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L'Editoria italiana del Novecento: Angelo Fortunato Formiggini, la cultura e il riso
di Carlotta Padroni

2. L'avvio Editoriale

Le due lauree conseguite da Formiggini sono i primi atti pubblici, in cui si palesano i due maggiori interessi che guideranno l’attività del futuro editore e uomo di cultura.

La prima laurea, in diritto, conseguita a Modena nel Novembre del 1901, a ventitré anni, indaga la condizione della Donna nella Thorà in raffronto con il Manâva-Dharma-Sâstra (i cui tre notes manoscritti si conservano all’Estense come Appunti per la tesi dottorale): e già fin d’ora si coglie l’intento di evidenziare il concetto di assimilazione tra la cultura ebraica e quella occidentale enunciato nel sottotitolo Contributo storico giuridico ad un riavvicinamento tra la razza ariana e la semita; la seconda laurea, in filosofia morale, conseguita a Bologna nel 1907 con Giuseppe Tarozzi, ha come argomento la filosofia del ridere.

In questa tesi Angelo Fortunato sviluppava una materia assai complessa e articolata nelle analisi delle diverse forme di comicità e del riso: di carattere letterario e colto, e di ambientazione popolare fino a sfiorare implicazioni psicoanalitiche nella trattazione dei grandi autori dell’umorismo. Nel lavoro (il cui manoscritto è conservato presso la Biblioteca Estense, nell’Archivio familiare, cassetta n. 19, e che ha trovato pubblicazione per la CLUEB nel 1989), l’autore tenta anzitutto un processo di sistemazione scientifica della materia; ne consegue una riflessione inedita su questo aspetto primario della psicologia, e sui suoi riflessi sulla vita associata dell’uomo, con inevitabili riferimenti di carattere civile, sociale, storico e anche estetico.

All’indomani della scadenza accademica Formiggini si apre ad un pubblico qualificato e certamente più ampio, con conferenze a Bologna, a Rimini, e a Modena sulla filosofia del ridere, il tema a lui caro; qui emerge subito il carattere di comunicatore che ha distinto Angelo Fortunato tra i suoi stessi colleghi, in un ambiente non certo sguarnito di figure dotate di personalità, ricche di idee e di capacità. E proprio qui, nell’ultima conferenza modenese, alludendo alla Festa Tassoniana alla Fossalta -cui aderirono Giovanni Pascoli, Olindo Guerrini, Alfredo Testoni, Isidoro del Lungo- da lui organizzata, è insita l’idea di una casa editrice, la sua, che esordirà appunto con la pubblicazione di una raccolta di sonetti burleschi di Alessandro Tassoni dal titolo La Secchia.

Molti anni dopo, nel 1935, in una lettera a Don Arturo Rabetti, Angelo Fortunato ricordò la Festa Tassoniana come la cellula da cui nacque un progetto ben mirato e definito con precisione di intenti: l’attività di editore fu per lui “l’unica vocazione veramente profonda”.

Dunque la filosofia del ridere faceva già parte, fin dalle prime manifestazioni, del pensiero del giovane Formiggini. Al suo esordio tale approccio aveva una connotazione certamente goliardica e dialettale -una costante mai del tutto abbandonata- per maturare negli anni ad una dimensione precipuamente filosofica e letteraria: il “riso come socialità, atto concreto di coscienza dei fenomeni, saggezza che scioglie i conflitti” (E. Milano, Angelo Fortunato Formiggini, Rimini, Luisè Editore, 1987, p. 48).

Nella filosofia di Angelo Fortunato Formiggini sono state individuate venature sia antropologiche che psicologiche; egli nota infatti: “Nel periodo della mia vita che dedicai agli studi la sola cosa, forse, a cui volsi l’animo particolarmente attento, fu il ridere, e mi parve che esso, oltre ad essere la più emergente caratteristica dell’umanità (risus quoque vitast), è il più specifico elemento diagnostico del carattere degli individui (dimmi di che cosa ridi e ti dirò chi sei), forse anche il tessuto connettivo più tenace e il più attivo propulsore della simpatia umana. Nulla è più umano del ridere”. Si tratta a ben vedere di componenti che integrano e arricchiscono un’idea di filosofia in qualche modo lontana dal rigore teoretico, dal quale però l’editore non prescindeva, ad esempio nella pubblicazione dei primi testi della sua impresa, creata più per appassionato amore per il libro e la comunicazione di qualità, e per convinta ricerca del bello, che per calcolo del lucro.

Dunque i suoi primi titoli sono Atti di convegni e congressi filosofici da cui emerge un ulteriore interesse che Formiggini coltiverà in seguito: la bibliografia; ecco intanto il Saggio di una bibliografia filosofica italiana dal gennaio 1901 al giugno 1908, compilato da Alessandro Levi e Bernardino Varisco. L’opera, giudicata da Gentile “la prima manifestazione di qualche cosa di concreto e di utile agli studenti di filosofia”, apre la collana “Biblioteca di Filosofia e di Pedagogia”, che conterà complessivamente 27 volumi e sarà affiancata dagli “Opuscoli di Filosofia e Pedagogia”, in cui appariranno 31 volumi; seguono nel 1908 le Questioni filosofiche -che raccolgono gli atti del convegno di Parma- e gli Atti del IV Congresso Internazionale di Filosofia, tenuto a Bologna nel 1911. A proposito di questa edizione Eugenio Garin avrebbe, in seguito, riscontrato in appropriata sintesi “il senso preciso di una tensione profonda, che per un verso metteva in discussione ogni antica certezza, e tutta un’immagine classica della razionalità, e per un altro verso apriva le porte alla riscossa dell’irrazionalismo e del misticismo, del vitale, del sentimentale, del passionale, mentre si affacciava conturbante la nuova problematica dell’inconscio, e i nomi di Pierre Janet e Freud sembravano prendere il posto di quelli di Schopenhauer e di Eduardo von Hartman”. In realtà, pur non rendendosene conto continua Garin “psicologi, scienziati e filosofi cercavano di tradurre in termini concettuali l’onda di crisi che stava per sconvolgere il mondo” (E. Garin, Editori italiani tra Ottocento e Novecento, Bari, Laterza, 1991 p. 57).

Come si vede, Formiggini è testimone attento di questa stagione e vuole caratterizzare il suo ingresso nell’editoria con un impegno concreto ed efficace nei confronti di istituzioni “filosofiche” precise: collaborò alla riorganizzazione della Società filosofica italiana e dal 1909 al 1918 pubblicò la “Rivista di filosofia”, organo della stessa Società. L’avvio formigginiano nel segno della filosofia è dunque espressione di un interesse reale che si distingue tanto dalle tumultuose esibizioni delle avanguardie, quanto da un attualismo in continua crescita e affermazione. Ciò sarà ribadito dalla pubblicazione delle collane “Filosofi italiani” (affidata alla direzione di Felice Tocco), e come si diceva dalla “Biblioteca di Filosofia e Pedagogia” (1908-1920) e dagli “Opuscoli di Filosofia e Pedagogia” (1908-1919). Così, sul terreno filosofico il nome di Formiggini è legato ad un nucleo di opere -pubblicate in un periodo di tempo circoscritto al secondo decennio del secolo- che esprimono, tutte, anche se in modi differenti, le inquietudini di quegli anni; a far luogo dall’ampia antologia dell’Ardigò curata da Erminio Troilo, alle opere di Limentani, ai massicci Contributi ad una teoria filosofica dell’ordine giuridico di Alessandro Levi, per giungere poi a Luigi Valli e a Michelstaedter, del quale Vladimiro Arangio Ruiz aveva per la prima volta raccolto gran parte degli scritti.

 

 

 

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