N°2 - GIUGNO 1999

Anna Esposito, Responsabile del Centro Studi e Documentazione "Sarno" per le Politiche Territoriali del Mezzogiorno.

S ono un architetto dei Centro Studi "Sarno", a nome del quale vi parlo oltre che mio personale, ringraziandovi dell'invito all'incontro dl oggi ove vedo con assoluto interesse messo al centro dell'analisi e della discussione uno dei punti nevralgici non solo dei percorso verso la democrazia e la civiltà dl una Società, ma anche dl quella necessaria e più completa ricerca di soluzioni soddisfacenti e reali ad esigenze sentite, necossada e legittime; punto che, direi, tocca altresì a ogni disciplina ed a ogni specialismo. Coi tema della partecipazione, infatti, s'i chiude il cerchio che va dai bisogni, dalla loro espressione all'azione politica da farsi per nianifetarii e sancirli, ai processo legislativo, al soddisfacimento dei bisogni. Che ci fa un Architetto In un consesso che analizza problematiche sanitarie? E' una domanda che sembra naturale ed alla quale abbiamo già dato risposte, siamo già stati di fronte cioè ai sentirsi o al voler far sentire all'inizio un po' fuori dall'"acqua", ma siamo ormai alienati a respingere l'omologazione, il Pensiero Unico e il conformismo liberista che applattisce e separa le idee come gli uomini in pericolosi isolamentì così come gli uomini dalle idee e, soprattutto, siamo consci della forza dirompente, del potenziale creativo che creano i capovolgimenti dei parametri mentali e come detti capovolgimenti sono necessariamente proficui se fanno da contraltare a dannose astrazioni, così come che occorre ricollegarsi a quei filo conduttore di accresciute consapevolezze le quali sgorgano solo dal confronti, dagli intrecci e dai pensieri molteplici. Dell'importanza, cioè, che Infine rinasca la Politica, lunico legante tra le tante soggeflività troppo compresse ed estremamente frastagliate, tra saperi che possono facilmente essere subalterni alle leggi del mercato se lasciati chiusi in sé e separati. in definitiva della necesittà, oggi più che mai, di mettere al centro la Politica, la sintesi verso la concreta risoluzione delle questioni. E tutto questo mi conduce ora velocemente a fare anche un riferimento al Centro Studi "Sarno" che si occupa di Politiche territoriali, ambiente, territorio Già Territorio! Se ne fa un gran concepire lo sviluppo economico e produttivo e sociale. In particolare Sarno appare come il luogo nel quale alla forza lavoro ed all'Intelligenza sociale e produttiva disponibile non corrisponde alcun disegno programmatico d'intervento per soddisfare insieme le esigenze di occupazione ed i bisogni di civiltà e di sicurezza delle popolazioni e anche quando si parla dl sviluppo produttivo non si capisce perché debba essere uno sviluppo povero che non tiene conto delle esigenze territoriali, ma che più che altro deregolamenta ulteriormente lo sfascio sociale senza produrre un autentico tessuto dl elevata soclalità che per Sarno diventa oggi vitale ed importante. Q uello che è avvenuto a Sarno se da un lato esprime inequivocabilmente, con l'eccezionale entità del fenomeno e il conseguente spaventoso bilanclo dei danni al genere umano, la sua emblematicità, dall'altro indica pure tutte le nuove strade che si dovranno necessariamente percorrere; Sarno, che con quell'immensa quantità di "colate di fango" che si è abbattuta sulle case e sugli uomini ha capovolto ogni categoria mentale e di analisi per poterla soltanto afferrare ( e che ha messo In crisi un po' tutti - dagli studiosi al politici -tant'è che ancora oggi a quasi un anno dl distanza restano incertezze sulla destinazione delle aree ancora separate dalla linea dl emergenza che ancora non si sposta) ma anche per poter dare una svolta ad un percorso totalmente sbagliato. Sarno che ci responsabilizza affinché non ve ne siano altre di tragedie come queste, nè ai Sud nè al Nord. In questa Italia, dove alta è la percentuale delle aree a rischio di dissesto Idrogeologico ed è altrettanto alta la spesa pubblica già affrontata per gli interventi occorsi ogni volta per tamponare solo "le falle" provocate da alluvioni e dissesti, per effettuare cioè i soli interventi d'urgenza, e non già per quegli interventi volti a risolvere definitivamente il problema, a prevenire, a garantire sicurezza. E d ecco esposto anche uno dei tanti motivi per cui prende l'idea dl un centro di documentazione e studi che, partendo dalla constatata carenza di una raccolta dl dati territoriali mirata, raccolga atti e documenti riguardanti tutte le problematiche inerenti la tutela, la salvaguardia, la manutenzione e l'utilizzo del territorio (documentazionI relative cioè allo stato di fatto delle problematiche in corso sul territorio-coste, incendi, rischi di dissesti idrogeologici; potenzialità di sviluppo produttivo locale necessarie ma normalmente ignorate, condizioni ambientali precarie o causanti danni alla salute, ecc...), creando così la possibilità di una rilettura dl ricerche e di studi organici delle realtà del nostro paese, basata sulla relazione stretta tra urgenze ambientali, istanze urbanistiche, problematiche occupazionalì e qualità dei servizi; e che dovrà avere, nel tempo, con l'aiuto di tutti i compagni, di altre forze e con l'associazionismo, nonché della comunità scientifica, la capacità dl diventare uno strumento progettuale ed esecutivo in grado di aggregare intorno a sé istituzioni, imprese ed associazionismo. Procedere cioè ad una progettualità mirata, al servizio della Società civile, cioè del cittadino il più delle volte ignaro, partendo dalla esatta conoscenza del proprio territorio, del terreno dove egli mette i piedi tutti i giorni e che non gli deve cedere sotto al piedi all'improvviso. Tutto ciò favorendo e promuovendo, con adeguate iniziative, confronti multidisciplinari e con i cittadini e cittadine e le associazioni, per tenere intrecciati ogni tipo di competenze e professionaiità, di ricerche che separate nel loro specifici, anche le più leali e raffinate, restano tronche, non incidono nella costruzione di una realtà ove in primis deve essere garantita la tutela degli esseri, la loro sicurezza insieme con quella del loro territori. Sarno, dove, d'altra parte, è stato travolto dalla frana il Pronto Soccorso dell'Ospedale Villa Malta, i cui medici si erano accorti delle "ferite"che andavano aprendosi nel territorio,(di quanto stava avvenendo al territorio) attraverso quelle delle persone che via via vi venivano ricoverate nel pomeriggio di quel fatidico giorno. Dall'osservazione di quei segni umani e territoriali insieme che leggevano sui corpi dei feriti, essi si rivolgevano, come è rimasto testimoniato, fin dalle prime colate tra le ore 5/6 del pomeriggio a chi di dovere, a "tecnici" e strutture apposite, capendo con il loro intuito che occorreva evacuare li presidio, ma ricevendone risposte negative o di rassicurazione. Sono cosi morti per la possente "colata di fango" finale di mezzanotte ricoverati, infermieri e medici del Villa Malta, tra cui il dr. Marino ritrovato nel fango con un piccolo paziente tra le braccia nel disperato tentativo di proteggerlo, di salvarlo: con quella etica dei medico, di curare per salvare Da questo potremmo dire che a volte di territorio sarebbe opinabile si occupassero anche i medici, come di sanità i tecnici in un vicendevole scambio d'intuiti e d'inteliigenze. intrecci necessari da farsi perché la realtà è unica, è il nostro modo di pensare raziocinante di un'epoca tardo positivista che la separa finendo col dividerla in tanti specialismi e competenze che non dialogano infine per ricomporla dando un'unica, compatta, definitiva soluzione o decisione perdendosi invece in conflitti e in un rimbalzo dl pericolosi "scarica barili" e responsabilità, mentre all'improvviso, in que~i parapiglia ed incertezze o interventi scollati e che vanno ognuno per fatti loro, all'improvviso il territorio sorprendetutti impreparati o che si sentono quasi "meravigliati" e...... frana! Sotto i piedi di questi, più competenti o meno, e purtroppo anche di tutti gli altri cittadini ignari. Dunque che la realtà infine è unica conviene provvedere a capirlo. Dopo Sarno non ci si può più permettere di ignorarlo. Così come insegna a capire che essa e le altre cittadine, sebbene separate in 3 province diverse, fanno parte dello stesso territorio, della stessa montagna, che la natura non riconosce confini amministrativi e dunque sono stati colpiti dallo stesso fenomeno verificatosi su quell'unico pezzo dl montagna. Così di fatto si può vedere l'importanza della redazione di carte, mappe ove si riportino dati epidemiologici e, così facendo, si può riscontrare che essi nella maggior parte dei casi mancano, o che con esse si possa più facilmente cogliere il nesso diretto tra il proliferare di discariche tossiche e abusive o di altri tipi di inquinarnenti ambientali (tra cui quello di elettrosmog} con l'aumento dei tasso regionale di cancri, di altre malattie. La Campania, in particolare, risulta fra le regioni a più alto tasso di tumori e qui è urgente capirne il perché per indicare le più adeguate soluzioni progettuali per la prevenzione possibile e la cura (all'ambiente come alle persone). Ecco perché proprio da Sarno e col sostegno del Centro Studi ha preso le mosse il primo di una serie di giri istituzionali del Partito negli ospedali campani (prima nell'agro sarnese-nocerino, poi nel casertano) e ad esaminare la sittuazione del servizi sanitari territoriali. in una regione ove oltretutto vi è il più alto tasso di tumori, come dicevo, ove si riscontra una inadeguatezza dei servizI sanitari territoriali, inadeguatezze o disfunzioni delle strutture ospedaliere pubbliche, splafonamenti dl bilanci nelle ASL, aumento degli inquinanti ambientali, discariche abusive, proliferazione delle emanazioni nell'atmosfera da campi elettromagnetici. E si condisca il tutto con la mancanza dl relazioni tra dati epidemiologici (quasi del tutto inesistenti ai diversi livelli istituzionali) e una necessaria ed auspicabile mappatura territoriale aggiornata. Intreccio di competenze, di sapori, di bisogni, intreccio non intellettualistico, ma necessario, prioritario per salvare territorio ed abitanti. T erritorio e salute sono molto legati così come possiamo dire che il nostro territorio è tanto malato e che deve essere curato. E ciò non riguarda solo la Campania (visto che il 65% del territorio nazionale è a rischio di dissesto idrogeologico,il 25% in Campania) e gli architetti e gli altri competenti dovrebbero guardarlo come i medici esaminano un paziente: un organismo vivo e malato, un organismo vivente così importante da permettere o meno la salute e la vita degli esseri che su di esso si muovono, svolgono le loro vitali funzioni ed azioni, sul quale in sintesi dovrebbe realizzarsi la loro felicità. Intrecci di competenze, professionalità, confronti tra esse e portatori di bisogni, politiche, mirate ad un modello di sviluppo all'opposto di quanto sinora si è fatto ove al centro siano posti i bisogni legittimi del cittadino, in primis la sua totale integrità, fisica e morale, la salute degli esseri. Partecipazione democratica all'intero processo. Invece oggi assistiamo all'imperversare del Pensiero Unico, delle leggi dell'economia e del mercato che portano a concentrare potere nelle mani di lobbies mercantilistiche, che porta quindi sempre più ad escludere le persone dai processi decisionali; la pianificazione democratica invece di essere perfezionata viene superata dalla cosiddetta più rapida programmazione concertata, proprio ora che con i dissesti e gli altri guai il territorio richiede una maggiore attenzione, una più estesa conoscenza di dati ed una sua massima divulgazione ad ogni abitante affinché possa ognuno essere sempre più consapevole a interessato a proteggerlo per proteggersi; si mette mano sempre di più ad esso con Patti territoriali e Contratti d'Area ove vediamo avanzare il concetto di flessibilità sbandierato come la quintessenza,mentre dall'altro lato vediamo"il tenersi tutto", fino alla negazione dei propri diritti più elementari, all'isolamento dl coloro che subiscono la progressiva perdita dei loro diritti, a una privatizzazione sempre più forte del servizi, a una condizione di lavoro sempre più precaria in ambienti di lavoro sempre più difficili e duri. E questi sono sempre più avviliti e separati, dovranno recuperare il proprio protagonismo mentre si affievola la memoria e l'orgoglio del loro recente passato di battaglie e conquiste sociali e di civiltà. La gente è intimorita, i movimenti frantumati o frammentari, ci "si tiene ogni cosa", si vive in un pericoloso isolamento. Dovrebbe allora procedersì sempre più fortemente verso tematiche imperniate su "Condizioni di lavoro e Salute" e, in proposito faccio riferimento all'esame di alcune problematiche anche specifiche, tra cui quelle reiative all'istituzione del servizio 118, quello di emergenza, dove si è ancora in una inapplicazione di certe norme. Sono stata personalmente a vivere come volontaria Una giornata lavorativa di queste persone. In otto ore di lavoro ho visto effettuare 6 Interventi, tra cui 3 riguardanti drogati in overdose, tutti tempestivamente ricoverati in tempo rapidissimo e salvati. Ma che dire dei personale addetto delle ambulanze! Alla fine diella giornata li cuore mi manifestava una tachicardia, la paura anche dovuta alle corse che queste persone sono costrette ad effettuare per salvare le vite umane, rischi che essi corrono, per quanti anni lo potranno fare senza intaccare il loro equilibrio psichico e fisico? Infermieri ed autisti, non vi è un medico con loro. Effettuano un servizio cui grande utilità sociale, ma duro, sottoposti a turni non proprio comodi eppure tali lavori non sono previsti tra quelli usurantì e mi chiedo il perché. Si pronunciano parole nuove, vantate come prodigiose e "moderne" parole quali concertazione, flessibilità. Si parla per li lavoro che riguarderà soprattutto i nostri giovani, dl flessibilità di mansioni e di orario e ovviamente a bassi stipendi o salari mentre sì sposta sempre più in avanti l'età pensionabile. Sì precarizza la condizione umana. E allora ci appare davanti agli occhi come un quadro futuro di una Società di malati dove si aggireranno come spettri persone che, sempre più stanche, spremute all'inverosimile giacchè ormai considerate "come degli elastici", "flessibili come le molle" più che individui fatti dl "carne umana", (quali invece essi continueranno ad essere) potranno ammalarsi più facilmente, se non solo psichicamente anche dl malattie indotte da orari di lavoro notturni, a più forte esposizione a campi elettromagnetici, mentre all'opposto si ridurra sempre di più l'assistenza pubblica perché i soldi non ci sono. E d'altronde se i loro introiti economici saranno anche inferiori come si cureranno privatamente? Dacchè nasce l'urgenza di procedere oggi, da subito, ad una attenta riflessione da farsi su "Flessibilità e Salute".
Milano, 17.04.99 -
Sala Conferenze del Consiglio Regionale della Lombardia.

Ultima modifica: 1° ottobre 1999