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Maria Montessori: un itinerario biografico e
intellettuale (1870-1909)
di Paola Trabalzini |
6. Nascita dellinteresse per i bambini frenastenici
Nellagosto del 1986, un mese dopo aver conseguito il diploma di laurea,
la pedagogista marchigiana fu scelta quale rappresentante dellItalia
al Congresso Internazionale delle donne, svoltosi a Berlino dal 20 al 23
settembre e che vide la partecipazione di delegate provenienti dai paesi
di quasi tutti i continenti. Gli argomenti oggetto di discussione furono
molti, tra cui la pace, le riforme sociali, leducazione e
listruzione femminile, la presenza delle donne nelle università e
nelle professioni. Nel suo intervento Maria Montessori affrontò il
problema del lavoro femminile rilevando sia leccessiva durata della
giornata lavorativa, sia la disparità di trattamento economico tra uomo
e donna a parità di ore di lavoro svolte. Per cui chiese al Congresso
che venisse approvata la proposta secondo la quale a parità di lavoro
dovesse corrispondere un salario eguale per lavoratori e lavoratrici[1]. Montessori abbracciò, sin
dal primo intervento ufficiale come femminista, uno dei motivi
principali della battaglia emancipazionista: la parità salariale,
prendendo parte alla discussione con slancio, entusiasmo e decisione.
La dottoressa partecipò al Congresso di Berlino ritenendosi portatrice
della voce delle donne, di tutte le donne, in quanto ciò che la
interessava era la rivendicazione dei loro diritti e non
lappartenenza politica, come sostiene nella lettera inviata ai
genitori nel settembre del 1896. Fu questo un aspetto che caratterizzò
anche il suo intervento al Congresso di Londra nel 1899 e per il quale
Montessori, pur vivendo con partecipazione e attenzione il suo impegno
femminista, dalla rivendicazione della parità salariale alla battaglia
suffragista, non si legò mai in modo definitivo ad una parte,
collaborando con associazioni e giornali sia di indirizzo socialista che
moderato. La sua opzione per un movimento non ideologizzato, non
politicizzato, era forse dovuta al timore che lappartenenza politica
potesse essere un elemento di divisione per il movimento delle donne, e
in quanto tale, di debolezza.
Tornata a Roma la dottoressa marchigiana riprese a svolgere la sua attività
di studio e praticantato come assistente chirurgo allospedale Santo
Spirito e lanno successivo venne accettata come assistente
volontaria, insieme a Giuseppe Montesano[3],
dal professore Ezio Sciamanna, presso la clinica psichiatrica
dellUniversità di Roma, dove rimarrà sino al 1900. Uno dei suoi
compiti era quello di scegliere tra i ricoverati nel manicomio di Roma
quelli adatti ad attività di didattica clinica. La vista dei degenti,
in particolare quella di alcuni bambini deficienti che vivevano in
condizioni precarie, senza stimoli ed erano considerati alla stregua dei
pazzi, la coinvolse e suscitò il suo interesse di scienziata. Entrata
oramai a far parte del gruppo di lavoro che aveva il suo centro nella
clinica psichiatrica dellUniversità di Roma e che si avvaleva della
collaborazione di illustri scienziati quali Sciamanna, De Sanctis, Sergi[4]
e Montesano, interessati alla psichiatria, alla psicologia fisiologica,
alla neuropatologia e allantropologia, rivolse la sua attenzione alle
ricerche riguardanti il recupero dei bambini frenastenici, approfondendo
la conoscenza dellopera dei medici francesi Pinel, Itard[5]
e Séguin[6],
con i quali erano nati i metodi per leducazione dei minorati psichici
ed un nuovo approccio alla malattia mentale.
Lopera dei medici francesi costituisce un riferimento costante per la
pedagogista, anzi rappresenta le fondamenta della sua opera come lei
stessa scrive in Il metodo: «E per dieci anni sperimentai nella
pratica, e meditai le opere di così mirabili uomini, che si erano
sacrificati lasciando allumanità le più feconde prove del loro
oscuro eroismo. Anche i miei dieci anni di studio, dunque, possono
sommarsi ai quarantanni di lavoro dItard e di Séguin»[7].
Inoltre, riferendosi allesperienza delle Case dei Bambini,
puntualizza «che essa rappresenta il lavoro successivo di tre medici,
che da Itard a me, più o meno mossero i primi passi sulle orme della
psichiatria»[8].
Se forte fu linfluenza di Itard e Séguin sul lavoro della pedagogista
è durante la frequentazione della clinica psichiatrica che Montessori
andava maturando linteresse verso i bambini frenastenici. Questo
termine era stato introdotto nel 1877 da Andrea Verga, psichiatra e
professore di clinica medica, che con esso aveva indicato pazienti
affetti da debolezza delle funzioni cerebrali e di solito definiti come
idioti o imbecilli. Ancora nei primi anni dellultimo decennio del
secolo scorso gli studi sui frenastenici erano stati di fatto scarsi,
mancando analisi sugli aspetti psicologici e clinici. Gli psichiatri
erano però oramai concordi sulla necessità di sottrarre i frenastenici
al manicomio, separandoli dai pazzi, e raccogliendoli in istituti
medico-pedagogici in cui sarebbe stato possibile osservarli per
elaborare una classificazione e realizzare interventi specifici ed
individualizzati al fine di contrastare la degenerazione[9].
Gli interessi personali e lambiente di studio condussero Montessori ad
intraprendere la strada della ricerca scientifica in un ambito ancora da
esplorare e nel quale insieme a Montesano e De Sanctis, come ricercatori
sul campo, e Bonfigli nella qualità di sostenitore e organizzatore,
porrà le fondamenta. Questo studio pionieristico sui bambini
deficienti, con il quale -osserva Bollea- nasce la neuropsichiatria
infantile in Italia[10],
diede i suoi frutti allinizio del secolo quando Montessori propose la
sua classificazione dei frenastenici, altrettanto fecero rispettivamente
Montesano e De Sanctis, da cui traeva indicazioni pratiche volte al
recupero di virtualità individuali alterate. Divenuta oramai una
scienziata aveva abbracciato il lavoro di ricercatrice in un mondo
accademico in cui decisamente rare erano le donne impegnate nel lavoro
scientifico. Lavoro che la condusse a viaggiare per lEuropa al fine
di approfondire la conoscenza dellopera dei medici francesi,
visitando le istituzioni educative sia inglesi, sia francesi, Bicêtre e
Salpétriére, dove erano applicati i loro metodi[11].
In quegli istituti la pedagogista marchigiana osservò che gli
insegnanti erano a conoscenza del metodo fisiologico di Séguin, avente
come base lo studio individuale dellallievo e teso a riattivare,
attraverso leducazione dei sensi, il sistema nervoso periferico e
centrale, ma più che il metodo erano adottati i meccanismi didattici,
cosicché il fatto annunciato da Séguin della possibilità di educare
con i suoi materiali gli idioti, non trovava attuazione. Circostanza
questa che indusse Montessori ad ulteriori ricerche e approfondimenti.
Un suo contributo scientifico, questa volta in collaborazione con
Montesano, venne pubblicato nel dicembre del 1897 con il titolo Ricerche
batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano dei dementi paralitici[12].
Anche questo scritto, come i precedenti, si fondava sullosservazione
e lo studio individuale di pazienti ricoverati presso la clinica
psichiatrica dellUniversità di Roma, diretta, ricordiamo, da
Sciamanna, le cui lezioni su la paranoia furono raccolte da Montessori e
pubblicate nel 1898[13].
[12]
G. Montesano, M. Montessori, Ricerche batteriologiche sul liquido
cefalo rachidiano dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini,
1897 estratto dalla «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria,
Neuropatologia», fasc. 15 , 1 dicembre 1897, pp. 1-13.
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