N°2 - GIUGNO 1999

Lettera delle opposizioni relativa alla Delibera della Giunta Regionale della Lombardia del 29 aprile 1999 n°990133 ( Criteri in ordine al reperimento di nuove risorse per il settore sanità della Regione Lombardia - Costituzione project financing, S.p.A., società miste , per la gestione economica delle aziende ospedaliere e sanitarie pubbliche)

Al Ministro della Sanità On. Rosy Bindi
Al Presidente del Consiglio dei Ministri On. Massimo D'Alema
Ai Presidenti della Camera e del Senato
Ai Gruppi parlamentari
Ai Presidenti dell'Anci e dell'Upi
Oggetto: Delibera della Giunta regionale della Lombardia n.427 18 del 29 aprile 1999 "Criteri in ordine al reperimento di nuove risorse per il settore sanità della Regione Lombardia".
I n relazione alla delibera in oggetto, i gruppi consiliari regionali della Lombardia del Partito della Rifondazione Comunista, dei Democratici della Sinistra, del Partito Popolare e dei Verdi, e la Segreteria regionale dei Comunisti italiani svolgono le seguenti osservazioni e richieste d' intervento. Come è noto, il provvedimento della giunta regionale lombarda è già stato defmito dal Ministro della Sanità quale atto di secessionismo sanitario, del tutto privo di qualsiasi fondamento legislativo. In effetti, la DGR in questione contrasta nettamente con lo stesso art.9 bis del Decreto legislativo 502 del 1992, cui formalmente si richiama nelle premesse. Questa norma nazionale, infatti, prevede si delle forme di collaborazione pubblico-privato, anche nella forma della società mista di capitali, ma con le seguenti limitazioni: a) deve trattarsi dello svolgimento in forma integrata di opere o di servizi (e non può quindi trattarsi dello stravolgimento della natura giundica dell'intero ente); b) la collaborazione pubblico-privato può avvenire soltanto ed esclusivamente in via sperimentale, previo accordo nella sede istituz:ionale propria, che è quella della Conferenza Stato-Regioni. La delibera della giunta regionale lombarda n.427 18 del 24.04.99, al contrario, travalica completamente questi limiti legislativi. In primo luogo è scorretta sul piano procedurale, in spregio peraltro al principio della leale cooperazione tra poteri, poiché non è stata previamente concordata, come previsto ex lege, nell'apposita Conferenza Stato-Regioni. Non solo: l'atto in parola doveva succedere e non precedere il Piano Sanitario Regionale (ad oggi, non ancora approvato); inoltre, trattandosi di atto di indirizzo e programmazione doveva essere deliberato dal Consiglio regionale e non dalla Giunta (come previsto dall'art.6 dello Statuto della Regione Lombardia, approvato con legge del 22 maggio 1971 n. 339, così come modificata dalla legge 22 ottobre 1985 n.583). In secondo luogo, per quanto concerne i rilievi di merito, la DGR in oggetto costituisce provvedimento amministrativo di portata generale, che non limita affatto la sperimentazione a 5 aziende ospedaliere (come era peraltro previsto nell'accordo sottoscritto con le confederazioni smdacali regionali il 22 aprile 1999). Al contrario, la giunta lombarda affida ampio mandato a tutti i Direttori Generali di Asì, Aziende Ospedaliere pubbliche, nonché ai legali rappresentanti degli IRCSS pubblici, di attivare, con la massima discrezionalità decisionale, le forme di privatizzazione previste nella delibera stessa. Inoltre, nell'ambito ditali forme, sono previste dalla DRG in oggetto non solo quelle che danno vita a collaborazioni publico-privato nella realizzazione di singole opere o nella gestione di singoli servizi (le sole compatibili con l'art.9 bis del decreto legislativo 502 del 1992), ma anche quelle forme di privatizzazione radicale dell'intera struttura sanitaria (tali da mutarne complessivamente la natura giuridica da pubblica a privata) assolutamente destituite di qualsiasi fondamento legislativo a livello nazionale. All'interno della privatizzazione radicale degli ospedali pubblici la delibera in parola contempla due passaggi: la trasformazione dell'Azienda Ospedaliera in SPA (privatizzazione in senso formale), e l'eventuale acquisizione successiva della maggioranza della partecipazione azionaria da parte del patner privato (')rivatizzazione in senso sostanziale). Alla fme di questo processo, previsto nella delibera regionale, l'ente ospedaliero, divenuto SPA, sarà istituzionalmente costretto, dall'acquisizione di questa nuova natura giuridica, a ricercare in maniera assoluta il profitto. Il che rappresenta una forzatura anche rispetto all'attuale art. i del decreto legislativo 502 del 1992, là dove il principio dell'aziendalizzazione obbliga i Direttori Generali di A-USL e A.O. al pareggio di bilancio e non già alla ricerca del profitto. Non solo: attraverso il passaggio del pacchetto azionario dalla mano pubblica a quella privata sarà possibile dismettere in modo defmitivo, e senza adeguati controlli, ingenti patrimoni mobiliari ed immobiliari pubblici destinati a garantire l'assistenza sanitaria pubblica. L'assunto di partenza, dal quale muovono le motivazioni della giunta regionale della Lombardia, èche gli ospedali, essendo qualificati come aziende, possono essere equiparati agli enti pubblici economici: come tali, possono assumere la veste della società di capitali. Ora, è giuridicamente scorrett6 il considerare un ospedale, ancorché aziendalizzato, alla stessa stregua di un ente pubblico economico: l'Azienda ospedaliera svolge si un'attività che ha anche una rilevanza economica (pagamento delle prestazioni lavorative, incasso dei DRG, ecc.); tuttavia, costituisce un'evidente forzatura il sostenere che l'attività ospedaliera assume un carattere prevalentemente economico. Ciò che qualifica un ospedàle, per lo meno in un paese civile, è di garantire a tutti i cittadini, a prescindere da valutazioni di natura esclusivamente contabile, le massime prestazioni possibili per la miglior tutela del diritto alla salute. D'altro canto, il decreto legislativo di prossima entrata in vigore (fme maggio~1999), attuativo della legge delega 419 del 1998 e modificativo del decreto legislativo 502 del 1992, stabilisce, all'art.l, richiamandosi espressamente all'art.32 della Costituzione e all'art.2 della legge 833 del 1978, che l'aziendalizzazione non può comportare la subalternità del diritto alla salute alle compatibilità di bilancio, anzi viene ristabilita l'assoluta priorità del diritto alla salute. Non solo: tale decreto legislativo contempla un rilancio del ruolo degli enti locali nella programmazione delle politiche sociosanitarie del territorio e nel controllo dell'operato dei Direttori Generali delle A-USL. La DGR in oggetto prevede invece forme radicali ed estreme di privatizzazione delle strutture sanitarie, anche territoriali, senza il minimo coinvolgimento, nemmeno in sede consultiva, dei Comuni e delle Province. Per le suesposte ragioni, la delibera in parola si pone in netto contrasto non solo con la normativa nazionale vigente, ma anche con quella di prossima entrata in vigore, al punto da determinare in Lombardia una caratterizzazione del tutto anomala del Servizio Sanitario (già avviata peraltro con la netta distinzione tra enti pagatori ed erogatori di cui alla legge regionale 31 del 1997), enfatizzando la privatizzazione dell'offerta sanitaria ben oltre i limiti posti dalla legislazione quadro nazionale. Ad avviso degli scriventi, le menzionate illegalità della delibera sono talmente gravi da configurare gli estremi di un evidente conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni. Per questo motivo, chiediamo, sul piano istituzionale, il ricorso del Governo e del Parlamento nazionale nei confronti della regione Lombardia davanti alla Corte Costituzionale, ai sensi di quanto previsto dall'art.134, comma 2, della Costituzione.
Pippo Torri (Consigliere Regionale PRC)
Remo Bernacchia (Consigliere Regionale PPI)
Sergio Cordibella (Consigliere Regionale DS)
Carlo Monguzzi (Consigliere Regionale Verdi)
Michele Proietto (Segreteria Regionale PDCI)


Ultima modifica: 1° ottobre 1999