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L'Editoria italiana del Novecento: Angelo Fortunato Formiggini, la
cultura e il riso
di Carlotta Padroni |
5. Il tragico destino
Formiggini
era pur sempre un uomo che partecipava consapevolmente alla vita del suo tempo; non sembri
una contraddizione ciò che scriveva al figlio adottivo a proposito non del profitto ma di
un morale interesse superiore: [...] un interesse nelle azioni umane ci deve
sempre essere: unazione disinteressata nel significato strettamente filosofico, non
può esistere e ciò che distingue le buone dalle cattive azioni, le azioni nobili da
quelle vituperevoli, sta appunto nella natura dellinteresse che le ha ispirate
(A. F. Formiggini, La ficozza filosofica del
fascismo, Roma, Formiggini Editore, 1924, p. 312). Sempre al figlio, in una
lettera-testamento scritta pochi giorni prima della morte, egli conferma e rimpiange - nei
drammatici giorni dellepilogo, in una Italia drogata nei fumi dei contraddittori,
effimeri e quanto mai dolorosi trionfi del regime- una visione ridente della
natura in contrapposizione al truce atteggiamento fascista -che C. E. Gadda avrebbe
di lì a poco annichilito sotto la definitiva irrisione di Eros e Priapo- come ottusa negazione del ridere
fraterno.
La
crisi che investì in quegli anni la società italiana nel suo complesso non avrebbe certo
risparmiato il lavoro dellEditore modenese, che aveva da tempo trasferito la propria
casa editrice prima a Genova, quindi a Roma. Locchiuto, avido autoritarismo
liberticida di quelle stagioni simpadronì intanto dellIstituto della
Propaganda della Cultura Italiana promosso ed animato da Formiggini: nel 1923 Gentile lo
occupò ribattezzandolo Fondazione Leonardo ed estromettendo Formiggini,
intellettuale saldamente innestato sulle tradizioni culturali e letterarie emiliane,
socialriformista, attento al Modernismo, umanitario, anti-idealista, attraverso successivi
colpi di mano e intimidazioni (G. Ragone,
Editoria, letteratura e comunicazione, in A. Asor Rosa (direttore), Letteratura Italiana. Storia e geografia, vol.
III, Letà contemporanea, Torino, Einaudi
Editore, 1989, p. 1051).
Da
qui in poi la trama della storia di questuomo geniale e della sua opera è definita
da una amara sequenza di divieti, di rinunce, di isolamento: antifascista, o meglio,
a-fascista soprattutto per temperamento -egli parlava di unesigenza di
giovialità, di serenità, di letizia di vivere, quanto di più lontano dal clima
del ventennio-, per intelligenza e per
probità, il suo destino e quello della sua famiglia precipitano verso
lassurdità malvagia delle leggi razziali in conseguenza delle quali gli
viene conculcato il diritto allattività, al lavoro, alla parola, alla parola
scritta, allidea.
Ridotto
iniquamente al silenzio e allinazione, Formiggini progetta lucidamente un gesto di
protesta estremo, ma scevro di emotività. A sessantanni e alcuni mesi, dodici
giorni dopo lemanazione dei nefasti provvedimenti per la difesa della razza
italiana, nella fredda mattina del 29 novembre 1938 si getta dallalto della
Ghirlandina e precipita sullacciottolato della sua amata città, Modena, raggiunta
da Roma con un biglietto di sola andata, il giorno avanti.
La
notizia della sua morte si diffonde istantaneamente, emoziona profondamente chi lo
conosceva, ma non ha molta risonanza, soffocata nella nebbia certamente non solo
meteorologica di quei giorni.
In
pochi casi come nella vicenda umana di Angelo Fortunato Formiggini, la morte ha avuto un
peso tanto determinante nel definire il significato della intensissima vita. Raramente la
morte, moralmente e anche politicamente valutata e lucidamente voluta, viene a fare parte
della vita di un uomo, a illuminarla di bagliori particolarmente rivelatori, qualificanti.
Ci si potrebbe spingere a leggere la sua vita creativa, affettiva, sentimentale,
spirituale alla luce della sua morte, che sembra sottolineare, della vita, i valori
autentici perseguiti, e il forte, concreto, irrinunciabile rifiuto di vederne vanificati e
superati, per un volgarissimo accidente esterno, i significati.
Ma
lestremo, quanto mai consapevole gesto di protesta sembra anche inquadrarsi,
allepilogo di una esistenza sostanzialmente laica, o quanto meno ecumenica nelle
aspirazioni, in un ancestrale disegno ebraico contemplante nella propria trama due non
eludibili dati storici e spirituali: la diaspora e il martirio, il sacrificio.
Formiggini,
che avrebbe potuto tranquillamente percorrere il comodo e anche onorato itinerario
dellemigrazione culturale europea fino al sicuro, dorato rifugio californiano -ma
una prima tappa poteva essere, come per molti, lospitale Francia-, ha scelto il
sacrificio, sdegnando di lasciare il suolo della patria, cui si sentiva fortemente,
culturalmente e addirittura geneticamente legato.
Angelo Fortunato abbandona la vita che ha lasciato sempre e dovunque limpronta
della sua formidabile personalità e della sua chiara originalità; che di fronte alla
seriosa ottusità fascista ha predicato levoluzione dellhomo sapiens nellhomo ridens, con lanimo sicuro di avere
pagato di tasca propria e con la sua opera tenace e gratuita [...](E. Milano, Angelo Fortunato Formiggini, Rimini, Luisè
Editore, 1987, p. 113)
Qualche
giorno avanti, dopo avere vergato di proprio pugno il mio ultimo catalogo,
sistemò le questioni amministrative, scrisse lettere di commiato ai familiari
(tenerissima e straziante fu quella lasciata alla propria moglie Emilia, a Modena, la
mattina del suicidio, nella quale descrisse il viaggio da Roma, lultima sera, la
notte, e a questo foglio affidò lultimo saluto), e compilò il testamento. La
cronaca delle esequie, celebrate allalba, è scarna. Il feretro è seguito dalla
vedova, da qualche amico e da una trentina di agenti. Lordine tassativo alla stampa
è di ignorare laccaduto, ma lo stesso giorno del suicidio Radio Monteceneri ne
diffonde dalla Svizzera la notizia che fa il giro del mondo. In Italia se ne parlerà solo
dopo il 1945.
Ma
subito a Emilia giungono commossi necrologi e attestazioni di affetto che sono veri gesti
di coraggio. Tra gli anonimi, molti nomi di uomini modesti che rischiano concretamente di
persona. Ecco però la firma di Nicola Zanichelli, di Umberto Liberatore da New York, di
Luciano Mastronardi, ex ispettore scolastico di Vigevano che invia una dura lettera
contro il delitto e linfamia. Scrivono Attilio Momigliano, Adriano
Tilgher, Ivanoe Bonomi; Luigi Spotti, di Parma, riferisce che un amico che legge
lOsservatore Romano è venuto ieri a comunicarmi davere
letto[...]. Scrivono Massimo Bontempelli, Padre Agostino Gemelli ([...] non so
se ella sa che fummo compagni di scuola nei lontani anni 1888-1890 a Milano. Io pregherò
per lanima di suo marito [...]), Giulio Einaudi, Marino Moretti :
Formiggini era proprio questo: profondamente italiano, devoto alla cultura patria.
Non lo dimenticheremo. Scrive ovviamente la Comunità israelitica, ma anche una
Italiana audion che si congeda grottescamente -non si sa mai- con saluti
cordiali fascisti (Cfr. cassetta n. 23, Fondo Formiggini, Archivio familiare
Formiggini, presso Biblioteca Estense di Modena).
Nel
1941 la casa editrice fu definitivamente liquidata. Emilia Santamaria Formiggini risarcì
di tasca propria gli azionisti; la diletta casa sul Campidoglio, sacrificata nel 1938 dal
piccone risanatore a un molto discusso piano urbanistico, non esisteva più,
ma i libri erano custoditi in tante biblioteche: il nome di Angelo Fortunato Formiggini,
un galantuomo che aveva lavorato per trentanni senza mai chiedere il più
minuscolo compenso materiale e solo pago dellunanime simpatia dei suoi contemporanei, a differenza di quanto è
toccato a molti altri uomini di transeunte successo e ai suoi carnefici era entrato nella
storia dItalia, in una delle sue pagine più positive ed edificanti.
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