La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Il Paradigma del diritto e le modalità dell'intervento pedagogico
di Renzo Remotti

2. La dichiarazione dei diritti dell'uomo

2.1 Alcune premesse storiche

In un precedente articolo si è tentato di offrire un fondamento anche giuridico alla pedagogia della legalità, iniziando a tratteggiare il paradigma che un simile approccio pedagogico debba trasmettere all’educando.

Dalla pace di Westfalia (1648) fino a oggi si può a buon diritto affermare che gli unici protagonisti del diritto internazionale furono gli Stati. I classici del pensiero delle discipline internazionaliste unanimemente ritennero che la comunità internazionale riconosca, quali soggetti internazionali, solo gli Stati sovrani e indipendenti.

Dopo lo scoppio del II conflitto mondiale, causato dai diversi regimi totalitari sorti in vari Stati europei, dimostrerà sempre più la necessità di fissare in grandi Dichiarazioni il minimo di diritti che ciascun Stato e la comunità internazionale devono garantire, affinché la dignità dell’uomo non passi in secondo piano.

F. D. Roosevelt e W. Churchill si fecero promotori di una Dichiarazione Universale, che contenesse i diritti inviolabili degli individui. Secondo i due Statisti tre dovevano essere i principi, su cui si sarebbero dovute fondare le Nazioni Unite.

Autodeterminazione dei popoli

Diritti umani

Pacifismo

Tutti questi tre principi confluiranno nella Carta dell’ONU. La Carta è ovviamente, come ogni fenomeno giuridico, figlia della storia e in essa convivono le due concezioni della Comunità Internazionale. Da una parte diritti umani e autodeterminazione dei popoli; dall’altra sovranità nazionale e non ingerenza negli affari interni. E’ indubbio, però, che il riconoscimento dei diritti umani, in seno a un patto che aspirava essere il fondamento giuridico delle relazioni tra gli Stati è stato un grande passo avanti.

Il 10 – dicembre - 1948 verrà adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Diverso tempo dopo il 16 Dicembre – 1966 l’Assemblea Generale adotterà il Patto Internazionale dei diritti economici, sociali e culturali e il Patto Internazionale sui diritti Civili e Politici con annessi Protocolli. Questi due patti costituiscono parte integrante della Dichiarazione Universale. L’effetto trascinante di questa Dichiarazione è stato formidabile è ad Essa seguirono molte altre Dichiarazioni. Questo fenomeno non deve trarre in inganno. La Dichiarazione è unica, solo che si manifesta in vari documenti. Tra i più importanti si possono ricordare:

Convenzione sui diritti politici della donna del 20 – dicembre – 1952;

Convenzione sui diritti dei bambini del 20 – novembre – 1959;

Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di Discriminazione razziale del 21 – dicembre – 1965;

Dichiarazione per l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti della donna del 7 – novembre – 1967;

Dichiarazione per l’eliminazione della tortura e ogni trattamento degradante 10 – dicembre – 1984;

La strada per un completo riconoscimento dei diritti dell’individuo è ancora molto lunga e la tutela effettiva di questi è appena iniziata. Non bisogna dimenticare quanto ha scritto recentemente un importante politologo: "la pienezza del potere statuale è ormai al tramonto; ed è un fenomeno di cui bisogna prendere atto. Con questo, però, non scompare il potere, scompare solo una determinata forma di organizzazione del potere, che ha avuto nel concetto politico-giuridico di sovranità il suo punto di forza. La grandezza storica di tale concetto è di avere puntato a una sintesi fra potere e diritto, fra essere e dover essere, una sintesi sempre problematica e possibile, diretta a individuare un potere supremo e assoluto, ma anche legale, a cercare di razionalizzare, attraverso il diritto, il potere ultimo, eliminando la forza della società politica. In via di estinzione questo supremo potere di diritto, bisognerà ora procedere, attraverso una lettura dei fenomeni politici che oggi si danno, a una nuova sintesi politico-giuridica, che razionalizzi e disciplini giuridicamente le nuove forme di potere, i nuovi superiori che stanno emergendo." [9] E’ errato ridurre il problema della libertà individuale allo Stato, come spesso gli studiosi di diritto internazionale hanno ripetuto. Il vero problema è risolvere la dialettica tra individuo e potere. Il mondo descritto dai diritti umani è tale, per cui il potere è a servizio dell’individuo e non viceversa. In altre parole i diritti umani sono un tentativo di regolazione del potere e della sovranità degli Stati in riferimento agli individui e ora anche dei popoli. Questo è allora il messaggio che l'educazione alla legalità dovrebbe trasmettere senza dimenticare l'origine "storica" dei diritti dell'uomo. Vediamo più in dettaglio cosa sanciscono questi importanti documenti giuridici in materia di educazione.

2. 2 Il diritto nella Dichiarazione Universale dell'uomo (art. 26) e in alcuni principali documenti del diritto internazionale

L'articolo 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo così sancisce:

1) ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

2) l'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento e al rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3) i genitori hanno diritto di priorità nella scelta dei genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Nell'articolo è presente la distinzione educazione\istruzione, anche se viene utilizzato in entrambe le ipotesi il termine istruzione. Il primo punto non enuncia nulla di nuovo rispetto a molte altre costituzioni contemporanee. Si introduce il concetto di istruzione obbligatoria e gratuita. In particolare viene introdotto il ed. diritto alla cultura, che è il sinonimo del diritto all'istruzione.

Il concetto di cultura è estremamente ampio ed eterogeneo. La concezione "antropologica" è stato introdotta da H. Taylor.

"Cultura o civiltà intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell'insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte. la morale, il diritto, il costume o qualsiasi altra capacità e attitudine acquisita dall'uomo, in quanto membro di una società." [10]

La famosa definizione segna la nascita dell'antropologia stessa, si può affermare, di un nuovo modo di concepire la politica culturale. Se la concezione dei dotti vede nella cultura solo una serie di nozioni tecnico-scientifiche rimane dunque, per forza di cose, un fenomeno conoscibile ad un numero assai limitato di persone. Del resto l'idea di una cultura del popolo appartiene a tutti e ciascuno, secondo la propria condizione, contribuisce ad arricchire giorno dopo giorno il patrimonio culturale del proprio popolo.

E' più esatto ritenere la cultura come l'identità di un popolo. In tal senso la cultura è vista come il complesso delle conoscenze che rendono un popolo diverso da un altro, Si crea così una sorta di divisione culturale, Ogni cultura è un'entità a sé, diversa da tutte le altre ed chiusa a qualsiasi forma di scambio culturale.

Tuttavia considerare la cultura come l'identità di un popolo può essere sufficiente per uno scienziato sociale, che si occupa della dimensione dell'essere. In particolare all'antropologo o al sociologo interessa semplicemente verificare una realtà di fatto. La realtà della cultura odierna è precisamente questa. Manca il concetto di scambio culturale.

Per il giurista, al contrario, è più importante immaginare scenari futuri secondo un ordine di giustizia. Questo secondo obiettivo fa sì che la definizione "chiusa" di cultura non possa essere considerata. Oggi il paradigma cercato, specialmente in seno alle organizzazioni internazionali, è l'apertura di tutti i popoli ad un dialogo continuo e sincero, pur nel rispetto delle diversità culturali. Non è un compito facile e ad un primo esame contraddittorio. Come è possibile costruire un’azione comune senza eliminare le individualità dei singoli popoli? La risposta a questa domanda è il programma del diritto internazionale in generale e del diritto all'istruzione\educazione in specie alle soglie del secondo millennio.

Perciò i giuristi hanno elaborato un altro concetto di cultura, più democratico. In questo senso cultura diventa l'insieme dei valori di un popolo.

La cultura è il modo di espressione di un popolo, il veicolo privilegiato di espressione della personalità umana.

In una famosa Conferenza mondiale tenuta a Parigi tra l'8 e il 13 luglio 1968 è stata definitivamente accolta la definizione, che noi abbiamo chiamato tayloriana, incentrandosi, però, sulla necessità dello scambio. La cultura è sempre aperta alle altre culture.

E' naturale che questa dichiarazione non rappresenta altro che un piccolo tassello di quello che è il reale stato dell'ordinamento internazionale in tema di diritto all'educazione.

2. 3 La raccomandazione UNESCO del 19 - novembre - 1974

Un primo documento a questo proposito è una raccomandazione dell'UNESCO adottata il 19 - Novembre -'1974. Come è noto la raccomandazione nel diritto internazionale è solo una sorta di "dichiarazione degli intenti", che non fa sorgere alcun vincolo tra gli Stati. Tuttavia il testo rappresenta il primo sforzo da parte della Comunità internazionale finalizzata a stimolare l'insegnamento dei diritti fondamentali dell'uomo nelle scuole.

Si tratta senza dubbio di un testo sul generis rispetto ad altri emanati dagli organismi internazionali.

La stessa definizione di "educazione" è molto differente da quelle che abbiamo analizzato nelle parti precedenti.

"la parola educazione - così si esprime la raccomandazione - designa il processo globale della società attraverso il quale le persone e i gruppi sociali imparano ad assicurare consapevolmente, all'interno della comunità nazionale e internazionale e a beneficio di questa, lo sviluppo integrale della loro personalità delle loro capacità, delle loro attitudini e del loro sapere. Questo termine non si limita alle azioni specifiche."

L'educazione non è un'azione dell'educatore, ma dell'intera società. Perciò il processo educativo e definito "globale", vale a dire che nel suo seno vengono coinvolti tutti gli operatori sociali, il fine dell'educazione, inoltre,, non può che essere il beneficio dell'intera collettività. Di conseguenza partecipare allo vita sociale non significa solo rivendicare propri diritti. ma prima di tutto lavorare a servizio dell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. Lo sviluppo della personalità e delle capacità individuali deve essere indirizzato verso questi obiettivi sociali.

In questo caso l'essere persona significa prima di tutto essere con gli altri, far parte di una comunità sociale, operare per essa. Perciò in base alla definizione dell’UNESCO l'educazione consiste nell’insegnare ai singoli, individui e ai gruppi ad apportare il proprio specifico aiuto alla società. Questa consapevolezza e questo concetto verrà ampiamente sviluppato lungo tutto il documento non deve limitarsi ai confini nazionale,, ed estendersi alla comunità mondiale. Una realtà internazionale, sempre più interdipendente non potrà che sviluppare processi educativi a vocazione internazionale.

L,'UNESCO stabilisce sette obiettivi a cui si dovrebbero conformare le politiche educative di tutti gli Stati membri della Comunità internazionale:

;[l'educazione dovrebbe realizzarsi in]:

a) una dimensione internazionale e una prospettiva mondiale dell'educazione a tutti i livelli ed in ogni sua forma,

b) la comprensione e il rispetto di tutti i popoli, delle loro civiltà, dei loro valori e dei loro modelli di vita, comprese le culture delle etnie internazionali e delle altre nazioni,

c) la consapevolezza della crescente interdipendenza mondiale dei popoli e delle nazioni,

d) la capacità di comunicare con gli altri,

la consapevolezza non solo dei diritti, ma anche dei doveri che gli individui, i gruppi sociali e le nazioni hanno gli uni verso gli altri,.

la comprensibile della necessità della solidarietà e della cooperazione internazionale,

la volontà degli individui di contribuire a risolvere i problemi delle loro comunità, dei loro paesi e del mondo."

L’accento viene posto unicamente su obiettivi quali la consapevolezza dell'interdipendenza tra i popoli, solidarietà, diritto\dovere a contribuire ai problemi a partire da quelli del proprio gruppo fino ad approdare al grandi temi dell'umanità. L'UNESCO in tal modo auspica, l’alternativa educativa tutta protesa alla dimensione sociale. Si noti a caso in un paragrafo successivo nel determinare meglio gli obiettivi che, si dovrebbe proporre la scuola viene enunciata l'educazione alla pace ed al rispetto di tutti i popoli. Il mezzo dovrà essere il dibattito aperto e la critica razionale. Perciò l'educatore dovrà prima di tutto insegnare ad esprimere le proprie opinioni.

Coniugando assieme l'apprendimento, la formazione, l'informazione e l'azione, l'educazione a vocazione internazionale dovrebbe favorire l'appropriato sviluppo cognitivo e affettivo dell'individuo. [... ] Essa dovrebbe anche contribuire a sviluppare qualità, attitudini e competenze che permettano all'individuo di pervenire ad una conoscenza etica dei problemi nazionali e internazionali, di comprendere ed esprimere fatti, opinioni e idee di lavorare in gruppo […].

Senza dubbio, però, la raccomandazione si rivolge soprattutto agli istituti di istituzioni, cercando di coinvolgere tutti nella realizzazione di un puntuale diritto all'educazione.

La parte VI della raccomandazione, per esempio, stabilisce il principio in base al quale i primi ad essere educati dovranno essere i genitori. L'UNESCO, ben consapevole dell'importanza educativa rivestita dal genitore, raccomanda vivacemente gli Stati, affinché si preoccupino che i genitori abbiano gli strumenti cognitivi ed affettivi capaci di educare i propri figli a quella vocazione internazionale che costituisce il vero sostrato culturale su cui si fonda l'intero documento.

La scuola primaria deve sviluppare nel bambino in ogni momento a partire anche dal gioco il senso di appartenenza a comunità sempre più ampie dalla famiglia. alla scuola, al mondo. Come si può notare ritorna ancora il concetto di educazione a vocazione internazionale, Il bambino fin dal suoi primi approcci con la cultura deve imparare a sentirsi parte del mondo, superando così ogni forma di egocentrismo, che un domani si tradurrà fatalmente in intolleranza razziale.

La scuola secondaria, invece, dovrà iniziare a rendere consapevole gli studenti dei problemi mondiali, ma non in modo passivo. In particolare si potranno organizzare seminari, borse di studio e via discorrendo.

La raccomandazione indica anche la possibilità di creare associazioni di studenti a seminari, borse di studio e via discorrendo.

Le Università sono chiamate a sviluppare una completa politica alla cooperazione, accogliendo studenti e professori stranieri. superando le barriere linguistiche, culturali, geografiche che via via si possono presentare. Non solo ma in base alla raccomandazione le istituzioni destinate all'accoglienza dovrebbero essere oggetto di studio e, sperimentazione, in modo da conoscere e conseguentemente prevenire forme di tensione ed intolleranza, che alla lunga interromperebbero la cooperazione internazionale.

La raccomandazione, infine fornisce altri obiettivi, a cui si dovrebbero attenere gli Stati della comunità internazionale ogni volta che intraprendono politiche governative, non esclusa l'educazione agli adulti, In particolare:

a) tutti i programmi di educazione scolastica dovrebbero, quanto più possibile, avvalersi di un approccio mondiale e contenere adeguati elementi morali. civici, culturali e scientifici dell'educazione a vocazione internazionale;

b) tutte le parti interessate dovrebbero far confluire i loro sforzi in vista di orientare e di utilizzare i mezzi di comunicazione di massa, di auto-educazione e di insegnamento reciproco, nonché le istituzioni come i musei e le biblioteche pubbliche per fornire all'individuo conoscenze pertinenti, suscitare in lui atteggiamenti e una volontà di azione favorevoli e far conoscere e capire le campagne e i programmi educativi calibrati conformemente agli obiettivi della presente raccomandazione;

c) le parti interessate private e pubbliche dovrebbero sforzarsi di mettere a profitto le situazioni e le occasioni propizie offerte, per esempio, dalle attività sociali e culturali dei centri e dei clubs di giovani, delle case di cultura, dei centri comunitari o dei sindacati, gli 'incontri e i festivals dei giovani, le manifestazioni sportive, i contatti con i turisti, studenti o migranti e, più in generale, gli scambi di persone."

La raccomandazione in molte Nazioni del mondo rimase praticamente lettera morta ed ancora oggi i bambini dei Paesi in via di sviluppo rimangono privi di una qualsiasi tipo d'educazione con la conseguenza che sono costretti a vivere ai margini della società molto frequentemente in mano alle organizzazioni criminali.

Non a caso il Vertice Mondiale sul Bambino tenutosi il 30 - settembre - 1990 getta una luce molto fosca sulla situazione generale dei bambini nel mondo,

Sul tema dell'educazione così si esprime:

Al momento circa 100 milioni di bambini rimangono privi di istruzione di base, 30 fra loro sono bambine. La previsione di un’educazione e di un’alfabetizzazione per tutti sono certamente i maggiori contributi che possa essere offerto allo sviluppo dei bambini di tutto il mondo." [11]

E' sufficiente questa citazione per comprendere che la comunità internazionale deve lavorare ancora molto per permettere una vera realizzazione di questo diritto fondamentale. Dopo questo vertice Mondiale venne emanato il documento più significativo riguardante l'educazione è ovviamente la Convenzione internazionale sui diritti dell'infamia, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 - novembre - 1990 e ratificata il Italia con la Legge 27 - maggio - 1991, n. 176.

Per quanto concerne il diritto all'educazione l'articolo 29 della in convenzione stabilisce i seguenti principi:

Gli Stati parti concordano sul fatto che l'educazione dei fanciullo devono:

a) promuovere lo sviluppo della personalità dei fanciullo, dei suoi talenti e d attitudini mentali e fisiche, in tutto l'arco delle sue potenzialità;

b) inculcare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà e principi enunciati nello Statuto delle Nazioni Unite;

c) inculcare nel fanciullo il rispetto dei genitori della sua identità e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese da cui è originario e delle civiltà diverse dalla propria;

d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra tutti i popoli, gruppi etnici, nazionali e religiosi e persone diverse;

e) inculcare nel fanciullo il rispetto per l'ambiente naturale;

Nessuna disposizione del presente articolo o dell'articolo 28 deve essere utilizzato quale interferenza nella libertà degli individui e degli enti di creare attività educative [... I".

L’educazione in questo modo è lo strumento non solo di realizzare compiutamente la personalità dei Fanciullo, ma anche di fargli penetrare i valori nazionali ed internazionali. Si può dire che anche questa convenzione si richiama all'educazione a vocazione internazionale, anche se si può chiaramente notare una valorizzazione più puntuale per la cultura dei Paese di origine. L'educazione così contribuisce a formare quell'indispensabile senso di identità culturale proprio della persona adulta. Tutti questi concetti vennero ribaditi nella Convenzione di Salamanca del 1994.

Il modello di tutti i documenti è senza dubbio "contrattuale", in seno a cui l'individuo viene riconosciuto in tutta la sua completezza, senza dimenticare la dimensione sociale. In sintesi è esattamente questo il modello, che dovrebbe fare da "sfondo" all'educazione legale.   


[9] Matteucci M., Lo Stato Moderno, lessico e percorsi, Il Mulino, 1997.

[10] A cura di) Rossi P., Il concetto di cultura, Einaudi, 1970, p. 7.

[11] Word Summit on the Survival, Protection and Development of Children, Agreed to at the Word Summit of Children, 30 Settembre 1990

 

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