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Giuseppe Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto
mancato, Bologna, Il Mulino Ricerca, 2000.
di Tania Tomassetti |
Lautore
in La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato traccia una sintesi rigorosa
e ben articolata della tematica del sindacalismo nella storia del fascismo italiano,
analizza le differenti fasi che interessano la genesi, il decollo ed infine il tracollo di
un fenomeno così importante come quello qui trattato. Linfluenza politica del
fenomeno del sindacalismo con tutte le sue determinazioni e le sue conseguenze è
lobiettivo che intende raggiungere Parlato nel libro.
Di
certo, le prime righe dellIntroduzione si rivelano chiarificatorie per cogliere la
linea argomentativa scelta dallautore nellesposizione della sua ricerca. Egli,
procede mediante unanalisi storica, o, se vogliamo ideologica che si indirizza su
quattro fronti: americano, sovietico, inglese e italiano. Si tratta di una scelta
metodologica, a mio avviso molto congeniale perché non si limita ad una descrizione
unidirezionale ma tenta di spiegare levolversi del fenomeno della sinistra fascista
attraverso uno studio pluridirezionale, dove entrano in gioco non solo le caratteristiche
peculiari delloggetto da analizzare, altresì le affinità, e soprattutto le
differenze con i tre colossi della storia mondiale.
Parlato
riprende il testo di un articolo pubblicato nella rubrica Cantiere, a firma
lImpresa (n. 23 della rivista, 17 giugno, 1944), e riedito nel 1971 da Barna
Occhini, in Antologia di «Italia e Civiltà», dove si esordisce:
«Roosevelt, Churchill, Stalin. Il gran discorrere di Roosevelt e Churchill e la forma e
la sostanza dei loro discorsi hanno invariabilmente leffetto di accrescere in noi,
al confronto, la stima verso Stalin. Rispettiamo al confronto la serietà di Stalin, la
sua semplicità di parole e di gesto, il suo andare allo scopo con energica, silenziosa
durezza. [
] E sappiano finalmente Roosevelt e Churchill, e tutti i loro compari, che
i fascisti più consapevoli, i quali hanno sempre riconosciuto nel comunismo la sola forza
viva contraria alla propria, non tanto nella Russia, quanto nella plutocratica Inghilterra
e nella plutocratica America hanno individuato il vero nemico. Sempre essi hanno sentito
di discordare, sì, dai comunisti su molti punti, ma anche di concordare con essi su molti
altri, e precisamente e soprattutto di concordare su ciò che non vogliono. Vale a dire,
noi e i comunisti concordiamo nel non volere più, né gli uni né gli altri, la vecchia
società liberale, borghese capitalistica. E sappiano anche, i Roosevelt, i Churchill e i
loro compari, che quando la vittoria non toccasse al Tripartito, i più dei fascisti veri
che scampassero al flagello passerebbero al comunismo, con esso farebbero blocco. Sarebbe
allora varcato il fosso che oggi separa le due rivoluzioni. Avverrebbe tra esse uno
scambio e uninfluenza reciproca, fino alla fatale, armonica fusione»
«Si
coglie, spiega Parlato in questo breve passo della rivista fiorentina, un
significativo anche se estremo concentrato di quella mentalità e di quei propositi
che connotarono la sinistra fascista, quellinsieme, a volte discorde e
contraddittorio, di sentimenti, di posizioni, di prospettive e di progetti che si
fondavano sulla persuasione di vivere nel fascismo e attraverso il fascismo una sorta di
palingenesi rivoluzionaria, la prima essi sottolineavano vera rivoluzione
italiana dallunità. Ormai la storiografia contemporanea, soprattutto dopo la
lezione defeliciana, non ha particolari difficoltà a riconoscere lesistenza, nel
fascismo, di anime diverse, di componenti culturali e ideologiche che, provenendo da un humus
letterario, artistico, filosofico precedente al fascismo, portarono nel movimento di
Mussolini una notevole complessità di suggestioni e di tendenze»
Lautore
ha portato avanti la sua ricerca con molta diligenza e pazienza. Non devessere stato
facile raccogliere, e selezionare lenorme mole di materiale bibliografico presentato
nel volume, e soprattutto, scegliere quello più fecondo per illustrare un profilo preciso
e obiettivo su una particolare e complessa corrente del movimento fascista.
«Lincertezza maggiore nel seguire il percorso, spiega tortuoso e
spesso sotteraneo, della sinistra fascista dopo la stabilizzazione del 1925 deriva
essenzialmente dalla difficoltà di definirla, di coglierne i confini e,
contemporaneamente, le sfumature, di individuarne il rapporto col regime e col potere nel
corso del ventennio. Lo scopo della presente ricerca è essenzialmente quello di delineare
le caratteristiche e i progetti, le velleità e i compromessi di una delle tante tessere
che compongono il mosaico fascista, non certamente quello di offrire
uninterpretazione complessiva del fenomeno. Unanalisi, la presente, che parte
da una precisazione di fondo, necessaria, alla luce di quanto è stato finora detto: la
sinistra fascista non è un partito nel partito, non è una corrente strutturata
nellambito del fascismo. Come già si è detto, è piuttosto un insieme, a volte
contraddittorio, di sensazioni e di atteggiamenti, è la manifestazione di una volontà,
spesso confusa, di rinnovamento, che partecipa, a sua volta, di diversi contributi
culturali: dal sindacalismo rivoluzionario al futurismo, dal repubblicanesimo mazziniano
al socialismo risorgimentale, dallanticlericalismo radicale al populismo
antiborghese, dallo squadrismo alla mistica del lavoro e della tecnica, intesa,
questultima, come futura classe dirigente del regime»
A
questo punto, è importante elencare gli argomenti sviluppati nei sette capitoli di cui
lopera si compone: 1) Il mito del Risorgimento nella sinistra fascista, 2) La
cultura del sindacato: alla ricerca di una nuova élite, 3) Il nuovo fascismo.
Dallimpero alla guerra rivoluzionaria, 4) Il lavoro come mito e come ideologia, 5)
Il lungo progetto di Tullio Cianetti, 6) Oltre il fascismo: dal 25 luglio al 25 aprile, 7)
Lultimo atto: la sinistra nazionale. Si tratta, dunque, di uno studio che inizia
negli anni Venti per concludersi negli anni Novanta. In questo arco di tempo si sono
verificati dei fatti storici che hanno determinato dei cambiamenti radicali nella società
italiana, e che lautore, sebbene impegnato ad illustrarne solo uno fra i tanti, non
ha tralasciato di metterli in luce, e di scoprirne i punti di raccordo, così come quelli
discordanti.
Lintenzione
di Parlato consiste nel tentare di precisare la natura e le peculiarità del sindacalismo
fascista, e, per raggiungere il suo fine utilizza piani di ricerca differenti, ma legati
da un filone comune: quello ideologico. Accanto allaspetto politico-sociale, si
impone quello pedagogico, che permette di operare una sorta di continuità tra il mondo
della politica e quello della cultura. Si riaccende così un dibattito sul rapporto tra la
scuola e il lavoro, e tra la scuola e la società, che ha impegnato molti intellettuali
italiani a partire dagli anni Trenta fino agli anni Settanta e oltre. Lesigenza di
diffondere tra le masse la cultura, si presentava come una prerogativa necessaria e
determinante per giungere alla realizzazione di un progetto politico, come quello
auspicato dalla sinistra fascista.
La
trasmissione del sindacalismo non poteva prendere avvio, se non si operava prima una
trasformazione della cultura del lavoratore attraverso lintroduzione di
scuole sindacali, che avrebbero dovuto compierla. Indubbiamente, come osserva P. Neglie in
Il sindacalismo fascista fra classe e nazione. Origini ideali,
aspirazioni e velleità della sinistra fascista nel ventennio (in R. De Felice, Il
lavoro dello storico fra ricerca e didattica, pp. 120-121): «Il sindacato fascista
svolse durante il regime una funzione assai particolare, non limitata soltanto alla
rappresentanza dei lavoratori o allelaborazione, in gran parte disattesa, di nuove
normative in ordine allo stato sociale. Esso, fin dalle origini e ininterrottamente fino
al 1943, svolse una funzione politica di rilievo come laboratorio organizzativo della
sinistra fascista»
La
scuola assume una funzione quasi decisiva nella materializzazione della formazione del
sindacato fascista. Ad essa veniva attribuito lo scopo di eliminare quel divario che da
sempre si consumava tra listruzione scolastica destinata alla classe dirigente e
quella diretta alle masse. «Un divario scrive Parlato che la
rivoluzione fascista riteneva in qualche modo di dovere colmare, pena la perpetua
sudditanza dei lavoratori rispetto ai datori di lavoro. Il problema di fondo delle scuole
sindacali era quello della inevitabile caratteristica elitaria degli studenti. Soprattutto
allinizio, i partecipanti furono in maggioranza tecnici, amministratori, impiegati
che intendevano accrescere le possibilità di inserimento nella politica o nel sindacato.
La presenza delloperaio di fabbrica costituì un fenomeno significativo dopo la
metà degli anni Trenta e soltanto nelle grandi città industriali»
Il
tema pedagogico-culturale è preponderante, e la sua presenza può essere rintracciata in
tutto il volume, e soprattutto nei capitoli: II, III e IV in cui vengono da un lato
delineate le molteplici e mutevoli aspirazioni politiche e sociali della borghesia e delle
masse, nonchè il nuovo ruolo del sindacato; mentre, dallaltro è esemplificata la
nuova funzione dellattività lavorativa, intesa come storia e come
pedagogia rivoluzionaria. Da non dimenticare, che questi aspetti tematici
elaborati da Parlato non possono essere analizzati come fatti a se stanti, ma devono
continuamente fare i conti prima con il ripristino della stabilità politica del primo
dopoguerra, e poi con lo scoppio della seconda guerra mondiale, che non può che
influenzare il loro cammino evolutivo. Infatti, è proprio ad essa che deve essere fatta
risalire la diffusione di una nuova figura dellintellettuale, vale a dire:
lintellettuale militante, che finisce per trasformare lapproccio
verso la storia e la cultura in generale.
«Se
con la Carta del 1927 rileva lautore il lavoro era diventato uno dei
punti di riferimento del messaggio sociale fascista e se dalla grande crisi dei primi anni
Trenta, almeno propagandisticamente, in nome del lavoro si era cercato di salvaguardare
gli interessi delle classi più deboli della società, è con la conclusione della guerra
dEtiopia che il lavoro diventò, nellimmaginario collettivo del fascismo
rivoluzionario, il nuovo mito di riferimento, il criterio attraverso cui elaborare una
nuova classe dirigente: dallex combattente della prima guerra mondiale si passava al
lavoratore, nelle sue varie sfumature (il colonizzatore, il soldato che torna al lavoro,
loperaio, il rurale, lex bracciante). [
] Tuttavia, non di solo mito si
trattò, bensì di una evoluzione importante e, per certi versi sorprendente,
dellideologia del fascismo. [
] Mussolini consentì la più ampia discussione
allinterno della cultura fascista, la quale tuttavia, incanalata negli strumenti
istituzionali del regime primo fra tutti lIstituto nazionale di cultura
fascista finiva col condizionare solo marginalmente il regime. Nel frattempo, nel
paese, laffermarsi della società di massa determinava il progressivo
perfezionamento degli strumenti propagandistici del regime per meglio andare verso
il popolo e incrementare quel consenso che diventava sempre più essenziale per
sorreggere uno stato che si definiva totalitario. Il passaggio da una società
agricolo-sacrale ad una industriale e secolarizzata comportò una maggiore attenzione
verso il problema sociale, sia dal punto di vista sociologico, sia da quello politico:
oltre che dai ceti medi, che avevano notevolmente contribuito alla nascita del fascismo,
la domanda politica veniva, ormai, anche dal proletariato e dai rurali: diventava
imprescindibile per il fascismo rappresentare globalmente, totalitariamente,
la società italiana, ivi compresi i ceti un tempo esclusi dallo stato»
Negli
ultimi tre capitoli il discorso è prevalentemente politico, infatti emerge un ritratto
molto particolareggiato sui differenti periodi che hanno interessato la formazione del
sindacalismo fascista. Se scorriamo i titoli dei paragrafi è possibile cogliere come
lautore abbia tentato, per altro riuscendoci, di delineare nei dettagli i contenuti
ideologici portati avanti dalla sinistra fascista in base agli andirivieni politici del
Partito. Dallattività sindacale svolta da Cianetti, Del Giudice, Biagi, Rossoni,
Razza e Scorza, si passa allipotesi di un sindacalismo nazionale durante
la Repubblica di Salò, fino ad arrivare allultimo atto della sinistra fascista che
si protrae allincirca intorno agli anni Settanta del 900.
Parlato,
ha saputo offrire al lettore loccasione di afferrare attraverso una descrizione
lineare e schematica un quadro completo delle diverse sfumatore che hanno colorato liter
del sindacato fascista, e soprattutto, ha fornito gli strumenti per approfondire i
poliedrici fatti che lo hanno ostacolato, sostenuto, e che hanno permesso la sua ascesa e
la sua fine.
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