Bollettino n° 17 AEA

Editoriale Amianto: a che punto siamo e dove vogliamo arrivare.
Storia del percorso burocratico-amministrativo
delle domande di ammissione ai benefici pensionistici
per i lavoratori Breda/Ansaldo esposti all' amianto.
I benefici pensionistici ai lavoratori esposti all' amianto.
Dalla sezione AEA di Padova. Dalla sezione AEA di Brindisi.
Dalla sezione AEA di Trieste. Dalla sezione AEA di Foggia.
Il problema dei tetti in Eternit. Giurisprudenza e atti amministrativi.

EDITORIALE 

  In questo periodo sono successe molte fatti degni di nota per la nostra associazione. Questo bollettino è stato costruito allo scopo di raccogliere quanto di importante è avvenuto al fine di comunicarlo ai nostri associati e alle nostre sezioni perché possa essere utile per la lotta contro l’amianto e le altre sostanze cancerogene, per l’affermazione del diritto alla salute.

  Anzitutto abbiamo inserito la copia autentica dello statuto dell’AEA, anche in relazione ai molti procedimenti giudiziari aperti, soprattutto per dare in mano a tutti gli associati il documento fondamentale di costituzione dell’AEA, inoltre,   abbiamo    inserito la sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2000 a riguardo della vicenda dei benefici previdenziali dei lavoratori esposti.

  Affrontiamo di nuovo in questo bollettino la vicenda dei benefici previdenziali, cercando di riassumere la nostra posizione e di fornire ulteriori dettagli in merito.

  Alcuni altri articoli ed informazioni completano il quadro .

Infine allo scopo di dare maggiore e migliore organizzazione all’AEA abbiamo convocato l’assemblea dei soci per il giorno alle ore presso

  Lo scopo dell’assemblea dei soci dell’AEA è quello di dare alla nostra associazione una migliore organizzazione alfine di affrontare in modo organico tutti i problemi che riguardano l’amianto e le altre sostanze cancerogene.

  Poiché per partecipare all’assemblea occorre essere iscritti è necessario che alla sede nazionale (Milano, via dei Carracci 2) giunga l’elenco degli iscritti. Poiché è impensabile che all’assemblea possano partecipare tutti si propone una modifica statutaria che stabilisca che il direttivo dei responsabili eletto dalle assemblee territoriali dell’AEA possa rappresentare gli iscritti dell’AEA a condizione di avere il mandato dagli iscritti convocando un assemblea nei giorni che precedono l’assemblea nazionale nella quale si discute dell’ordine del giorno dell’assemblea nazionale.

  Per quanto riguarda la ridefinizione del direttivo si propone di formarlo con i responsabili di ogni sezione territoriale.

  Inoltre per quanto riguarda la quota associativa si propone di mantenere la quota di lire 10.000 a socio e lire 50.000 per le associazioni e i gruppi aderenti. Tali cifre possono essere raddoppiate al fine di tenere metà della quota presso la sede territoriale. L’iscrizione all’AEA dà diritto a tre bollettini all’anno, a ricevere risposte su domande che riguardano il problema amianto e ambiente di lavoro e ad avere eventuali indicazioni di carattere giuridico per affrontare vertenze di carattere legale. In proposito l’AEA ritiene opportuno non gestire direttamente i rapporti con gli avvocati. L’AEA potrà dare indicazioni in proposito, ma sarà chi commissiona le cause (singoli o associati) che stabilirà con gli avvocati le modalità di gestione della causa, compresi gli onorari. Per quanto riguarda i consulenti l’AEA mette a disposizione gratuitamente i propri al solo pagamento delle spese di viaggio per eventuali spostamenti. Se il socio o i soci lo riterranno opportuno faranno una donazione, esaurita la vertenza, all’AEA (quindi senza obbligo alcuno).

 

 

ASSEMBLEA GENERALE NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO

 

BOLOGNA, SABATO 28 SETTEMBRE 2000    ORE 10-17

PRESSO QUARTIERE SAN DONATO –  SALA ZONARELLI VIA VEZZA, 15

 

ORDINE DEL GIORNO:

 

relazione introduttiva (Vito Totire)

 organizzazione AEA

 situazione benefici previdenziali

 applicazione legge 257/92 e DLg 626/94

 varie ed eventuali

 

 

[torna all' indice]

 

 

 

 

 

 

 

AMIANTO : A CHE PUNTO SIAMO

E …DOVE VOGLIAMO ARRIVARE

(a cura del Comitato per la Difesa della Salute nei luoghi di lavoro e nel territorio

c/o CIP – via Magenta 88 – Sesto S. Giovanni (MI) tel 02 26224099)


 

Amianto : una drammatica emergenza sanitaria.

Il grande impiego dell’amianto degli anni 60,  70 e 80, in condizioni di assoluta mancanza di precauzioni e di informazioni porterà a contare i morti a migliaia. Alla previsione che è stata fatta da un gruppo internazionale di ricercatori (J. Peto, La Vecchia, Decarli, Levi, Negri) di 250.000 morti per i prossimi 35 anni nei paesi dell’Europa occidentale per mesotelioma della pleura e del peritoneo va aggiunto un numero doppio di persone colpite da tumore dei polmoni (ad ogni mesotelioma corrispondono due tumori ai polmoni derivanti sempre dall’esposizione all’amianto), oltre ad un numero più ridotto di persone che verranno colpite da tumori in altre sedi (laringe, tratto gastrointestinale e altro). Si ottiene così una cifra impressionante che si avvicina al milione..

In Italia si è posto termine all'impiego dell'amianto con la legge 257 del 27 marzo 92.

Il capo IV (misure di sostegno per i lavoratori), art. 13 (trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato) modificato ai comm. 6, 7, 8, con la legge 271 del 4 agosto 93, stabilisce:

"Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5. Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate dall'INAIL, il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all'amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5”.

Ma da quando lo si sapeva ?

Già nel 1932  alcuni operai americani avevano fatto causa alla ditta Johns Manville. E già nel 1962 gli epidemiologi avevano inequivocabilmente concluso che  l'amianto è cancerogeno. Almeno da trent’anni quindi i dirigenti delle imprese sapevano tutto. 

Intanto, alla Breda Fucine  sono 44 ormai i morti che noi siamo riusciti a contare. Altre decine all’Ansaldo, alla Falck, alla Marelli e nelle altre fabbriche di Sesto. E quanti sono i morti tra la popolazione che ha respirato gli stessi veleni degli operai delle fabbriche? Su questo stiamo ancora lottando da soli per conoscere la verità ed ottenere giustizia.

Ma  se ci spieghiamo benissimo quali sono stati i profitti economici che hanno spinto la classe padronale  a organizzare una vera e propria cospirazione del silenzio, fregandosene del destino di milioni di lavoratori, non riusciamo a giustificare il silenzio dei sindacati e dei loro patronati in tutti questi anni.

Con alle spalle questo lungo e colpevole silenzio, invece di dare vigoroso sostegno ai diritti dei lavoratori esposti, i sindacati confederali, fatta la legge, se ne sono serviti inizialmente per agevolare le ristrutturazioni aziendali. I primi riconoscimenti pensionistici di massa sono stati infatti cavalcati per permettere  ad aziende in crisi  di disfarsi, senza costi, degli esuberi.

Ma quando le richieste dei lavoratori hanno cominciato ad estendersi , lorsignori hanno dato l’impressione di preoccuparsi più dei problemi di bilancio dell'INPS che dei lavoratori, tergiversando sul riconoscimento dei benefici pensionistici, quasi questi fossero una sorta di monetizzazione della salute e non un tardivo risarcimento dei danni alle migliaia di lavoratori esposti, volutamente non informati e privati delle necessarie protezioni.

Per questo non hanno esitato a dare il loro consenso alla  procedura amministrativa del 21.11.95 che affida al CONTARP il controllo delle effettive esposizioni all’amianto. Il CONTARP è un organismo “tecnico” dell’INAIL e le sue valutazioni sul rischio che i lavoratori hanno subito sono formulate sulla base dei parametri forniti dall’INAIL. Questa procedura aveva solo la finalità di prolungare all’infinito  e stroncare le richieste dei lavoratori.

Noi l’abbiamo da sempre denunciato, invitando i lavoratori a non sottostare a questa procedura e  a chiamare in causa direttamente in tribunale l’ente erogatore dei benefici pensionistici, cioè l’INPS.

Per questo l’attivazione di cause legali contro l’INPS da parte dei patronati dei sindacati confederali, se da una parte non può che vederci soddisfatti, dall’altra non possiamo negare che ci fa sorgere qualche legittimo sospetto.

Allo scopo di evitare ogni sospetto, noi proponiamo una piattaforma di obiettivi da conquistare con la mobilitazione.

La campagna per l’apertura di cause legali non può finire nel momento in cui il lavoratore  firma la propria delega a questo o a quell’ufficio legale, per poi sparire dalla scena, sperando solo che tutto vada bene e che  non gli cambino, cammin facendo, la legge.

Noi lavoratori dobbiamo prendere sempre più coscienza che la criminale esposizione all’amianto a cui siamo stati sottoposti è il segnale di quel disprezzo di classe che è costitutivo del rapporto padronale. Contro di esso tocca a noi prendere nelle mani il nostro destino e mobilitarci per difenderlo. Non abbiamo altre strade.

Per questo proponiamo ai soggetti sindacali   che rivendicano di avere tra le mani centinaia di cause sulla questione amianto, di costruire assieme dei momenti di mobilitazione: davanti ai tribunali, alle sedi dell’INPS e a quelle dell’INAIL, là dove in maniera asettica si discute del sopruso subìto, deve scendere in campo la forza attiva dei lavoratori.



 

1997 novembre : su segnalazione dei lavoratori  e del RLS l’Azienda presenta un piano di bonifica di un manufatto di amianto (lenzuolo) situato nel forno Wistra 2. Nell’occasione la Direzione informava verbalmente gli ispettori dell’A-USL e il RLS che non era necessaria la mappatura richiesta perché con questo intervento tutto l’amianto era stato rimosso.  

1997 dicembre : la RSU consegna all’INAIL di Sesto S.G. il fascicolo con domande individuali compilati dai lavoratori, accompagnate da un dossier contenente una ricostruzione dell’uso dell’amianto nella fabbrica. Nel dossier sono descritte le mansioni dei lavoratori esposti ad amianto, i reparti , il tipo di materiali contenenti amianto e sono allegati i documenti sindacali che ne provano l’esistenza e l’uso dentro la fabbrica ed i cantieri esterni.   (allegati A). In quell’occasione l’INAIL ci informa che la Breda Ansaldo non ha mai pagato i contributi aggiuntivi per i lavoratori esposti all’amianto previsti dalla legge 156/1965.

1998  primavera : la RSU chiede alla Direzione Ansaldo una dichiarazione sullo stato di servizio per ciascuno dei lavoratori per cui è stata presentata domanda all’INAIL. L’Azienda rilascia un foglio da cui risultano data di assunzione, mansioni e reparti. Le dichiarazioni vengono consegnate all’INAIL.

Il Patronato INCA di Sesto S.G. inoltra domanda all’INPS di Milano per i benefici pensionistici  L.257/92 per gli    lavoratori Ansaldo. (La domanda è la copia di quella presentata all’INAIL).

1998 ottobre: la RSU riceve un questionario da far compilare ai lavoratori che hanno presentato domanda all’INAIL. (provenienza INCA ?). Mentre stiamo compilando i questionari l’INAIL di Sesto risponde ai singoli lavoratori respingendo le domande in quanto “ ..dai dati comunicati dalla Azienda non risulta esposizione ad amianto ...”

Nello stesso periodo i lavoratori ricevono anche una lettera dall’INPS di Milano che comunica lo spostamento della pratica alle sedi INPS di competenza (dove risiede il lavoratore).

La RSU decide di iniziare un percorso legale per il riconoscimento dei benefici pensionistici per i lavoratori. Contrasti sindacali sulla linea da seguire: la FIOM sostiene che bisogna fare causa all’INAIL mentre il COBAS, su parere dell’AEA sostiene il ricorso contro l’INPS. La FIOM, senza dare spiegazioni, fa entrare in fabbrica un avvocato e un rappresentante dell’INCA che raccolgono 70 deleghe dei lavoratori per le pratiche legali.

Solo in seguito veniamo a sapere che l’avvocato dell’INCA ha aperto le cause contro l’INPS.

Sempre in ottobre: il RLS viene contattato dalla ASL competente  che gli espone la necessità di procedere ad una serie di visite mediche per verificare l’esposizione ad amianto dei lavoratori Breda/Ansaldo.

Viene stabilito che ad effettuare le visite sia la Clinica del Lavoro di Milano, riconosciuta come la sede meglio attrezzata ed esperta a livello nazionale.

Il RLS chiede alla Direzione Ansaldo di farsi carico del costo delle visite.

L’Ansaldo non risponde .

1998 novembre : iniziano le visite presso la Clinica del Lavoro secondo un calendario prestabilito. I lavoratori devono recarsi muniti della apposita richiesta a cura del medico di fiducia. In un solo caso il medico curante si è rifiutato di stilare la richiesta, sostenendo che doveva pagare l’ Ansaldo.

1999 aprile : i lavoratori che hanno accettato di sottoporsi alle visite sono stati 119.

A 14 di questi sono stati riscontrati “..ispessimenti pleurici a placche” e sottoposti a “broncoscopia”. A tutti i 14 è stata riscontrata presenza di fibre di amianto nei bronchi “causate da esposizione ad amianto durante l’attività lavorativa..”.

Per ognuno di loro la Clinica del Lavoro invia :

segnalazione alla Procura di Milano,

denuncia di malattia professionale all’Inail,

segnalazione alla ASL Milano 3 competente,

segnalazione al medico aziendale competente.

1999 settembre : Due impiegati dell’INAIL si presentano in fabbrica, senza alcun preavviso e convocano uno alla volta i  14 lavoratori . Chiedono informazioni circa le attività di lavoro svolte in Breda/Ansaldo e riempiono un formulario (...”dichiarazione spontanea rilasciata dal lavoratore ...”) che fanno firmare.

Il RLS avvisato dagli operai si presenta e viene a sapere che si tratta di due ispettori che svolgono indagine legata alle denuncie di malattia professionale.

Il RLS chiede ed ottiene di partecipare ai colloqui e aiuta i lavoratori nella ricostruzione delle mansioni e dell’attività lavorativa svolta a contatto con l’amianto.

Al termine gli ispettori se ne vanno senza rilasciare alcunché ai lavoratori.

I lavoratori fanno richiesta all’INAIL della copia delle dichiarazioni da loro rilasciate e delegano il loro RLS a ritirarla.

In quest’occasione, il RLS consegna alla funzionaria dell’INAIL un dossier contenente oltre i primi documenti allegati alle domande per la 257/92, anche altri documenti comprovanti la presenza e l’utilizzo di amianto in Breda/Ansaldo.

1999 luglio : su segnalazione di un operaio, il RLS chiede alla Direzione di far analizzare un campione della guarnizione del forno Wistra 2, forno già sottoposto a bonifica di un drappo di amianto nel 1997. Nonostante le garanzia allora date, i risultati delle analisi confermano trattarsi di materiale contenente amianto. Il RLS chiede la rimozione urgente della guarnizione stante le condizioni di grave deterioramento e la collocazione del forno : in mezzo al reparto e soggetto ad una forte corrente di aria.

1999 settembre : il RLS deposita una denuncia penale presso la Procura di Milano, affiancando quella aperta d’ufficio dalla A-USL  per i 14 esposti all’amianto. Nella denuncia il RLS ripercorre gli ultimi episodi circa la presenza di amianto in Ansaldo e chiede si proceda contro l’Amministratore Delegato, il Direttore e il RPP dell’azienda per la violazione delle norme sulla sicurezza e salvaguardia della salute dei lavoratori.

La denuncia mira a rafforzare la richiesta dei lavoratori, con documenti e prove sulla presenza di amianto in Ansaldo.

1999 dicembre : un gruppo dei lavoratori esposti si presenta all’INAIL e contesta la lungaggine burocratica delle denuncie di malattia professionale.

2000 gennaio : l’INAIL convoca i 14 lavoratori per le visite mediche di controllo nell’ambito della pratica di malattia professionale. Il RLS accompagna i primi due operai e durante un colloquio, chiede ai medici INAIL informazioni circa le modalità delle visite che si apprestano a fare.

In particolare RLS chiede di sapere se l’INAIL contesta l’esito delle visite fatte dalla Clinica del Lavoro, che è il consulente medico dell’INAIL.

I medici INAIL dichiarano di non contestare i risultati della Clinica del Lavoro, salvo poi sottoporre uno dei due lavoratori ad una serie di esami comprendenti radiografie, spirometrie, cardiogrammi ..... Nuova discussione dell’RLS con i medici INAIL e questi dichiarano che sottoporranno a visite solo i lavoratori i cui esiti sono datati di oltre un anno. In realtà, nessuno dei lavoratori verrà più sottoposto ad altri esami, limitandosi i medici a controllare quelli già fatti. Durante le visite i medici INAIL dichiarano a qualche lavoratore che è loro intenzione riconoscere la malattia professionale ma, non essendo contemplata nell’attuale prontuario INAIL, invieranno tutto alla sede Regionale per dirimere la questione della quantificazione percentuale del danno.

2000 aprile : dopo più di due mesi i medici INAIL chiudono la relazione medica delle pratiche dei 14 lavoratori e le invia alla Direzione Regionale  per il parere definitivo.

Nello stesso periodo il RLS viene contattato dalle famiglie di due ex operai Breda/Ansaldo, entrambi deceduti per mesotelioma. Le famiglie chiedono informazioni circa le attività di lavoro e i nominativi dei compagni dei due operai. RLS con l’aiuto degli altri lavoratori raccoglie le informazioni necessarie circa le mansioni, i reparti, i nominativi di compagni e superiori diretti e la descrizione delle attività durante le quali i due sono stati esposti ad amianto. Copia delle due relazioni è consegnata alla ASL di competenza e alla procura di Milano che segue le denunce penali per i lavoratori Breda/Ansaldo.

2000 maggio : dopo l’ennesima richiesta, la Direzione Ansaldo accetta di sottoporre alle previste visite mediche di controllo annuale i 14 lavoratori. L’iter delle visite, concordato con il medico competente della azienda, è a carico della Ansaldo.

Nel frattempo un altro lavoratore, rientrato dai cantieri, viene inviato per la prima visita di accertamento e gli vengono diagnosticati ispessimenti pleurici a placca. Anche per lui la Clinica del Lavoro procede al solito iter di segnalazioni e richiesta di malattia professionale.

1999/2000 : presso il pretore Frattin (Milano) viene riconosciuto il diritto ad un lavoratore della Breda Ansaldo circa i benefici previdenziali per esposizione ad amianto. Altre cause a Milano, Bergamo, Monza proseguono lentamente con continui rinvii e udienze di testimoni. Le informazioni arrivano con il contagocce dallo studio  legale dell’INCA che le segue.

2000 maggio : dopo gli episodi del forno Wistra   l’A-USL impone all’Azienda di effettuare ricerca sulla presenza di amianto nello stabilimento. La ricerca viene affidate ad una società specializzata. Il RLS riceve dalla Direzione l’elenco delle macchine oggetto della ricerca e ne aggiunge altre.

Ancora una volta, il risultato della ricerca evidenzia la presenza di amianto in alcuni impianti, macchinari e tubazioni della caldaia all’interno dell’officina. La ricerca è segnalata dall’Azienda alla A-USL. Il RLS inoltra anche questo risultato alla procura che segue l’indagine penale.

2000 giugno : il distretto 2 dell’A-USL Città di Milano a seguito

del controllo ispettivo eseguito in data 25.11.1997 relativamente al  forno Wistra 2 ,

del successivo intervento del luglio 99 sullo stesso forno

del sopralluogo effettuato nel maggio 2000 

trasmette alla direzione Ansaldo Energia di Milano e di Genova il “verbale di ispezione e prescrizione, nonché di contravvenzione”

P.S.

Da questa cronaca spicca il ruolo prevalente svolto dal RLS in tutta questa vicenda.

I lavoratori sono sempre stati informati tramite comunicati di ogni mossa ma, ad eccezione di un piccolo gruppo, non sono stati coinvolti con un ruolo collettivo.

Come COBAS abbiamo continuamente fornito informazioni e distribuito volantini sulla vicenda amianto a livello anche generale.

E’ certo che su questo problema ha pesato il clima interno all’azienda modellato dal ricatto occupazionale e dall’incertezza sul futuro della fabbrica che si trascina dal 1993, quando con un accordo sindacale nazionale la fabbrica fu praticamente chiusa:

Dei 1100 lavoratori che c’erano a Milano  ne restarono solo 72.

550 furono trasferiti a Legnano, 60 in CIGS a perdere, gli altri in prepensionamento.

L’area dello stabilimento venduta a Milano Centrale (Progetto Bicocca).

Da allora abbiamo vissuto ogni anno di lavoro come fosse l’ultimo.

Ogni nuova commessa di lavoro è stata utilizzata dalla Direzione  come l’ultima chance per garantire il futuro della fabbrica, argomento fortissimo in una realtà in cui due terzi dei lavoratori potrebbero andare in pensione nel giro di 4/5 anni.

Questa condizione ha pesato anche sulla questione amianto, anteponendo la questione dei benefici pensionistici alla difesa della salute. (Le 90 mila domande sulla L.257 sono anche il frutto di un’iniziativa sindacale dei livelli periferici in situazioni di fabbriche che chiudevano o ristrutturavano, sostituendo o integrando gli ammortizzatori sociali ).

....Niente di nuovo sotto il sole....

 

[torna all' indice]

 

I benefici pensionistici ai lavoratori esposti all'amianto.

 

Nel nostro Paese si è posto termine all'impiego dell'amianto con la legge 257 del 27 marzo 92 che, al capo IV (misure di sostegno per i lavoratori), articolo 13 (trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato) modificato ai commi 6, 7, 3, con la legge 271 del 4 agosto 93, stabilisce:

"Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai, fini delle prestazioni pensionistiche per il coefficiente di 1,5.

Ai fidi del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all’amianto documentate dall’INAIL, il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all'amianto e moltiplicato per il coefficiente di 1,5 “.

L'INPS ha preteso dagli interessati, allegate alle domande di riconoscimento, le dichiarazioni delle aziende e dell'INAIL relative all'esposizione subita; un adempimento che la legge non prevede! L'evasione dei contributi supplementari assicurativi per l'esposizione all'amianto, da parte delle aziende, e stata vastissima ed il rilascio delle dichiarazioni le esponeva al rischio di sanzioni amministrative e guai giudiziari. Per parte sua l'INAIL, non avendo mai controllato queste aziende, mancava degli strumenti necessari a stabilire chi e in che misura aveva subito l'esposizione all'amianto. Cosi sono state rilasciate poche dichiarazioni e solo da coloro che avevano pagato e risultavano in regola con l'INAIL Un grande imbroglio.

CGIL, CISL, UIL e patronati temendo che un'applicazione estesa della legge ponesse a rischio l'equilibrio dei conti economici dell'INPS hanno taciuto il raggiro e abbandonato i lavoratori alle difficoltà burocratiche. Nonostante ciò in pochi mesi molti lavoratori si sono coinvolti e migliaia sono le richieste di riconoscimento prodotte.

E' un successo che allarma e spinge le parti sociali  a riesaminare presso il Ministero del Lavoro con INPS e INAIL i meccanismi per l'accesso ai benefici previdenziali.

Il 21/11/1995 un accordo viene raggiunto e così la situazione si modifica:

1) quando l'azienda ha pagato, all’INAIL, i contributi supplementari per le malattie professionali previsti dal DPR n. 1124/65 contro l'asbestosi, il lavoratore potrà ottenere senza difficoltà la doppia certificazione dal datore di lavoro e dall’INAIL cosi formulata:

 "Si dichiara che l'Azienda   ..                      Stabilimento di ……..

svolge ha svolto attività lavorative per le quali ha corrisposto il premio supplementare contro l’asbestosi  dal…..  al…….. “

e I'INPS non faccia problemi a sconoscere gli anni di esposizione e a liquidare o ricalcolare la pensione. Ma questa "condizione privilegiata”  coinvolge una frazione limitata al 5%  dei lavoratori esposti.

2) se le aziende hanno evaso i contributi supplementari per le malattie professionali relativi all'asbestosi, e si tratta della maggior parte dei casi, il lavoratore dovrà invece fare richiesta "motivata” al datore di lavoro che, valutate opportunità e convenienza, rilascerà al richiedente un "curriculum" (stato di servizio) con mansioni svolte e "mappa di rischio" (vedi la nota a fine articolo)

Il documento verrà quindi allegato alla domanda di riconoscimento che il lavoratore dovrà presentare al1' INAIL a cui viene affidato il compito di accertare il rischio per l'esposizione all'amianto. L’INAIL delega al Con. T.A R P. (Consulenza Tecnica Rischi Professionali regionale) la verifica della situazione ambientale nell'azienda dove il lavoratore ha subito l'esposizione, per stabilire in relazione a quali mansioni, in quali reparti e per quali periodi questa è avvenuta. La relazione del CONTARP. ed il "curriculum" fornito dall'azienda serviranno all’INAIL per valutare il caso e rilasciare al lavoratore interessato la certificazione da presentare successivamente all’INPS per ottenere la liquidazione o il ricalcolo della pensione.

La risposta negativa dell’INPS viene di solito  così formulata:

"Sulla base degli accertamenti   effettuati da questo istituto e tenuto conto delle indicazioni contenute nel curriculum professionale rilasciato dal datore di lavoro, si dichiara che presso l'Azienda ………..Stabilimento di…….. il dipendente, Sig ….      non e stato esposto all'amianto"

Pertanto alle aziende che hanno evaso i contributi viene garantita, dall’INAIL, l’impunità.

Per il lavoratore, invece, nuovi ostacoli al riconoscimento che si aggiungono ai precedenti:

 

CURRICULUM

 l'amnistia sui contributi evasi non elimina il rischio, per il datore di lavoro, di essere chiamato a rispondere in giudizio quando emergessero responsabilità in relazione all'esposizione subita dalle maestranze nello stabilimento ed in particolare in presenza di malattie e/o decessi causati dall'amianto; è perciò sua convenienza limitare drasticamente sia il numero di "curriculum" rilasciati che i periodi di esposizione dichiarati.

 

INAIL

 se i dipendenti di quelle società o imprese che hanno evaso i contributi supplementari per l'amianto risultassero affetti da malattia professionale o peggio ancora fossero deceduti per cause ricollegabili all'esposizione all'amianto,  l’INAIL come istituto assicuratore avrebbe comunque l'obbligo di liquidare rendite, pensioni e danni. Anche per l'INAIL l'interesse resta quello di rilasciare il minor numero di certificazioni possibile.

 

CON.T A R P.

 gli viene affidato il controllo della documentazione presentata dal lavoratore e delle informazioni contenute nel "curriculum" rilasciato dall'azienda, in particolare quando i dati non coincidono. Il CONTARP  è un organismo esterno all’INAIL, tecnico per definizione e quindi dovrebbe risultare di garanzia anche per li lavoratore, ma le valutazioni sul rischio che questi ha subito sono formulate sulla base di una scheda tecnica i cui parametri vengono forniti proprio dall’INAIL.

 

SINDACATI UNITARI E LORO PATRONATI

 invece di dare sostegno ai diritti dei lavoratori esposti, la loro attenzione, nella gran parte dei casi, si è sempre rivolta ai problemi di bilancio dell’INPS ed il loro comportamento è stato conseguente; sono passati dall'utilizzo improprio della legge allo scopo di agevolare le ristrutturazioni aziendali, all'insabbiamento delle pratiche di riconoscimento per arrivare all'illegale accordo del 21/11/95 che:

non offre al lavoratore alcuna certezza sui tempi necessari ad ottenere il riconoscimento;

introduce un sistema di valutazione del rischio e di conteggio dei periodi di esposizione arbitrario e fiscale, gestito proprio da chi ha interesse a limitare i riconoscimenti i parametri utilizzati dal CONTARP per formulare il giudizio risultano scientificamente risibili o peggio arbitrari quando non ci sono elementi oggettivi di valutazione perchè le lavorazioni risultano  dismesse e per il passato mancano gli accertamenti sanitari e tecnici negli ambienti di lavoro inquinati dall'amianto;

costringe coloro che si vedranno rifiutane il riconoscimento, a presentare "motivata e documentata" opposizione al verdetto, un'ulteriore perdita di tempo in attesa di una "sentenza definitiva" che li costringerà poi a fare ricorso all'autorità giudiziaria per affermare i propri diritti.

Il percorso che noi proponiamo tiene conto di questo sviluppo e propone, dopo aver assolto alcune pratiche burocrati

che indispensabili, di accedere il più presto possibile a depositare ricossi contro l’INPS rifacendosi unicamente alla legge.

Procedure da seguire per il riconoscimento dei benefici pensionistici.

Prima di fare domanda di riconoscimento, verificare, presso l'INAIL di competenza per il territorio cui risiede l'Azienda, se la società presso cui il lavoratore è dipendente ha pagato i contributi assicurativi supplementari per la malattia professionale (asbestosi).

Se la società ha pagato i contributi all’INAIL per tutto il periodo di esposizione, richiedere alla società stessa la dichiarazione di esposizione e del pagamento del premio supplementare contro l'asbestosi. Quindi inviare all’INAIL la richiesta di certificazione allegando quella rilasciata dall'azienda.

Se la società non ha corrisposto all’INAIL il premio supplementare contro l'asbestosi (come succede nella maggior parte dei casi) un comportamento attivo da parte del lavoratore che non dia niente per scontato eviterà delusioni e perdite di tempo. Occorre considerare che si è  di fronte ad un conflitto di interessi forte che, per essere risolto positivamente, quasi sicuramente implica un ricorso alla magistratura.

Il comportamento suggerito è perciò il seguente:

presentare all'azienda e all’INAIL richiesta di certificazione della propria esposizione all'Amianto (modello a);se le risposte sono negative oppure (dopo 10 o 20 giorni ) sono mancate, procedere all'autocertificazione inoltrando all’INPS domanda di pensione (modello b), allegando fotocopia del modulo a inviato ad azienda e INAIL; decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda all'INPS, in assenza di risposta, va presentato il ricorso al Comitato Amministrativo Fondo Lavoratori Dipendenti dell’INPS (modello c). In assenza di risposta, si può finalmente procedere all'azione legale contro l’INPS. Anche qui accorre attendere 90 giorni dalla presentazione del ricorso: in questo periodo però e interdetta la procedibilità ma non la proponibilità del ricorso legale. Esso può quindi essere depositato (proponibilità) anche prima dello scadere dei 90 giorni purché il dibattimento (procedibilità) venga fissato dopo tale termine.

N.B. occorre ricordare che dal momento della presentazione della domanda all’INPS la possibilità di aprire ricorso legale decade dopo 3 anni e 300 giorni. Questo che significa che, decorso tale termine, è necessario la riproposizione di una domanda nuova e il rifacimento di tutto l'iter.

 

In allegato:

Modello a: richiesta lettera all’INAIL e all'Azienda

Modello b: autocertificazione all’INPS e all’INAIL

Modello c : lettera ai Comitato Amministrativo Fondo Lavoratori Dipendenti dell’INPS.


 

 

Di fronte a una comunicazione INAIL che dichiara la non accettazione della pratica perché a loro non risulta che nell'Azienda ci fosse presenza di amianto (perché non ha pagato i contributi specifici previsti), alleghiamo una lettera da inviare all’INPS con la seguente risposta:

 

Spett.le

INPS

Centro Operativo 

 

Oggetto: benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto.

               Art. 13, comma 8 della legge 27. 3.92 or. 257 e successive modifiche

 

Con riferimento alla domanda del sottoscritto intesa ad ottenere i benefici della Legge di cui in oggetto, ed alla Vs. richiesta del    ai fini della definizione e dell'accoglimento della domanda, il sottoscritto trasmette la comunicazione dell’INAIL attestante il non pagamento del premio aggiuntivo per l'asbestosi.

La domanda originaria è stata trasmessa alla sede INPS di Milano, che l'ha trasmessa alle sedi competenti di residenza.

Tanto dovevo. (data e firma)

 

Mittente: nome cognome, data di nascita, residente a, telefono

Distinti saluti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MODELLO A

 

 

Spett. Società .............................

Via ...................................

 

Spett. INAIL di

Via ........

 

lo sottoscritto ................................................

dipendente della Società in indirizzo dal ................

con qualifica professionale di …….

residente in ……via……..

PREMESSO

che l'amianto ed i suoi prodotti sono notoriamente cancerogeni

che è stata accertata l'irreversibilità dei danni prodotti dall'inalazione di fibre d'amianto

che le fibre oltre a varie patologie sono causa dei mesotelioma, un tumore specifico del

l'esposizione alle polveri di amianto molto raro tra la popolazione residente ma con un'elevata ripetibilità tra i dipendenti che hanno subito l'esposizione negli ambienti di lavoro,

come dimostrano gli studi di qualificati ricercatori,

che codesta Società ha svolto un'attività che ha comportato il rilascio, nell'ambiente, di

fibre d'amianto sin dagli anni '60 e fino al

che ho svolto la mia attività lavorativa, in tali ambienti inquinati

CHIEDO

PER QUANTO SOPRADDETTO, IN BASE ALLA LEGGE N° 257/92, ART. 13

COMMA 8, MODIFICATO DALLA LEGGE Né 271/93, DICHIARAZIONE

ATTESTANTE CHE SONO STATO ESPOSTO ALLE FIBRE Dl AMIANTO

NEL PERIODO CHE INTERCORRE DAL ........   AL……..

Data ..................................

Firma .…………

.

 

 

 

 

 

 

 

MODELLO B

 

ALL’INPS

Sede di…….

 

     Oggetto:  Esposizione all’amianto - Dichiarazione

 

 

Io sottoscritto ………

Nato a ……… il………

Residente a…………..

In qualità di dipendente di………….

premesso che suddetta azienda non ha risposto alla mia domanda di rilascio della dichiarazione richiesta al fine di determinare il beneficio pensionistico previsto dal decreto legislativo 257/92 e successive modifiche,

avvalendomi del diritto di autocertificazione previsto dalla vigente normativa di legge

                                                       DICHIARO

Sotto la mia personale responsabilità di avere svolto nell’azienda indicata precedentemente, attività lavorativa dal…… al……. Con esposizione all’amianto come descritto in allegato alla presente.

Pertanto, considerando che la somma dei periodi lavorativi con esposizione ad amianto è superiore ai dieci anni chiedo che tale periodo venga moltiplicato per il coefficiente 1, 5 come previsto dalla legge.

Il presente si intende quale atto interruttivo della prescrizione.

 

Allego pure fotocopie delle richieste di certificazione inviate alla società INAIL.

 

In fede

(data e firma)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA BENE (MAPPA DI RISCHIO)

 

AI  MODELLI A E B, E COMUNQUE OGNI QUALVOLTA SIA NECESSARIO OCCORRE AGGIUNGERE LA DOCUMENTAZIONE RELATIVA ALL’ESPOSIZIONE.   IL NODO FONDAMENTALE  E’ LA DIMOSTRAZIONE DELL’ESPOSIZIONE, PERTANTO  E’ NECESSARIO CHE VENGA DESCRITTA LA FASE DI LAVORAZIONE O LE FASI DI LAVORAZIONE IN CUI E’ STATO IMPIEGATO IL LAVORATORE O I LAVORATORI CHE FANNO LA DOMANDA, SPECIFICANDO CON DOVIZIE DI PARTICOLARI L’ESPOSIZIONE AD AMIANTO, ALL’INTERNO DEL CICLO LAVORATIVO COMPLESSIVO DELL’AZIENDA.

IN ALTRI TERMINI OCCORRE FARE UNO SCHEMA DAL QUALE SI EVINCA CHE L’AZIENDA MANIPOLAVA A QUALSIASI TITOLO AMIANTO E CHE IN PARTICOLARE  NEL REPARTO O NEI REPARTI DOVE ERA IMPIEGATO IL LAVORATORE LA MANIPOLAZIONE DI AMIANTO O, COMUNQUE L’ESPOSIZIONE AD ESSO ERA COSTANTE E CONTINUA,

OCCORRE ALLEGARE – SE ESISTONO -  EVENTUALI INDAGINI DELLA USL DALLE QUALI SI EVIDENZIA CHE VI ERA PRESENZA DI AMIANTO.

 

OCCORRE PURE RENDERE NOTO  SE L’USL (O ALTRI) NON  HANNO MAI FATTO RILIEVI TECNICI (MISURAZIONI) SULLA PRESENZA DI AMIANTO, MENTRE  L’AMIANTO ERA COMUNQUE PRESENTE.

 

OCCORRE PURE PRODURRE QUALSIASI   DOCUMENTO, FOTOGRAFIE O ALTRO, DOVE SI EVEDENZI LA PRESENZA DI AMIANTO;

 

OCCORRE PURE, SE SI HA NOTIZIA, SPIEGARE CHE UNO O PIU’ LAVORATORI SONO STATI COLPITI DA MALATTIE RICONDUCUBILI ALL’AMIANTO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MODELLO C

 

Spettabile

Comitato Amministrativo

Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti

Sede INPS di

Via

 

Spettabile Comitato Amministrativo

Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti V

Via Ciro il Grande 21

00100 ROMA EUR

 

RICORSO AL COMITATO AMMINISTRATIVO

FONDO PREVIDENZA LAVORATORI DIPENDENTI

PER OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DELL'ESPOSIZIONE

ALL'AMIANTO ED I BENEFICI DELLA LEGGE NR. 257/92

ART. 13 COMMA S E SUCCESSIVE

Per…………

nato il ……

residente a…………

Telefono………………………………….

dipendente  dell’azienda…………

       

PREMESSO

che il ricorrente è operaio dipendente di………..  , per il periodo dal……. A….., presso il reparto……..   addetto alla lavorazione……  ;che lo stesso è stato esposto nella sua attività lavorativa a polveri di amianto determinate anche dalle lavorazioni nell'ambiente di lavoro; che il ricorrente ha presentato domanda all’INPS sede di……… chiedendo ex art. 13 comma 8 L. 257/92 e successive modificazioni essendo stato esposto permanentemente per oltre 10 anni a polveri di amianto che gli venisse riconosciuto il beneficio sulla posizione assicurativa ai fitti pensionistici con il coefficiente 1,5;

che inoltre il ricorrente ha chiesto che la datrice di lavoro trasmetta all'INAIL il proprio curriculum di servizio e che l'INAIL accerti l'esposizione all'amianto trasmettendo i relativi accertamenti all’INPS e al ricorrente; che comunque ancorché l'INAIL e la datrice di lavoro non abbiano accertato l'esposizione all'amianto non è rilevante ai lini del riconoscimento dei benefici di cui sopra;che infatti la giurisprudenza è nel senso che " la pretesa dell’INPS di subordinare l'attribuzione del beneficio contributivo ad una duplice dichiarazione dell’INAIL e del datore di lavoro non è prevista da alcuna norma di legge e si pone in palese contrasto con l'ammissione dello stesso INPS per cui il beneficio in questione è comunque dovuto stante l'esposizione ultradecennale a rischio, anche se il premio supplementare non è stato versato e cioè anche nei casi in cui il datore non abbia denunciato la lavorazione pericolosa e non abbia attivato i proprio servizi di vigilanza"

Il ricorrente chiede pertanto che codesto Comitato Amministrativo riesamini il caso, accerti l'esposizione a rischio di amianto e riconosca i benefici pensionistici previsti dai D.L.257/92, D.L.271/93, L. 04/08/1993 n. 271, L. 335/95.

Decorsi inutilmente i termini di legge si adiranno le vie legali.

In fede (data e firma).

 

[torna all' indice]

 

DALLA SEZIONE AEA DI PADOVA

 

   A Padova molti lavoratori della O.MS. STANGA, poi FIREMA, azienda che costruisce mezzi rotabili, hanno fatto richiesta di riconoscimento dei benefici previdenziali di cui alla legge 257/92 e successive modificazioni. La sezione AEA di Padova ci ha inviato un’interessante documentazione che va fatta conoscere. In effetti i lavoratori della FIREMA, contrariamente a molti altri, in altre parti d’Italia, hanno avuto una sentenza positiva in prima istanza e negativa in Corte d’appello, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale. Stanno peraltro preparando il ricorso in Cassazione.

Cogliamo occasione per pubblicare la storia lavorativa di un responsabile dell’Associazione Esposti Amianto di Padova, anche come indicazione per la ricostruzione del processo produttivo (che va comunque reso con schema a blocchi) e della mansione:

 


Cosa ha rappresentato per me (GUERRINO CARRARO) 1a  storia dell'amianto all'interno delle O.M.S., successivamente FlREMA, la conoscenza, l'esposizione, la diretta lavorazione.

Sono stato assunto dalla ditta O.M.S STANGA, poi FIREMA di Padova, dal 12.10.1970  ed ho terminato il mio rapporto con la FIREMA andando in pensione al 30

1998.

Una premessa mi sembra doverosa: dell’amianto (cioè la conoscenza  diretta del materiale, l'applicazione e i benefici, nel senso tecnico, come buon isolante termico, e acustico) ne ero a conoscenza già negli anni 70.

La conoscenza quasi completa della pericolosità tossicologica (i danni irrimediabili che provoca sull'uomo soprattutto nell'apparato respiratorio), l' ho avuta    solo dalla fine del l 994.

Dal primo giorno di lavoro all'O.M.S, sono stato a contatto con l’amianto. Il mio posto di lavoro è sempre stato in mezzo all'amianto, o al cemento-amianto (chilometri di tubazione rivestite con cemento

amianto). La mia prima prestazione d'opera alla O.M.S è stata nel reparto RECA . Il mio lavoro

consisteva nell'allestimento di carri interfrigo; questi carri erano costruiti con materiale ferroso (anima) il quale veniva imprigionato da materiale combinato (resina amianto, collanti vari). Questi fogli di resina amianto venivano bucati fino a trovare l'anima in ferro che si trovava nel materiale espanso, filettati ed adattati per montare tramite viti, tutti i particolari occorrenti al carro stesso. Gli utensili adoperati erano: trapani (sia elettrici che ad aria compressa) filettatrici, avvitatori, raspe ecc.

I trucioli e la polvere che si facevano con la lavorazione, venivano scopati giornalmente e gettati nei bidoni per la normale discarica.

Nessuno degli operai all'interno dell'officina aveva un posto fisso per tutta la vita lavorativa, di conseguenza anch'io, qualche volta, venivo dirottato alle riparazioni carrozze e carrelli, e in quelle occasioni,  fasciavo con corde in amianto le tubazioni per il riscaldamento delle carrozze. Per accedere al posto di lavoro si doveva attraversare tutto il reparto RECA. Il posto di lavoro era contiguo allo smontaggio delle carrozze e alla loro riparazione. T reparti, o le lavorazioni, all’interno dei capannoni erano aperti tra di loro, quindi la polvere veniva respirata da tutti gli operai che lavoravano in quel capannone.

Per le polveri nessuna protezione né collettiva né individuale veniva adottata, quindi l’esposizione all'amianto era di tutti, e l'amianto che veniva adoperato era sia in corda che in lastre. Nella mia esperienza ho assistito alla lavorazione di tale materiale nella riparazione delle carrozze, con le più varie attrezzature: seghetti, trapani, avvitatori, raspe,  in prevalenza ad aria compressa. Le carrozze (alcune) venivano smontate completamente sia internamente che esternamente, spogliate fino alla porta metallica, se occorreva tagliate  con fiamma ossidrica, mole a disco, scalpelli e quant'altro; sostituite le parti da sostituire metalliche e di altro tipo (sedili, finestrini, WC, panelli radianti o scandigli`) e quindi lastre in amianto con altro amianto. Il tutto in mezzo ad un ambiente che comprendeva anche gli operai non addetti a quella lavorazione., senza nessuna protezione. Tutto questo fino alla fine del 1972 perché dal primo gennaio 1973 al 30.9. 1973 sono stato messo in cassa integrazione. La cassa integrazione è stata per me una buona pausa,  per quanto  non è cambiato niente da quanto descritto precedentemente, mentre io sono stato spostato in altra sede. Nel frattempo 1' O.M.S. si  unifica  la RI.CA. da piazzale Stanga di via Turazza a corso Stati Uniti. La lavorazione dei carri interfrigo venne collocata nella nuova officina nel mezzo del reparto RI.CA.  per circa 1 anno. Terminata la lavorazione sui carri interfrigo, non cambiò niente per me, in quanto andai alla riparazione dei carrelli delle carrozze, per cui subii la stessa esposizione e lo stesso contatto all'amianto. Cosi pure quando sono stato spostato di un'altra capriata per allestire i carri da trasporto (Habis) ancora per circa un  anno. La mia presenza all'interno del capannone RI.CA. si esaurì alla fine ilei 1977 e passai nel reparto manutenzione. Dal gennaio l988 al termine della mia vita lavorativa all'interno della O.M.S – FIREMA ho svolto  il mio lavoro  nel reparto manutenzione e più specificatamente nella  centrale termica come conduttore di caldaie a vapore,  di impianti industriali (acqua, gas, aria) e manutentore degli stessi,   (sistemi di riscaldamento, ventilazione, forni, bruciatori ecc.) La manutenzione e la conduzione di tali impianti mi portavano giornalmente e per diverse volte in   tutti i reparti. Questi bruciatori e forni erano distribuiti nei vari reparti:

1 bruciatore nel magazzino generale a ridosso della manutenzione, dismesso nel 1987, 

2 bruciatori per forni Marini reparto verniciatura per asciugatura delle carrozze     verniciate.

2 bruciatori per forni Adamoli reparto verniciatura per asciugatura

carrozze verniciate.

1 bruciatore per forno Pollin reparto verniciatura per piccoli particolari

verniciati ubicazione ceccoli.

1 bruciatore per forno sala ciclo reparto verniciatura per piccoli particolari

verniciati ubicazione ceccoli dismesso nel 1978.

l bruciatore per prova vapore carrozze in riparazione, situato in centro

reparto Rl.CA. smantellato nel 1987.

2 bruciatori forni cucina operai

 impiegati smantellato nel 1987.

2 bruciatori per vapore pentole in cucina.

2 bruciatori riscaldamento palazzina, mensa servizi.

2 bruciatori per riscaldamento reparto ceccoli e lavaggio carrelli.

3 caldaie a vapore in centrale termica per riscaldamento dei reparti di tutta l'officina.

Tutti questi bruciatori e caldaie erano coibentati da cordoni e lastre in amianto; che periodicamente venivano sostituiti dai caldaisti. e quindi anche da me. Anche per le tubazioni, che trasportavano vapore o acqua surriscaldata, la coibentazione era ed è in cemento amianto. L’usura del tempo, le screpolature o le frequenti riparazioni fatte dal personale della manutenzione, produceva l’uscita di  una notevole quantità di polvere.

Tutti i giorni, più volte al giorno, mi trovavo perciò in mezzo ai reparto   per i controlli delle tubature, per spegnere ed accendere aerotermi per il riscaldamento o per la ventilazione, a seconda della stagione, per gli spurghi degli scaricatori di condensa dell'aria compressa nei cunicoli  e in tutti i reparti.

Tutto questo fino al 1986 quando  sono stati centralizzati  gli interruttori degli aerotermi.

Lo scarico della condensa. dell'aria compressa tramite gli scaricatori venne a cessare, in quanto fu installato un essiccatore centrale che  eliminò l'acqua nell'aria compressa che danneggiava gli utensili adoperati.

Quando ad aprile di ogni anno si spegneva l'impianto di riscaldamento e si procedeva alla manutenzione dello stesso e di tutti i bruciatori, si operava nel modo seguente: riparazione del manto, dei fondi e degli sportelloni con lastre in amianto, sostituzione del cordone in amianto, così come sostituzione di diverse guarnizioni di amiantite che si trovavano tra le valvole di intercettazione

Ed i tubi.

L'impiego di tale materiale era notevole, circa 15, 20 lastre di amianto di diverso spessore, circa 200 metri di cordone in amianto e 30 40 guarnizioni in amiantite ogni anno.

Questo amianto veniva lavorato a mano con seghetti, raspe, trapani ecc. per l'asportazione e la sostituzione. Tutte le lavorazioni erano simili, sia nelle caldaie centrali di riscaldamento che  su tutti i bruciatori spersi all'interno dell'officina e nei servizi, compreso la cucina.

Questo avvenne fino al 1987, fino ad allora si sostituiva amianto con amianto, successivamente amianto con fibra ceramica, cosi pure veniva sostituita l’amiantite con altro materiale privo di amianto. Oltre a questa manutenzione, ho proceduto ad eseguire altri interventi in presenza di amianto come, lo spurgo di condensini di aria compressa nei cunicoli in tutti i reparti, fino al 1986, dove si sollevava Parecchia polvere, come con la soffiatura degli aerotermi in tutti i reparti, che venivi fatta quasi ogni anno fino al 1993 dai caldaisti. L'amianto solido ed in polvere era una presenza costante;.

  L’amianto è stato parzialmente dismesso a partire dal 1993 in varie fasi, senza però che vi sia stata una bonifica totale. Infatti prima della pensione mi sono rivolto alla direzione con lettera in data 2.06.98 per conoscere le intenzioni in ordine alle bonifiche. L’azienda mi ha risposto dicendo che aveva presente il problema e che avrebbe proceduto. Per intanto le cose restavano così. Intanto la copertura di tutti i capannoni è servizi è rimasta in cemento amianto.

 

                                                             



Al Signor Direttore Generale AUSL BR 1

Brindisi

E p.c.

Al Signor Presidente della Provincia

Brindisi

Ai Signori Sindaci della Provincia di Brindisi

Ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza

Acquedotto Pugliese SpA

Brindisi

 

Oggetto: Presenza di fibre di amianto nella rete idrica provinciale: chiarimenti dal Settore Vigilanza igienica sulle Acque dell'Acquedotto pugliese S.p.A. (AQP)

           

Con nota 14061 del 29.3.00 la S.V. rispondeva alla nostra del 15.12.1999 sulla presenza di fibre di amianto nella rete idrica provinciale e nello stesso tempo chiedeva al Settore Vigilanza Igienica dell' AQP, destinatario per conoscenza, alcuni chiarimenti in ordine a:

"criteri di scelta dei siti di campionamento nell'ambito dei tratti di rete con manufatti in c.a.;

criteri di scelta della metodica di analisi;

periodicità delle rilevazioni mirate alla verifica del contenuto di fibre di amianto nelle acque in funzione di ulteriori interventi di monitoraggio dello stato di conservazione delle condotte in c.a.;

criteri di valutazione analitici adottati ai fini della decisione di dismissione/sostituzione di condotte idriche in cemento amianto".

La preghiamo voler comunicare l'eventuale risposta ai quattro quesiti che Codesta Direzione ha posto all'AQP.

Nella stessa nota la S.V. precisava che "circa il quesito in merito alla protezione degli operatori addetti agli interventi di manutenzione e rimozione delle condotte in c.a., si rammentano gli obblighi, da parte del datore di lavoro, di procedere alla valutazione del rischio (art 24 D.Lvo 277/91), di informativa nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti (art. 26 nonché nei casi previsti art 34), di predisposizione dell'apposito piano di lavoro da comunicare all'organo di vigilanza (SPESAL)".

In relazione a questo importante aspetto, che riguarda sia i lavoratori che l'utenza, giacchè in concomitanza degli interventi manutentivi si possono liberare notevoli quantità di fibre di amianto nelle condutture se non vengono adottate rigorose misure preventive, le scriventi organizzazioni chiedono alla S.V. di verificare, per mezzo dello SPESAL,  se gli adempimenti di legge richiamati dalla S.V. sono stati assolti dall'AQP, soprattutto in concomitanza di ogni intervento manutentivo. A questo riguardo le scriventi associazioni desiderano conoscere se in concomitanza degli interventi manutentivi viene effettuata una misura delle fibre di amianto a valle del punto manutenuto e quali misure preventive vengono adottate a tutela della salute degli utenti.

Infine si chiede di conoscere se Codesta AUSL ha gli strumenti ed il personale per un autonome misure delle fibre di amianto in aria ed in acqua.

Distinti saluti

 

Il Referente Provinciale di M.D.                                                Il Coordinatore provinciale AEA

                                                                                                        Maurizio Portaluri

 


 

2. L’UVA AL CARBONE e LA VERA PREVENZIONE

 


La vicenda che ha visto, nei pressi del nastro trasportatore della centrale elettrica di Cerano, venti ettari di vigneto ricoperti da polvere di carbone combustibile, sembra conclusa. Le parti in causa, Enel e coltivatori, hanno siglato un accordo per il quale la prima acquisterà tutta l’uva al carbone. C’è però una terza parte in causa che al momento non sembra aver ricevuto piena tutela: i cittadini inconsapevoli sulle cui tavole quell’uva e soprattutto quel carbone potrebbero andare a finire, se le autorità preposte a prevenire ogni evitabile malanno non sono intervenute, o non interverranno, tempestivamente ed efficacemente.

Per questo l’AEA ha scritto alla AUSL, al Sindaco, Al Ministro ed all’Assessore Regionale alla Sanità per conoscere l’esito degli esami in corso e l’utilizzo che di quell’uva si permetterà, ricordando che il carbone combustibile contiene tra l’altro Zolfo, Cloro, Piombo, Rame, Manganese, Mercurio, Nichel, Arsenico, 226Ra (radioattivo), Cadmio, queste ultime quattro sostanze in grado anche di provocare tumori.

All’AEA infatti non interessa che sia dimostrato un eccesso di tumori tra la popolazione di Brindisi prima che vengano assunti decisi interventi preventivi, ma che sia contrastata ogni immissione nell’ambiente di sostanze tossiche e cancerogene, soprattutto quando l’impiego di moderne tecnologie permetterebbe di raggiungere lo scopo.

La vicenda dell’uva al carbone è emblematica per la visibilità dell’inquinante, ma rimanendo nel settore agroalimentare, sarebbe necessario allargare l’attenzione all’impiego dei pesticidi ed alla qualità delle acque d’irrigazione nei pressi delle discariche, autorizzate o meno che siano.

 

IL COORDINATORE PROVINCIALE

(dott. Maurizio Portaluri)

Brindisi, 11 settembre 2000

 

 

3. Contro le ipotesi di modifica della 257/92 e successive modifiche

 

·         Opporci ad ogni ipotesi peggiorativa delle leggi sull’amianto attualmente in vigore.

E’ in discussione in Parlamento la terza versione della legge detta  Tapparo, dal senatore DS che l’ha presentata. Essa chiede che le attività lavorative che possono essere riconosciute come effettivamente causa di esposizione all’amianto vengano individuate con un decreto del Ministero del Lavoro “sulla base dei caratteri merceologici dei materiali contenenti amianto oggetto delle produzioni”. Questo significa che sarà riconosciuta l’esposizione solo a quei lavoratori che per mansione manipolavano direttamente prodotti

i con amianto. A chi invece, pur avendolo manipolato e respirato, non competeva espressamente come mansione, non verrà riconosciuta l’esposizione. Se passa questa legge, quasi tutte le cause che stiamo facendo saranno spazzate via.

Quali sono i nostri punti fermi:

·         Abbattere la limitazione del falso livello di sicurezza (100 fibre/litro) e  della anti-scientifica barriera dei dieci anni minimi di esposizione per accedere ai benefici pensionistici.

·         Pretendere la separazione tra l’ente che riconosce la malattia professionale e quello che paga i danni subiti. E’ giunto il momento di modificare sostanzialmente la funzione dell’INAIL. Bisogna separare la funzione di chi riconosce gli infortuni e le malattie professionali da quella di chi eroga le rendite. Non può lo stesso ente decidere quali sono i casi  che lui stesso deve risarcire. Troppo evidente è il rischio di badare più al proprio interesse economico che al diritto degli esposti. Il riconoscimento deve essere affidato ai servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro delle ASL.

Istituzione del fondo speciale per l’applicazione dell’articolo 13 Legge 225/92 e successive modifiche, che deve essere finanziato dalle ingenti somme che le aziende dovevano pagare all’INAIL come maggiorazione di premio assicurativo per l’uso di amianto, ma che non hanno mai pagato.

·         Garanzia del monitoraggio sullo stato di salute degli ex esposti all’amianto.

·         Bonifica reale delle fabbriche e del territorio, in condizioni di sicurezza per i lavoratori e i cittadini.

·         Garanzia che i sostituti dell’amianto siano sicuri, prima della loro immissione in produzione e sul mercato.

 (a cura del coordinatore della sezione AEA di Brindisi – Maurizio Portaluri)


 

 

 

[torna all' indice]

DALLA SEZIONE AEA DI TRIESTE

 

 Dopo una folta assemblea alla quale hanno partecipato almeno cinquecento pensionati e lavoratori portuali si è costituita la sezione AEA di Trieste (responsabili Aurelio Psichianz e Giorgio Hikel)che si affianca a quella di Monfalcone (responsabile Duilo Castelli). Il territorio di Trieste e Monfalcone sono quelli che hanno un’alta percentuale di mortalità per mesotelioma. Insieme alla provincia di Genova detengono il triste primato di più elevata mortalità in Italia e probabilmente anche nel mondo. Il porto è il responsabile primo di questa situazione, meglio chi ha diretto il porto chi l’ha utilizzato a fini di profitto, chi ha fatto coibentare le navi con amianto, chi ha fatto scaricare amianto dalle navi senza alcuna protezione per i lavoratori porta la vera responsabilità dei malati e dei morti per esposizione ad amianto. Vale sempre la pena di ricordare che ad ogni lavoratore o cittadino colpito da mesotelioma a causa dell’esposizione all’amianto ve ne sono altri due colpiti da tumore dei polmoni. Un grave disastro.

La sezione AEA di Trieste sta affrontando l’INAIL (ha fatto anche delle manifestazione presso la sua sede decentrata) al fine del riconoscimento dei benefici previdenziali. I lavoratori hanno questo diritto e questo interesse che deve essere ottenuto in base a quanto prevede la legge. Ancora i lavoratori e i pensionati, ma anche tutti gli altri cittadini, hanno l’interesse a cercare di limitare i danni da amianto che si sono accumulati negli anni. Pertanto hanno iniziato a intraprendere alcune azioni legali (oltre quelle sui benefici previdenziali) per il riconoscimento del danno biologico, quindi il risarcimento del danno ai superstiti. Non solo, ma si sta pure intraprendendo un’azione al fine di tenere sotto sorveglianza sanitaria gli esposti, anche se allo stato attuale, non soffrono di alcuna malattia da amianto.

A questo punto l’AEA di Trieste e Monfalcone dovrebbero stilare una vera e propria piattaforma nei confronti della regioni Friuli Venezia Giulia che inizi a verificare se il censimento dei siti contaminati da amianto è stato fatto e quali misure di bonifica sono state prese. Vi è stato pure l’interessamento dell’assessore regionale all’industria che si è rivolto all’AEA nazionale, tramite E-MAIL chiedendo informazioni in proposito. I soci AEA di Monfalcone e Trieste (questi ultimi sono oltre 300) devono avere coscienza di essere una forza e quindi di affermare la necessità di intervenire per sanare la situazione amianto sul loro territorio non come problema marginale, ma come vera e propria emergenza sanitaria.

(nota di Fulvio Aurora)


 

 

 

[torna all' indice]

DALLA SEZIONE AEA DI FOGGIA

Ancora più recentemente si è costituta la sezione AEA di Foggia (responsabile: Marina Notarangelo), principalmente intorno ai problemi dell’esposizione all’amianto dei lavoratori del Poligrafico dello Stato. E’ in programma a breve un convegno per stilare una piattaforma complessiva tendente al solito ad ottenere i benefici previdenziali, le bonifiche, la sorveglianza sanitaria. C’è da aggiungere che l’AEA si è presentata al ministero del lavoro per essere sentita in merito a tutta la vicenda, ma non è stata accolta in quanto – così è stato detto – non è fra le associazioni ambientaliste riconosciute. Dunque se non è riconosciuta non può essere accolta e se non è accolta non può essere riconosciuta! In effetti almeno da dieci anni giace una domanda di riconoscimento formale dell’AEA al ministero dell’ambiente, rifatta tre volte (era andata persa). E’ stata pure fatta una causa al TAR del Lazio e varie interrogazioni parlamentari. Si sono avute grandi promesse, ma nessun fatto concreto “questo riconoscimento non sa da fare ne domani ne mai..”

(nota di Fulvio Aurora)

 

 

[torna all' indice]

 

 

 

 

IL PROBLEMA DEI TETTI IN ETERNIT

 

  La posta elettronica dell’AEA è piena di richieste di informazioni sul che fare dei tetti in eternit (cemento amianto) che sono diffusissimi in tutta la nostra penisola. Si vuole sapere se è obbligatorio rimuoverli e chi deve pagare le spese. A chi ci si deve rivolgere e quali sono le procedure relative per attenere sicurezza.

  In effetti i tetti di cemento amianto costituisco un problema, soprattutto dopo un certo periodo dalla loro installazione che può essere valutato intorno ai diciotto mesi. Infatti gli agenti atmosferici, la manutenzione o altro portano al rilascio e alla dispersione delle fibre. Tale problema è in genere sottovalutato perché ne esistono di più importanti (come l’amianto friabile) e perché, pensiamo noi, è enormemente diffuso.

  Noi riteniamo che nei censimenti dei siti contaminati debbano essere compresi anche i tetti e che debbano essere stabilite le priorità di bonifica secondo il livello di dispersione.

  Inoltre se dei cittadini temono di avere conseguenze dalla vicinanza dei loro ambienti di lavoro e di vita dei tetti in eternit devono essere ascoltati.

  Anzitutto questi cittadini si devono rivolgere alla A-USL, Dipartimento di Prevenzione, Servizio di Prevenzione nei luoghi di lavoro facendo una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno nella quale è comunque specificato la necessità della risposta entro trenta giorni in base a quanto stabilisce la legge 241/90 (che stabilisce anche che ai cittadini richiedenti si deve comunicare chi è il responsabile del procedimento).

   Questa lettere deve spiegare nel dettaglio quale è la situazione, magari corredando il tutto con fotografia, e deve chiedere: a) una visita dei tecnici della A-USL per definire se si tratta effettivamente di materiale contenente amianto; per sapere in quale percentuale è contenuto e che tipo di amianto è;

b) inoltre si deve chiedere per prima cosa la messa in sicurezza (ovvero l’arresto immediato tramite opportune tecniche della dispersione di fibre) ed infine la prescrizione della bonifica ovvero entro quanto tempo questa deve essere fatta.

  In caso di risposte non soddisfacenti, evasive o negative si può rivolgersi alla autorità giudiziaria con un esposto al Procuratore della Repubblica in forma dubitativa esponendo tutto ciò che è già stato fatto e scritto, allegando la documentazione relativa, quindi spiegando che ci si è rivolti alla A-USL senza ottenere risultati e paventando nel caso, omissioni di atti dovuti a carico della A-USL stessa.

  Se anche questo non ottiene risposta non resta che la mobilitazione.

(a cura di Fulvio Aurora)

 

[torna all' indice]

  Questa è la conclusione della sentenza che, provocata dall’ENICHEM di Ravenna, ha ristabilito la legittimità del diritto alla salute. Perché è proprio di questo che si tratta: i benefici previdenziali che possono ottenere dei lavoratori esposti all’amianto per oltre dieci anni, altro non sono che il riconoscimento di una situazione di rischio per tutti e di perdita della salute per molti .

 

  Dobbiamo partire dalla legge 27 marzo 1992 n. 257, che ha definito la messa al bando dell’amianto in ogni sua forma, stabilendo sia le modalità di bonifica e di sostituzione, sia delle provvidenze per le aziende che manipolavano amianto  e  per i lavoratori impiegati ed esposti.  Per questi ultimi una successiva modifica della 257, cioè la legge 4 agosto 1993 n. 271 ha stabilito che: “per i lavoratori che sono stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, gestita dall’INAIL, sia moltiplicato ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”

 

  Molti lavoratori, circa 90.000 si sono rivolti all’ente previdenziale, in genere l’INPS, dimostrando di essere stati impiegati in aziende che a qualunque titolo, in modo indiretto o indiretto, manipolavano amianto, e quindi di essere stati esposti per oltre dieci anni alla famosa fibra killer che ha provocato, provoca e provocherà migliaia di morti e di malati. Per evitare di riconoscere tutte queste domande e per scoraggiarne delle nuove (sono certamente dell’ordine di 10 volte tanto i lavoratori che sono stati esposti all’amianto), è stato escogitata una procedura amministrativa in contrasto con la legge che affidava all’INAIL l’istruttoria delle richieste. In altri termini l’INAIL, tramite il suo organismo tecnico (CONTARP) verificava in ogni azienda se il lavoratore era effettivamente stato esposto chiedendolo alla direzione aziendale e stabilendo sulla base di un criterio dubbio oltre che sbagliato, che potevano essere riconosciuti solo quei lavoratori che erano stati esposti ad un livello quantitativo di amianto superiore alle 100 fibre litro. Tutti sanno, particolarmente l’Agenzia Internazionale di Ricerche sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che non esiste alcun livello di soglia, per quanto basso, al di sotto del quale si possa escludere la possibilità di contrarre una malattia, particolarmente un tumore, visto che l’amianto è un cancerogeno certo.

 

 L’INAIL ha comunque certificato che circa 12.000 lavoratori erano nelle condizioni di esposizione, quindi l’INPS ha proceduto al riconoscimento dei benefici pensionistici. Per tutti gli altri lo ha negato, spingendo molti di questi a rivolgersi al giudice del lavoro per contestare il provvedimento.

Così è avvenuto per alcuni lavoratori della ENICHEM di Ravenna che nel 1998 hanno ottenuto una sentenza favorevole. Il giudice del lavoro nei fatti ha negato la procedura e ha riconosciuto il diritto dei lavoratori esposti indipendentemente dal quantitativo di amianto presente negli anni (sempre difficile da determinare), solo fondandosi sul chiaro dettato legislativo, quindi verificando semplicemente che essi erano stati esposti per almeno 10 anni.

  L’azienda ha appellato il giudizio e, in sede di dibattimento in Corte d’Appello, ha chiesto e ottenuto  il rinvio degli atti alla Corte Costituzionale accampando l’incostituzionalità dell’articolo di legge in questione sulla base degli articoli 3 e 81 della Costituzione. In altri termini ha cercato di dimostrare una disparità di trattamento fra i lavoratori esposti nel senso che non sarebbero stati selezionati in base all’esposizione, quindi trattati tutti allo stesso modo (violazione del principio di uguaglianza dell’articolo 3) e che in più questo avrebbe portato a riconoscere troppi lavoratori per le casse dello stato, quindi si sarebbe violato l’articolo 81 della Costituzione che prevede per ogni legge la relativa copertura finanziaria.

  La Corte Costituzionale ha respinto con la sentenza n. 5 del 10 gennaio ambedue le eccezioni sostenendo per la prima che la selezione dei lavoratori era legata ai dieci anni di esposizione e che il rischio  era reale per tutti proprio per la loro effettiva esposizione (indipendentemente dai quantitativi di amianto presenti nei luoghi di lavoro).

  Una sentenza   ricca di conseguenze:

Viene ristabilito il diritto alla salute come principio assoluto, indipendentemente dalle esposizioni economiche delle aziende o dello stato. I lavoratori devono essere messi in condizione di non contrarre danni alla salute per l’attività lavorativa che svolgono (cfr. articolo 2087 del codice civile);

I lavoratori che hanno un giudizio pendente, dopo questa sentenza, avranno ragione, sempre nella misura in cui saranno stati in grado di dimostrare che sono stati esposti. Pertanto la procedura amministrativa stabilita fra ministero del lavoro e parti sociali, attuata dall’INAIL e dall’INPS,  risulta essere priva di senso oltre che in contrasto con la legge, quindi essa   è anticostituzionale;

I lavoratori che sono stati esposti per oltre dieci anni e che ancora non hanno fatto domanda, avranno più facilità ad essere riconosciuti.

  Tutta questa vicenda da fiducia, nel senso che il vecchio slogan “la lotta paga” ritorna in uso e apre la strada a tutta quella grande lotta da tanto  iniziata, sparsa per tutto il territorio nazionale, per la bonifica dei siti dove è presente amianto, per chiedere che gli  ex esposti all’amianto vengano  seguiti dal punto di vista sanitario anche quando hanno lasciato il lavoro ed infine per infilare il dito nella piaga dell’INAIL che riconosce pochissime malattie professionali, e fra queste ancor meno i tumori, per arrivare a affidare, invece, alle A-USL - dipartimento di prevenzione - i riconoscimenti di malattia professionale per i lavoratori aventi diritto.

   Certo la vigilanza non sarà mai troppa, perché non si vorrebbe che quello che la Corte Costituzionale ha sancito, non venga modificato, in senso restrittivo, da una legge ordinaria.

 

Milano, 15 gennaio 2000

 


 

Sentenza numero 5 del 10 gennaio 2000

 

La Corte costituzionale   ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato dal decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271, promossi con ordinanza emessa il 30 aprile 1998 dal Tribunale di Ravenna nei procedimenti civili riuniti vertenti tra l'ENICHEM S.p.A. ed altri e Billi Giacomo ed altri, iscritta al n. 501 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1998, nonché con ordinanza emessa il 24 settembre 1998 dal Pretore di Vicenza nel procedimento civile vertente tra M. Cesare ed altro e la FERVET S.p.A. ed altro, iscritta al n. 873 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visti gli atti di costituzione dell'ENICHEM S.p.A., di Billi Giacomo ed altri, dell'INAIL e dell'INPS, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 ottobre 1999 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Luciano Spagnuolo Vigorita per l'ENICHEM S.p.A., Michele Miscione per Billi Giacomo ed altri, Antonino Catania per l'INAIL, Carlo De Angelis per l'INPS e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

l. - Il Tribunale di Ravenna, con ordinanza del 30 aprile 1998 (R.O. n. 501 del 1998) emessa quale giudice di gravame nella causa fra gli appellanti ENICHEM S.p.A., INPS e INAIL e gli appellati Billi Giacomo ed altri, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale  dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto) [1]

, come modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271. La disposizione prevede, "per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni", che "l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL", sia "moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5".

Il giudice a quo muove dalla premessa che "l'unica interpretazione tecnicamente corretta" della disposizione denunciata sia quella "che attribuisce il beneficio a tutti i lavoratori dei quali sia stata provata una qualunque esposizione ultradecennale all'amianto, a prescindere dal grado di essa". Interpretazione ricostruibile, ad avviso del rimettente, oltre che dal tenore letterale della norma e dal contesto nel quale essa si inserisce (sistema misto di assicurazione delle malattie professionali), anche in virtù di quanto è dato desumere, da un lato, dai lavori preparatori della legge n. 271 del 1993, che, nel convertire il decreto-legge n. 169 del 1993, individuò, per l'appunto, i beneficiari semplicemente nei "lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni", in tal modo escludendo "che il beneficio potesse accordarsi a speciali categorie di lavoratori"; dall'altro, in forza dei "tentativi", posti in atto da un successivo disegno di legge (n. 2553 del 25 giugno 1997), di apportare modifiche alla norma per introdurre delle limitazioni nella platea dei potenziali destinatari".

Sicché, la censurata disposizione è da reputarsi "svincolata nei suoi presupposti applicativi da qualunque parametro predeterminato", potendo essere "applicata o disapplicata sulla base di un solo dato. - l'esposizione ultradecennale all'amianto - che senza alcun'altra specificazione tecnica può essere, in sede giudiziaria, affidata a valutazioni, sensibilità, risultati probatori, del tutto liberi da standard di riferimento, tali da consentire uguali decisioni per casi di diversa pericolosità, o decisioni diverse per casi sostanzialmente uguali"; donde il suo contrasto con l'art. 3 della Costituzione [2].

Nel rilevare, altresì, che la denunciata norma affida la sua esecuzione, in sede amministrativa, "alla mera discrezionalità della pubblica amministrazione, con potenziale lesione del principio di imparzialità", il rimettente osserva che l'assenza di ogni riferimento a categorie di lavorazioni e di ogni specificazione circa il tipo di contatto con le fibre (per inalazione o per ingestione) allarga a dismisura la platea degli interessati, secondo una casistica che può divenire infinita.

Pertanto, "a causa dell'indeterminabilità di tutti i possibili destinatari del beneficio", verrebbe meno, ad avviso del giudice a quo, il quale richiama in proposito le valutazioni ed i calcoli dell'INPS e dell'INAIL riportati nella relazione al già menzionato disegno di legge, "la possibilità stessa di indicare la copertura finanziaria della legge", con conseguente violazione anche dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.

 

1.1. - Si è costituita in giudizio l'ENICHEM S.p.a. appellante nel giudizio a quo - la quale, all'esito di ampie e circostanziate argomentazioni, ha concluso per sentir dichiarare l'incostituzionalità della disposizione denunciata, "ove la norma stessa non possa essere interpretata" nel senso che "per titolari del beneficio contributivo devono intendersi ... i lavoratori per i quali l'azienda ha versato all'INAIL il premio supplementare per asbestosi, o per i quali sussistono comunque i presupposti per il versamento", valendo al riguardo il "principio razionalizzatore" della "graduazione del rischio effettivo, che ha ispirato l'intera vicenda normativa".

Sicché, in assenza del requisito del "rischio" (con riferimento "ad un periodo decennale continuativo ... e collocato in immediata connessione temporale con la domanda di riconoscimento" del beneficio), la parte privata sostiene che il censurato art. 13, comma 8, arreca un vulnus agli artt. 3 e 41, primo comma, della Costituzione [3],

in virtù della sua irrazionalità e della grave incidenza "sullo svolgimento della privata iniziativa economica ... e sulla finanza pubblica".

Quanto poi alla violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione [4],

 la memoria osserva che "la norma, irrazionalmente formulata in termini assolutamente generici e totalmente priva di criteri per il governo del suo processo interpretativo,/applícativo", non consente "di determinare la provvista dei mezzi finanziari per far fronte agli enormemente rilevanti oneri a carico dello Stato".

1.2. - Si è costituito in giudizio anche l'INAIL, appellante nel giudizio principale, il quale - pur affermando la propria assoluta estrancità ai giudizi promossi dai lavoratori interessati (stante il rivestito ruolo che "è unicamente quello certificatorio") - ha, in ogni caso, concluso per la "declaratoria di fondatezza della questione".

Al riguardo, l'Istituto - eccependo, in via preliminare, il difetto di rilevanza della questione poiché "tutti gli interessati risulterebbero ancora lavoratori dipendenti e quindi non in posizione tale da poter far valere diritti pensionistici" - osserva, che l'interpretazione data alla norma dal rimettente (interpretazione che l'Istituto, peraltro, contesta) verrebbe, come tale, "palesemente a confliggere con ì parametri di cui agli artt. 3 e 81, quarto comma della Costituzione".

1.3. - L'INPS ha depositato fuori termine (in data 15 dicembre 1998), una memoria di costituzione.

1.4. - Si sono costituiti, altresì, Billi Giacomo ed altri. appellati nel giudizio principale e già ricorrenti in primo grado, per sentir dichiarare l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza della questione.

Le parti private sostengono, in primo luogo, che i profili di in costituzionalità prospettati dal giudice a quo risultano contraddittori fra loro e "finiscono per eliminarsi a vicenda". E ciò in quanto, il rimettente, muovendo dalla denunciata "indeterminatezza" della norma, da un lato, desume "una possibilità di selezione eccessiva", che creerebbe il rischio di "esclusioni di casi di pericolosità non inferiore ad altri ammessi" (donde la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione) e, dall'altro, "ipotizza tutto il contrario e cioè, che mancherebbe la selezione e tutti potrebbero conseguire i benefici, con la conseguenza di rendere impossibile una previsione di spesa e la copertura finanziaria".

Ad avviso delle medesime parti private, l'indicazione da parte della legge "di un unico requisito preciso e rigoroso, qual'è l'esposizione ultradecennale all'amianto, garantisce, non solo la "determinatezza" della norma, ma anche una grande selezione", nonché una uniformità di trattamento, tanto da far cadere le prospettate violazioni degli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione.

In realtà - argomentano ancora le parti costituite "il Tribunale di Ravenna cade nell'errore di confondere la genericità con la determinabilità della norma", che rappresenta il portato di una tecnica legislativa molto diffusa, sia in ambito penale che di lavoro.

Oltretutto, si osserva ancora nella memoria, "per i benefici dell'amianto, la legge non si limita a dettare criteri di determinabilità, ma indica direttamente requisiti immodificabili (esposizione ultradecennale)".

Quanto, infine, all'ipotizzata violazione dell'art. 81 della Costituzione, la difesa delle parti private eccepisce il difetto di rilevanza della questione, in quanto non risulterebbe dimostrata la carenza di copertura finanziaria "per il caso sottoposto" al giudizio del rimettente; elemento, questo, che potrebbe emergere "solo in una fase di esecuzione della sentenza di condanna, se a quel punto l'Istituto previdenziale avesse dimostrato di non avere la copertura di bilancio". E questo a tacer del fatto che, ad avviso delle medesime parti costituite, in sede di vaglio di costituzionalità, l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, può venire in rilievo unicamente "per la copertura delle spese dello Stato".

1.5. E' intervenuto anche il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale, "riservando ogni più ampia difesa", ha chiesto che la sollevata questione "venga dichiarata inammissibile e comunque manifestamente infondata".

1.6. - In prossimità dell'udienza, le parti private costituite hanno depositato memorie illustrative.

1.7. - L'ENICHEM S.p.A., nel ribadire le conclusioni rassegnate nell'atto di costituzione, rileva che le istanze presentate ai fini del riconoscimento dei benefici di cui trattasi sono, nel frattempo, ulteriormente lievitate, risultando così confermata la mancanza di una seria copertura degli oneri finanziari.

Quanto, poi, alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, si sostiene che la dedotta irrazionalità dell'art. 13, comma 8, trova ulteriore argomento rafforzativo "con riferimento all'intervento legislativo in punto di "lavori usuranti"", previsto dall'art. 1, comma 35, della legge 8 agosto 1995, n. 335 [5],

 il quale non solo richiede il requisito della "maggiore penosità nel lavoro, in termini di rilevante esposizione al rischio e diminuzione delle aspettative di vita", ma è anche "rigorosamente parametrato sull'arco temporale di effettivo svolgimento dell'attività lavorativa particolarmente usurante".

Detto ultimo requisito emerge ancor più chiaramente   dall'art. 2 del decreto ministeriale 19 maggio 1999 [6], "in cui sono considerate "particolarmente usuranti" non tutte le attività di asportazione dell'amianto, ma solo quelle svolte continuativamente, e con carattere di prevalenza nei confronti di altre mansioni".

1.8. - Le altre parti private costituite (e cioè gli appellati nel giudizio principale) insistono, invece, perché la sollevata questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

Sotto il profilo dell'ipotizzata violazione dell'art. 3 della Costituzione, si sostiene l'inammissibílità della questione, attenendo essa "non al contenuto della legge ordinaria in discussione, ma alla sua eventuale e futura applicazione". Peraltro, non essendo espressamente denunciata dal rimettente alcuna ingiustificata disparità di trattamento, ovvero una ingiustificata parificazione di situazioni diverse, l'ordinanza "si espone altresì alla censura di assoluta genericità".

Invero, conclude al riguardo la memoria, più che alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, il giudice a quo sembra "alludere ad una pretesa di rigorosi obblighi di tassatività e di necessaria determinatezza", i quali assumono rilievo in riferimento alle sole norme penali   (art. 25 della Costituzione) [7].

In ogni caso, le parti private - nel ribadire le ragioni già illustrate nell'atto di costituzione - escludono "che il legislatore fosse vincolato sul piano della razionalità normativa a fare riferimento ad una ristretta "categorìa di lavorazioni" o di lavoratori", con una delimitazione che, peraltro. avrebbe significato "ignorare il problema dell'impiego dell'amianto su larga scala ed in molteplici attività lavorative".

Le medesime parti sostengono, inoltre, che "non esistono limiti al di sotto dei quali possono escludersi patologie da asbesto", sicché è da negare, anche, che "il legislatore fosse vincolato sul piano della legittimità costituzionale a delimitare l'area dei destinatari in funzione di valori limite".

Pertanto, aver ancorato l'erogazione del beneficio al solo fatto dell'esposizione ultradecennale all'amianto "risulta essere stata una chiara e meditata scelta discrezionale del legislatore", non sindacabile se non viene indicato "quale sia il parametro logico, tecnico, scientifico, normativo (di coerenza interna o esterna) che il legislatore avrebbe violato andando oltre i limiti della sua discrezionalità".

Quanto all'asserita violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, la memoria insiste sulla "carenza di rilevanza ed inammissibilità per genericità e contraddittorietà della questione prospettata", avanzando "molte perplessità" in ordine alle previsioni di spesa formulate dall'ordinanza di remissione, sulla base di dati "sprovvisti di qualsiasi riscontro" e di contraddittorie valutazioni dell'onere finanziario medio pro capite.

Le parti private rammentano, infine, sia la procedura da attivarsi allorché si verifichino "scostamenti rispetto alle previsioni di spesa", anche nel caso di "sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri", sia l'orientamento della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 384 del 1991, n. 12 del 1987 e n. 1 del 1966) in punto di copertura di una spesa "futura", secondo cui non è richiesta una rigorosa puntualità di indicazione, tanto più se la spesa, per sua natura, "a priori è solo determinabile e solo a posteriori determinata nella sua esatta entità".

2. Con ordinanza in data 24 settembre 1998 (R.O. n. 873 del 1998), anche il Pretore di Vicenza, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 13, comma 8, "nella parte in cui non indicando un limite quantitativo o qualitativo della esposizione all'amianto consente l'applicazione del beneficio previdenziale ad una serie indeterminata di destinatari".

Quanto alla rilevanza della sollevata questione, il rimettente osserva che i ricorrenti nel giudizio principale "sono dipendenti di datore di lavoro privato assicurato presso l'INAIL; che l'INAIL e l'INPS hanno riconosciuto l'esposizione a rischio sino al 1985", mentre gli interessati ne chiedono l'accertamento sino al 1998.

In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva che l'interpretazione letterale della disposizione censurata "può portare a ritenere che qualsiasi esposizione all'amianto, prescindendo da limiti quantitativi e qualitativi, e dunque da qualsiasi parametro di potenziale rischio di malattia (possibile, probabile o effettivo), sia in sé e per sé sufficiente per godere del beneficio previdenziale, purché ultradecennale".

Ma una siffatta esegesi della norma - osserva l'ordinanza di rimessione - "in sostanza equipara, sotto il profilo del godimento dei benefici previdenziali, situazioni di fatto assolutamente non omogenee ..., atteso che consente il godimento del pensionamento anticipato in presenza tanto di situazioni di possibile rischio da esposizione all'amianto, quanto di situazioni di probabile o di sicuro rischio dall'esposizione alle stesse sostanze morbigene, purché ultradecennale".

Donde la prospettata violazione dell'art. 3 della Costituzione, "in forza del quale, se da un lato non possono essere trattate diversamente situazioni identiche, non possono nemmeno essere trattate ugualmente situazioni obiettivamente diverse".

2.1. - Si è costituito in giudizio l'INPS rilevando, preliminarmente, che non può essere ritenuta sufficiente, per il godimento dell'eccezionale beneficio previsto dalla norma, una teorica, o presunta, o pura e semplice esposizione all'amianto, risultando necessaria una esposizione tale da comportare effettivo rischio e pericolo per la salute del singolo lavoratore. Tuttavia, nel richiamare la diversa interpretazione accolta dal rimettente, l'Istituto ha concluso "per la fondatezza della questione".

2.2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per sentir dichiarare "inammissibile" la proposta questione di costituzionalità.

In proposito la difesa erariale ha eccepito, anzitutto, "il difetto di congrua motivazione sulla rilevanza della questione", assumendo che, prima di sollevarla, "il Pretore avrebbe dovuto verificare se la domanda dei ricorrenti fosse o meno coperta da giudicato che stabiliva il loro diritto solo nei periodi in cui era stata superata la soglia minima determinata a norma del decreto legislativo n. 277 del 1991".

Evidenzia, inoltre, l'Avvocatura dello Stato, relativamente alla situazione creatasi a seguito della legge n. 271 del 1993, che "l'onere globale dell'applicazione del comma 8 in questione, non è evidentemente sorretto da adeguata copertura finanziaria", tanto che l'impossibilità di contenere il numero dei beneficiari in sede amministrativa ha determinato la predisposizione, "fin dal 23 maggio 1996", di una norma di interpretazione dell'art. 13, comma 8.

Considerato in diritto

1 - Le ordinanze in epigrafe dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993), n. 271.

La disposizione denunciata concede, ai "lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni", il beneficio, da far valere "ai fini delle prestazioni pensionistiche", di una rivalutazione dei periodi assicurativi e ciò attraverso il meccanismo della moltiplicazione, "per il coefficiente di 1,5", dell'"intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL".

 

1.1. - Il Tribunale di Ravenna (R.O. n. 501 del 1998), reputando che "l'unica interpretazione tecnicamente corretta" del censurato art. 13, comma 8, sia quella che "attribuisce il beneficio a tutti i lavoratori dei quali sia stata provata una qualunque esposizione ultradecennale all'amianto, a prescindere dal grado di essa", denuncia, anzitutto, il contrasto della disposizione in parola con l'art. 3 della Costituzione, giacché, in assenza di "qualunque parametro predeterminato", di "specificazioni tecniche" e di "standards di riferimento", la stessa risulterebbe applicabile, in sede giudiziaria, in termini "tali da consentire uguali decisioni per casi di diversa pericolosità o decisioni diverse per casi sostanzialmente uguali". Ciò, peraltro, non senza rilevare la "potenziale lesione del principio di imparzialità" derivante dalla circostanza che l'esecuzione della menzionata norma in sede amministrativa è affidata "alla mera discrezionalità della pubblica amministrazione".

Inoltre, secondo il giudice a quo, il censurato art. 13, comma 8, pretermettendo ogni riferimento "a categorie di lavorazioni" e "al tipo di contatto con le fibre", allarga "a dismisura la possibile platea degli interessati": sicché, proprio "a causa dell'indeterminabilità" di tutti i potenziali destinatari del beneficio, verrebbe meno "la possibilità stessa di indicare la copertura finanziaria della legge", con conseguente violazione anche dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.

1.2. - Dal suo canto, il Pretore di Vicenza (R.O. n. 873 del 1,998), muovendo dall' "interpretazione letterale della disposizione denunciata", reputa che sia, sufficiente, per l'accesso al beneficio della rivalutazione dei periodi assicurativi, "qualsiasi esposizione all'amianto", a prescindere da ogni "parametro di potenziale rischio di malattia"; in tal modo, l'art. 13, comma 8, "nella parte in cui non indicando un limite quantitativo o qualitativo della esposizione all'amianto consente l'applicazione del predetto beneficio previdenziale ad una serie indeterminata di destinatari", verrebbe a provocare - ad avviso del rimettente - un possibile vulnus all'art. 3 della Costituzione, a causa dell'irragionevole equiparazione di "situazioni di fatto assolutamente non omogenee" e cioè quelle "di possibile rischio da esposizione all'amianto" e quelle "di probabile o di sicuro rischio" di esposizione alla stessa sostanza morbigena, purché ultradecennale.

2. - 1 giudizi, avendo ad oggetto la medesima disposizione, rispetto alla quale vengono formulate censure in parte analoghe o comunque connesse, vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

3. - Preliminarmente deve essere rilevata la tardività della costituzione dell'INPS nel giudizio di cui all'ordinanza di rimessione del Tribunale di Ravenna (R.O. n. 501 del 1998, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 28, prima serie speciale, del 15 luglio 1998), effettuata con memoria depositata oltre il termine stabilito dagli artt. 25, secondo comma, della legge n. 87 del 1953, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; onde l'inammissibilità della costituzione stessa.

4. - Ancora in via preliminare, va esaminata l'eccezione di inammissibilità che l’INAIL ha formulato avverso la questione proposta dal menzionato Tribunale, evidenziando, in particolare, che "tutti gli interessati risulterebbero ancora lavoratori dipendenti e quindi non in posizione tale da poter far valere diritti pensionistici", con conseguente Metto di rilevanza della questione nel processo pendente dinanzi al rimettente.

Tale eccezione non può essere accolta, essendo sufficiente rilevare che - come emerge dall'ordinanza di remissione -- il giudizio a quo ha per oggetto una domanda di accertamento del diritto al beneficio previdenziale contemplato dalla denunciata disposizione, il cui eventuale riconoscimento verrebbe ad incidere attualmente sulla posizione pensionistica degli interessati, in guisa di incremento della contribuzione utile ai fini di un futuro trattamento pensionistico.

5. -- Occorre, infine, delibare, sempre preliminarmente, l'eccezione di inammissibilità avanzata dall'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri avverso l'ordinanza di remessione del Pretore di Vicenza (R.O. n. 873 del 1.998), in ordine alla quale si assume la carenza di congrua motivazione sulla rilevanza della proposta questione, per non aver il giudice a quo verificato "se la domanda dei ricorrenti fosse o meno coperta da giudicato che stabiliva il loro diritto solo nei periodi in cui era stata superata la soglia minima determinata a norma del decreto legislativo n. 277 del 1991".

Anche a prescindere dal fatto che la difesa erariale non chiarisce quale sia il giudicato che, nel pendente giudizio di primo grado, ostacola l'eventuale riconoscimento del diritto vantato dai ricorrenti, l'eccezione non può trovare, in ogni caso, accoglimento, dovendosi a tal fine rilevare, in modo assorbente, che il giudice a quo - alla stregua di quanto è dato evincere dalla stessa ordinanza di remessione - ha adeguatamente esplicitato i fatti e le ragioni del contendere, che fanno leva sulla necessaria applicazione della disposizione censurata, e ciò tramite una plausibile motivazione che consente di apprezzare la sussistenza del requisito della pregiudizialità tra incidente di costituzionalità e giudizio principale.

6. - Nel merito le questioni non sono fondate.

Onde valutarne compiutamente la portata, conviene muovere dal contesto normativo in cui esse si collocano, e cioè dalla legge 27 marzo 199-9, n. 257, la quale, preceduta da una disciplina comunitaria, già da tempo, consapevole della necessità di protezione contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto sul luogo di lavoro (direttiva del Consiglio n. 477 del 1983, modificata dalla direttiva n. 382 del 1991), ha dettato "norme relative alla cessazione dell'impiego" di tale sostanza, esplicitando, tra le proprie finalità, quelle della dismissione dalla produzione e dal commercio dell'amianto medesimo e dei relativi prodotti, nonché della decontaminazione e della bonifica (art. 1).

Il medesimo provvedimento legislativo ha individuato, altresì, i "valori limite" di concentrazione di fibre di amianto respirabili nei luoghi di lavoro, rinviando a tal fine a quelli fissati dall'art. 31 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, che ha provveduto essa stessa a modificare tramite l'art. 3, comma 4, a sua volta recentemente sostituito dall'art. 16 della legge 24 aprile 1998, n. 128 [8].

Nella stessa legge n. 257 del 1992 si rinvengono, inoltre, talune "misure di sostegno per i lavoratori" (capo IV, art. 13), costituite da una diversificata gamma di benefici previdenziali, tra i quali sono da rammentare, segnatamente, quelli:

1) dell'accesso, per i lavoratori occupati in imprese che utilizzano o estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, al pensionamento anticipato in costanza di determinati requisiti contributivi, beneficiando di una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva (comma 2);

2) della rivalutazione, ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori delle miniere e cave di amianto, del numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di prestazione lavorativa (comma 6);

3) di analoga rivalutazione per il periodo di provata esposizione all'amianto in favore dei lavoratori che abbiano contratto, a causa di detta esposizione, malattie pro-

fessionali documentate dall'INAIL (comma 7);

4) della rivalutazione, altresì, dei periodi assicurativi in favore dei lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a 10 anni (comma 8).

Proprio in riferimento a quest'ultimo beneficio va, peraltro, segnalato che la norma che lo contemplava - prevedendo che "ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i periodi di, lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'INAIL", quando superavano i 10 anni, fossero "moltiplicati per il coefficiente di 1,5" - aveva dato luogo ad incertezze interpretative in ordine all'entità delle agevolazioni accordate dal legislatore; incertezze risolte attraverso una disposizione, contenuta nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169, la quale, in sostituzione dei comma 8 dell'art. 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, stabiliva che "per i lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse, che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5".

In sede di conversione del predetto provvedimento d'urgenza, la legge 4 agosto 1993, n. 271, ha soppresso la locuzione "dipendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano -amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse", così intendendo soddisfare - secondo quanto si evince dai lavori preparatori - l'esigenza di attribuire centralità, ai fini dell'applicazione del beneficio previdenziate, all'assoggettamento dei lavoratori all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'amianto, escludendo, al tempo stesso, ogni selezione che potesse derivare dal riferimento alla tipologia dell'attività produttiva del datore di lavoro.

Ne è derivata la disposizione oggetto del presente scrutinio di costituzionalità, alla quale fa riscontro, sotto il profilo finanziario (comma 22 del già menzionato art. 1 del decreto-legge n. 169 del 1993, nel testo risultante dalle modifiche adottate in sede di conversione), uno specifico stanziamento di lire 35 miliardi per il 1994 e di lire 37 miliardi per il 1995, aggiuntivo di quello a suo tempo previsto dal comma 12 dell'originario art, 13 della legge n. 257 del 1992 (6 miliardi di lire per il 19921, 60 miliardi di lire per il 1993 e 44 miliardi di lire per il 1994).

7. - Così ricostruite le vicende legislative che sono alla base della denunciata dìsposizione, va rilevato che i rimettenti muovono entrambi dall'assunto che il censurato art. 13, comma 8, delinei una fattispecie legale attributiva di un beneficio previdenziale, la quale, concentrandosi sull'unico dato dell'esposizione ultradecennale all'amianto, sarebbe di per sé insufficiente per una congrua selezione degli aventi diritto. Donde il denunciato contrasto della disposizione stessa con l'art. 3 della Costituzione.

Secondo il Tribunale di Ravenna, a causa della indeterminabilità di tutti i potenziali destinatari della norma, risulterebbe, altresì, violato l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, mancando "la possibilità stessa di indicare la copertura finanziaria della legge".

8. - In relazione al primo degli accennati profili di censura, occorre rilevare che, trattandosi di stabilire se la disposizione sia tale da determinare la irragionevole equiparazione dì situazioni non tutte meritevoli di eguale tutela, il giudizio richiesto alla Corte si incentra, così come altra volta rilevato (vedi, in particolare, sentenza n. 89 del 1996), sul "perché" una determinata disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento, quella specifica equiparazìone (oppure, a seconda dei casi, quella specifica distinzione), traendone, quindi, le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo. Solo nel caso in cui una siffatta verifica dovesse evidenziare una carenza di causa o ragione della discipliria introdotta potrà dirsi realizzato un vizio di legittimità costituzionale della norma, proprio perché fondato sulla irragionevole omologazione di situazioni diverse. Va da sé, al tempo stesso, che, non essendo consentito al controllo di costituzionalità di travalicare in apprezzamenti che sconfinino nel merito delle opzioni legislative, non può ovviamente venire in considerazione, agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone del l'eguaglianza, qualsiasi incoerenza, disarmonia o contraddittorietà che una determinata previsione normativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire.

9. - Ciò posto, è da escludere che la disposizione denunciata si configuri, contrariamente a quanto ritengono i giudici a quibus, in guisa tale da inibire, in virtù della latitudine del suo dettato, ogni possibilità di sua ragionevole interpretazione ed applicazione, sì da risultare portatrice di una ingiustificata omologazione di situazioni tra loro diverse tali da ritenere infatti che il censurato art. 13, comma 8, possa trovare, attraverso la convergenza degli ordinari criteri ermeneutici (letterale, sistematico e teleologico), congrua definizione nella sua portata, in vista della sua piana e puntuale applicazione.

Lo scopo della disposizione censurata, secondo quanto si evince dalla accennata ricostruzione della relativa vicenda normativa, va rinvenuto nella finalità di offrire, ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità morbigene. Il criterio dell'esposizione decennale costituisce un dato di riferimento tutt'altro che indeterminato, specie se si considera il suo collegamento, contemplato dallo stesso art. 13. comma 8, al sistema generale di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'amianto, gestita dall'INAIL.

Nell'ambito di tale correlazione, il concetto di esposizione ultradecennale, coniugando l'elemento temporale con quello di attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela previdenziale (artt. 1 e 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965), viene ad implicare, necessariamente, quello di rischio e, più precisamente, di rischio morbigeno rispetto alle patologie, quali esse siano, che l'amianto è capace di generare per la sua presenza nell'ambiente di lavoro; evenienza, questa, tanto pregiudizievole da indurre il legislatore, sia pure a fini di prevenzione, a fissare il valore massimo di concentrazione di amianto nell'ambiente lavorativo, che segna la soglia limite del rischio di esposizione (decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 e successive modifiche).

La disposizione denunciata poggia, quindi, su un sicuro fondamento, rappresentato sia dal dato di riferimento temporale sia da quella nozione di rischio che, come noto, caratterizza il sistema delle assicurazioni sociali.

Ne consegue che la norma censurata, esprimendo, nella sua effettiva portata, un precetto adeguatamente definito negli elementi costitutivi della fattispecie che ne è oggetto e congruamente correlato allo scopo che il legislatore si è prefisso, non vulnera, in conclusione, il parametro dell'art. 3 della Costituzione evocato da entrambi i rimettenti.

10. - Anche l'ulteriore doglianza, avanzata dal Tribunale di Ravenna, facendo leva sulla pretesa violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, non merita accoglimento.

Una volta accertata l'infondatezza della prima censura esaminata, non possono non cadere automaticamente anche le ulteriori implicazioni che detto Tribunale tende a trarne, sul piano della supposta indeterminabilità dei destinatari e della conseguente impossibilità di stabilire l'entità degli oneri finanziari connessi alla norma denunciata. E questo a tacere del fatto che la censura di mancato rispetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, si richiama a dati privi di adeguato riscontro (in quanto desunti dalla relazione ad un disegno di legge di gran lunga successivo all'epoca di emanazione della disposizione censurata, il quale, a sua volta, attinge ad ulteriori fonti). Si tratta perciò di elementi non utili per quel giudizio di attendibilità che, in tema di copertura degli oneri finanziari pluriennali, questa Corte è chiamata qui a svolgere (vedi, tra le altre, sentenze n. 25 del 1993 e n. 384 del 1991); giudizio in vista del quale, stando ai termini in cui la censura viene prospettata, si è portati piuttosto a considerare, a smentita dell'assunto del rimettente, sia il fatto che non manca nella legge una specifica disposizione di copertura finanziaria delle spese derivanti dal denunciato art. 13, comma 8, sia, infine, che la copertura stessa è stata a suo tempo ritenuta adeguata anche dalla Corte dei conti, nell'esercizio della funzione di referto quadrimestrale al Parlamento sulle leggi di spesa (vedi delibera n. 6/REF/93, del 5 novembre 1993).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale di Ravenna, e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Vicenza, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2000.

(Firme)

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 2000

 

Note

1.             L'articolo 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992 n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto) prevede che tutti i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per più di dieci anni godano, ai fini della pensione, di una moltiplicazione per 1,5 dell'intero "periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL".

2.             L'articolo 3 della Costituzione è il seguente: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.             È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

3.             L'articolo 41 della Costituzione dice: "L’iniziativa economica privata è libera.     Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali".

4.             Ecco il testo dell'articolo 81 della Carta fondamentale: "Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".

5.             La legge 8 agosto 1995 n. 335 è la "Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare". Il comma 35 dell'articolo 1 dice: "All'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo li agosto 1993, n. 374, è aggiunto, in fine, il, seguente periodo: "Per i lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti, per le caratteristiche di maggior gravità dell'usura che questi presentano, anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità, viene, inoltre, ridotto il limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione nelle attività di cui sopra, fino ad un massimo di ventiquattro mesi complessivamente considerati"".

6.             Il decreto 19 maggio 1999 detta i "Criteri di individuazione delle mansioni usuranti". Questo il testo dell'articolo 2: "1. Nell'ambito delle attivita' particolarmente usuranti individuate nella tabella A, allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n.374, sono considerate mansioni particolarmente usuranti, in ragione delle caratteristiche di maggiore gravita' dell'usura che esse presentano anche sotto il profilo dell'incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socioeconomiche che le connotano, le seguenti, svolte nei vari settori di attività economica: lavori in galleria, cava o miniera": mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;  "lavori nelle cave" mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale; "lavori nelle gallerie" mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità; "lavori in cassoni ad aria compressa"; "lavori svolti dai palombari"; "lavori ad alte temperature": mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di 2 fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale; "lavorazione del vetro cavo": mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio; "lavori espletati in spazi ristretti", con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture; "lavori di asportazione dell'amianto" mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità. 2. Viene riconosciuto, per le mansioni elencate nel comma 1, un concorso dello Stato, che non puo' superare il 20% del corrispondente onere ed e' attribuito nell'ambito delle risorse preordinate a tale scopo ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto legislativo 11agosto 1993, n. 374, come introdotto dall'art. 1, comma 34, della legge 8 agosto 1995, n. 335. 3. Le organizzazioni sindacali, di cui all'art. 1, comma 1, dovranno congiuntamente formulare, entro il medesimo termine previsto dall'art. 1, comma 2, le proposte per la determinazione delle aliquote contributive, relative alle mansioni individuate nel comma 1, tenuto conto delle previsioni di cui al comma 2. Decorso infruttuosamente il predetto termine, si applicano le disposizioni di cui all'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n.374, come sostituito dall'art. 1, comma 34, della legge 8 agosto 1995, n. 335".

7.             L'articolo 25 della Costituzione è il seguente: " Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge".

8.             Ecco il testo dell'articolo 16 (Modifiche alla legge 2 7 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto).della legge 128 del 1998 (Comunitaria 1995-97):

"1, il comma 2 dell'articolo 1 della legge 27 marzo 1992, n. 257, è sostituito dal seguente:

"2. Sono vietate l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto".2.

L'articolo 3 della legge 27 marzo 1992, n. 257, è sostituito dal seguente.. "Art. 3 - (Valori limite). –

La concentrazione di fibre di amianto respirabili nel luoghi di lavoro ove si utilizza o si trasforma o si smaltisce amianto, nei luoghi ove si effettuano bonifiche, negli ambienti delle unità produttive ove si utilizza amianto e delle imprese o degli enti autorizzati alle attività di trasformazione o di smaltimento dell'amianto o di bonifica delle aree interessate, non può superare i valori limite fissati dall'articolo 31 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, come modificato dalla presente legge.

2. 1 limiti, le procedure e i metodi di analisi per la misurazione dei valori dell'inquinamento da amianto, compresi gli effluenti liquidi e gassosi contenenti amianto, sono disciplinati dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 114.3. Eventuali aggiornamenti o modifiche dei limiti di cui ai commi 1 e 2 sono disposti, in coerenza con la normativa comunitaria, anche su proposta della commissione di cui all articolo 4, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 4. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 31 dei decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, è sostituita dalla seguente: "a) 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo". 5. Il comma 2 dell'articolo 31 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, è abrogato". 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 hanno efficacia decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge".

 

 

 

Ci sembra cosa utile riportare di seguito la circolare numero 40 del Ministero del lavoro a firma del sottosegretario  Guerrini a proposito del diritto dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) ad accedere e disporre del documento della valutazione dei rischi. L’articolo 19 punto e) del decreto legislativo 626/94 è chiaro: “Il rappresentante per la sicurezza riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali”, mentre invece dalla circolare esplicativa sembra che questo diritto diventi un’opportunità per la direzione che, in determinati casi, può anche sottrarsi a questo obbligo. Il tutto è alquanto singolare!

 

CIRCOLARE N. 40/2000

16 giugno 2000

PROT. 21114/RLA5

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale

Direzione Generale Rapporto di Lavoro

OGGETTO: Partecipazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza alla gestione della sicurezza. Art. 19 del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche ed integrazioni

ALLE OO.SS. DEI DATORI DI LAVORO

ALLE OO.SS. DEI LAVORATORI

ALLE REGIONI - ASSESSORATI ALLA SANITA’

ALLE DIREZIONI REGIONALI E PROVINCIALI LAVORO

e, p.c.

ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

DIPARTIMENTO DEGLI AFFARI REGIONALI

AL MINISTERO DELLA SANITA’

 

Sono pervenute numerose segnalazioni da parte di rappresentanti dei lavoratori (RLS) per la sicurezza che denunziano difficoltà ed ostacoli frapposti dai datori di lavoro in relazione alla possibilità di disporre del documento di valutazione del rischio, sulla base di interpretazioni discordi del dettato dell’art.19 comma 5 del DLGS 626/94.

Al riguardo , in via preliminare va tenuto presente che la corretta interpretazione della norma deve essere fatta con riferimento al dettato della direttiva quadro 89/391/CEE recepita dal titolo I del decreto legislativo n.626/94, nonché alla luce di tutto il complesso delle disposizioni che riguardano la figura del RLS.

Il Dlgs 626/94 traspone il criterio del legislatore comunitario volto ad attivare tutti i soggetti interessati al perseguimento di idonee condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro. La direttiva quadro CEE 89/391, infatti, - pur mantenendo in capo al datore di lavoro l’obbligo di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori- ha, altresì, previsto la consultazione obbligatoria dei lavoratori stessi o dei loro rappresentanti e, parallelamente, il loro diritto a partecipare alla soluzione delle problematiche riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro. (art.11 direttiva 89/391/CEE).

In conformità a tali disposizioni, il legislatore italiano ha disciplinato la figura del RLS quale soggetto che partecipa al processo di gestione della sicurezza del luogo di lavoro attraverso la forma della consultazione da parte del datore di lavoro; tale consultazione deve avvenire, sia preventivamente, nella procedura di valutazione del rischio , sia successivamente, nella verifica della sufficienza ed efficacia delle misure di prevenzione e protezione poste in atto .

La legge citata ha disposto in favore del RLS, tra l’altro, il diritto di accesso ai luoghi di lavoro , il diritto a ricevere anche le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione (art. 19, comma 1 lettera e del d.lgs 626/94), e la facoltà di ricorrere agli organi di vigilanza qualora non ritenga idonee le misure di prevenzione e di protezione adottate. Il RLS è poi compreso fra i soggetti attori della riunione periodica (art. 11 d.lgs 626/94) dedicata alla valutazione della situazione di sicurezza aziendale mediante l’esame del documento di cui all’art. 4 comma 2 del citato d.lgs. 626/94.

Il legislatore, nell’art. 19 comma 3 dello stesso d.lgs. 626/94, ha demandato alla volontà delle parti la individuazione delle modalità per l’esercizio delle funzioni elencate al comma 1 dell’art.19 citato, mentre al successivo comma 5, ha disciplinato direttamente, senza operare rinvii alla contrattazione collettiva, la fruizione del documento di valutazione dei rischi, stabilendo in favore dello stesso RLS, il diritto di accesso senza subordinarlo all’intervento della contrattazione collettiva. Ciò non esclude, evidentemente, la possibilità di una regolamentazione contrattuale del diritto di accesso, che ne definisca in modo più puntuale le modalità anche in relazione alla specificità dei singoli settori.

In ogni caso, è interesse e dovere del datore di lavoro agevolare comunque l’esercizio di tale funzione, senza irragionevoli limitazioni di spazio o di tempo, fornendo luoghi idonei e concordando orari di consultazione.

Tenuto poi conto della circostanza che, il RLS ha diritto di ricevere tutte le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi, si ritiene che la consegna del documento di cui all’art.4, comma 2 del d.lgs. 626/94 – ove obiettive esigenze tecniche, organizzative, di sicurezza o particolari oneri di riproduzione, non la rendano praticabile – costituisca la migliore espressione del principio di collaborazione fra le parti, cui è impostato il nuovo sistema di gestione della sicurezza sul lavoro.

Non appare superfluo, infine, ricordare che, nel caso di consegna di copia del documento, il RSL è comunque tenuto al segreto in ordine ai processi lavorativi dell’azienda, secondo quanto previsto dall’art. 9, comma 3, del decreto legislativo in oggetto.

                                                                      IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO DELEGATO

                                                                                       (ON.LE PAOLO GUERRINI)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[torna all' indice]

 

 

 

SUPPLEMENTO AL NUMERO 128-131 DI MEDICINA DEMOCRATICA

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 23 del 19 gennaio 1997

Direttore responsabile: Fulvio Aurora

torna all'indice del bollettino n°6