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Storia della Pedagogia e della Scuola nellopera
di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni |
7. Lindagine relativa alla storia delle istituzioni scolastiche: Listruzione
popolare nello Stato Pontificio (1824-1870)
Tra il 1909 e il 1912 Emilia
Santamaria pubblicò due opere di considerevole importanza: Listruzione
popolare nello Stato Pontificio (1824-1870) e Listruzione
pubblica nel Ducato Estense (1772-1860); in questi studi lautrice,
partendo da unindagine particolarmente dettagliata, riconduce ad una
visione storica italiana generale le sue considerazioni. La Santamaria era
consapevole dello stato di arretratezza in cui versava la storiografia
pedagogica in Italia e decise di studiare i problemi dello Stato
Pontificio e del Ducato Estense, ricostruendo la realtà dellinsegnamento
pubblico nei due stati nel periodo preunitario.
Tale ricerca si presenta come
un avvio, un primo passo realizzato negli studi italiani così insensibili
di fronte ai problemi della realtà scolastica. Lautrice percorre due
direttrici non proprio in linea con quelle della ricerca storiografica
gentiliana al tempo già dominante, mostrandosi attenta soprattutto alla
storia delle idee, e nel nostro caso, delle idee sulleducazione: da una
parte la consultazione accurata di documenti depoca, soprattutto darchivio,
e dall altra lavvincente proiezione dei risultati della sua ricerca
pedagogica nel tessuto sociale, inteso nel senso più vivo, vasto ed
articolato. La sua attività di indagine è condotta con scrupolo ed
abbraccia uno scenario interdisciplinare: dalla letteratura alla politica
e alla legislazione; il materiale risulta più abbondante a Modena che per
lo Stato Pontificio, dove è assai problematica la possibilità di
orientare la ricerca nella direzione da lei progettata.
Per arricchire di particolari
il quadro complessivo, lautrice spazia anche nella stampa periodica del
tempo, con lintento di cogliere le reazioni dellopinione pubblica
nei confronti dei vari provvedimenti legislativi ed istituzionali, e di
fronte alle nuove idee in campo educativo. In entrambe le opere lautrice
presta particolare cura alla elaborazione della parte riguardante la storia
interna della scuola. Infatti per lo Stato Pontificio, data la sua
realtà geografica così articolata, dopo avere esaminato la legislazione
scolastica dal 1824 al 1870, ed aver prestato orecchio agli atteggiamenti
dellopinione pubblica nei confronti dellistruzione, passa ad
analizzare in maniera puntuale gli aspetti offerti dalle città più
importanti come Perugia, Pesaro, Rimini, Forlì, Ravenna, Bologna.
La finalità di questa
monografia è di illustrare le condizioni dellistruzione primaria nello
Stato Pontificio; lautrice identifica in questo argomento una chiave
per comprendere in parte anche le condizioni generali che determinano la
realtà educativa del suo tempo, e in parte per cogliere, attraverso il
concetto educativo, quella particolare sensibilità (o insensibilità) del
governante-legislatore, nei confronti delle categorie meno fortunate della
società. Lobiettivo dichiarato è insomma quello di testare il grado
di interesse -un dato che dovrebbe essere fondamentale- per la moralità e
lintelligenza, ed anche per la libertà di coscienza e la libertà di
stampa, che tanta parte hanno nel definire e nel qualificare latteggiamento
di un governo e che risultano tanto carenti nelle situazioni esaminate.
Lo studio dei criteri
didattici che caratterizzano linsegnamento nello Stato Pontificio nellOttocento,
interessa lautrice anche perché alcune congregazioni religiose, attive
nei primi anni del Novecento, cioè negli anni in cui ella elabora la
ricerca, mostrano di avere mutato, nella loro attività, solo gli aspetti
esteriori evidentemente superati, mentre i criteri formativi -e,
trattandosi di scuole popolari, anche di controllo sociale- sono rimasti
sostanzialmente gli stessi di un tempo ed informano ancora i contenuti
educativi che interessano le generazioni sue contemporanee. Lapproccio
pedagogico, per la Santamaria, è dunque un importante filtro per studiare
la realtà del passto, ma anche per evidenziare i problemi del suo tempo
che investono molti settori della società. Il suo studio diventa una
lente in grado di mettere a fuoco le possibili, pur difficili, soluzioni
di fronte alla carenza di strutture.
Le tre parti in cui è divisa
lopera sulleducazione nello Stato Pontificio si articolano in modo
da rispondere a quattro quesiti fondamentali. La ricerca intende insomma
verificare sino a qual punto il governo pontificio ebbe chiara
coscienza dei suoi doveri verso la scuola primaria, quali furono le
opinioni del popolo circa quella istituzione, in qual modo e su quali
testi linsegnamento elementare procedeva, quali, infine, erano le varie
forme della scuola primaria in Roma o nelle città maggiori dello Stato
della Chiesa. Fra tutti questi emerge per importanza il primo in quanto è
nella più stretta attinenza colla politica dei papi. Listruzione per
lo più attira a sé lopera del legislatore e la solerzia del pubblico
nei tempi di pace e tranquillità interna ed esterna, o quando la cultura
serve come strumento per ravvivare la coscienza nazionale preparandosi
qualche grande avvenimento che porta alla redenzione civile e politica del
popolo1.
Emilia Santamaria mostra, come
si vede, una sensibilità non comune a quei tempi anche nei confronti di
temi come la psicologia infantile, sempre troppo trascurata nella scuola,
e nella denuncia di un troppo pressante concetto religioso della vita, di
cui ella segnala la pesante insistenza nella scuola dello Stato
Pontificio. Lautrice evidenzia inoltre qui una carenza di discipline
scientifiche nei programmi ed una presenza del latino tanto oppressiva,
quanto poverissima di finalità di crescita per i ragazzi. La coscienza
civica della studiosa emerge poi in tutto il suo spessore quando ella
individua in un vero e proprio atto colpevole di rinuncia il trasferimento
alliniziativa privata di una delle più alte funzioni dello Stato,
quella educativa, iniziativa che coincide con lattività delle
congregazioni religiose, peraltro vincolate a regolamenti disorganici; al
riguardo il giudizio della Santamaria si fa davvero severo.
La realtà scolastica è
evidentemente ancorata dunque a norme didattiche e pedagogiche antiquate e
improduttive, e riflette in maniera sistematica gli arretrati principî
teorici elaborati dalle autorità.
Emilia Santamaria, dopo aver analizzato la condizione della scuola
primaria nello Stato Pontificio, ha maturato un giudizio organico non solo
sulleducazione e sulla condizione morale dei giovani allievi, ma
inevitabilmente anche sullorganizzazione intellettuale dello Stato
della Chiesa e sui principî morali e persino sugli atteggiamenti
psicologici del clero. Lesperienza storica conferma la convinzione dellautrice
su come ogni potere assoluto, per mantenersi tale, debba controllare e
tenere a distanza le categorie subalterne, potenziali minacce al proprio
potere. A tal fine, lo strumento più efficace rimane sempre, come è
noto, la condizione di ignoranza, che è utilizzato in modo spregiudicato
anche dal Governo Pontificio; il quale è costretto però, lentamente nel
tempo, ad aprirsi progressivamente, attraverso il confronto con gli stati
vicini e per la pressione di parte dellopinione pubblica. Il sistema
didattico risulta insomma una sorta di compendio di tutta una tradizione
storico-filosofica e ne riflette valori e tradizioni: dal ruolo della fede
vincente sulla ragione, alla negazione del valore del corpo e del
sensibile, allerrato concetto di una morale ristretta e priva di
respiro sociale e civile, fino alla convinzione che alla base della morale
debba esserci la religione. Lautrice con la sua precisa analisi dei
caratteri della scuole confessionali non si pone obiettivi teorici ma
pratici, tra i quali, fondamentale, quello di segnalare e avvalorare il
principio morale a suo avviso autentico, destinato ad ispirare levoluzione
della società civile e quindi anche la scuola; un principio che nelluomo
dovrà diventare costume e sprone ad agire moralmente, a guardare più in
alto, non nella previsione di un premio o nel timore di un castigo, ma per
un fine comune collaborativo. La scuola si pone come struttura ottimale a
fornire le basi concrete, e quindi più solide, ad un comportamento
morale. Il senso generoso dell orientamento e della motivazione dell
opera della Santamaria, si individua proprio in questo messaggio.
Lo studio della pedagogista si offre alla lettura, oltre che con il valore
di una corretta ricerca scientifica, con lefficacia di un metodo
espositivo avanzato per il suo tempo, e soprattutto forte di un carattere
storiografico di taglio innovativo. La ricercatrice, di formazione e
orientamento laico, mostra di trattare la materia con equilibrio e misura;
i temi delleducazione nello Stato Pontificio sono stati sottoposti al
vaglio di unanalisi precisa anche nella componente statistica per
quanto possibile disaggregata a livello provinciale; linformazione
significativa fornisce dati di qualità sia sugli aspetti organizzativi
che sui materiali didattici. Le fonti archivistiche e a stampa, maggiori e
minori, attinte con paziente, acuta attenzione, hanno nutrito una ricerca
seria dettagliata e scrupolosa sulla scuola e sulla società, che
partecipa alle realizzazioni della scuola storica del positivismo, in
contrapposizione alle grandi sintesi semplificate, e pur suggestive, dei
neo-idealisti.
E interessante infine cogliere una considerazione del Prof. Bernardino
Varisco che sulla Rivista di Filosofia2
recensisce lopera della studiosa, mettendo in evidenza, ancora una
volta, i valori del metodo scientifico adottato, in cui egli include i
citati parametri dellindagine tanto di carattere storico quanto di
carattere pedagogico.
Dello scenario affrontato dalla Santamaria nel suo studio si sono occupati
di recente Giuseppe Tognon3e
Roberto Sani4
le cui indagini sono raccolte nel volume curato da Luciano
Pazzaglia dal titolo Chiesa e prospettive educative in Italia tra
Restaurazione e Unificazione. Gli autori che hanno mostrato di
confermare la legittimità del metodo analitico utilizzato, valutano assai
positivamente gli approdi cui è giunta la pedagogista e da essi muovono,
a ottantanni di distanza, per evincere dal panorama socio-culturale,
una valenza anche politica - Una radice della divisione del Movimento
Cattolico (Tognon) - capace di proiettarsi nel futuro. Una trattazione
più corposa e di piglio dinamico è quella, di Sani: anchessa molto
interessata allo spessore sociale del campo dindagine, articola nel
tempo i momenti di una evoluzione per alcuni versi contraddittoria, tra
istanze considerate irrinunciabili e preoccupazioni tradizionalistiche. Il
quadro definito dai due studiosi mostra di riferirsi, nelle sue
coordinate, con unattenzione non trascurabile e non casuale, ai
materiali portati alla luce tanto responsabilmente dalla Santamaria.
Insomma la ricerca storica si sviluppa ed evolve. Ma le indagini della
nostra autrice, per documentazione e per metodo, si confermano base
fondamentale, e a ben vedere imprescindibile.
[1]E. Formiggini
Santamaria, L istruzione popolare nello Stato Pontificio
(1824-1870), Bologna-Modena, Formiggini Editore, 1909, pp. 3-4.
[2]Cfr. B. Varisco, rec.
a E. Formiggini Santamaria, L istruzione popolare nello Stato
Pontificio (1824-1870), Bologna-Modena, Formiggini Editore, 1909, in
Rivista di Filosofia, anno I, fasc. 4, luglio-settembre 1909, pp.
90-92.
[3]Cfr. G. Tognon, La
politica scolastica nello Stato Pontificio tra Restaurazione e
Unificazione (1814-1860), in L. Pazzaglia (a cura di), Chiesa e
prospettive educative in Italia tra Restaurazione e Unificazione,
Brescia, Editrice La Scuola, 1994.
[4]Cfr. R. Sani, Istruzione
e istituzioni educative nella Roma pontificia (1815-1870), in L.
Pazzaglia (a cura di), Chiesa e prospettive educative in Italia tra
Restaurazione e Unificazione, Brescia, Editrice La Scuola, 1994.
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