, l’opzione sostanzialmente positivista rimane, come si vede, sempre nel ruolo di impostazione preferenziale piuttosto che fissarsi nell’accettazione di un sistema rigido.

La connotazione dominante resta dunque, negli studi storiografici della Santamaria, quell’abito di filologismo che tanto alle semplificazioni astratte delle ideologie, quanto alle complicazioni capziose delle nuove mode, continua ad opporre, o almeno a preferire, la paziente e minuta indagine sui dati concreti, documentari.

Tuttavia questo programma di lavoro rimane a lungo un’istanza metodologica peculiare della studiosa la quale, pure gravitando nell’area neokantiana-herbartiana, trova in tale “schieramento” non principî ideali e metodologici omogenei, ma soltanto la composizione di progetti indipendenti e di forze disuguali difficili da identificare in una prospettiva unitaria di gruppo.

 La voce della pedagogista si distingue quindi nel panorama del tempo per la validità prospettica di un penetrante lavoro di scavo, condotto con pazienza e tenacia, in larghezza e in profondità: sia sul terreno concreto delle istituzioni scolastiche che vengono analizzate con metodologie storico-politiche e storico-giuridiche, sia sul terreno delle teorie pedagogiche lette invece attraverso una chiave storico-filosofica; si tratta di criteri che nel complesso permettono alla ricercatrice di evitare i rischi di un riduzionismo scientistico e sociologico tipico della più deteriore tradizione positivista, ed inoltre di prendere le distanze da un approccio idealista a lei estraneo. Esso infatti mirava a riassorbire la teoria pedagogica per intero nell’Atto puro e nella filosofia, abdicando alla autonomia e specificità delle problematiche pedagogiche.

 

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