|
Il Paradigma del diritto e le modalità dell'intervento pedagogico
di Renzo Remotti |
1. Il Paradigma del diritto e La Pedagogia della Legalità
1.1
Relazionalità e diritto
In
un precedente articolo si è tentato di offrire un fondamento anche giuridico alla
pedagogia della legalità, iniziando a tratteggiare il paradigma che un simile approccio
pedagogico debba trasmettere alleducando.
Il
modello è stato direttamente tratto dal diritto internazionale e ciò perché
lobiettivo è di costruire un modello pedagogico universale, il quale, una volta
definito, dovrà essere tale da poter essere utilizzato da chiunque si appresta a
insegnare un certo ordinamento giuridico, indipendentemente dall'ordine giuridico oggetto
dell'insegnamento.
Si
è anche sostenuto che questo approccio è possibile sulla base della soggettività
internazionale del bambino. Il bambino con la Convenzione di New York del 1989 non è
più, anche da un punto di vista giuridico, un non-adulto,
ma è riconosciuto come una persona con i propri diritti e doveri, diversi e complementari
ai diritti e doveri dell'adulto. Ciò significa che il fanciullo svolge o sarebbe
meglio scrivere che dovrebbe svolgere - un ruolo attivo nel processo educativo. Secondo la
teoria generale del diritto il riconoscimento giuridico di un soggetto ha come conseguenza
immediata l'acquisizione della capacità di agire, intervenire, prestare o negare il
proprio consenso a tutte le attività che rientrano nello spazio semantico
di un determinato diritto
Con
il riconoscimento un certo soggetto può porre in essere atti giuridicamente rilevanti e
può chiedere il rispetto delle proprie libertà. Ciò accade anche per il
soggetto\bambino. Sono molti gli articoli della Convenzione che enfatizzano la necessità
di dare spazio alla personalità e allindividualità del bambino.
In
questo senso è paradigmatico larticolo 5 laddove si sancisce che gli Stati hanno il
dovere di garantire che i genitori o i responsabili di dare al bambino: [
] in
maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, lorientamento ed i
consigli adeguati allesercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente
Convenzione. La norma molto opportunamente ha usato termini quali
orientamento consigli piuttosto di insegnamenti o
istruzioni. Infatti il bambino fin dal momento, in cui inizia a imparare, ha
già una propria personalità e pertanto ha il diritto di intervenire lui stesso nel
processo educativo. E evidente che il modello pedagogico pensato sul piano
internazionale, ma non solo, è di tipo dialettico.
Il
bambino viene orientato a usare e godere delle proprie libertà, ma non gli si impone
alcuna forma di istruzione al di là di ciò che è strettamente necessario tanto che,
senza di esso si avrebbe la negazione del diritto all'educazione stesso
(l'alfabetizzazione di base etc.). Nella scuola si inizia con gli elementi di base dei
singoli saperi (matematica, letteratura etc.), ma si approda a qualcosa di più ampio.
Se
questo è il modello pedagogico immaginato dal giurista, la pedagogia legale non può
esimersi dal cercare un paradigma di diritto da trasmettere agli educandi, un paradigma di
diritto capace di garantire la dialettica nelle relazioni sociali, a partire da quelle che
nascono in seno alla scuola.
Del
resto leducazione, perché abbia valore, è sempre trasmissione di qualcosa.
Tuttavia un processo educativo effettivamente completo mira soprattutto a formare
unidentità sociale e personale più forte e adulta. Leducazione civica non
deve solo far apprendere al giovane le classiche distinzioni elaborate dalla politologia
di tirannide, monarchia e democrazia, ma porre in rilievo il valore e la responsabilità
di essere cittadino, leducazione storica non è enunciato di fatti e date del
passato, ma piuttosto stimolo a cercare l'identità storica, differente alla propria
personale identità. Il problema che verrà affrontato in questo scritto è proprio
lindividuazione del modello di diritto che meglio si adatta a una pedagogia, che
dovrebbe insegnare al bambino a esercitare libertà e rispettare obblighi. Quale è dunque
il paradigma di diritto che trasmette la pedagogia legale? Quale identità può offrire la
pedagogia legale? In particolare qual è limmagine giuridica migliore di rendere il
bambino capace di esercitare la propria identità sociale secondo le prescrizioni del
diritto?
Ancora
una volta ci si richiama al diritto internazionale, anche perché è la branca del diritto
che, per ragioni che accenneremo, ha sviluppato più di altre sistemi contrattuali -
dialettici - per stabilire relazioni sociali. Non verranno, pertanto, affrontati i
problemi prettamente giuridici sul valore e sulleffettività del diritto
internazionale in seno ai vari diritti interni. Non interessa tanto quanto è vincolante
per gli Stati una determinata convenzione o risoluzione. Il problema non rileva, in quanto
il paradigma della pedagogia legale è un ipotesi teorica, la cui verifica empirica passa
in secondo piano. Ciò che interessa sviluppare è piuttosto trarre dallunico
ordinamento giuridico universale vigente un modello di diritto, altrettanto universale e
idoneo a fondare la pedagogia legale stessa.
1.2
Due concezioni del diritto
Probabilmente
la natura più ovvia di diritto è il suo carattere di relazionalità. Due individui
cessano di essere due entità distinte, nel momento in cui si mettono in relazione tra di
loro. La loro relazione acquista stabilità appena vengono fissate delle regole, dei
reciproci obblighi e la norma è esattamente il nesso di collegamento tra le relazioni
sociali. Questo è anche il motivo per cui la pedagogia legale potrà offrire un
contributo a rafforzare la coesione sociale messa in pericolo dal processo di
globalizzazione. Imparare a vivere nella società significa imparare anche la civiltà
giuridica che la costituisce e la fonda, rendendo possibile il legame sociale. Non vi può
essere dubbio che il mondo dell'economia abbia spesso influenzato i rapporti sociali e
abbia esteso le idee fondanti del mercato (competitività etc.) a tutte le istituzioni
esistenti.
Laumento
del tasso di disoccupazione, lesclusione dalla società di una sempre maggiore fetta
di popolazione adulta e giovanile, il divario tra Paesi ricchi e poveri, laumento
dellimmigrazione e della micro criminalità sono solo alcuni degli indici del
fallimento delleconomia di mercato. I difetti del mercato sono stati messi in
evidenza già nel primo ventennio del 900 e la grandi crisi mondiale del 29 fu
probabilmente un importante allarme, di quali distorsioni possa produrre la mano
invisibile. L'effetto più paradossale è che l'idea che avrebbe dovuto essere il
trionfo dell'individuo, l'homo oeconomicus, si è trasformato nella negazione
dell'individuo, la società di massa. Nellultimo decennio i semi della crisi sono
diventati meno evidenti, ma certo non meno gravi. Sia
i giuristi che gli economisti stanno studiando dei sistemi alternativi, che reintroducano
delle regole più egualitarie e, al tempo stesso, rispettose delle capacità creative
individuali. Tra le soluzioni più interessanti spicca il modello dell'integrazione
autoregolata, elaborato recentemente da A. Gorz. L'idea nasce come alternativa
allorganizzazione del lavoro, secondo i prevalenti principi delleconomia
moderna.
Mentre nei sistemi economici moderni lorganizzazione preesiste allindividuo e
questultimo si deve limitare a ricoprire funzioni già costituite, nella teoria
dellintegrazione autoregolata lorganizzazione è creata dagli stessi individui
e frequentemente modificata. Unorganizzazione autoregolata permette agli individui
di costruire il proprio ambiente di lavoro e di modificarlo ogni volta che ciò sia
necessario.
La
scuola può sembrare molto lontana da questi fenomeni, ma non è così. Esiste una scuola
fortemente competitiva, la cui cultura è direttamente ricollegabile all'idea di mercato,
come si parla anche di una scuola solidale e egualitaria, che offre davvero a tutti il
libero esercizio del diritto all'educazione. La classe organizzata secondo il modello
dell'integrazione autoregolata si potrà modificare, evolvere o riorganizzare a seconda
dei bisogni e dei desideri degli educandi. In questo modo la costruzione vera e propria di un sistema legale -
il sistema "classe scolastica" - permetterà di imparare il primo e fondamentale
valore della legalità, ossia il senso della relazione rispettosa dei bisogni altrui.
Infatti gli allievi, chiamati a organizzarsi e a fondare norme interne che permettano di
far funzionare l'aula, si pongono, anche grazie alla guida dell'insegnante, in relazione
l'uno con l'altro, superando la competitività e modelli di insegnamento rigidi.
Quest'approccio ha un altro importante vantaggio. Affinché l'organizzazione autoregolata
possa davvero funzionare è essenziale che i membri della classe siano tra di loro
solidali. L'educazione alla legalità si trasforma in educazione alla solidarietà. Cosa
significa, però, relazione? La storia degli ordinamenti ha elaborato almeno due
differenti modelli di diritto: l'uno gerarchico e l'altro contrattuale. Solo il secondo
può dirsi veramente relazionale e solidale.
Secondo
lidea di derivazione romana la norma giuridica nasce unicamente dalla volontà del
princeps, ovvero da colui che regge il governo del proprio regno. La norma è prima di
tutto imposizione dallalto. Non può esistere una dialettica interna per fondare una
norma, per il semplice motivo che il processo di formazione di essa inizia e si conclude
in seno all'autorità, da cui promanava. Lautorità era la giustificazione della
vincolatività delle disposizioni. I giuristi del medioevo combatterono tra due concezioni
differenti, ma che sostanzialmente appoggiavano la medesima filosofia autoritaria. Vi era
chi riteneva Suprema Autorità il Pontefice, altri lImperatore. Fra
questultimi Baldo degli Ubaldi ritenne che: sicut Deus est princeps in coelis,
sic Imperatorem vicarium suum et auctorem in fide ac veritate et iustitia constituit in
terris."
Questa
concezione rimase in vita per molti secoli e non ha ragion d'essere solo in sistemi non
democratici. La teoria del diritto, che in questo secolo ha avuto molto successo e che
risale a J. Austin, fondamentalmente ricade nel medesimo errore.
Secondo lo studioso tedesco il diritto è comando, il che fa presupporre che esista un
comandante, che avrà il compito di impartire ordini. Su questo punto la teoria normativa
mostra tutti i suoi difetti. Se il comandante è unica fonte di diritto, si può
altrettanto affermare che egli è vincolato alla norma? Anche presupponendo che esista un
sistema di controllo su chi legifera, come si può impedire che il sovrano introduca
uneccezione normativa a proprio beneficio? Se è vero, come è vero, che non è
possibile un vero controllo sul comandante, come è possibile evitare ordini arbitrari?
Come si può vedere questo semplice esempio dimostra con chiarezza che la teoria citata,
pur essendo democratica, non riesce a superare una qualche forma di autoritarismo.
D'altra
parte in un tale universo normativo non vi può essere spazio per la relazionalità. Le
relazioni sono già prestabilite e si fondano spesso su rituali che le norme stesse hanno
già fissato bene o male.
Nel
XIV secolo uno scrittore italiano Marsilio da Padova inizia a diffondere un libro, che
avrà scarsa diffusione in Italia, ma grande successo in tutta Europa, il Defensor pacis. Questo trattatello può essere
studiato sotto differenti profili. In questa sede è interessante ricordare che Marsilio
fu il primo studioso che ebbe il coraggio di sostenere che la legittimazione di una
determinata norma non deriva che dalluniversitas civium, ovvero da unassemblea
popolare. LAssemblea non ha solo il potere di eleggere il sovrano, ma anche di
approvare le leggi. Secondo l'idea contrattuale del diritto, una certa norma è giuridica,
ovvero vincolante, non perché voluta da un'autorità, ma perché è stata approvata e
discussa da coloro che saranno da essa obbligati.
In
una società in cui prevale il contratto, le posizioni di ciascuno vengono di volta in
volta stabilite, spesso fissando condizioni e termini, proprio come avviene in un normale
contratto tra parti private. Così scrive Maine, un teorico di questa corrente: Non
è difficile individuare il tipo di legame che, a poco a poco, sostituisce quei reciproci
rapporti di diritti e doveri che avevano la loro origine nella famiglia: è il contratto.
Assumendo come punto di partenza storico una situazione sociale in cui tutti i rapporti
nascono dal libero accordo tra gli individui. Lo status,
continuerà lautore, non è altro che linsieme di privilegi che un tempo
veniva attribuito alla famiglia. Non a caso nelle società tribali o durante il periodo
mediovale il modo tipico dellapprendimento del proprio ruolo è leredità. Il
figlio dello sciamano sarà a propria volta sciamano, lartigiano rileverà i segreti
del mestiere unicamente ai propri discendenti e così via. Nelle società industriali,
invece, prevale lacquisizione o in altre parole un processo di apprendimento spesso
lungo e faticoso, attraverso cui si accede ai diversi status. La norma fondata sul metodo
contrattuale si basa necessariamente sulla relazione, in quanto presuppone uno scambio
interpersonale e perciò un maggior senso di unione. La relazionalità, dunque, si può
dire, è la vera fonte del diritto. Pertanto il paradigma di diritto proprio della
pedagogia legale non potrà che fondarsi sulla relazione e sul contratto, non sulla
relazione gerarchica, ma su una relazionalità\scambio. Se è, tuttavia, vero che la
società contemporanea richiede un maggior senso di solidarietà sociale e di coesione, è
chiaro che il secondo modello di diritto è sicuramente più idoneo a rendere
l'apprendimento del diritto un utile strumento di identificazione sociale.
Infatti
se da una parte non si può negare lintima connessione tra sistemi politici e
formazione degli ordinamenti giuridici un sistema autoritario fonderà le norme su
atti dautorità così è altrettanto vero che oggi la pedagogia legale non
può che infondere nel bambino limmagine di cittadino, vale a dire di un soggetto
che non subisce la norma, ma la discute e ne propone, quando è il caso, la modifica.
E
un periodo di grandi cambiamenti globali e di riforme in tutti i settori, compresi quelli
in seno alla pubblica amministrazione. Ciò non è vero solo in Italia. Perciò vi sono
due urgenze pedagogiche, almeno per quanto concerne leducazione alla
legalità. Da un lato repentini e frequenti mutamenti dellordinamento sociale
possono indurre dei fenomeni di disaffezione e di non identificabilità. Di
qui la necessità di formare dei cittadini, persone capaci di dare un senso,
anche se non necessariamente tecnico, al mutamento e di parteciparvi attivamente.
Dallaltro lato offrire degli strumenti di discussione, potenziando in questo modo lo
spirito democratico. Se si vogliono realizzare questi due obiettivi è indispensabile
trovare un metodo pedagogico di incontro con la legge, il quale, non solo trasmetta una
serie di norme più o meno minute, ma che offra lidea democratica che soggiace ai
mutamenti che stanno verificandosi in molte parti del mondo. Si è detto che
leducazione alla legalità debba tenere presente non solo il principio
delleguaglianza, fonte spesso di disuguaglianze, ma il principio della solidarietà.
Per solidarietà, tuttavia, bisogna non tanto intendere aiuto reciproco, quanto capacità
collaborativa. Un gruppo diventa assemblea nel momento in cui riesce ad instaurare una
collaborazione reciproca tra tutti i membri del gruppo medesimo. Lassemblea è il
sistema primo di ogni democrazia, ma in uno stato federale e decentrato, diventa un mezzo
diretto di partecipazione. Perciò si ritiene che il vero obiettivo, anche in vista del
miglioramento delle forme di governo democratico, sia porre in essere un'autentica
educazione allassemblea e sviluppare un approccio dialogico allinsegnamento
della legalità. Ciò a cui si deve mirare attraverso la legalità non è tuttavia il
fenomeno che la psicologia sociale definisce "normalizzazione", ossia formazione
di una norma collettiva attraverso norme individuali , ma piuttosto suscitare un
senso di appartenenza a un determinato gruppo attraverso l'ordinamento giuridico vigente
e, nel caso di insegnamento dei diritti dell'uomo, permettere all'educando di riconoscere
la propria umanità per mezzo di questi diritti.
1.
3 La filosofia generale della pedagogia della legalità
Il
processo di industrializzazione, che ha coinvolto la maggior parte delle nazioni, è alla
base delle trasformazioni sociali ed economiche della società contemporanea.
Laumento dellaspettativa di vita, il crescere del reddito pro-capite, la
disponibilità di un maggior tempo libero hanno radicalmente inciso, anche sul diritto
alleducazione.
L'effetto
immediato di questa situazione sul sistema educativo è il generale aumento del tempo
dedicato alla scolarizzazione. Il tempo
libero fa sì che anche chi già lavora continui a studiare, mentre l'aumento del
benessere permette di mantenere a lungo i propri figli negli studi. La formazione
permanente è diventata una vera e propria strategia economica sia per la pubblica
amministrazione, sia per limpresa privata. Listruzione è diventata l'aspetto
principale della vita economica. Questo movimento,
destinato a diffondere il sapere nel modo più capillare possibile, pur mostrando molti
aspetti positivi, presenta anche alcuni limiti. Il discorso può essere esteso a ogni
aspetto della formazione, anche se in questa sede valuteremo soprattutto
linsegnamento della legalità. Si tenterà di dimostrare come solo il modello, che
abbiamo definito dialettico, potrà garantire un avvicinamento alla natura
reale del diritto. Prima bisogna chiarire limportante differenza tra istruzione ed
educazione. Istruire significa fornire una cultura, introdurre lo studente al
sapere umano con tutte le sue sfaccettature e varietà. dal sapere letterario a quello
tecnico.
Gli
ordinamenti internazionali e la maggior parte delle Costituzioni contemporanee tendono a
garantire a tutti gli uomini la possibilità di accedere ad ogni forma di cultura in quanto bene dell'umanità intera. Con il termine
cultura si intende, secondo la famosa definizione di Taylor, l'insieme di tutte le
conoscenze, che costituiscono il patrimonio immateriale di un popolo. In altre parole per "istruzione " si
deve intendere l'apprendimento delle cognizioni umanistiche, letterarie, scientifiche etc. Perciò dal diritto all'istruzione vanno esclusi i
processi educativi in senso più lato o il diritto alla formazione professionale.
Educare
significa etimologicamente condurre fuori, accompagnare. L'educatore perciò non può
essere paragonato ad un'istruttore. Non deve essere considerato semplicemente come colui
che fornisce al giovane delle nozioni, seppur utili e fondamentali. Egli è piuttosto una guida, un esperto che aiuta
gli educandi a riconoscere se stessi e la propria personalità. In altre parole
l'educatore è colui che aiuta i giovani a diventare persone adulte, capaci di scegliere
liberamente ed autonomamente.
Con
il termine educazione, compresa l'educazione alla legalità, pertanto, si indica un
processo più ampio, che coinvolge la formazione della personalità. Perciò il diritto all'educazione è realizzato
prima di tutto in seno alla famiglia, che dunque determinerà le scelte future in senso
più lato: culturali, etiche, religiose. In realtà l'educazione deve essere attuato anche
da altre agenzie sociali, come per esempio dalla scuola, dallo Stato. In particolare:
Il
diritto all'educazione deriva dalla natura della persona umana, la quale ha
"bisogno" di essere educata per realizzarsi, e pertanto ha "diritto"
che gli adulti, ì genìtori ed insegnanti, provvedano a soddisfare le sue esigenze. La società, attraverso le sue forme organizzative
ordinate dello Stato, deve riconoscere questo diritto e garantire agli educatori la
possibilità di esercitare concretamente la loro funzione assistendo le famiglie, le
scuole, le organizzazioni giovanili. [
] Pertanto il diritto alleducazione, nel
duplice aspetto, per quanto riguarda il diritto di ricevere un'istruzione adeguata, e il
diritto di insegnare secondo le proprie convinzioni, dipende ma non deriva dalla società,
perché è fondato sulla persona umana.
La
vera differenza tra educazione ed istruzione è che, mentre la prima è un fenomeno
naturale (il bambino chiede educazione), l'istruzione è indotta, voluta dallo Stato o
dalla società in genere. Ha senso in questi termini guardare con sospetto
all'istruzione, in quanto questa deriva dalla società stessa e, conseguentemente,
quest'ultima potrebbe esercitare un potere indebito ed indottrinare l'allievo. Infatti:
Ha
avuto ampia diffusione nella pedagogia contemporanea la contrapposizione tra istruzione e
formazione. Si è in genere insistito sull'esigenza di subordinare la prima alla seconda. Il termine "formazione" corrisponde al
tedesco "Bildung", ma con notevole impoverimento semantico. La Bildung è formazione attraverso la cultura,
appropriazione di un patrimonio culturale: si realizza con essa un salto di qualità che
fa dì ogni individuo qualcosa di diverso da quel che altrimenti sarebbe. La cultura plasma l'uomo, lo inizia a un mondo di
valori, lo trasforma.
Poiché
la formazione, ovvero l'educazione, mira a trasformare attraverso la trasmissione della
cultura, il bambino, è evidente che il presupposto dell'educatore è differente. Questi,
infatti, non può ritenere l'educando una mera tabula rasa, sopra la quale è lecito
scrivere qualsiasi cosa, ma una personalità che ha il diritto di essere guidata, fino al
raggiungimento di una piena autonomia critica e di azione.
Perciò
i giuristi hanno il dovere di sottolineare questa importante differenza e farsi difensori
di ciò che si potrebbe definire come il
diritto all'identità personale Se l'istruzione ha come fine ultimo quello di creare
uomini dotti, l'educazione mira a cambiare la persona, non in quanto impone un modello di
uomo, così come considerato dalla coscienza collettiva ottimale, ma piuttosto perché gli
fornisce degli strumenti e i valori, che rendono l'educando consapevole delle proprie
potenzialità. Il processo educativo rende adulto il ragazzo, perché gli offre i mezzi
per giudicare ed di conseguenza per scegliere.
Queste
considerazioni sono estremamente utili per capire il paradigma giuridico, a cui dovrebbe
rivolgersi l'educazione legale. Se l'obiettivo dell'insegnante\giurista è far emergere un
miglior sentimento alla relazionalità, non potrà che rivolgersi al modello contrattuale
del diritto. Analizzare una determinata norma potrà diventare un'ottima occasione per
scoprire la valenza sociale di essa e per utilizzarla come strumento di fondazione
sociale. Nella 68.ma sessione del Comitato per i diritti dell'uomo in seno alle Nazioni
Unite, tenutasi il 31 - marzo - 2000, si è più volte sottolineato il diritto
all'educazione alla legalità, soprattutto in relazione ai diritti umani. Accettando
questo autorevole invito, qual è il messaggio che trasmettono tali diritti?
|