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Guido Antonio Marcati. Una vita per la scuola e per i maestri
di Michele Monaco |
4. Capitolo III. Coraggioso difensore e accusatore.
Abbiamo
finora esaminato lattività del Marcati sotto laspetto costruttivo, cioè come
azione tendente a creare nuove realtà e nuove prospettive di miglioramento per la scuola
primaria e per i maestri. Giova ora considerare la sua attività di resistenza e di
attacco verso i nemici e gli accusatori dellistruzione popolare e dei maestri e
contro la pigrizia, l incapacità e la cattiva volontà di coloro che, pur avendo
assunto il dovere di sostenere e migliorare la scuola e i maestri, ne intralciavano il
cammino.
Ogni
volta che si rese necessario, egli intervenne risolutamente sia perché credeva nella
utilità della denuncia, sia perché considerava gli interventi polemici un impegno morale
delluomo e, in particolare, del pubblicista.
"Eppure
- scrisse sul Risveglio del 15 gennaio 1898 -, vi sono dei casi nei quali il
silenzio è una colpa, e persino un delitto; perché la sicurezza di non venir esposti
alla gogna cresce la baldanza dei prepotenti, ne incoraggia i soprusi, ne stimola le
sottili malvagità che sfuggono al codice".
Fedele
a codesti principi, il Marcati scrisse spesso con estrema durezza: e non già per amore di
polemica, ma per adeguare la parola alla drammaticità delle situazioni che egli si vedeva
costretto a denunciare.
"Il
ricordo duna antica o recente ingiustizia - scrisse sul Risveglio del 30
agosto 1885 - mi anima come un cavallo generoso al primo colpo di sprone, e allora mi
slancio alla corsa". E dopo altri dodici anni di quotidiane battaglie, di fronte al
vento della calunnia che soffiava "con folle ira contro ledificio della Scuola
Nazionale" e contro gli insegnanti, reagiva con lo stesso sdegno e con la stessa
generosità. "Di fronte a queste enormità, che gli amanti del quieto vivere e del
lasciar passare, vorrebbero taciute, sotto lo specioso pretesto che il mostrarle alla luce
"non giova alla dignità della stampa scolastica e dei maestri" lanima
nostra freme di collera - scrisse sul Risveglio del 6 novembre 1897 -, di dispetto
e di cordoglio, pensando con rammarico come di tutti codesti gridi di dolore non uno
arrivi ad accendere lanimo dei governanti, a forti propositi di rivendicazione e di
restaurazione!!".
Per
di più, il Marcati esortò sempre i maestri a reagire con coraggio per salvaguardare la
dignità del loro nome. Sul Risveglio del 18 aprile 1886, ricordando i più aspri
attacchi lanciati contro la classe magistrale, scrisse: "I colleghi dItalia non
rimangano freddi e muti, e alla violenta accusa dignitosamente rispondano. Da qualunque
mano possa arrivare, lo schiaffo è sempre schiaffo e percossi sulla destra guancia, non
ci sentiamo labnegazione di volgere al percussore anche la sinistra".
I
Municipi erano allora i responsabili delle tristi condizioni della scuola e dei maestri: e
ad essi toccò il maggior numero delle invettive del Marcati e del Risveglio.
Quante volte fermò la mano dei prepotenti, denunciando ingiustizie e soprusi, e quante
volte ottenne lintervento delle autorità scolastiche, perché fosse ristabilito il
rispetto della legge. Di quella legge - come egli stesso scrisse il 13 febbraio 1892 -
"la quale - grazie a Dio - segna ancora i limiti dellarbitrio, determina la
misura della tracotanza e mozza le corna dellorgoglio a chi baldanzoso, avvalendosi
del manto duna ridicola boria, si crede, in buona fede, un piccolo re, e non è che
un re da commedia, dalla corona di cartapesta e la spada di legno".
Contro
simili amministratori comunali il Marcati reagì con decisione ed esortò i maestri a
resistere con fierezza: tanto per loro "resta sempre un ribelle" il maestro
"che si permette qualche volta di avere dellingegno, della cultura, della
dignità, e di rimbeccare naturalmente il sor sindaco e il sor assessore quando pigliano
degli sfarfalloni didattici o commettono delle prepotenze" (Il Risveglio del
14 giugno 1885).
Tra
le prese di posizione del Marcati resta memorabile quella assunta in difesa di Italia
Donati, la giovane e avvenente maestra di Porciano che, fatta segno ad una infame e
persistente calunnia, mise fine ai suoi giorni, per dimostrare nella santità della morte,
"dietro sezione e visita medico-sanitaria" - così essa stessa lasciò scritto
in una lettera al fratello -, la sua innocenza.
Il
Marcati scese in difesa di "questa martire dellonore" e sul Risveglio
del 20 giugno 1886 scrisse parole di fuoco contro il sindaco, che era ritenuto
responsabile della tragedia. Chiese lintervento della Magistratura per la punizione
dei colpevoli; e alle autorità scolastiche domandò se si ritenevano davvero "immuni
da colpe". Agli uomini di governo gridò: "Altro che postume inchieste ordinate
ora dallon. Coppino. La tragica fine della maestra di Porciano vi sbendi e vi scuota
che è tempo... Avocate le scuole allo Stato; varcate, per dio, con la fierezza orgogliosa
di compiere una santa ed utile azione, questo Rubicone; varcatelo anche in nome della
moralità e disarmate il braccio dei sindaci don Giovanni".
Il
Marcati fu querelato dal Torrigiani, ormai non più sindaco, ma dopo un appassionante
processo, celebrato tra la fine dellaprile e i primi di maggio del 1887, fu dal
Tribunale pienamente assolto, perché "Le sue frasi vivaci"- così la sentenza -
dovevano ritenersi "effetto dellamore che nutre ai maestri elementari e
dellinteresse che ha sempre dimostrato nel difenderne lonore e la causa".
Anche
alle autorità scolastiche parlò apertamente, e sempre le sollecitò ad adempiere con
scrupolo e tempestività i loro doveri. Basti qualche esempio tra i molti che si
potrebbero citare.
Il
Comune di Cavarzere, pur non avendo proceduto con obiettività alla scelta del direttore
didattico, fu difeso dal Provveditore. Il Marcati protestò energicamente, sul Risveglio
del 21 giugno 1885, contro quel funzionario che aveva coperto e legalizzato "con la
sua presenza, con la sua autorità , con la sua parola, unindegna
mistificazione".
Un
ispettore aveva spedito in franchigia alcune lettere della casa editrice per raccomandare
le sue opere scolastiche. Il Marcati ne restò profondamente turbato e, citando nome,
cognome e sede di servizio del funzionario, non esitò a scrivere sul Risveglio del
1° dicembre 1889: "E un marcio che va tolto con un taglio netto. La scuola non
è terreno da sfruttare per i personali interessi! O ispettori o mercanti di libri:
scegliete".
Nelle
elezioni politiche del 23 e 30 novembre 1890, essendosi verificate, in una provincia,
molte astensioni promosse dai clericali, lispettore scolastico diramò una circolare
ai maestri per richiamarli - con velate minacce - al dovere del voto. Il Marcati, che non
era certamente dalla parte dei clericali, biasimò loperato dellispettore:
"E noi, pur tenendogli conto della buona intenzione, lo condanniamo per lesa libertà
politica verso i maestri, perché di buone intenzioni è lastricato linferno"
(Il Risveglio del 14 dicembre 1890).
In
quella stessa occasione un provveditore agli studi aveva rimproverato ai maestri di essere
stati troppo attivi nel sostenere un loro candidato, dimenticando che "chi regge la
scuola deve serbarsi estraneo ad ogni divisione e gara di partito". Il Marcati
scattò con sdegno: "I maestri non hanno una, ma mille ragioni di fare quello che
fanno, e se al Governo questo loro risveglio non garba, suo danno. - Doveva provvedere a
tempo e luogo, portare conforto dopere e non di parole ad una classe diseredata, la
quale, cercando di rivendicare i propri diritti, non compie in fondo che un dovere: quello
di provvedere al proprio decoro e alla propria dignità! - A questo doveva pensare quel R.
Provveditore dettando la circolare più su menzionata!" (Il Risveglio del 21 -
28 dicembre 1890).
Un
maestro era stato ingiustamente licenziato e non si dava esito al ricorso da lui
presentato. Sul Risveglio del 9 novembre 1892 il Marcati scrisse: "Ma per
lamor di Dio! Che cosa fanno a Novara? Che cosa aspettano? Non hanno viscere quei
signori? E il R. Provveditore cè? E se cè che cosa fa?".
Coi
ministri della Pubblica Istruzione fu altrettanto fermo e deciso.
Pronto
a prestare la massima fiducia alle personalità che salivano alla Minerva; pronto a
riconoscere nella maniera più aperta ed entusiasta i loro meriti e i miglioramenti
prodotti dalla loro attività , come fece più volte col Coppino, col Boselli e con altri;
non esitava a elevare la sua dura critica ogni qualvolta lo riteneva necessario.
In
generale, egli rimproverava agli uomini succedutisi alla Minerva di non aver voluto o
saputo far valere i diritti della scuola e dei maestri. Sul Risveglio del 7 marzo
1896, accennando a quello che riteneva "il compito di un vero Ministro della pubblica
istruzione", scrisse: "Un Ministro non solo deve avere salendo al potere idee
vaste e chiare; ma deve anche, sormontando gli ostacoli, cercare di attuarle, qualunque
cosa avvenga, qualunque cosa gli costi.... I ministri della guerra, dei lavori pubblici,
delle poste, hanno ottenuto riforme importanti e salutari. Solo i Ministri della pubblica
istruzione non hanno mai avuto nulla o quasi nulla, perché mai hanno voluto, fortemente
voluto".
Particolarmente
duro fu col Villari e col Baccelli, durissimo col Codronchi. Occorre riportare qui alcune
sue parole, perché si possa comprendere la vera personalità del Marcati.
Lon.
Villari, tutto preso dalla sua alta cultura e dai suoi elevati propositi, non mostrava di
comprendere le gravi carenze della scuola primaria e stentava a concludere qualcosa di
positivo. Il Marcati, tanto più amareggiato e deluso per quanto maggiori erano state le
speranze suscitate nel suo animo dallascesa del grande Villari alla Minerva, scrisse
sul Risveglio del 3 maggio 1891: "Soffia indubbiamente un vento reazionario.
Lon. Villari è intento a distruggere quanto fece di buono il suo antecessore, è
incurante del progresso delle idee e del conto in cui deve essere tenuta la scuola
elementare. - I maestri si facciano animo. Un ministro che trema di tutto, che di tutto
simpaura, per quanto classico non può durare eternamente al potere". E
sul Risveglio del 24 maggio, rispondendo alle critiche che gli avevano mosso alcuni
giornali politici, ribadì le accuse, precisando che "si può essere eccellenti
storici, eminenti professori, e infelicissimi ministri".
Un
maestro insegnava a centoventi alunni in una chiesa umida e fredda. Il Marcati sollecitò
lintervento del ministro Martini e seccamente concluse: "Sarebbe una vera
vergogna che questa porcheria dovesse continuare mentre nelle vostre mani cè il
potere per farla cessare" (Il Risveglio del 19 ottobre 1892).
Allon.
Baccelli fece credito ogni volta che salì alla Minerva, ma ogni volta dovette
rimproverargli di non aver concluso "mai nulla". In fondo, il giudizio, pur
facendosi più tagliente a mano a mano che scorrevano inutilmente gli anni del Baccelli al
Ministero della pubblica istruzione, rimase quello espresso sul Risveglio del 30
settembre 1885: abbagliava i maestri "con frasi luccicanti e promesse luminose,
lasciandoli poscia disillusi e scoraggiati".
Ma
con nessun Ministro il Marcati fu così duro come con lon. Codronchi. Non occorre
commento, basta riportare qualche riga dello scritto apparso sul Risveglio del 30
settembre 1897. "Sua Eccellenza assume quindi il potere, preceduto dalla fama di...
soppressore di scuole e di maestri, fama che lo raccomanda allaffetto di tutti
noi... - E sempre imprudente predire ciò che un Ministro dellistruzione può
fare e... disfare. E quindi utile mantenerci in un accurato riserbo. Ma se son veri
i due proverbi che la volpe perde il pelo ma non il vizio, e che il buon giorno
si prevede dal mattino, noi domandiamo quale disgraziata giornata non attende questa
povera e malveduta istruzione pubblica!!".
Con
i Presidenti del Consiglio fu franco e coraggioso.
Al
Di Rudinì, "notoriamente poco amico dellistruzione", mosse molti
rimproveri. Dopo il ponderato discorso "a base di proponimenti feroci di
economie", tenuto alla Scala il 9 novembre 1891, il Marcati scrisse: "Noi
comprendiamo le necessità del bilancio, e partecipiamo anche da buoni italiani alle
angosciose preoccupazioni degli uomini di governo. Ma quando per economizzare si levano di
bocca ai più disgraziati poche lire, mentre si lasciano intatte le propine dei grassi
impiegati, siamo, nostro malgrado, costretti a ribellarci a queste economie a base di
dolori, di lacrime, di umiliazioni, e proviamo innanzi ad esse, un invincibile disgusto e
uninfinita pietà per le vittime palleggiate da una parte e dallaltra come
fardelli di cenci" (Il Risveglio del 14 novembre 1891). Quando il Di Rudinì
presentò il disegno di legge sullistituzione dei comuni rurali il Marcati lo
rimproverò di aver dimenticato " nientemeno la scuola del popolo" (Il
Risveglio del 29 maggio 1897).
Al
Crispi rimproverò la mancanza di volontà nel risolvere gli angosciosi problemi
dellistruzione popolare e la "gran parte di violenza" di cui era fatta la
sua potenza. Nel 1895, sostenendo col Nuovo Educatore di Roma una serrata polemica
sui negativi risultati dellopera del Baccelli, scrisse: "Il Nuovo Educatore dice
che nulla è possibile fare col Parlamento, che di scuola si rifiuta di discorrere.
- Daccordo. Ma il Ministero presieduto dallon. Crispi ha fatto e fa a meno del
Parlamento per tante e tante cose: perché dunque non ha osato di farne senza, per
una riforma scolastica vera e ormai ritenuta urgente? - O che avrebbero potuto
dire, gli omenoni politici, di un decreto legge di questo genere, essi che
dellistruzione popolare sono a parole i più fervidi apostoli?... Creda
lottimo Nuovo Educatore: la causa della scuola non è popolare anche perché
i ministri della Pubblica Istruzione non hanno saputo o voluto renderla mai tale: perché
a questa suprema leva di progresso, o non credono, o credendovi non ladoperano
risolutamente, paurosi della politica. Nessuno di loro osa".
Al
Parlamento rivolse quelle poche parole di gratitudine e di ringraziamento che la scarsa
attività legislativa svolta a favore dellistruzione primaria gli consentiva di
scrivere; ma lanciò anche, e ben più spesso, dure parole di ammonimento e di rimprovero.
Già
sul Risveglio del 28 dicembre 1884, lamentando il disinteresse e lostilità
del Senato per i problemi dellistruzione popolare e dei maestri, scrisse: "Fra
le volte austere dellaula ove agghiacciato muore il sentimento e la ragione politica
tronca i voli pietosi ai sacri entusiasmi del cuore..., belando qualche volta, come arcadi
infantocciati da romantici, le solite frasi; più spesso, ferendo crudelmente la Scuola e
noi, gli onorevoli senatori giuocano di funambolismo con mirabile equilibrio".
Con
pari fermezza reagì contro le ricorrenti esaltazioni dellopera dei maestri, non
accompagnate da fatti concreti, perché convinto che non servivano ad altro se non a
smorzare lenergia della lotta. "Ma onorevoli signori! - scrisse sul Risveglio
del 18 gennaio 1885 - vi fate giuoco di noi? Possiamo sopportare tutto: povertà,
angherie, soprusi; ma allo scherno più crudele dellinsulto, la dignità
duomini cimpone di ribellarci. Voi ci parlate di riconoscenza e di
novello sacerdozio. Ma smettete, Dio mio, il miele di ipocrite unzioni, levate la
maschera, mostratevi quello che siete!".
Lo
stesso significato hanno i rimproveri che egli mosse spesso ai deputati, di tradire,
cioè, al momento buono "le promesse cento volte fatte e cento volte non
mantenute". "E un mezzuccio troppo vecchio ormai - notava già il 7 giugno
1885 - e non produce più nessun effetto; e a malincuore dico questo: che se le nostre
faccende continuano ad andare in accordatura quando sarebbe tempo di dare negli strumenti,
finiremo col pigliar noi stessi a far la sonata, e non sarà una sonata allegra nè per
chi la fa, nè per chi dovrà batterla".
Il
Marcati vigilava attentamente anche sugli enti creati per la forza di volontà della
classe magistrale, come il Monte Pensioni e gli Istituti di Assisi e di Anagni per gli
orfani dei maestri.
Nel
1892 si apprese che il Monte per liquidare le pensioni maturate aveva sborsato la somma di
lire 11.500, contro ben centomila per oneri di gestione. Il Marcati montò su tutte le
furie e reclamò una più onesta e oculata gestione del patrimonio del Monte Pensioni,
patrimonio che "è costato e costa enormi sacrifici, ignoti certo ai rotondi e nitidi
ventri della grassa, quanto spietata burocrazia" (Il Risveglio del 9 marzo
1892).
Per
difendere lavvenire del Collegio di Agnani per le orfane dei maestri, che nel 1889
aveva raggiunto un deficit di 90-100 mila lire, non evitò neppure una forte polemica con
lon. Bonghi. In realtà, mai polemica riuscì più dolorosa allanimo del
Marcati; ma la voce del dovere era superiore a qualsiasi sentimento. Prima tacque a lungo,
nella fiducia che si fossero portati efficaci rimedi ai mali lamentati. Ma visto che la
situazione peggiorava, intervenne con decisione.
Sul
Risveglio dell8 dicembre 1889 - dopo aver confermato "la grande
ammirazione e il grande rispetto" per lingegno e la dottrina del Bonghi e dopo
aver ricordato i motivi di gratitudine della classe magistrale per colui che aveva operato
potentemente proprio alla fondazione dei Collegi per gli orfani - chiese lintervento
del Governo per porre termine ad una amministrazione che sembrava compromettere seriamente
la sorte del Collegio.
Il
Ministro Boselli ordinò uninchiesta e lon. Bonghi difese con impegno e
decisione il proprio operato.
Il
Marcati portò avanti la polemica con raro coraggio morale, con ammirevole elevatezza
d animo e profondo acume, abbracciando in un solo sguardo la causa di tanti mali
dellItalia di allora e, ancor più, di quella di oggi. Infatti, sul Risveglio
del 5 gennaio 1890, scrisse: "Vivo, potente, superiore agli uomini e alle cose,
parlava in noi il sentimento del dovere, la necessità di salvare unistituzione
benefica". E più avanti: "Per abitudine ereditaria ci prosterniamo nella
polvere in umile adorazione agli idoli veri come ai falsi" ed invece è tempo che
ognuno sia ammirato per le sue reali competenze, fino a quando giovi alla causa comune.
Con
ciò, mai vennero meno nel Marcati i sentimenti di gratitudine e di ammirazione per
lon. Borghi, fondatore dei Collegi per gli orfani e le orfane dei maestri.
Nel
luglio del 1888 i maestri ottennero la riduzione ferroviaria su un viaggio allanno,
da effettuarsi nelle vacanze estive. Alla richiesta di estendere il modesto beneficio ai
familiari, le Società ferroviarie opposero ripetuti rifiuti. Il Marcati sul Risveglio
del 19 ottobre 1890 commentò: "E unaltra prova della considerazione e
dellaffetto che portano agli insegnanti elementari gli omerici e ben pasciuti
ventri".
Verso
la stampa scolastica agì con lungimirante intelligenza, onestà e coraggio.
Anche
alla stampa quotidiana e politica rivolse la sua costante attenzione. Rendendosi però
conto che la stampa politica e dinformazione non poteva non tener conto delle
richieste della generalità dei lettori, non insisteva sulle accuse, ma sviluppava
unazione di stimolo e di chiarificazione di detta stampa. Ma della stampa politica,
come di quella scolastica, parleremo diffusamente nel capitolo quarto.
Il
Marcati reagì con estremo vigore, ma con assoluta obiettività, anche di fronte alle
accuse lanciate contro i maestri e la scuola primaria da parlamentari, magistrati (allora
era di moda), conferenzieri, giornalisti. Reagì anche contro le decisioni dei Consigli
provinciali scolastici, le Deputazioni provinciali, la Commissione consultiva centrale e
perfino contro le decisioni e le sentenze del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e
della Magistratura ordinaria.
Nel
1885-86, solo per ricordare qualche esempio, lon. Vitelleschi al Senato, il prof.
Mandalari a Caserta (il Marcati lo definì "cervellucciaccio gretto e
stizzoso"), il prof. Piersantelli a Fermo, offesero gravemente i maestri. Ne sorse
una vasta e vivace polemica che vide impegnate le associazioni magistrali e la stampa
scolastica. Il Marcati intervenne con sdegno, rivendicando ai maestri il diritto di
difesa. "Bisogna chiudere la bocca - scrisse sul Risveglio del 18 aprile 1886
- ai profanatori della scuola - che è tempio; - agli schernitori dei maestri, che di
questo tempio sono custodi e sacerdoti. - La tolleranza ci ha fruttato oggi gli insulti
dei Mandalari e dei Piersantelli... (s. n. t.). Con un crescendo prodigioso ci frutterà
domani insulti ancora più acerbi di altri carneadi avidi di circondare le loro ridicole
figure, duna fatua e triste luce di rinomanza".
Nel
1888 lon. Ferdinando Martini, già segretario generale al Ministero della Pubblica
Istruzione, scrisse sul Corriere di Napoli alcuni articoli zeppi di ingiusti e
aspri giudizi contro i maestri. Il Marcati si levò in difesa della classe magistrale,
ritorcendo le accuse contro il Governo, che aveva trascurato quasi del tutto i suoi doveri
verso la scuola primaria ed i maestri, e contro lon. Martini, che si macchiava,
anche lui, delle solite "bassezze, quasi se con linsulto e col disprezzo possa
guarirsi il male che cè..." (Il Risveglio del 16 dicembre 1888).
Nel
1890 il ministro Boselli aveva reso il diploma di licenza elementare, rilasciato dalla
stessa scuola elementare, titolo valido per lammissione alle scuole secondarie
inferiori. Ne seguirono polemiche tanto vivaci e astiose che il Boselli si vide costretto
a chiedere il parere dei presidi sulla preparazione degli alunni che si erano iscritti
alle scuole medie senza sostenere lesame di ammissione. Il Marcati - sul Risveglio
del 15 luglio 1890 - commentò con sarcasmo: "Ohimè, on. Boselli! La risposta si
indovina. Se pure gli allievi entrati dalle scuole primarie alle secondarie senza esame,
col certificato rilasciato dal maestro, avessero fatto i miracoli di S. Antonio da
Padova, la risposta sarà sempre una e concorde da tutte le bocche professorali: Un
orrore, un orrore! - Dura, ma vera! Tutto ciò che sa di maestro elementare, fa
torcere il naso ai molto onorevoli signori professori. - Diavolo? Insegnare a me che so di
latino!".
Il
Marcati rivolse vivaci incitamenti e anche dure accuse ai maestri ed alle associazioni
magistrali. Ma di ciò parleremo nelle pagine seguenti. |