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Federico Batini, Renato Zaccaria, a cura di, Foto dal futuro, Zona,
2002.
di Gloria Capecchi |
Quando
penso al mio futuro mi immagino un grande punto interrogativo, proprio un grande enigma!!
In realtà quello che voglio non lo so! Boh! Pensare al mio futuro mi fa paura,
perché non so quello che mi capita. Posso dire che ho proprio paura ad immaginarmi il
futuro!!
A volte penso sia meglio non pensare, mentre altre volte penso
di costruirmi un futuro normale, fatto di cose scontate ed altre volte vorrei fare
qualcosa di diverso!!!
Qualcosa di più stimolante, qualcosa di particolare
che rompa un po gli schemi del futuro, di tutti, di quello di tutti i giorni.
A volte penso che io non sarò mai capace di costruirmi un futuro,
dubito delle mie capacità, penso di non essere in grado di costruirmelo!!
(dal
testo di una partecipante al progetto Foto dal futuro)
In
un contesto fatto di incertezza, mobilità, cambiamenti repentini, fare delle scelte,
progettare il futuro, prendere delle decisioni, tracciare un sentiero in avanti e
assegnare un significato e un senso a questo sentiero risulta essere un processo sempre
più difficile e pieno di ostacoli.
«
Il
mondo-deserto obbliga a vivere la vita come un pellegrinaggio. Ma dal momento che la vita
è un pellegrinaggio, il mondo sulla soglia è come il deserto, senza tratti specifici,
dal momento che il significato deve ancora essergli conferito dal vagabondare, che lo
trasforma in traccia che conduce alla fine del cammino, dove il significato
attende
»
Non
è possibile per luomo non fare delle scelte, oggi queste scelte si moltiplicano,
diventano sempre più cogenti e ricorsive. Seppure compiere una scelta oggi non abbia più
il carattere di qualcosa di definitivo, di segnato, pure compiuta una scelta
le possibilità alternative vengono recise. Luomo è sottoposto ad un bombardamento
continuo di informazioni, di stimoli, di incitamenti che provocano in lui smarrimento, e
fanno sì che egli si percepisca come caricato di responsabilità molto forti. Perciò
lindividuo, oggi, corre il rischio di essere sballottato dagli eventi e di rimanere
in balia dellincertezza e dello smarrimento se non ha un progetto ben disegnato e un
equilibrio interno forte. Le continue modificazioni esterne conducono lindividuo al
non riconoscimento di se stesso, al tendere verso orizzonti che sono continuamente
diversi, allo smarrimento identitario.
Sono
necessarie quindi identità solide, capaci di mantenersi compatte di fronte alla tempesta
dei cambiamenti.
Da
qui il bisogno di orientamento urlato dalluomo contemporaneo, unazione di
orientamento in grado di restituire senso e significato alle cose, di aiutare luomo
a rileggere e ricostruire il proprio vissuto, ad avere una rappresentazione positiva di
sé, a guardare in modo diverso il presente, a trovare un senso personale, a disegnare un
progetto personale per il futuro.
Limpiego
di metodologie narrative in orientamento risulta essere ideale per il raggiungimento di
questi obiettivi.
Una
narrazione ha, secondo le note quattro categorie proposte da Bruner:
disposizione
congegnata secondo un ordine sequenziale
sensibilità
verso ciò che è canonico e ciò che non lo è
identificazione
della prospettiva del narratore (che può anche essere implicita, ma che è sempre
presente)
agentività
(lazione umana).
Queste
funzioni si possono riflettere in altrettante funzioni dellorientamento,
rispettivamente:
reperire
un ordine ed un significato nel proprio vissuto scolastico, formativo, professionale,
oppure organizzare esperienze confuse secondo un senso attribuito a posteriori
discriminare
leccezionalità e la norma nel proprio vissuto e nelle proprie scelte
prendere
consapevolezza di una progettualità o identificare perlomeno una o due direzioni
(parziali, provvisorie, estensibili, possibili
)
innescare
azioni conseguenti alle scelte. [2]
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