1. Mai come oggi l'Umanità soffre per così ampie e crescenti
disuguaglianze nel reddito e nella salute. Eppure non sono lontani gli
anni in cui l'Umanità sembrava incamminarsi in una strada di
maggiore giustizia tra i popoli e di realizzazione dei principi solennemente
enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948).
Tra questi anche il diritto alla salute. Poco più di 20 anni
orsono l'Organizzazione Mondiale della Sanità lanciava la campagna
per la "Salute per tutti entro il 2000" e riaffermava che
"la salute - come stato di benessere fisico, sociale e mentale
e non solo come assenza di malattia e infermità - è un
diritto fondamentale dell'uomo e l'accesso a un livello più alto
di salute è un obiettivo sociale estremamente importante"
(Conferenza di Alma Ata, 1978).
2. Il percorso verso una maggiore giustizia tra i popoli e verso una
globalizzazione dei diritti sembra essersi interrotto. La globalizzazione
dei nostri giorni è quella della finanza e dell'economia. Non
è un caso che la Banca Mondiale abbia di fatto sostituito l'Organizzazione
Mondiale della Sanità nell'indicare - e in certi casi imporre
- le linee di politica sanitaria internazionale, che sono quelle della
sanità a pagamento, delle privatizzazioni dei servizi e delle
assicurazioni: in una parola della salute come bene di consumo, a disposizione
di chi vuole, ma soprattutto di chi ha i mezzi per acquistarla. Gli
stessi G8 definiscono la salute come strumento di crescita economica,
senza riconoscerla esplicitamente come diritto umano.
Non è possibile accettare tutto questo quando:
- Il 20% della popolazione, quella più ricca, possiede l'82,7%
del reddito mondiale e il 20% della popolazione, quella più povera,
solo l'1,4%.
- Le popolazioni dei paesi più ricchi e industrializzati hanno
una longevità media che si avvicina agli 80 anni, mentre le popolazioni
di molti paesi dell'Africa sub-sahariana registrano livelli di longevità
anche inferiori ai 40 anni, con un netto regresso rispetto a dieci anni
orsono.
- Le persone affette da HIV/AIDS dei paesi ricchi hanno a disposizione
gratuitamente farmaci efficaci contro l'infezione e la malattia, mentre
alle persone affette da HIV/AIDS dei paesi poveri questa possibilità
(di cura e di vita) è negata.
- Quasi 900 milioni di persone nel mondo non hanno accesso ai servizi
sanitari essenziali.
3. Universalità di accesso ai servizi, comprensività delle
cure, finanziamento basato sulla capacità contributiva sono i
pilastri su cui si sono basati molti sistemi sanitari nel mondo - sia
con il modello del "servizio sanitario nazionale", che con
quello delle "assicurazioni sociali" -; attraverso l'applicazione
di questi principi si sono raggiunti elevati livelli di efficacia dei
servizi, di equità nell'accesso alle cure e di miglioramento
della salute della popolazione. Laddove si è da sempre praticato
un modello di sistema basato sulla responsabilità individuale,
che comporta evidenti disuguaglianze, i livelli di salute della popolazione
sono risultati inferiori a quelli di altri paesi ad economia avanzata,
con decine di milioni di persone prive di qualsiasi forma di copertura
assistenziale, nonostante la spesa sanitaria sia di gran lunga la più
elevata.
4. Le profonde trasformazioni demografiche ed epidemiologiche, le incessanti
innovazioni tecnologiche in campo diagnostico e terapeutico, la necessità
ineludibile di elevare l'efficienza e l'appropriatezza degli interventi
sanitari pongono a tutti i paesi la sfida di innovare - e anche
di riformare profondamente - i sistemi sanitari. Tuttavia le tendenze
in atto vanno oltre la direzione di migliorare gli assetti organizzativi
e gestionali dei servizi e dirigono chiaramente verso il sistematico
smantellamento dei principi di salvaguardia della dignità della
persona
umana, di rispetto della vita e di equità.
5. La salute diviene sempre
più bene di consumo e sempre più merce. Le politiche della
salute sono oggetto di attenzione e di intervento dell'Organizzazione
Mondiale del Commercio e tema specifico di trattativa tra governi e
imprese multinazionali.
A tale proposito ricordiamo che:
- L'accordo TRIPS (Trade Related aspects of Intellectual Property rightS)
stabilisce che tutti i paesi devono introdurre una legislazione sui
diritti di proprietà intellettuale (brevetto) sui farmaci; ciò
comporta l'esclusivo diritto delle industrie farmaceutiche di imporre
prezzi inaccessibili per la stragrande maggioranza degli ammalati, come
accade ad esempio per i farmaci usati nel trattamento dell'HIV/AIDS:
anche a causa dell'alto costo - legato al brevetto - delle medicine
decine di milioni di persone nel mondo non possono curarsi e sono destinate
a morte certa.
- L'accordo GATS (General Agreement on Trade in Services) mira a instaurare
un sistema legislativo internazionale che favorisca l'espansione delle
imprese private nel campo dei servizi, compresi quelli sanitari. Il
GATS, bloccato a Seattle, sta proseguendo a Ginevra a porte chiuse nella
totale assenza di informazione pubblica. Il GATS rappresenta una seria
minaccia per i servizi sanitari pubblici in generale e per i servizi
sanitari nazionali in particolare. Perfino il concetto di servizio,
tradizionalmente inteso come attività finalizzata a soddisfare
i bisogni umani, viene ribaltato per trasformarsi in oggetto di commercio,
volto alla ricerca del massimo profitto.
6. L'azione dell'Organizzazione Mondiale del Commercio tende sempre
più a ridurre l'autonomia d'intervento dei governi negli scambi
commerciali anche quando questi siano rivolti a proteggere i diritti
umani dei propri cittadini, come l'accesso ai servizi essenziali e la
salute. Tale azione,
minando la legittimità delle leggi nazionali, mette a grave rischio
la stessa democrazia.
Un'autorevole rivista medica, The Lancet, ha lanciato un vero e proprio
allarme nei confronti della possibilità che accordi come il GATS
mettano fuori legge l'utilizzo di meccanismi come il finanziamento dei
servizi attraverso il contributo progressivo, la copertura universale
dei rischi, la responsabilità pubblica nella programmazione,
nel finanziamento e nell'erogazione dei servizi, perché anti-competitivi
e restrittivi nei confronti del commercio e quindi di ostacolo al libero
mercato.
7. L'effetto di queste disuguaglianze
è anche testimoniato dal fenomeno dell'immigrazione, che sta
interessando in modo crescente i paesi dell'Unione Europea. All'inizio
di questo millennio ci sono infatti nel mondo oltre 130 milioni tra
migranti e rifugiati, di cui tre quinti si trovano comunque nei paesi
del sud del mondo. Pur rappresentando una componente significativa della
crescita economica e culturale dei paesi di approdo, i migranti continuano
a soffrire discriminazioni nell'esercizio dei diritti fondamentali,
compreso quello della salute e dell'assistenza sociosanitaria.
8. Noi operatori della sanità
- medici, ricercatori, docenti universitari e rappresentanti del volontariato
- riuniti a Erice in occasione del corso "Flussi migratori e politiche
per la salute", ci rivolgiamo alla società civile e alla
comunità scientifica per affermare quanto segue:
a) Ogni persona deve acquisire la consapevolezza delle disuguaglianze
che si sono venute a creare nel mondo, delle cause che le hanno prodotte,
dei meccanismi che le alimentano e le aggravano.
b) E' un diritto, ed insieme un dovere, di tutti pretendere che le decisioni
e le scelte che riguardano la salute e l'organizzazione dei sistemi
sanitari siano affrontate e discusse apertamente, con la massima partecipazione
democratica dei cittadini.
c) La comunità scientifica - ed in particolare coloro che hanno
il compito di produrre cultura, formazione e ricerca - ha il dovere
di affrontare in modo diffuso e sistematico i temi dell'equità,
dello sviluppo sostenibile, della difesa della dignità e della
vita degli uomini. Questi temi non possono rimanere soltanto oggetto
di trattative "a porte chiuse" in vertici
internazionali o di reportage giornalistici. Emerge sempre più
forte la necessità di studi approfonditi, di valutazioni indipendenti,
di una trasmissione estesa delle informazioni e delle conoscenze e pertanto
la Scuola e l'Università non possono più a lungo sottrarsi
a questo compito.
d) La definizione dei diritti e dei doveri delle nazioni e dei vari
attori commerciali non può essere monopolio di organizzazioni
internazionali, le cui politiche e le cui scelte si configurano sempre
di più come soprusi a danno dei più deboli e dei più
poveri. Anche se appare inevitabile e anche necessario il governo su
scala mondiale di processi complessi, come quelli dell'economia e della
finanza, non è accettabile che tutto ciò si rivolga contro
chi ha più bisogno e meno voce e - soprattutto - che decisioni
e scelte di fortissimo impatto per la vita delle popolazioni avvengano
al di fuori di ogni forma di partecipazione democratica e di controllo
dei cittadini.
e) Le profonde disuguaglianze evidenziate sono il frutto di un "egoismo
sconsiderato" che non tiene conto né dei più deboli,
né delle generazioni future, ricchi o poveri che siano. Non è
difficile immaginare infatti che questo tipo di egoismo possa trascinare
verso la catastrofe l'intero genere umano. Vogliamo fare appello a un
"egoismo intelligente" che prenda in
considerazione i principi di sostenibilità del pianeta, che pratichi
forme generose e costruttive di solidarietà internazionale che
garantiscano a tutti l'accesso e la fruibilità dei servizi sanitari
e educativi, che contrasti ogni forma di discriminazione anche verso
chi è straniero.
Noi riteniamo che la sinergia di queste tre componenti - la presa di
coscienza dei cittadini, l'impegno della cultura e della scienza, le
decisioni dei governi sulla base delle necessità dei popoli e
non sotto la pressione di lobbies e di interessi - potrà portare
a un'inversione di tendenza rispetto agli attuali scenari, ad assicurare
la pace e a risvegliare la speranza e la fiducia nel futuro.
Erice, 26 Marzo 2001
Giovanni Berlinguer, Comitato
Nazionale di Bioetica, Francesco Blangiardi, ASL di Ragusa, Guglielmo
Bonaccorsi, Università di Firenze, Carla Bondi, ASL di Firenze,
Corrado Bonifazi, Istituto di Ricerche sulla Popolazione CNR, Roma,
Francesco Bordoni, ASL di Firenze, Roberto Carloni, ASL di Savona, Francesco
Carnevale, ASL di Firenze, Dante Carraro, CUAMM Padova, Francesco Carrozzini,
ASL di Lecce, Adriano Cattaneo, Irccs Burlo Garofolo Trieste,
Nicola Comodo, Università di Firenze, Lucia Dalla Torre, Università
di Padova, Nicoletta Dentico, Medici Senza Frontiere Roma, Maria Pia
Di Maio, ASL di Firenze, Emilio di Maria, Università di Genova,
Salvatore Geraci, Caritas di Roma, Giuseppe Giammanco, Università
di Catania, Flavio Godi, ASL di Firenze, Marina Greci, ASL di Reggio
Emilia, Michele Lanzi, ASL di Lucca, Chiara Lorini, Università
di Firenze, Maria Dolores Lupi, Centro Studi e
Servizi per Enti no Profit Perugia, Marcella Maci, Università
di Firenze, Gavino Maciocco, Università di Firenze, Mara Manghi,
ASL di Reggio Emilia, Daniele Mannelli, Università di Firenze,
Maurizio Marceca, Agenzia Servizi Sanitari Regionali Roma, Rosario Mete,
ASL di Roma, Eduardo Missoni, Esperto di cooperazione sanitaria, Roma,
Sleiman Naoufal, Università di Genova, Christian Napoli, Università
di Bari, Alessandro Nicastro, Università di Catania, Perfranco
Olivani, NAGA di Milano, Alessandro Paoli, ASL di Firenze, Giovanna
Pesavento, Università di Firenze, Stefano Pieroni, ASL della
Versilia, Sarina Pignato, Università di Catania, Francesco Porrello,
Sciacca, Michele Quarto, Università di Bari, Rosalia Ragaglia,
ASL di Olbia, Roberto Raso, Università di Genova, Luigi Ricci,
ASL di Prato, Lorenzo Roti, Università di
Firenze, Claudia Russo, ASL di Firenze, Claudio Sanseverino, ASL di
Firenze, Francesca Santomauro, Università di Firenze, Angelo
Stefanini, Università di Bologna, Salvatore Strozza, Università
La Sapienza, Roma, Fabrizio Tediosi, Agenzia Regionale di Sanità
Firenze, Lucia Turco, ASL di Firenze.