BOLLETTINO N° 6- OTTOBRE 2000


  oggetto: ALLARGHIAMO IL DIBATTITO

 

    La ringraziamo  di essere intervenuto nel dibattito a proposito della nostra proposta di passaggio delle funzioni medico legali dall’INAIL alle USL. Siamo interessati alle opinioni di tutti, particolarmente, anche se non siamo d’accordo,  a quelle dei dirigenti dell’INAIL. Preliminarmente ribadisco che non vi è nessuna intenzione da parte nostra di offendere chiunque, ma solo di esprimere e portare avanti una linea politica che riteniamo giusta, cercando di motivarla il più possibile, tenendo in debito conto le opinioni altrui.

  D’accordo con il professor Ossicini proponiamo di allargare il dibattito, per avere altri pareri e per approfondirli ulteriormente. Ogni giorno i giornali pubblicano i nomi dei morti sul lavoro: la strage continua. 

  Il primo problema è quindi questo: come interrompere l’epidemia di infortuni sul lavoro, particolarmente quelli mortali e quelli che portano a invalidità permanente?

Il secondo problema riguarda le malattie: per primo quali misure adottare perché non si verifichino? Come  riconoscere tutte quelle che hanno colpito i lavoratori? 

Infine, appena tornati da una assemblea con 500  portuali di Trieste,  aggiungiamo come applicare la legge 257/92, modificata dalla 271/93 in merito al riconoscimento dei benefici previdenziali dei lavoratori esposti per oltre dieci anni all’amianto?

 

  Ci sembra di capire il vostro pensiero in proposito sia  dalla Sua lettera e da quelle del professor Ossicini   oltre  dalla corposa relazione dell’INAIL. Se abbiamo ben capito la linea che è stata adottato è quella di dare grande importanza alla cosiddetta concertazione e partecipazione paritaria fra tutti i soggetti interessati: i lavoratori con le loro rappresentanze, le aziende pure con le loro rappresentanze, gli enti preposti alla prevenzione e ovviamente l’INAIL. Si insiste sul fare prendere coscienza a tutti questi soggetti della necessità di aprirsi alla “cultura della prevenzione” dalla quale dovrebbero discendere misure concrete, molte delle quali già previste per legge, per giungere allo scopo da tutti auspicato. Si vogliono convincere tutte le parti in causa che la riduzione degli infortuni    costituisce un vantaggio, sia sul piano del miglioramento della salute che su quello economico, compreso quello del profitto. Si propongono e in alcuni casi si attuano misure conseguenti di informazione, di formazione, di incentivazione verso il miglioramento della condizione organizzativa e strutturale delle aziende.

  Su questa filosofia e sul pacchetto delle proposte noi manifestiamo diverse perplessità. La prima riguarda la situazione attuale, non sembra che i risultati confermino questa teoria. Nemmeno si può  dire che siamo sono agli inizi, perché, se   oggi, il quadro delle proposte è forse più strutturato, le ragioni e le misure, anche se frammentate,  risalgono già ad alcuni anni, almeno dalla promulgazione della nuova legislazione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Per di più non è accettabile sul piano umano e sul piano etico porsi tempi lunghi per ridurre o meglio eliminare la mortalità da lavoro, altrimenti non ci resta che affidarci all’infelice destino di quei lavoratori che vengono colpiti (di contro alla fortuna di quelli che alla fine della giornata lavorativa o del loro periodo di lavoro   risultano indenni). Comprendiamo ancora meno  la scelta di premiare mediante finanziamenti ad hoc  le aziende perché si mettono in regola con la legislazione sulla sicurezza.  Il discorso dovrebbe essere rovesciato: nessun finanziamento sia concesso alle aziende che non siano in grado di rispettare tutte le leggi sul lavoro e sulla sicurezza. Altrimenti non si fa altro che fare del gratuito assistenzialismo: meglio riservare i denari per indennizzare  lavoratori che hanno subito infortuni e malattie professionali. Per di più si attua una discriminazione fra aziende in regola, che non ricevono nulla ed aziende che non lo sono che magari si pagano, in tutto o in parte, con denari pubblici, le proprie ristrutturazioni.

 

 Vorremmo essere illuminati su due problemi che non ci sembrano sufficientemente chiari il primo riguarda la pubblicazione dei dati, ovvero se vengono forniti alle USL  non solo i dati generali degli infortuni sul loro territorio, ma se insieme a questi si attribuiscono per  numero e gravità  gli infortuni alle aziende dove si sono verificati; secondo che cosa succede rispetto al pagamento dei premi nelle aziende dove si verificano gli infortuni. Nella relazione abbiamo letto che in nessun modo si vogliono aumentare gli oneri per le aziende.  Queste domande, magari ovvie, si giustificano perché ci sembra di capire che l’INAIL, fa di tutto per mostrare un volto il meno assicurativo possibile, ma non può mutarne la sostanza .

  Il legislatore del 1978 (legge 23. 12. 1978 n. 833) aveva ben compreso tutto questo avendo stabilito che le funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione e quelle medico legali,  dovessero essere di altro ente, nella fattispecie delle USL. Di tutto questo non hanno trovato applicazione, come ben sapete, proprio quelle medico legali. Difficile capire il perché. In questo modo la riforma è rimasta a metà. Se pure viene riconosciuto che le USL sarebbero in grado di rispondere anche a questo compito perché non dotarle del personale e della strumentazione necessaria, unificando così tutti i compiti di prevenzione? Sembra quasi, con certe altre proposte, come quella di ridare fiato all’Ispettorato del Lavoro per compiti di prevenzione sanitaria, di ritornare alla frammentarietà di enti e competenze una volta.

  

  La nostra organizzazione che tramite un suo militante, ha fornito il materiale per aprire il processo di Marghera contro ex ENICHEM e MONTEDISON, per strage e disastro colposo, è convinta che non è la concertazione (attuata forse da sempre in quella situazione), ma il riconoscimento di chi porta le responsabilità e, non solo , se riconosciuto colpevole, la sua condanna, ma anche risarcimento economico. Le aziende, invece che essere invogliate con incentivazioni ad attuare la prevenzione, dovrebbero sapere che la mancata attuazione delle leggi sulla sicurezza, oltre che quelle generali sul diritto alla salute, costerà loro molto caro. Oggi, invece,  possono scaricare gran parte dei costi sulla società. Questo non è accettabile.

 

  Infine apriamo ancora la discussione sul tema amianto, non solo sui benefici previdenziali, ma anche sulle malattie da amianto, sui riconoscimenti e sui risarcimenti. Quanti sono stati i lavoratori esposti, quanti di quelli che hanno contratto malattie sono stati riconosciuti ed indennizzati? La nostra organizzazione che opera insieme all’Associazione Esposti Amianto (AEA) può testimoniare che nel passato i lavoratori che conoscevano gli effetti dell’esposizione all’amianto si contano sulle dita di una mano, mentre i rischi epidemiologici erano ben conosciuti dagli inizi del secolo per l’asbestosi e dagli anni 50 e 60 per i tumori dell’apparato respiratorio. Vi era pure un’antica legge (n. 303 del 1956) che prescriveva all’azienda di informare i lavoratori dei rischi cui erano sottoposti. Non ci sembra che questa piccola, ma fondamentale norma sia mai stata sostanzialmente rispettata. Chi ne deve rispondere? Per questo, ma non solo, riteniamo che la norma stabilita dalla legge 271/93 di modifica della 257/92 che concede i benefici previdenziali a chi ha superato i dieci anni di esposizione, deve essere attuata come letteralmente è scritto, come del resto si è espressa la Corte costituzionale. Risulta sullo stesso argomento, riprendendo ancora un discorso fatto con il professor Ossicini, come mai vengono riconosciuti fra i tumori professionali quasi esclusivamente quelli della pleura quando è noto in epidemiologia che   ad un mesotelioma  della pleura corrispondono almeno due casi di tumori dei polmoni. Ci si dirà ancora che vi sono poche denunce, ma cosa fa l’INAIL per fare conoscere questa condizione?

 

  Preferiamo a questo punto fermarci qui, pensando che altri possano intervenire nel merito, siamo comunque disponibili a continuare il discorso con molta serenità con Voi, anche se del caso ad incontrarvi personalmente.

   Vi ringraziamo per l’attenzione e Vi inviamo i nostri migliori saluti

 

Milano, 31 ottobre 2000

 

                                                                                        Fulvio Aurora

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