La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Maria Montessori: un itinerario biografico e intellettuale (1870-1909)
di Paola Trabalzini

13. L’antropologia pedagogica e il rinnovamento della scuola

Nel 1902 Montessori, una volta lasciata la Scuola Magistrale Ortofrenica si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Roma. La studiosa venne ammessa «in via eccezionale» dal ministro della pubblica istruzione Nasi al terzo anno del corso di laurea in filosofia. La stessa Montessori chiese al preside della facoltà, che inviò la domanda al ministro, di essere ammessa a sostenere la tesi di laurea in filosofia dopo aver sostenuto solo gli esami nelle materie filosofiche, mentre come equipollenti agli altri esami consigliati dalla facoltà richiedeva che le fossero riconosciuti i titoli da lei già posseduti, data soprattutto l’intenzione di «dedicarsi alla Pedagogia e scegliere in questa materia la tesi di laurea». Il ministro, considerati i titoli e appurato il parere favorevole del consiglio di facoltà, consentì che la studiosa venisse «ammessa al 3° anno di Filosofia con dispensa dall’esame di letteratura italiana»[1]. Montessori frequentò, senza sostenere gli esami, le lezioni di Labriola, Barzellotti e Ragnisco[2], oltre che i corsi di psicologia con De Sanctis e pedagogia con Credaro[3], non conseguendo però la laurea in filosofia. Avanziamo l’ipotesi che gli incarichi universitari che assunse e il successivo impegno nell’esperimento della Casa dei Bambini, abbiano condotto la studiosa a porre in secondo piano il conseguimento della laurea in filosofia[4].

Nel settembre del 1902 Montessori fece anche domanda per sostenere l’esame di libera docenza in antropologia, che conseguì nel giugno del 1904. Difficoltosa riuscì la composizione della commissione nominata per giudicare la studiosa, con rinunce a catena dei docenti chiamati a farne parte ad iniziare da quella di Sergi. Infatti il professore di antropologia, presidente della commissione, in data 27 ottobre 1902 comunicava, probabilmente al rettore dell’Università di Roma, il suo rifiuto, motivandolo, in una successiva lettera del 28 febbraio del 1903, con il fatto che Montessori non intendeva presentarsi immediatamente agli esami, come ella stessa gli aveva dichiarato, «quando la dottoressa Montessori -scrive Sergi- rifarà la sua domanda in un prossimo avvenire e la on. Giunta del C. S. rifarà una nuova commissione e con nuovi elementi forse io non troverò difficoltà ad accettare il mandato».

Di fatto Montessori in data 23 ottobre 1902 aveva già risposto positivamente alla lettera del rettore dell’Università di Roma che le comunicava i nomi dei membri della commissione giudicante e la invitava ad assumere le spese per i viaggi e per quant’altro i professori avessero dovuto sostenere. Tenuto inoltre conto che sulla disponibilità di Sergi ad accettare l’incarico, a condizione che venisse però nominata una nuova commissione, ritorna il rettore in una lettera al ministro del 7 giugno 1903, è possibile ipotizzare che soprattutto difficoltà tra i componenti la commissione medesima, insieme alle indicate, ma non confermate, perplessità di Montessori a presentarsi agli esami, inducessero Sergi al rifiuto[5].

Nel mentre si preparava a sostenere la libera docenza in antropologia la studiosa pubblicò due scritti, entrambi nel 1903, relativi al contributo dell’antropologia alla pedagogia: l’uno dal titolo L’antropologia pedagogica[6] e l’altro intitolato La teoria lombrosiana e l’educazione morale[7]. Ambedue gli scritti segnano un momento importante nell’itinerario intellettuale di Montessori in quanto dall’antropologia come studio finalizzato alla conoscenza delle forme di degenerazione si sviluppa, anche attraverso l’antropologia pedagogica, la richiesta per il rinnovamento della pedagogia normale e dei suoi metodi educativi ed inizia a farsi strada il tema della pedagogia scientifica insieme a quello della formazione dell’“uomo nuovo”.

Nel 1899 nella lettera al “Commendatore” in cui la studiosa chiedeva l’istituzione di una cattedra di pedagogia dei deficienti adduceva come motivazione anche la lentezza con cui la pedagogia dei normali si andava rinnovando, per cui era necessaria una cattedra specifica che rappresentasse il portato di quanto si era iniziato a fare per l’educazione dei deficienti. Negli anni 1902-1903 Montessori, spinta anche dall’idea condivisa con Séguin di utilizzare il metodo educativo sperimentato con i bambini handicappati con quelli normali, fece una scelta ancora una volta impegnativa: contribuire attraverso lo studio individuale, l’osservazione misurata e controllata, lo studio della morfologia antropologica, al rinnovamento della pedagogia normale.

Con gli scritti del 1903 Montessori si poneva oramai dal punto di vista del pedagogista ed interrogandosi sul significato assunto dall’educazione morale alla luce della teoria lombrosiana così si esprimeva: «cosa dovremmo pensare noi pedagogisti sulla questione dell’educazione morale?»[8]. Mentre nella conferenza dal titolo L’antropologia pedagogica precisava che gli studi di anatomia e fisiologia dell’uomo avevano un valore differente per il medico e per il pedagogista. Nell’attività medica quegli studi erano i mezzi di cui il medico si serviva per fare la diagnosi mentre all’opera del pedagogista quelle stesse discipline dovevano offrire: «studi larghi e sintetici della personalità anatomo-fisiologica, orientati verso un punto di vista psico-fisico: poiché suo scopo non è localizzare un morbo nel corpo, ma un individuo nell’umanità a mezzo di comparazioni. La pedagogia -continua Montessori- sarà la medicina sociale e spesso dovrà fare la diagnosi d’individui morbosi entro il corpo sociale dei normali e ricercarne le cause e seguirne la cura. Il suo indirizzo non è dunque anatomico, come quello dei medici: ma antropologico»[9]. L’antropologia pedagogica diveniva la disciplina che consentiva lo studio dell’intera personalità psico-fisica dell’educando, considerata nei suoi aspetti biologici, ereditari, fisiologici. Essa offrendo una sintesi della personalità umana e rispondendo alle fondamentali domande chi è l’uomo? da dove viene? assumeva anche un significato “filosofico”, gettava una luce sulla condizione umana e sosteneva la pedagogia nel compito di formare l’uomo del tempo presente

La studiosa in entrambi gli scritti del 1903 muove dalla conoscenza dell’organismo umano nella sua interezza e complessità, nell’interazione delle sue funzioni. Il primo dato è quello naturale di cui è parte lo studio morfologico che ha messo in evidenza come alterazioni nella forma siano stigmate degenerative. «Sembra ripugnante -osserva Montessori- a tutte le nostre fedi - anche alla fede pedagogica - che l’intelligenza, il senso morale, la psiche, infine, degli individui umani, possa stare in rapporto con le forme esteriori, secondo [quanto] afferma la teoria lombrosiana. Il pedagogista crede che la persona si faccia buona o cattiva semplicemente secondo l’ambiente educativo in cui visse. […] L’ambiente ha la sua parte d’alta efficacia, ma non è tutto. Il pedagogista non può limitarsi a studiare l’ambiente, che dovrà influire sull’educando e le azioni che esso dovrà compiere: ma anche - e in primo luogo - studiare l’individuo, per distinguere la costituzione dell’uno e dell’altro e adottare a ciascuno il più conveniente metodo educativo»[10]. Ma poi trattando del giudizio morale che la società doveva esprimere su gli atti criminosi del delinquente, una volta che si fossero constatate anomalie fisiche, quel giudizio, inevitabilmente, doveva assumere un significato diverso perché il reo non ha colpa, «la colpa sarebbe piuttosto dei genitori, che lo hanno generato male; ma quei genitori furono a loro volta vittime di cause sociali delle degenerazione. Così la colpa scostandosi da ciascuno individualmente ricade su tutti. […] In sociologia tutti siamo colpevoli delle cause sociali di degenerazione - tutti abbiamo il dovere di contribuire a migliorare l’ambiente che procura i degenerati»[11]. L’atto criminale non era più solo riconducibile ad istinto naturale, ma anche a fattori storici e ambientali. La “colpa”, la responsabilità dell’azione delinquenziale doveva essere rivista alla luce della responsabilità sociale, «non condannare il malvagio, ma redimerlo con l’educazione e con quella solidarietà nella colpa comune, che è la forma scientifica del perdono»[12].

Alla luce delle conoscenze scientifiche vi doveva essere una “socializzazione della responsabilità della colpa”, una chiamata degli uomini alla solidarietà, alla collaborazione, un diverso sguardo dell’uomo nei confronti della vita e dei suoi simili per superare gli egoismi. Un nuovo umanesimo si legava per Montessori allo sviluppo delle scienze insieme alla questione sociale che richiedeva una società trasformata in un organismo più solidale. In questa prospettiva la pedagogia si caricava anche di una valenza politica e assumeva per la studiosa «la missione di creare l’uomo nuovo, il forte, il vittorioso di sé», capace ci contribuire al benessere sociale. L’educazione morale veniva assunta come uno dei due poli che costituivano la nascente pedagogia scientifica il cui scopo la studiosa coglieva nella sintesi «tra il punto di vista naturale, che delinea la personalità umana biologica, e il punto di vista morale, che resta sempre il primo in data e in importanza e che esplica e prepara l’uomo sociale»[13]. Si trattava di formare l’uomo del proprio tempo, rigenerato nel corpo e nello spirito; forte nel fisico e nel carattere attraverso l’igiene e l’antropologia pedagogiche e una morale rinnovata; capace di un sentire più alto, ritrovando in tal modo una più profonda e ricca umanità. In questo progetto di “ricostruzione dell’uomo” che sempre l’accompagnerà, Montessori aveva sin dal 1903 una guida: il testo di Séguin, considerato come esempio primo e insuperato di libro di metodo sulla pedagogia scientifica.

Gli studi su l’igiene e l’antropologia pedagogiche avevano il loro naturale luogo di ricerca e applicazione nella scuola e del 1904 sono altri due scritti di Montessori i cui vengono raccolte le ricerche svolte presso tre scuole di Roma su alunni di età compresa tra i 9 e gli 11 anni. Ci riferiamo agli articoli dal titolo Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole[14], a carattere antropologico, e Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari[15] a carattere più prettamente pedagogico. Di fatto si tratta di due scritti complementari in cui la studiosa rilevava rispettivamente se a un maggiore sviluppo intellettuale corrispondesse un maggiore sviluppo del volume cranico e in base a quali criteri nelle scuole fosse giudicato il livello intellettuale degli scolari. In entrambi i lavori Montessori evidenziava la necessità di mettere in rapporto il dato antropometrico con le condizioni di famiglia biologiche e sociali dei bambini quali: abitazione, vitto, professione dei genitori, madre lavoratrice, attività nel doposcuola, in quanto se la conoscenza dell’educando era prima di tutto «storia biografica-clinica», conoscenza del gentilizio, veniva però chiamata in causa anche la vita in famiglia e la relazione con l’ambiente sociale.

Le ricerche, comparando bambini considerati dai maestri come i «più intelligenti» e quelli ritenuti «meno intelligenti» della classe, evidenziavano che le condizioni sociali favorevoli erano a vantaggio dei «più intelligenti». Quindi il dato antropometrico non appariva a Montessori di per sé esaustivo, ma doveva essere connesso con quello fisiologico e con la dimensione sociale per esser indicativo. Come aveva criticato la presunta inferiorità della donna su base antropologica, così la studiosa criticava l’inferiorità intellettiva stabilita unicamente con misurazioni antropometriche e stigmatizzava l’antropologia che si faceva base delle disuguaglianze sociali. Inoltre  in accordo con quanto fin qui sostenuto la studiosa si richiamava anche al pensiero del Broca[16] per il quale l’esercizio dell’intelligenza durante la crescenza svilupperebbe il cervello, allo stesso modo che ogni funzione, secondo la legge biologica, sviluppa l’organo corrispondente, e ne deduceva l’importanza dell’esercizio fisico e mentale, dell’attività motoria all’aria aperta per un completo sviluppo individuale.

«Quindi -scrive la pedagogista marchigiana- insieme a quelli fisiologico ed etnologico un concetto nuovo entra fra i criteri di comparazione del volume cranico; quello pedagogico dell’esercizio intellettuale metodico e progressivo»[17]. Natura, attività psico-sensorale e motoria, educazione morale sono i poli a partire dai quali Montessori struttura e approfondisce il suo interesse educativo che potrà esprimersi da lì a pochi anni nelle Case dei Bambini.


[1] Queste notizie sono tratte dal fascicolo personale di Maria Montessori posizione RS 212.

[2] Si trattava degli insegnamenti di filosofia teoretica, storia della filosofia e filosofia morale.

[3] Luigi Credaro (1860-1939) venne chiamato, nel 1902, alla cattedra di Pedagogia dell’Università di Roma. Ministro della pubblica istruzione dal 1911 al 1914, fondò nel 1908 la «Rivista pedagogica», che diresse sino alla morte, eccetto per il periodo in cui fu ministro. Al festeggiamento in onore di Credaro alla guida della rivista, che si svolse a Roma il 6 febbraio 1908, erano presenti tutti i professori della “scuola pedagogica”, tra cui Maria Montessori.

[4] Leonarduzzi riguardo all’iscrizione della studiosa di Chiaravalle alla facoltà di filosofia scrive: «Ma non è da credere - così ci sembra - che l’applicazione agli studi filosofici dovesse aprirle nuovi orizzonti, nel senso di darle una consapevolezza, sul piano propriamente speculativo, della problematica pedagogica e dello sviluppo del pensiero filosofico e pedagogico [...] Raggiunta la trentina, s’erano già consolidati, in lei, determinate strutture e precisi orientamenti» (A. Leonarduzzi, op. cit., p. 16).

[5] Nel fascicolo di Maria Montessori, facente parte della serie di fascicoli relativi ai liberi docenti e conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato, risulta che la nuova commissione era composta dai professori: Grassi, Magini, Maggi e Morselli, come membri effettivi, Möschen e Mingazzini, in qualità di membri supplenti. La commissione convocata il 26 ottobre 1903 assegnò a Montessori, quale argomento per la prova scritta e da discutere in sede d’esame orale, il seguente tema: I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio desunti dall’osservazione di almeno cento soggetti. Influenza dell’età sui caratteri fisici della donna. La discussione del lavoro si svolse l’8 giugno 1904 e durante quell’incontro venne comunicata alla dottoressa la data in cui si sarebbe tenuta la prova di lezione orale sul tema, scelto tra due da Montessori, dal titolo Craniologia e Craniometria comparata dell’uomo e dei primati, con dimostrazioni. La prova di lezione orale si tenne il 9 giugno ed il 15 giugno la Commissione giudicò la candidata idonea attribuendole 40 punti su 50, ma solo con il D. M del 29 dicembre 1904 la dottoressa venne abilitata alla libera docenza in antropologia dalla quale il 1 aprile 1929 il ministro Belluzzo la dichiarò decaduta non avendo Montessori «senza legittimo impedimento, esercitato la libera docenza durante il quinquennio accademico 1920-1925».

[6] M. Montessori, L’antropologia pedagogica. Conferenza tenuta agli studenti di filosofia nell’Università di Roma, Vallardi, Milano, 1903, poi pubblicata in «Vita dell’Infanzia», a. XLVI, n. 8, ottobre 1997, pp. 8-15. La conferenza è dedicata a Luigi Credaro.

[7] M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, in «Rivista d’Italia», a. VI, vol. II, 1903, pp. 326-331. Si tratta della prolusione di Montessori al corso di antropologia pedagogica del quale era stata incaricata nel 1903 quando partecipò al secondo corso di pedagogia scientifica tenuto da Pizzoli a Crevalcore. Ugo Pizzoli organizzava nel suo Laboratorio di Pedagogia Scientifica corsi in cui impartiva agli insegnanti lezioni teorico-pratiche riguardanti lo studio sperimentale del fanciullo. La pedagogia scientifica del Pizzoli era diretta allo studio clinico dell’educando, condotto in laboratorio attraverso test atti a definire la fisionomia psichica e le disposizioni mentali dei bambini. Il primo corso di pedagogia scientifica aveva avuto il patronato dell’Associazione Pedagogica Nazionale e di Tamburini. Sergi, sostenitore dell’attività di Pizzoli, aveva presieduto agli esami finali auspicando che i professori di pedagogia delle scuole normali trascorressero durante le vacanze estive un mese presso l’istituto di Crevalcore per conoscere i metodi pratici della psicologia sperimentale (G. Sergi, Relazione al Ministero della P. I. sul Corso di Pedagogia emendativa tenuto a Crevalcore nell’agosto-settembre del R. Commissario Prof. Giuseppe Sergi, in G. Mucciarelli [a cura di], Giuseppe Sergi nella storia della psicologia e dell’antropologia in Italia, Bologna, Pitagora Editrice, 1987, pp. 179-181).

[8] M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, già cit., pp. 329-330. Il corsivo è nostro.

[9] M. Montessori, L’antropologia pedagogica, già cit., p. 18.

[10] M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, già cit., p. 329.

[11] Ivi, p. 330.

[12] Ivi, p. 331.

[13] M. Montessori, L’antropologia pedagogica, già cit., p. 18.

[14] M. Montessori, Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2, 1904, pp. 243-300.

[15] M. Montessori, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. Ricerche d’igiene e antropologia pedagogiche in rapporto all’educazione, in «Rivista di filosofia e scienze affini», a. VI, vol. II, n. 3-4, settembre-ottobre 1904, pp. 234-284.

[16] Pierre-Paul Broca (1824-1880), professore all’Università di Parigi dal 1867, pubblicò studi sulla sede cerebrale del linguaggio oltre a vari lavori antropologici. Nel 1859 gettò le basi della Société d’Antropologie di Parigi, iniziando un programma di ricerche su questioni tecniche e metodologiche, così da essere considerato il promotore dell’antropologia moderna. Nel 1872 fondò la «Revue d’Antropologie».

[17] M. Montessori, Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole, già cit., p. 245.

 

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