La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Storia della Pedagogia e della Scuola nell’opera di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni

6. L’approccio metodologico: indagine critica sulla figura del pedagogista Leone Tolstoj

Già negli anni dell’università la Santamaria viene alimentando l’interesse per l’aspetto storiografico degli studi pedagogici e, come già accennato, pone al centro della sua tesi di laurea in filosofia la figura di Leone Tolstoj pedagogista; si tratta, è bene precisarlo, di una scelta coraggiosa che intende fornire precise risposte sia sul piano teoretico che su quello etico, in un momento in cui, a carico del pensatore russo, prevalevano ancora le posizioni tipiche di un taglio critico di eredità ottocentesca. Questo si compiaceva di confermare la peraltro indiscutibile genialità del narratore e nel contempo non esitava a rifiutare le drastiche teorie sociali ed artistiche del pensatore. Era fiorita un’intera letteratura di “critica a Tolstoj” tesa a sostenere che le “teorie avevano ucciso in lui l’artista”, dunque a svalutare l’aspetto teoretico del pensiero del grande russo mentre la sua arte non veniva indagata nella ricca complessità, e la narrativa era recepita nella sua pregnanza letteraria in un’ottica scevra da teorizzazioni. Anche l’aspetto più prettamente pedagogico di Tolstoj venne a lungo sottovalutato e questo fu uno dei motivi che indusse la Santamaria ad occuparsene, prendendo atto della latitanza della attività critica; tuttavia anche lei non riesce a sottrarsi, nel suo studio, ad alcuni limiti legati alla chiave di lettura corrente dell’opera di Tolstoj.

Dalla bibliografia della tesi risulta intanto che i testi consultati dalla studiosa sono in massima parte in lingua francese; del resto Tolstoj ebbe la prima diffusione in Italia soprattutto in questa lingua. Manca alla Santamaria uno degli strumenti fondamentali per un approccio diretto e consapevole all’opera tolstoiana, cioè la conoscenza della lingua russa; tuttavia il taglio analitico utilizzato e la comprensione di molti aspetti, anche quelli meno noti che si riferiscono alle teorie pedagogiche dello scrittore russo, attestano la non comune competenza e informazione dell’autrice. Si tratta dunque di un interesse teoretico per Tolstoj, ma anche di una volontà di partecipazione all’etica di un pensatore dalla cui arte si coglie la grandezza di un’esistenza fortemente vissuta ed articolata lungo una evoluzione drammatica, ma che rimane fedele solo all’amore per la verità e alla ricerca sincera del bene: istanze presenti come costanti nel pensiero e nell’opera della Santamaria che in Tolstoj trova quindi un preciso punto di riferimento.

Anche qui, infatti si ritrova tutto l’abito etico della pedagogista che emerge, scevro da astrazioni, dalla sua ottica pedagogica: la condizione essenziale per un agire etico è il dominio dei principî  morali e la conoscenza chiara della gerarchia dei valori; a ciò l’individuo perviene attraverso una corretta azione educativa. Essa mirerà, in primo luogo, alla realizzazione dell’autoeducazione come mezzo fondamentale per l’emancipazione dell’individuo, e per un progressivo e volontario miglioramento di sé.

Gli interessi teoretici e pratici di Emilia Santamaria avevano dunque promosso la scelta di un discorso critico su Tolstoj, anche se la complessa figura del romanziere non era precisamente in linea con il gusto del tempo, che preferiva scindere, pur con riverenza, l’opera del grande narratore da una sorta di mito tolstoiano, emergente come luogo comune da una cultura europea che prediligeva un approccio mitizzante e privo di accento critico.

Lo stesso Antonio Labriola, che curò la prefazione al volume della Santamaria, mostrò di prendere accuratamente le distanze sia dalla materia, sia dal metodo adottato nella trattazione; Tolstoj, a suo giudizio, era molto lontano e superato nei confronti delle condizioni storiche e culturali conquistate dal progresso occidentale, quindi confinato nel ruolo di illustre rappresentante dell’arretratezza di una civiltà e di un sentire tipici della società russa del tempo.

Per altro verso, Labriola alimentava -coerentemente con la propria formazione- precise convinzioni storico-politiche, che lo porteranno a sostenere l’opportunità di un impegno italiano coloniale-imperialista assai attivo; tali idee erano sicuramente in conflitto con la proposta di un pacifismo universale offerta da Tolstoj anche nelle limpide e tutt’altro che arretrate pagine della sua lettera-articolo Agli italiani, fitta di allarmanti presagi1.

Tuttavia Labriola esprime un giudizio positivo sul lavoro della pedagogista, che egli ricorda come una studentessa esemplare, anche se le fa carico di aver trascurato un importante studio su Tolstoj frutto di un’ampia tesi di laurea all’ Università di Berna. Occorre però precisare che la suddetta ricerca era centrata sulla globalità della filosofia dello scrittore, mentre la Santamaria approfondì la componente pedagogica del suo pensiero. L’indagine della Santamaria era mirata insomma, più che ad abbracciare complessivamente l’opera di Tolstoj, allo studio delle sue idee pedagogiche e della loro applicazione pratica.

In questo particolare aspetto della ricerca l’autrice si inoltra in un terreno inesplorato e cerca di spiegare le ragioni della pesante indifferenza, e persino del silenzio. Sull’atteggiamento di Tolstoj in materia di educazione scrive: “Egli, innanzi tutto, ha vedute veramente geniali, e le sue teorie, sbarazzate dalle esagerazioni che le accompagnano di frequente, restano il prodotto di uno spirito profondo e indagatore; ma in qualunque modo, non si potrebbe mai affermare che queste teorie non valgano la pena di essere discusse, quando si sono scritte intere opere sul modo con cui il Tolstoi intende l’arte, e quando studiosi di filosofia  e sacerdoti cattolici non hanno creduto inutile dedicare un po’ di tempo a studiare e criticare le idee religiose di quest’uomo”2. Come si vede si tratta di un preciso addebito rivolto dalla Santamaria alla critica italiana ed europea, colpevole di avere trascurato un significativo aspetto dell’opera tolstoiana, in quanto Tolstoj è educatore e pedagogista in tutta la sua produzione letteraria; a ciò si aggiunga il disinteresse per gli scritti pedagogici che si riferiscono alla sua esperienza di maestro nella scuola da lui fondata a Jasnaia Poliana.

La posizione della Santamaria è peraltro confortata e anche confermata dal compiaciuto giudizio contenuto nel primo resoconto su Tolstoj apparso in Italia con il titolo Il Conte L. Tolstoi e il suo romanzo La Pace e La Guerra, inviato da “M.A.” in una corrispondenza da Mosca datata 15 dicembre 1868: “Egli si era ritirato in campagna e si era dedicato alla pedagogia: lo si credeva interamente perduto per la letteratura. E’ stata una fortuna per le lettere russe che la sua passione per la pedagogia si sia affievolita”3.

Le ragioni del silenzio su questo particolare aspetto dell’opera tolstoiana sono, a giudizio dell’autrice, diverse: da un lato la non attraente forma delle opere pedagogiche che le rende poco interessanti agli occhi del grande pubblico, rispetto alla pregnante armonia e alla grandezza tipiche dei romanzi. D’altra parte la pedagogista non si astrae dal modo di pensare del proprio tempo, anzi vi aderisce in una certa misura ella stessa. Secondo la Santamaria anche i pochi interessati alla pedagogia non si sarebbero curati della scuola di Jasnaia Poliana, né di ciò che avrebbe proposto “sull’istruzione e sull’educazione un uomo nato e vissuto in Russia, paese che riteniamo molto indietro a noi per civiltà e per progresso”4. Ella riconosce però un limite evidente nell’interpretare in tale modo il pensiero tolstoiano. Attribuendo all’autore russo una profonda conoscenza dell’animo umano si può rivendicare un suo legittimo diritto ad esporre le proprie teorie pedagogiche perché “chi sa intendere l’uomo interno ha in mano la base dell’educazione”5.

Un’altra ragione dell’assenza di attenzione per Tolstoi pedagogista è da ricercare nella mancanza di proporzione tra la massiccia produzione narrativa e l’esigua presenza di quattro o cinque opere di contenuto educativo. Il pubblico dei lettori ha ritenuto, per questo motivo, scrive la Santamaria, di valutare meno rappresentativo questo aspetto dell’ opera tolstoiana sacrificato alla fama globale dello scrittore.

La Santamaria procede dunque su questo terreno per nulla esplorato con il proposito di portare alla luce aspetti inediti del pensatore russo, analizzando dettagliatamente la sua opera pedagogica più rilevante: La liberté dans l’école 6 (1888), dalla quale emerge l’aspetto teorico delle formulazioni pedagogiche tolstoiane; quindi ella passa a riflettere sull’aspetto pratico del metodo applicato dal narratore russo nella sua piccola scuola di campagna e diffuso attraverso le pubblicazioni di un giornale scolastico che però ebbe breve vita. La pedagogista si impegna inoltre, attraverso l’itinerario biografico di Tolstoj, arricchito da un’analisi del periodo e dell’ambiente in cui egli si è formato, a spiegare alcune delle istanze apparentemente paradossali della sua concezione pedagogica; a questo scopo si avvale degli scritti autobiografici relativi all’infanzia e all’adolescenza - L’enfance - L’adolescence 7- dello scrittore.

Il messaggio che Tolstoj ha voluto lanciare attraverso l’esperienza di Jasnaia Poliana è legato a un progetto di emancipazione dell’uomo da certi stili di vita da cui non era estranea la corruzione morale, che anche nel suo tempo erano largamente diffusi. Egli amava proporre una naturale ricerca della felicità attraverso il corretto uso delle facoltà fisiche e intellettuali, una ricerca dunque attenta all’interiorità, che però si concretava in comportamenti aperti, forti, sani e positivi. Per comunicare questi valori Tolstoj non si limitava a compilare formali manualetti di morale, ma dava vita ad una scuola, e, rinunciando a facili sistemazioni teoretiche, ha operato, muovendo dall’infanzia come condizione, e dalla realtà popolare: parametri in cui egli riconobbe la vera anima dell’uomo.

Emilia Santamaria nella sua ricerca riconosce la valenza delle istanze che ispirano l’esperienza tolstoiana, l’idea di uguaglianza non demagogica e di fratellanza religiosa e politica tra popoli e nazioni; la sua acuta sensibilità le permette di discriminare dall’aspetto francamente paradossale di certe asserzioni tolstoiane, la natura propositiva delle idee nel loro complesso. Così in presenza di un apparente stato di anarchia dominante nella scuola, insito nelle teorie pedagogiche del pensatore, l’autrice individua l’importante principio del difficile rispetto della personalità del fanciullo da parte del maestro, il quale non cede ai capricci individuali ma si impegna a studiare le inclinazioni e le disposizioni dei singoli allievi; occorre sottolineare che tale principio appare di importanza fondamentale in relazione a ogni progetto educativo.

La pedagogista ha il merito di cogliere anche l’aspetto sperimentale della realizzazione tolstoiana, nella sua verifica storica, colta cioè nel seno di una realtà sociale tipica della Russia della seconda metà dell’ Ottocento, e in un contesto contadino. Più complessa sarebbe stata l’operazione tendente a tradurre quel disegno in un ambiente urbano europeo; gli stessi obiettivi indubbiamente positivi avrebbero richiesto mezzi diversi, magari ieri più vicini, a quelle correnti pedagogiche froebeliane o herbartiane, tanto attaccate dallo stesso Tolstoj.

Il tentativo di Jasnaia Poliana, anche se breve, e in parte utopistico, nei suoi soli tre anni di vita, rappresenta comunque un valido esperimento; infatti la didattica viva mantiene il proprio valore, temperate le tesi estreme come quelle relative alla libertà di stampo anarchico, forte dei propri principî teorici; la pedagogia tolstoiana è quindi da valutare come importante ed efficace testimonianza nella pratica dell’educazione moderna. E l’esperienza tolstoiana appare alla Santamaria autentica, viva, ricca di stimolanti intuizioni educative, cui è stato di positivo sostegno la radicale istanza antiautoritaria e di promozione di libertà e autonomia dell’infanzia. E’ bene inoltre precisare che essa è stata in qualche modo precorritrice di tanti filoni di pedagogia attivistica e anticonformistica del nostro secolo.


[1]Cfr. L. Tolstoj, Agli italiani, Napoli, Procaccini, 1992.

[2]E.  Santamaria, Le idee pedagogiche di Leone Tolstoi, Bari, Laterza, 1904, p. 2.

[3]B. Renton, La letteratura russa in Italia nel XIX secolo, in “Rassegna Sovietica”, anno XI, fasc. 1, gennaio-febbraio 1960, p. 59.

[4]E. Santamaria, Le idee pedagogiche di Leone Tolstoi, Bari, Laterza, 1904, p. 3.

[5]Ivi, p. 3.

[6]L. Tolstoj, La liberté dans l’école, Paris, Edit. Savine, 1888.

[7]L. Tolstoj, L’enfance - L’adolescence, Paris, Edit. Stock, 1902.

 

 

wpeD.jpg (2693 bytes)