La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Storia della Pedagogia e della Scuola nell’opera di Emilia Santamaria
di Carlotta Padroni

9. La storia della pedagogia spiritualista

Con gli studi sulle realtà scolastiche preunitarie relativi allo Stato Pontificio e al Ducato Estense la Santamaria dispone in un disegno organico i risultati di originali ricerche effettuate attraverso la consultazione accurata e paziente di documenti d’epoca, soprattutto d’archivio, senza trascurare i determinanti contributi emergenti dall’opinione pubblica, filtrati dalla lettura della stampa periodica. L’attenzione verso quest’ultimo canale di informazione denota, nella pedagogista, una sensibilità particolare per le fonti meno “ufficiali” ma altrettanto ricche di dati ed esplicative tanto delle scelte politiche operate dai governi nell’ambito del sociale, quanto della evoluzione delle nuove idee in campo educativo.

Dalle indagini monografiche organicamente comprendenti un insieme di rilevanti dati statistici e un metodo storiografico innovativo traspare la volontà della studiosa di spiegare inoltre le ragioni dello stato di arretratezza, che si presentava come condizione dominante, delle specifiche realtà scolastiche analizzate. L’intenzione è dunque quella di impiegare i risultati elaborati nella lettura delle dinamiche socio-culturali del suo presente cercando innanzitutto nel dato storico l’origine di quelle pratiche deleterie anche allora così radicate nel mondo della scuola.

Con Tina Tomasi sembra peraltro interessante rilevare, nelle opere della Santamaria, una superiorità dell’aspetto documentario e metodologico rispetto al più debole aggancio analitico nei confronti della realtà politica e sociale. Infatti nella già citata opera di Franco Cambi dal titolo La ricerca storico-educativa in Italia 1945-1990 si afferma in particolare: “Alcuni pregi, in particolare l’accurata documentazione, si trovano nelle opere [...] di Emilia Formiggini Santamaria. Essa, nei saggi dedicati alle scuole del Settecento e della prima metà dell’ Ottocento, ne mette in luce l’aspetto pedagogico didattico, la preparazione dei maestri, i loro rapporti con i superiori gerarchici e con gli alunni, i metodi di insegnamento, i libri di testo, le norme disciplinari, al fine non ultimo di convincere che l’istruzione gestita da forze clericali è inevitabilmente oppressiva, fondata sull’accettazione passiva e l’apprendimento mnemonico e quindi inadatta a dare una formazione umana e civica. Comunque, pur con i loro limiti, hanno il merito, di dare molte informazioni su campi ancora oscuri”1

Nella elaborazione teorica della pedagogista accanto ad una idea storiografica mirata a studiare l’evoluzione della scuola e delle istituzioni scolastiche se ne afferma una più direttamente legata alla storia delle idee e delle teorie pedagogiche. Un’attenzione particolare è rivolta infatti alle figure di Leone Tolstoj, Federico Fröbel, e alla corrente degli Spiritualisti che rappresentano i fondamentali riferimenti di altrettanti studi monografici.

La scelta che ha portato la Santamaria ad occuparsi delle idee pedagogiche di L. Tolstoj si rivela, come abbiamo visto, coraggiosa e stimolante se si tiene conto dei tempi in cui è stata realizzata; il merito della studiosa è quello di avere fatto luce su di un aspetto del grande autore russo lasciato solitamente in ombra: infatti le sue teorie educative, precorritrici di un certo approccio pedagogico europeo e dotate di una carica senza dubbio provocatoria, non trovarono credito presso gli specialisti del settore e la critica ufficiale, mentre sono state lette e analizzate con obiettività in termini organici dalla ricercatrice che volle recuperare, con il suo studio, una dignità scientifica alle intuizioni pedagogiche e didattiche del grande pensatore.

La figura di Federico Fröbel è al centro di un’ indagine pluriennale che diede luogo ad un’ opera fondamentale della Santamaria, la quale affrontò ancora una volta lo studio del passato da cui filtrare indicazioni utili al suo presente. La realizzazione delle teorie fröbeliane, nei giardini d’infanzia, nel progressivo processo di allontanamento dal modello originario aveva perduto, a giudizio della studiosa, il suo più peculiare significato; occorreva dunque recuperare la migliore tradizione della pedagogia fröbeliana nella chiave della originaria impostazione tecnico-filosofica per derivarne poi l’autentico messaggio propositivo.

Con l’elaborazione del volume sugli Spiritualisti la Santamaria intese infine ripercorrere attraverso le figure più emblematiche il disegno di una tra le correnti maggiormente rappresentative operanti sullo scenario culturale-filosofico italiano. L’apprezzato taglio filosofico con cui affrontò la materia le permise di impostare fin dalla base anche le problematiche pedagogiche che animano il pensiero degli autori; inoltre la pedagogista non trascurò di evidenziare i rapporti e i parallelismi esistenti tra le temeatiche vive nella seconda metà del secolo scorso e quelle degli anni in cui si trovava ad operare, come ad esempio la necessità di formare una generazione di cittadini dal forte senso della nazione e del proprio carattere italiano; si tratta di una sensibilità diffusa in quei decenni in cui lo Stato centralizzato andava definitivamente consolidandosi.

Nell’evoluzione del pensiero di Emilia Santamaria, che, come s’è visto, si manifesta nella sua vasta opera pedagogica, ciò che spicca con maggiore chiarezza ed insistenza è l’interesse nei confronti della dimensione spirituale dell’uomo e del valore dello spirito, quale forza primigenia che nella natura assicura il continuo processo ascensionale verso l’ideale di perfezione. Tale energia, secondo la stessa Santamaria, possedendo il requisito della vitalità, si identifica con un’attività creatrice che però non attiva un moto generatore di esclusivo  sviluppo interiore, ma si volge verso una materia intesa, secondo la filosofia greca antica, come “caos”. Nell’uomo questa opera di conquista e di crescita continua, sollecita e sintetizza il senso più alto della sua dignità, e nell’atto educativo si ravvisa lo strumento fondamentale di tale processo. La formula di “realismo spirituale” coniata dalla pedagogista si adatta dunque con proprietà al suo pensiero educativo; tale espressione richiama con immediatezza, per più motivi, una delle più feconde correnti filosofico-pedagogiche del secolo scorso: lo Spiritualismo. In Italia, come anche altrove, nel primo ventennio del Novecento, vi era una diffusa ignoranza nei confronti della cultura pedagogica del XIX secolo, e la Santamaria contribuisce a far luce in questa disciplina con un corso di lezioni tenuto all’Università di Roma nel 1918-’19, pubblicato quindi in un volume dal titolo La pedagogia italiana nella seconda metà del secolo XIX. Parte prima. Gli spiritualisti2 .

Dalla sua poliedrica formazione emerge con chiarezza l’eredità della lezione spiritualista anche se riveduta alla luce della intensa esperienza educativa. L’autrice individua così due correnti filosofiche dominanti nella cultura italiana del secolo scorso, che concorsero ad arricchire anche il panorama pedagogico spesso lasciato in ombra: lo spiritualismo post-kantiano ed il positivismo di derivazione francese ed inglese. Se gli spiritualisti individuano nella religione una esperienza assoluta dello spirito e nella fede una reazione al sensismo e allo scetticismo del periodo che li precede, i positivisti intendono, nel loro approccio filosofico, allontanare i problemi estremi della mente umana ponendoli fuori dal campo d’indagine e rimanendo sempre fortemente legati alla concretezza della realtà; nella loro prospettiva viene meno dunque l’interesse per una ragione astratta ed in parte per le questioni metafisiche e gnoseologiche. Tuttavia Emilia Santamaria pur considerando nella loro integrità le ragioni filosofiche, così diverse, dei due indirizzi, giunge, con evidente successo, ad individuare alcune affinità essenziali nell’elaborazione dei relativi approcci pedagogici. Ciò che avvicina spiritualisti e positivisti è, a suo avviso, in primo luogo, soprattutto nel campo pedagogico, “quella particolare disposizione a spiritualizzare, a idealizzare la vita e insieme a tenere lo sguardo rivolto alla concretezza di essa”3. L’autrice, dunque, mette in evidenza come da un canto gli spiritualisti rilevino nell’educazione una valenza di idealità aperta ad una potenziale e possibile realizzazione accanto ad una attualità concreta e particolare; mentre dall’ altro i positivisti sospingono la riflessione al di sopra del fatto contingente per mostrare come l’azione morale non sia solo un atto essenzialmente utilitario, ma anche il portato di una visione più comprensiva ed elevata, nutrita anche dalla presenza del sentimento. Secondo la Santamaria “l’utilitarismo etico del Gabelli, il chiuso storicismo del Villari, non riescono dannosi all’indirizzo educativo; perchè l’elevatissimo sentimento di questi autori viene in buon punto a completare, e talvolta a sostituire le convinzioni teoretiche delle quali si facevano sostenitori nel campo filosofico”4

Ben venga dunque, per l’autrice, un progetto educativo risultante da un orientamento pedagogico che si sviluppi nel rapporto dell’ideale col reale, e nella contiguità del pensiero con l’azione.

L’altro elemento che accomuna i pedagogisti della seconda metà dell’Ottocento è il fecondo periodo storico in cui si trovano ad operare: ricco di aspirazioni, ma anche difficile e tormentato. In Italia, anche se larghissimi strati della popolazione non hanno voce pubblica e sono confinati, sia dalla programmata, storica, emarginazione, che dalla conseguente ignoranza, nell’ombra, una illuminata élite rivolge le proprie energie verso un’opera di emancipazione popolare attraverso l’incentivazione dello spirito nazionale, tale anche da nutrire ed incoraggiare un processo educativo. Ecco che il messaggio pedagogico si fa semplice e pratico, sceglie strade che lo facciano pervenire al pubblico più ampio, come la stampa periodica, individuando in Lambruschini come in Gabelli, in Rayneri e in Tommaseo le voci più efficaci a sensibilizzare sia i giovani che gli insegnanti e per conferire alla problematica pedagogica un respiro popolare. Da questi ultimi autori emerge come sia urgente per il paese creare una coscienza educativa e lavorare al pesante problema dell’istruzione pubblica; e la studiosa coglie in tutta la sua importanza il loro lascito, meritevole di ogni approfondimento.

L’opera della Santamaria muove intanto da una breve introduzione nella quale si espongono le ragioni del lavoro, segnalando il ruolo avuto dalla corrente spiritualista italiana nell’attività pedagogica del XIX secolo, anche in rapporto alle istanze del positivismo dominante nella seconda metà dell’Ottocento, con l’intenzione di riparare alle dimenticanze della storiografia pedagogica e filosofica straniera ma anche italiana nei confronti di un compiuto indirizzo di pensiero.

La lettura che la Santamaria offre del pensiero di Allievo e dei filosofi che hanno interpretato i programmi legati alla corrente spiritualista si presenta rigorosamente circoscritta alla valenza pedagogico-educativa di tali pensatori. Tuttavia la loro collocazione storica nel periodo risorgimentale e in quello immediatamente posteriore permette all’ autrice, nell’ampio quadro della trattazione, opportune considerazioni attinenti a quel carattere di propaganda educativa tipico dell’approccio pedagogico degli scrittori esaminati. Il tema emergente è legato quindi all’affermazione di uno spirito nazionale e di una visione più comprensiva del concetto di patria attraverso un indirizzo cristiano di educazione, che con il suo carattere pratico e divulgativo avrebbe raggiunto tutti i settori della società. Tali formulazioni rispondevano alla precisa necessità di creare una vera e autonoma coscienza educativa nel Paese e, di fronte ad una istruzione pubblica tutta da strutturare, essi si candidavano a rappresentare un’alternativa di pedagogia cattolica più moderna e aggiornata rispetto alla posizione reazionaria dei Gesuiti. C’è da precisare che Emilia Santamaria, nella sua analisi, sofferma inoltre l’attenzione sugli aspetti tecnico-didattici della pedagogia spiritualista muovendo da una elaborazione filosofica e distaccandosi da una chiave interpretativa di carattere storico-politico in grado di leggere il substrato più propriamente politico di quelle formulazioni.

 Tra la prima e la seconda metà dell’Ottocento in Italia ebbe particolare sviluppo la corrente del “liberalismo cattolico” che annoverava tra i propri rappresentanti alcune tra le più alte espressioni della cultura italiana del secolo; ad essa appartennero uomini come Gioberti, Rosmini, Manzoni, Capponi, Tommaseo, Lambruschini tra i maggiori. A tale orientamento inoltre guardavano uomini operanti direttamente sul terreno del confronto politico come Massimo D’ Azeglio, Bettino Ricasoli e in parte anche Camillo di Cavour. Come efficacemente segnala Pietro Fossi nel suo Italiani dell’Ottocento 5-nella cui bibliografia ricorre più volte il nome della Santamaria- questi pensatori furono gli autori di una precisa operazione socio-culturale: infatti associarono alla difesa dei nuovi ideali di libertà civile e politica, finalizzati a fornire alla patria gli istituti e gli strumenti delle libertà costituzionali, il rispetto per il tradizionale sentimento religioso, ottenendo tuttavia, in vari settori dell’opinione pubblica e della realtà sociale, un inasprimento delle lotte e dei contrasti di interesse. Dopo il 1870 i difficili rapporti tra Stato e Chiesa coinvolgono inevitabilmente, in maniera molto grave, anche lo sviluppo della scuola statale; e le problematiche filosofiche e pedagogiche di questi autori, protagonisti attivi della cultura italiana, non potevano ignorare la questione, anzi, da esse filtra una materia densa di contenuti politici, anche aspri, che però l’autrice ha tenuto a rispettosa distanza nella sua trattazione.


[1]F. Cambi, La ricerca storico-educativa in Italia 1945-1990, Milano, Muria Editore, 1993, p. 183.

[2]E. Formiggini Santamaria, La pedagogia italiana nella seconda metà del secolo XIX. Parte prima. Gli spiritualisti, Roma, Formiggini Editore, 1920.

[3] Ivi, p. 17.

[4] D. Reolon, La Pedagogia di Emilia Formiggini Santamaria come realismo spirituale, Pavia, Luigi Ponzio Editore, 1965, p. 18

[5]P. Fossi, Italiani dell’Ottocento, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1941.

 

 

wpeD.jpg (2693 bytes)