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L'antropologo Giuseppe Sergi e il suo giudizio sulla Montessori
di Giacomo Cives |
4. Froebel stroncato da Sergi
In realtà Sergi ad aspetti di carattere pedagogico ha dedicato
un'attenzione assidua e non improvvisata. Quindi se in lui vi è stato immobilismo
classificatorio, però fin dall'inizio non è mancato l'impegno per lo sviluppo e il
rinnovamento della scuola. Così fin dal 1892, nella prefazione al suo volume Educazione
ed istruzione. Pensieri, che raccoglie vari scritti pubblicati su giornali, afferma
"oggi nella vita sociale s'impone un bisogno urgente, il rinnovamento di metodi per
l'educazione e per l'istruzione, e chi lotta per questa insegna, lotta per la
rigenerazione umana; chi sente il dovere di lottare non rispetti che la sola verità e il
bene che può derivarne".
Quel che occorre, dice Sergi, è una scuola che insieme istruisca e
educhi (p. 67). Promuova dunque anche i sentimenti, sia primo embrione di società e
concorra a formare il carattere (p.6), e ciò non con il trattatino dei diritti e dei
doveri che è come il catechismo della religione. L'educazione deve essere allora sociale
e non solo individuale. E in questo suo itinerario ha un grande rilievo, per nulla da
sottovalutare, il livello della scuola infantile.
Tre soprattutto sono gli aspetti che emergono nella trattazione di Educazione
ed istruzione di Sergi, e i due primi sembrano particolarmente vicini ai problemi che
qui ci interessano, specifici della pedagogia della Montessori:
a) la polemica contro il froebelismo, allora particolarmente esaltato
in Italia, che a suo avviso riduce il bambino a una "marionetta", bambino che fa
tutto per ordine della maestra, che è indotto a praticare un'attività preordinata, con
storielle legate al gioco con simulazioni e schemi artificiosi, in un distacco completo
dalla sua attività spontanea;
b) la proposta di promuovere nella scuola come "primo passo alla
pedagogia scientifica" una osservazione rigorosa e sistematica, esattamente
quantitativa che colga le differenze individuali tra bambino e bambino oltre agli sviluppi
nel tempo dello stesso bambino. I dati relativi andranno registrati nella Carta
biografica che accompagnerà l'alunno dalla scuola infantile a quella secondaria;
c) la rivendicazione di sostituire, in un mondo moderno in cui la
cultura si universalizza e si fa non più solo di pochi, l'asse formativo centrale
umanistico e letterario con quello scientifico. Si tratta di mettere al posto degli studi
classici quelli scientifici, da estendere nella loro valenza educativa alle stesse scuole
per la preparazione alle attività intermedie e alle scuole popolari.
Per il primo aspetto Sergi rileva l'eccessiva enfasi sul froebelismo,
che, sostiene, è giunto a una vera e propria "froebelatria". Nei Giardini
d'infanzia italiani nessuno ha veramente studiato Froebel, come dice anche a Roma
l'ortodossa ed esperta signora Patermann (p.83). Vi è solo la "apparenza
froebeliana" (p.91) ed un gioco "passivo, imbeccato" (p.93). Osserva Sergi,
circa la pratica corrente italiana: "Chi ha il coraggio di dirmi che il giuoco
froebeliano è il metodo naturale pel quale si manifesta l'attività infantile? La maestra
è quella che giuoca, e i suoi bambini sono le sue marionette" (p. 102).
Sergi non se la prende soltanto con la cattiva applicazione di Froebel,
ma esercita per la verità la sua vis polemica anche verso il creatore del metodo,
rifacendosi pure alla fondamentale Educazione dell'uomo di Froebel allora da poco
tradotta da Ambrosini e edita da Trevisini.
Non può accettare la sua ispirazione romantica, il suo spiritualismo e
la sua confusione tra istinti, tendenze, azione divina. Certo Froebel ha nobili fini,
scrive, unione di teoria e pratica, ascendenza pestalozziana. Ma in lui vi sono eccesso di
simbolismo veduto in funzione di una cognizione ideale, e ignoranza scientifica.
E subito Sergi si lascia qui trascinare alle sue esasperazioni
stroncatorie senza misura:"Era un ignorante malato" (p. 77), niente di meno
"il suo cervello era (...) caotico, paranoico" (p.80), anche se qua e là con
"lucidi intervalli" non coerenti al sistema. "Froebel ha un'intelligenza
vaga e caotica unita a un ascetismo sconfinato, che gli fa vedere le cose più strane
nella natura dei fanciulli" (p.57).
Di più, ormai Sergi è scatenato, e di nuovo si abbandona alla sua
abnorme disinvoltura scientistica (uno dei limiti più gravi, come è già stato rilevato,
della sua complessa personalità): a guardare il ritratto di Froebel afferma Sergi
("io non sono antropologo per nulla") emergerebbe subito il suo carattere
"submicrocefalo"... (p. 84). "Per lo meno deve aver microcefalia frontale,
come è visibile nella sua figura, che poi lo rappresenta di una fisionomia cretina o
semimbecille, per parlare il linguaggio da psichiatra". A parte le classificazioni
del tempo delle patologie, qui siamo agli insulti più gratuiti e grossolani.
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