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Storia della Pedagogia e della Scuola nell’opera di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni

8. L’elaborazione storiografica nell’opera di Emilia Santamaria: la storia e le condizioni dell’Istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860)

Con la pubblicazione dell’opera L’istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860), l’autrice prosegue il suo itinerario negli studi di storia dell’educazione che la conducono ora alla ricostruzione delle condizioni scolastiche del Ducato Estense, convinta, sulle tracce di Luigi Credaro, che accanto alla “pedagogia professata” si debba collocare la “pedagogia praticata” e che con la storia della scuola si possa identificare il grado di civiltà di una nazione

L’approccio analitico origina da una delle motivazioni teoretiche che hanno guidato la ricercatrice nella sua indagine: la scuola, come d’altra parte i costumi, o il grado di industrializzazione e le condizioni di vita di un popolo è il prodotto del processo storico in cui si è sviluppata. Quindi se la percentuale di analfabetismo rilevata in Emilia negli anni in cui la ella lavorava all’indagine risultava inferiore rispetto a quella delle Marche o delle regioni meridionali, tra le molteplici cause (come le condizioni economiche, la maggiore facilità di comunicazione e la minore distanza che separa questa regione dai paesi più progrediti), si colloca, con una evidenza particolare, la gestione del potere e le scelte dei governanti quando siano opportunamente inserite nell’evoluzione storica: fattori determinanti il processo culturale della popolazione, in questo caso positivo.

Ancora una volta la studiosa procede nell’esplorazione di un terreno poco praticato ed ancora una volta l’obiettivo è quello di far luce sulla responsabilità delle più gravi carenze legislative. Il disegno dell’opera è organico e mostra spessore: infatti viene esaminata con attenzione la legislazione scolastica dal periodo della dominazione di Francesco III fino al 1860, anno in cui i plebisciti dell’Emilia si pronunciano per l’annessione allo Stato di Vittorio Emanuele II. Quindi l’occhio attento della studiosa passa ad analizzare La vita interna della scuola, seguendo insieme alle varie realtà scolastiche nei centri minori come Correggio e Sassuolo anche l’evoluzione dei metodi didattici, delle materie e dei testi. Importante risulta la valutazione dell’attività degli insegnanti, in un’epoca in cui questa professione è, in realtà, poco apprezzata e prevalentemente gestita dal clero, il quale rivela, a petto del basso grado d’istruzione della società, una padronanza delle materie superiore rispetto agli insegnanti laici. Nella struttura dell’opera non poteva mancare il riferimento alla stampa del tempo, mirato a vagliare l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti dell’istruzione e più in generale della dinamica degli avvenimenti storico-sociali. La Santamaria, pur cosciente del fatto che la stampa è in generale espressione dei partiti estremi e che troppo ampie fascie sociali non hanno voce pubblica, si sofferma a cogliere le peculiarità della stampa reazionaria e di quella liberale, quest’ultima sicuramente più generosa in materia educativa.

Il materiale consultato a Modena ai fini della stesura del volume, era certamente abbondante e facilmente accessibile sia presso l’Archivio di Stato che in quello Comunale, come presso l’Archivio dell’ Università e la Biblioteca Estense. Per ciò che riguarda la città di Reggio ella si è avvalsa di documentazione giacente all’Archivio di Stato e in quello Comunale.

 In queste sedi sono stati presi in esame documenti ed atti ufficiali riguardanti l’istruzione, pubblicati dal Ministero della Pubblica Istruzione del governo dell’Emilia, oltre ai Registri di memoriale, alle Relazioni e Promemoria emessi da diverse autorità, alle Grida a stampa e a tutte le Prodotte degli Atti della Municipalità fino al 1859. E’ risultata inoltre interessante la disamina di alcune memorie manoscritte, di libri di testo, di opuscoli e di numerosi periodici tra cui ricordiamo “Il Messaggiere”, il giornale ufficiale di Modena ma di respiro più nazionale che locale, impegnato a fornire un notiziario i cui temi di politica estera erano ritenuti in quel periodo di primaria importanza; un’attenzione particolare era riservata alla politica dell’Austria. L’autrice mostra nel complesso, di fronte ad un panorama come quello offerto dalla stampa periodica, di muoversi con sensibilità e pertinenza dando rilievo alle varie istanze che filtrano dall’opinione pubblica, siano esse di orientamento repubblicano (“Il Giornale repubblicano di pubblica istruzione”), o di indirizzo antiliberale-reazionario (“La Voce della verità”, “L’Amico della gioventù”); non meno apprezzate paiono le notizie e le osservazioni riguardanti l’istruzione nei paesi d’ Oltralpe, le opere pubblicate all’estero, le informazioni sulle istituzioni educative e sugli autori stranieri.

Si può concludere definendo lo studio della si presenta nel complesso organico e puntuale; i risultati della sua attività di attenta ricercatrice emergono con plasticità e chiarezza dal piano dell’opera che attesta un approccio concreto ai problemi dell’istruzione e della scuola. Inoltre l’abbondante materiale d’archivio consultato conferisce all’indagine una fisionomia autorevole e precisa: quella di un’opera che miri a fornire un quadro corretto e attendibile delle condizioni storico-sociali, prescindendo da aprioristici e spesso arbitrari giudizi di valore. Da questa dettagliata rappresentazione della realtà storica filtra quindi l’aspetto educativo della signoria estense, una traccia che guida l’autrice lungo tutta la struttura dell’opera; e qualora vengano riscontrate carenze ed errori ella si attiva nell’identificazione delle cause e anche dei responsabili, forte della propria esperienza di pedagogista e responsabile nel suo ruolo di studiosa di storia della scuola. Dall’analisi storica emerge insomma un messaggio destinato essenzialmente ai maestri e dunque proiettato verso la realtà sua contemporanea: infatti la pedagogia è una scienza in fieri, che non può, data la sua continua, vitale evoluzione, porsi leggi e mete definitive. Ella pertanto precisa: “la pedagogia, appunto perché è l’ esponente di ogni altra scienza, di ogni altra attività umana, è eminentemente progressiva”1. La qualità del dato documentato è uno strumento fondamentale per dare spessore alla ricerca e fare lievitare una coscienza storica a chi poi senta il compito o la missione di contribuire alla elaborazione di idee innovative; in questa chiave si definisce il senso dei molteplici studi, condotti con tanto rigore anche in questa scienza, nelle realtà storiche precedenti la nostra.

Tra i giudizi espressi sulla pubblicazione di Emilia Santamaria si ricorda quello di Bernardino Varisco apparso sulle pagine della “Rivista Pedagogica”2 che mostra di apprezzare lo sforzo dell’ autrice, molte volte riuscito, in direzione dell’ oggettività. Ancora una volta il suo merito è di avere contribuito ad accrescere l’ informazione su avvenimenti e notizie “imprescindibili a chi voglia comprendere lo sviluppo effettivo della scuola, nella sua intrinseca organizzazione, attraverso la varietà dei tempi, cioè degli intenti e dei mezzi”3. Le uniche riserve del recensore sembrano appuntarsi sull’approccio filosofico indirettamente proposto dall’autrice quando riferisce in merito alle ingiustificate chiusure tipiche del clero e dei Gesuiti nei confronti del sensismo e del materialismo, come se tali dottrine, sul piano della storia della filosofia, fossero ormai definitivamente giudicate. Nel complesso Varisco mostra però di accogliere il significato più vero dello studio invitando alla lettura maestri e uomini di scuola, per fare a loro volta ordine in una realtà, quella scolastica, così complessa e costantemente bisognosa di illuminata concretezza.

E’ certamente interessante notare come nel solco tracciato dalla Santamaria con le sue rigorose indagini, sia da collocare il significativo recente saggio di Angelo Bianchi, dal titolo Istruzione Pubblica ed iniziative educative della Chiesa nei ducati padani, contenuto nel già citato volume curato da Luciano Pazzaglia intitolato Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restaurazione e Unificazione. Tale studio è da considerare, in rapporto alla materia trattata, tra le realizzazioni più recenti e aggiornate; il nome della Santamaria ricorre più volte a sorreggere, con la pregnanza dei dati statistici da lei organizzati, la legittimità delle teorie proposte. Bianchi sembra ripercorrere nuovamente l’itinerario compiuto dalla ricercatrice, ovviamente assistito dalle ulteriori fonti maturate nel corso del secolo. Infatti egli individua e segue l’evoluzione del sistema scolastico nei Ducati di Modena e Parma tra la fine del Settecento e la prima metà dell’ Ottocento, con un’attenzione peculiare ai problemi inerenti l’operato dei principi regnanti e più in generale del ceto politico dirigente, e con l’ obiettivo prioritario di recuperare i legami, inevitabili in questo settore, tra lo Stato, che in quel tempo andava assumendo la nuova fisionomia di soggetto dell’azione educativa, e la Chiesa che da sempre aveva gelosamente difeso il suo monopolio nel mondo dell’istruzione. L’autore affronta infine la sensibile interpretazione del denso materiale a disposizione, alla luce di un organico disegno relativo al ruolo del sistema scolastico pubblico, in quel particolare momento storico così fitto di dialettiche tensioni. In quella società -tra Restaurazione e fermenti rivoluzionari- tale sistema avrebbe dunque assolto ancora una volta sia la funzione di controllo politico con la formazione dei ceti dirigente e tecnico-professionale, sia quella più moderna ed evoluta di ispiratore delle dinamiche sociali, favorendo la promozione dell’importante elemento della mobilità sociale  tra i ceti, parallelamente ai più rilevanti fenomeni economico-sociali. Si tratta, come si vede, di una prospettiva allargata che mira a comprendere, attraverso la storia delle istituzioni scolastiche, il complesso processo evolutivo di una società in cammino, forte di un metodo storiografico rigoroso e di quell’essenziale elemento temporale che è il filtro necessario per la messa a fuoco di ogni elaborazione teorica che si proponga tali finalità. Una visione che conferma e rafforza quella della Santamaria, che si rivela valida precorritrice nella ricerca su questo tipo di argomenti.


[1]E. Formiggini Santamaria, L’istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860), Genova, Formiggini Editore, 1912, p. 228.

[ii]B. Varisco, rec. a E. Formiggini Santamaria, L’istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860), Genova, Formiggini Editore, 1912, in “Rivista Pedagogica”, anno VI, fasc. 1-2, gennaio-febbraio 1913, pp. 72-73.

[3]Ivi, p. 73.

 

 

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