di Marco Caldiroli
SEMINARIO “RISCHI E DANNI PER LA SALUTE NELLE AREE
METROPOLITANE, AEROPORTI - AUTOSTRADE –
DISCARICHE – INCENERITORI”
22 ottobre 2001
Intervento di Marco Caldiroli – Centro per la Salute “Giulio A. Maccacaro” , Castellanza (VA)
Impatto ambientale dei processi di
incenerimento di rifiuti
Premessa
La materia dell’impatto ambientale di opere (siano essi
aeroporti, autostrade, ferrovie, impianti di smaltimento di rifiuti),
nonostante il tempo trascorso dalla prima direttiva europea è ancora tutta da
costruire o, meglio, da far uscire, per usare le parole di Virginio Bettini
dall’essere usata come “procedura
sequenziale di pseduconcetti, artefatto convenzionale destinato alla
giustificazione di ogni iniziativa tecnologica. La VIA come specchio della corretta tecnologia, della < migliore
tecnologia disponibile > nell’ovvio quadro
dei falsi concetti legati allo < sviluppo sostenibile > “ (V. Bettini
et al,Ecologia dell’impatto ambientale, 2000). La spinta attuale è verso una
“VIA semplificata” ha lo stesso segno della politica sui rifiuti nel nostro
paese : l’ex Ministro Edo Ronchi escluse, alla fine del 1999, esplicitamente
dalle “procedure di compatibilità
ambientale” a livello regionale, gli impianti di incenerimento purchè
fossero tra quelli per i quali sono previste le “procedure semplificate”, tra questi i cosiddetti “impianti di recupero energetico”
alimentati a CDR, una applicazione distorta – e solitaria - della direttiva
europea sui rifiuti.
Non è inutile ricordare qui
l'importanza di una corretta Valutazione di Impatto Ambientale quale strumento di intervento, a monte della
definizione di progetti e di scelte, in grado di ridiscutere le scelte di
pianificazione economica, ovvero la necessità che la V.I.A sia distinta ma
interrelata con i processi di
elaborazione, valutazione e decisione non limitata al singolo impianto ma ai
diversi scenari alternativi possibili. In tal senso la V.I.A. si configura
quale strumento di acquisizione di informazioni sulle possibili interazioni
qualitative e quantitative tra le diverse soluzioni proposte e l'ambiente e
come strumento per individuare le possibili alternative progettuali,
localizzative e di pianificazione ( in tal senso non può venir considerato,
come spesso fanno gli estensori di piani locali di organizzazione dei servizi
di smaltimento dei rifiuti come di un dato immodificabile e solo da attuare con
gli impianti ivi previsti).
Nel campo dei rifiuti va evitata
in particolare una visione del problema come a sè stante e non come parte di
processi produttivi e di consumo su cui è possibile intervenire. Se l'obiettivo è quello di prevenire un
impatto e non di dimostrare che un determinato impianto ha un impatto più o
meno ambientalmente e socialmente "accettabile", la considerazione
dei rifiuti va svolta a partire dal considerarli come parte del flusso di
energia e materia nel ciclo complessivo di uso e di trasformazione delle
risorse .
Tale considerazione esclude in
partenza ogni obiettivo predefinito fondato sostanzialmente su una unica, e
rigida, opzione tecnologica quale è l'incenerimento.
In questo ambito si rammenta il un ruolo particolare :
-
della cosiddetta Valutazione Ambientale Strategica
(VAS) ovvero l’adattamento della procedura di VIA alla valutazione delle
conseguenze ambientali di politiche economiche-territoriali, di piani e di
programma (distinguendo in VAS settoriale – es. un piano di smaltimento rifiuti
locale - , VAS regionale o di area vasta, cioè in grado di considerare tutte le
attività di una determinata zona; VAS indiretta, non legata a progetti
specifici ma a piani e programmi di
diverso genere come anche le politiche fiscali o le privatizzazioni); sulla VAS
un primo passo normativo è stato fatto con l’emanazione della Direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull'ambiente.
-
La valutazione degli impatti cumulativi ovvero “l’impatto sull’ambiente conseguente
all’aumento di impatto del progetto quando si somma ad altri impatti passati,
presenti o ragionevolmente prevedibili in futuro”, l’inserimento di
un’opera con un proprio impatto ambientale può comportare effetti ben superiori
a quelli diretti dovuti alla combinazione di stress esistenti e degli effetti
secondari individuali di una serie di azioni nel tempo (come inserire un
determinato impianto in un’area già “satura” di opere). Possono sono essere impatti dello
stesso genere (più progetti dello stesso tipo) o eterogenei, possono comportare
un impatto additivo o incrementale, piuttosto che sinergico o anche
“agnostici”, senza modifica o anche con una riduzione degli impatti. Relativamente
ad opere che hanno riflessi sulla qualità di specifiche matrici ambientali i
casi sono – quasi esclusivamente – additivi o sinergici, quando questi hanno
diretti impatti sanitari su una collettività vasta, l’effetto sinergico è
altamente probabile. Per quanto concerne questi aspetti le metodologie di
valutazione sono tra quelle più recenti (l’EPA, nel 1999, ha prodotto una
analisi di tali metodi), complesse, ma anche che possono dare risultati
importanti ad una popolazione per la conoscenza del proprio territorio e dei
rischi presenti nonché per poter inquadrare anche una singola proposta nel
reale contesto territoriale.
1. Impatto specifico dei processi di incenerimento dei rifiuti
In estrema sintesi i principali impatti sull’ambiente e
sulla salute sono connessi alle emissioni dal camino dell’impianto e alla
produzione e gestione dei residui solidi (ceneri leggere, ceneri pesanti,
scorie, altri residui dai processi di abbattimento) derivanti dai processi di
combustione dei rifiuti.
Per quanto concerne le emissioni,
le caratteristiche eterogenee delle matrici (rifiuti) combusti sono tali che i
processi di combustione generano numerose sostanze pericolose trascinate con i
fumi che solo in parte possono essere “ottimizzate”
(ridotte) dalla cura posta nella gestione dei principali parametri di
combustione (modalità di immissione delle matrici nella caldaia, tempi di
residenza a contatto con la fiamma, modalità di invio dell’aria comburente,
controllo e intervento sulle temperature dei fumi nelle diverse sezioni
dell’impianto, modalità del recupero del calore per la produzione di energia,
esistenza e gestione del postcombustore, etc) e dall’efficacia della captazione
delle sostanze tossiche contenute nei fumi dai sistemi di abbattimento prima
dell’emissione all’atmosfera.
Non va taciuto che i sistemi di
abbattimento operano una traslazione dei tossici dalla fase aeriforme ad una
solida e/o liquida, in altri termini una maggiore efficacia nella captazione
dei tossici ha come contraltare una maggiore produzione ed una maggiore
tossicità dei residui solidi.
La peculiarità delle emissioni
degli impianti di incenerimento è connessa alla eterogeneità del “combustibile”/rifiuto utilizzato (solo
in parte riducibile con l’alimentazione di rifiuti selezionati e/o del
cosiddetto CDR) e sono tali che, nella caldaia, si vengono a creare delle
condizioni per le quali sono originate innumerevoli – e incontrollabili –
reazioni chimiche dai risultati altrettanto innumerevoli e solo in parte
prevedibili.
A conferma di quanto detto sopra
si mostra una tabella in cui sono
riportate le “principali” sostanze
chimiche “testate” in impianti di
incenerimento.
Un aspetto da considerare nella
valutazione delle emissione di un impianto di incenerimento (come in altri
impianti di combustione) sono i cosiddetti “transitori”
cioè le fasi di avvio e/o di spegnimento o quelle in cui – per diversi motivi -
si verificano condizioni anomale (condizioni frequenti negli inceneritori di
rifiuti). In queste condizioni le emissioni possono modificarsi in modo
considerevole, a partire – per fare un
esempio – delle situazioni “favorevoli”
alla formazione di precursori cloroorganici in grado di incrementare la
formazione delle sostanze a maggiore pericolosità (PCDD/PCDF, PCB, PCDB etc).
La normativa sui limiti alle
emissioni è sostanzialmente fondata su valori medi su dati periodi temporali
(giornalieri, orari, annuali) tali da “nascondere” il verificarsi di situazioni che comportano
elevate emissioni per periodi di tempo “limitati”
(la stessa normativa permette il superamento dei limiti medi indicando la
massima escursione permessa e il tempo massimo in cui può verificarsi senza
comportare l’attivazione di limitazioni – o la fermata - al funzionamento
dell’impianto.
Questo aspetto è importante, ai fini
dell’impatto ambientale e sanitario, in quanto l’esposizione reale delle
popolazioni a rischio può variare nel tempo ovvero le persone possono essere
esposte a “picchi” di esposizione che
hanno, a seconda della sostanza, significatività sugli effetti sulla salute
pubblica.
Un altro aspetto fondamentale per valutare l’impatto
sanitario delle emissioni è costituito dalla grandezza del particolato. E’
immediatamente comprensibile che minori sono le dimensioni delle polveri più
esse hanno probabilità di sfuggire ai sistemi di abbattimento e di essere
emesse all’atmosfera, costituendo una particolare – e grave – fonte di
esposizione per l’uomo in quanto, una volta inspirati si installano nelle zone
più profonde dei bronchi, a diretto contatto con i sistemi di scambio
dell’ossigeno col sangue (in particolare hanno
tale proprietà le polveri di dimensioni inferiori a 2,5 micron, le
PM2,5; in Lombardia costituiscono circa il 46 % del totale).
TABELLA 1 SOSTANZE
ORGANICHE IDENTIFICATE NELLE EMISSIONI DI INCENERITORI DI RIFIUTI URBANI
pentane
trichlorofluoromethane
acetonitrile
acetone
iodomethane
dichloromethane
2-methyl-2-propanol
2-methylpentane
chloroform
ethyl
acetate
2,2-dimethyl-3-pentanol
cyclohexane
benzene
2-methylhexane
3-methylhexane
1,3-dimethylcyclopentane
1,2-dimethylcyclopentane
trichloroethene
heptane
methylcyclohexane
ethylcyclopentane
2-hexanone
toluene
1,2-dimethylcyclohexane
2-methylpropyl acetate
3-methyleneheptane
paraldehyde
octane
tetrachloroethylene
butanoic acid ethyl ester
butyl acetate
ethylcyclohexane
2-methyloctane
dimethyldioxane
2-furanecarboxaldehyde
chlorobenzene
methyl hexanol
trimethylcyclohexane
ethyl
benzene
formic acid
xylene
acetic acid
aliphatic carbonyl
ethylmethylcyclohexane
2-heptanone
2-butoxyethanol
nonane
isopropyl benzene
propylcyclohexane
dimethyloctane
pentanecarboxylic acid
propyl benzene
benzaldehyde
5-methyl-2-furane carboxaldehyde
1-ethyl-2-methylbenzene
1,3,5-trimethylbenzene
trimethylbenzene
benzonitrile
methylpropylcyclohexane
2-chlorophenol
1,2,4-trimethylbenzene
phenol
1,3-dichlorobenzene
1,4-dichlorobenzene
decane
hexanecarboxylic acid
1-ethyl-4-methylbenzene
2-methylisopropylbenzene
benzyl alcohol
trimethylbenzene
1-methyl-3-propylbenzene
2-ethyl-1,4-dimethylbenzene
2-methylbenzaldehyde
1-methyl-2-propylbenzene
methyl decane
4-methylbenzaldehyde
1-ethyl-3,5-dimethylbenzene
1-methyl-(1-pro-penyl)benzene
bromochlorobenzene
4-methylphenol
benzoic acid methyl ester
2-chloro-6-methylphenol
ethyldimethylbenzene
undecane
heptanecarboxylic acid
1-(chloromethyl)-4-methylbenzene
1,3-diethylbenzene
1,2,3-trichlorobenzene
4-methylbenzyl
alcohol
ethylhex anoic acid
ethyl benzaldehyde
2,4-dichlorophenol
1,2,4-trichlorobenzene
naphthalene
cyclopentasiloxanedecamethyl
methyl acetophenone
ethanol-1-(2-butoxyethoxy)
4-chlorophenol
benzothiazole
benzoic acid
octanoic acid
2-bromo-4-chlorophenol
1,2,5-trichlorobenzene
dodecane
bromochlorophenol
2,4-dichloro-6-methylphenol
dichloromethylphenol
hydroxybenzonitrile
tetrachlorobenzene
methylbenzoic acid
trichlorophenol
2-(hydroxymethyl)benzoic acid
2-ethylnaphthalene-1,2,3,4-tetrahydro
2,4,6-trichlorophenol
4-ethylacetophenone
2,3,5-trichlorophenol
4-chlorobenzoic acid
2,3,4-trichlorophenol
1,2,3,5-tetrachlorobenzene
1,1'biphenyl (2-ethenyl-naphthalene)
3,4,5-trichlorophenol
chlorobenzoic acid
2-hydroxy-3,5-dichlorobenzaldehyde
2-methylbiphenyl
2-nitrostyrene(2-nitroethenylbenzene)
decanecarboxylic acid
hydroxymethoxybenzaldehyde
hydroxychloroacetophenone
ethylbenzoic acid
2,6-dichloro-4-nitrophenol
sulphonic
acid
m.w.192
4-bromo-2,5-dichlorophenol
2-ethylbiphenyl
bromodichlorophenol
1(3H)-isobenzofuranone-5-methyl
dimethylphthalate
2,6-di-tertiary-butyl-p-benzoquinone
3,4,6-trichloro-1-methyl-phenol
2-tertiary-butyl-4-methoxyphenol
2,2'-dimethylbiphenyl
2,3'-dimethylbiphenyl
pentachlorobenzene
bibenzyl
2,4'-dimethylbiphenyl
1-methyl-2-phenylmethylbenzene
benzoic acid phenyl ester
2,3,4,6-tetrachlorophenol
tetrachlorobenzofurane
fluorene
phthalic ester
dodecanecarboxylic acid
3,3'-dimethylbiphenyl
3,4'-dimethylbiphenyl
hexadecane
benzophenone
tridecanoic acid
hexachlorobenzene
heptadecane
fluorenone
dibenzothiophene
pentachlorophenol
sulphonic acid m.w.224
phenanthrene
tetradecanecarboxylic acid
octadecane
phthelic ester
tetradecanoic acid isopropyl ester
caffeine
12-methyltetradecacarboxylic acid
pentadecacarboxylic acid
methylphenanthrene
nonedecane
9-hexadecene carboxylic acid
anthraquinone
dibutylphthalate
hexadecanoic acid
eicosane
methylhexadecanoic acid
fluoroanthene
pentachlorobiphenyl
heptadecanecarboxylic acid
octadecadienal
pentachlorobiphenyl
aliphatic amide
octadecanecarboxylic acid
hexadecane amide
docosane
hexachlorobiphenyl
benzylbutylphthalate
aliphatic amide
diisooctylphthalate
hexadecanoic acid hexadecyl ester
cholesterol.
Fonte: Jay K.and Stieglitz L.(1995).Identification and quantification of
volatile organic components in emissions of waste incineration plants. Chemosphere 30 (7):1249-1260.
Pertanto i metalli o le altre sostanze trascinate
(adsorbite) dalle polveri possono venir cedute – nel tempo – al sangue (non è un
caso che la normativa sull’inquinamento atmosferico e la qualità dell’aria da
alcuni anni ha introdotto il parametro delle “PM10” ovvero le polveri di dimensioni inferiori ai 10 micron di
diametro, e che il superamento dei limiti di questo parametro è quello che più
frequentemente ha fatto “scattare”
gli obblighi previsti per la limitazione della circolazione delle auto e/o del
funzionamento degli impianti di combustione nelle “aree omogenee” dei maggiori agglomerati urbani).
Sono stati stimati degli indici di effetto sanitario
in funzione della grandezza delle particelle aerodisperse e alla grandezze
delle stesse. Ovviamente tali effetti sono relativi a tutte le fonti emissive,
comprensive quindi dell’effetto cumulativo che una sorgente puntuale (inceneritore
o altro impianto industriale) può produrre unitamente a fonti “mobili” come il traffico stradale o la
ricaduta delle emissioni provocate da aeromobili.
In sintesi l’OMS ipotizza, per ogni incremento
unitario (in microgr/mc) giornaliero di PM10 in atmosfera, un aumento della
mortalità dello stesso giorno pari allo 0,07 %. Questa relazione, applicata ai
livelli giornalieri di concentrazione di PM10 verificatisi a Milano nel 1999 e
alla mortalità nello stesso anno di residenti a Milano, comporterebbe che nei
giorni con livelli superiori a 100 microgr/mc (24 giorni nel 1999) si è avuto
un eccesso di mortalità dovuto alle PM10 di più di un decesso al giorno
rispetto ai giorni che hanno presentato un valore di PM10 pari alla media
annuale di Milano sempre del 1999 ovvero 47 microg/mc la soglia di attenzione
per le PM10 è attualmente fissata dalla normativa italiana nella media delle
concentrazioni pari a 40 microg/mc, mentre la soglia di allarme è posta a 60
microg/mc). (V. “Salute e ambiente in
Lombardia”, Regione Lombardia, settembre 2000).
Analoghe correlazioni sono indicate dall’OMS per
quanto concerne l’incremento dei ricoveri ospedalieri (+ 0,84 % per ogni
incremento di 10 microg/mc di PM10) e di variazioni sullo stato di salute
generale della popolazione (affezioni di vario genere alle vie
respiratorie). Negli USA l’esposizione
di lungo termine a livelli di PM10 superiori a 50 microg/mc è stata associata
ad un aumento del rischio di contrarre tumori ai polmoni paragonabile a quello
associato al fumo di sigaretta (aumento di 5 volte nei maschi e di 1,2 volte
nelle femmine).
Questi rischi sono ancora più elevati per i bambini.
Un altro fatto che emerge dai diversi studi (non solo
per le PM10) è che non è possibile definire una soglia di concentrazione delle
PM10 al di sotto della quale vi sia un effetto nullo sulla salute.
Va segnalato inoltre che le polveri di dimensioni più
fini sono anche quelle in cui vi è una maggiore concentrazione di tossici, come
metalli, in funzione delle caratteristiche chimiche degli stessi, idrocarburi
policiclici aromatici, a tale proposito si veda la tabella che segue.
Tabella 2. Distribuzione dei metalli pesanti in
funzione della granulometria del particolato volatile in sospensione nei fumi
(valori in microgr/Nmc)
Granulometria
|
Cadmio
|
Zinco
|
Piombo
|
Antimonio
|
Cromo
|
Arsenico
|
>
10,50 micron
|
0,41- 4,0
|
31,2-372,0
|
25,5-136,0
|
0,31-0,36
|
9,6
|
1,00
|
< 0,56 micron
|
6,13-23,0
|
321,0-967,0
|
315,0-392,0
|
2,26-4,50
|
1,7
|
0,18
|
Fonte : A.Donati, M. Gallorini, L.Morselli "I metalli pesanti nel ciclo
dell'incenerimento dei RSU" in L'incenerimento
dei rifiuti, Atti del Convegno Nazionale, Bologna 16-17/3/1995, Maggioli
Editore, 1996, p. 312.
L’emissione
complessiva mondiale stimata di metalli pesanti dagli impianti di incenerimento
dei rifiuti viene mostrata nella tabella 3 che segue unitamente al peso
percentuale di tali emissioni sul totale delle emissioni dei metalli dalle
diverse fonti.
Il
sistema più sicuro per ridurre o, meglio, eliminare tali emissioni è costituito
dal non bruciare rifiuti che li contengono ovvero di non produrre merci che –
una volta divenute rifiuti – finiscono direttamente o indirettamente nelle
diverse matrici ambientali. Tenuto conto che la maggior parte dei metalli sono
contenuti nei rifiuti urbani sotto forma di cariche e/o coloranti per materie
plastiche (PVC rigido ma non solo), si ricorda che l’Unione Europea
recentemente ha deciso di rinviare l’attuazione della “direttiva imballaggi” di diversi anni per la parte concernente la
riduzione dei contenuti di metalli negli imballaggi.
Tabella 3. Emissioni
annuali, nel mondo, di metalli da impianti di incenerimento e contributo
percentuale sul totale delle emissioni
Metallo
|
Emissioni da inceneritori
(t/anno)
|
Percentuale del contributo
degli inceneritori sul totale delle emissioni
|
Antimonio
|
670
|
19.0
|
Arsenico
|
310
|
3.0
|
Cadmio
|
750
|
9.0
|
Cromo
|
840
|
2.0
|
Rame
|
1.580
|
4.0
|
Piombo
|
2.370
|
20.7
|
Manganese
|
8.260
|
21.0
|
Mercurio
|
1.160
|
32.0
|
Nickel
|
350
|
0.6
|
Selenio
|
110
|
11.0
|
Stagno
|
810
|
15.0
|
Vanadio
|
1.150
|
1.0
|
Zinco
|
5.900
|
4.0
|
Per quanto concerne i microinquinanti organici – ed in
particolare quelli di maggiore tossicità, i cloroorganici tra cui PCDD,PCDF e
PCB – si rammentano brevemente i meccanismi di formazione nei processi di
combustione.
Circa
la formazione delle PCDD e dei PCDF nei processi di combustione, sono state
fatte le seguenti ipotesi:
a) - tali composti sono
presenti in tracce nei rifiuti e non completamente "distrutti";
b) - le due classi di composti
si formano da precursori organici clorurati come, per esempio, i
policlorobenzeni, i policlorofenoli, i PVC, durante la combustione;
c) - la presenza di PCDD e
PCDF è dovuta ad una serie di reazioni termiche fra precursori non clorurati e
composti inorganici clorurati;
d) - a causa della natura
eterogenea dei rifiuti, sopravvivono alla combustione specie cloroorganiche che
possono originare PCDD e PCDF;
e) - sono possibili reazioni
in fase non gassosa o reazioni bifase (gassosa/non gassosa) che contribuiscono
alla formazione delle PCDD e dei PCDF.
In
letteratura sono riportati molteplici lavori relativi alla formazione delle
diossine e dei furani. Per esempio, è stato ripetutamente dimostrato con
esperimenti di laboratorio che le PCDD si formano bruciando i clorofenoli a diverse
temperature e a diverse condizioni operative .
In
questa sede, senza entrare nel chimismo di tali reazioni, ci limitiamo a
ricordare che le reazioni di condensazione possono decorrere anche sfruttando
la presenza di particelle solide disperse nel gas (fly-ash), sulla cui
superficie i clorofenoli e i clorobenzeni vengono adsorbiti nelle zone di
post-combustione a più bassa temperatura.
Un
secondo meccanismo pacificamente accettato dai ricercatori è rappresentato
dalla cosiddetta "de-novo sintesi"
in cui sono coinvolte le fly-ash. Le particelle carboniose reagiscono con
ossigeno e cloro formando una grande varietà di composti clorurati tra i quali
le PCDD e i PCDF, grazie anche al ruolo catalitico svolto da alcuni ioni
metallici presenti su di esse, in particolare il rame (la cui concentrazione “permessa” nel caso del CDR è elevata). I
due meccanismi anzidetti, possono avvenire contemporaneamente; allo stato, la
letteratura non chiarisce l'importanza dei processi in fase omogenea rispetto a
quelli in fase eterogenea.
In
proposito va ancora segnalato che la formazione delle PCDD e dei PCDF non
avviene solo nelle zone "fredde"
dell'impianto (zone di temperatura comprese tra 200 400 °C), dopo la camera di combustione, come per esempio, negli
elettrofiltri, ma anche in intervalli di
temperatura di 500 ¸ 650 °C come
evidenziato da recenti ricerche.
In questo caso sono messi sotto accusa gli scambiatori
di calore per il raffreddamento dei fumi con i relativi recuperi energetici.
Per quanto concerne la stima
delle emissione complessive di PCDD e PCDF nel mondo, sono diverse le ricerche
che hanno tentato di elaborare dati affidabili anche per confrontarli con stime
relative alle emissioni di tali sostanze da altri processi di combustione o
produttivi. Nella tabella che segue è riportata una stima mondiale al 1995
(parziale, in quanto tra i paesi considerati sono assenti la Cina e l’ex URSS,
oltre all’Italia).
Per quanto concerne l’Italia
l’ENEA ha presentato un inventario nazionale (con esclusione, nel calcolo delle
TEF dei PCB) per il quale si stima una emissione complessiva annuale, da tutte
le fonti individuate, pari a 558,8 grammi di PCDD/PCDF, la parte attribuita ai
processi di incenerimento è pari a 390,5 grammi (circa il 70 %).
Tabella 4. Emissioni in
atmosfera di diossine nei paesi industrializzati
Processo fonte di diossine
|
g/anno
|
Valore
%
|
Inceneritori di rifiuti
|
7.241
|
69 %
|
Produzione di non metalli
|
804
|
8 %
|
Acciaierie e laminatoi
|
1.083
|
10 %
|
Centrali termoelettriche
|
57
|
1 %
|
Impianti di combustione
industriali
|
204
|
2 %
|
Piccoli impianti di
combustione
|
354
|
3 %
|
Trasporto stradale
|
67
|
1 %
|
Produzione di minerali
|
234
|
2 %
|
Altri
|
470
|
4 %
|
Totale
|
10.514
|
|
Fonte: United
Nations Environment Programme, Dioxin and
Furan Inventories. National and Regional Emissions of PCDD/PCDF, UNEP
Chemicals, Ginevra, maggio 1999.
Le nazioni considerate sono state : Austria, Australia,
Belgio, Svizzera, Canada, Germania, Danimarca, Francia, Ungheria, Giappone,
Olanda, Svezia, Gran Bretagna, Slovacchia, USA.
La situazione americana è sinteticamente riportata nella
tabella seguente.
Tabella 5 : Sintesi dell’inventario delle fonti di
PCDD e PCDF negli USA [PCCDD/F TEQ (g/year)]
Fonte
|
1987
|
EPA (1994)
|
1995
|
Incenerimento
rifiuti urbani
|
12.970
|
3.000
|
1.794
|
Cementifici
(rif.per.)
Cementifici
(rif non per)
|
330
|
350
|
850
6
|
Incenerimento
rifiuti ospedalieri
|
8.630
|
5.100
|
724
|
Raffinazione
del rame
|
300
|
230
|
310
|
Incendi
forestali
|
160
|
86
|
160
|
Processi
di sinterizzazione di metalli
|
102
|
---
|
88
|
Incenerimento
di rifiuti pericolosi
|
180
|
35
|
75
|
Combustione
di carbone in centrali
|
60
|
---
|
73
|
Combustione
di legna
|
68
|
320
|
70
|
Combustione
di residui di legna
|
100
|
40
|
68
|
Raffinazione
dell’Alluminio
|
28
|
---
|
57
|
Combustione
di carbone residenziale
|
40
|
---
|
33
|
Totale USA
|
24.000
|
11.500
|
5.000
|
Oltre alle caratteristiche delle
emissioni., come accennato, l’altro importante impatto è costituito dai residui
solidi dei processi di combustione. Si tratta di residui – contrariamente al
parere e alle pressioni dei fautori dell’incenerimento - a diverso grado di
tossicità (le ceneri leggeri ed i residui dei sistemi di abbattimento sono
classificati come tossico-nocivi), in ogni caso non “inerti” e che necessitano
di apposite discariche per il loro smaltimento.
In altri termini, pur
sinteticamente, rammento che non esiste – non può funzionare - un inceneritore
senza una o più discariche di supporto per lo smaltimento delle scorie.
Discariche che hanno un proprio impatto direttamente connesso con l’impianto di
incenerimento anche se poste in un territorio diverso da quest’ultimo.
A titolo esemplificativo nella
tabella 6 si riportano dei dati sulla tossicità delle scorie pesanti (quelle
che si vuole far passare come inerti) limitatamente al contenuto di metalli (ovviamente
in questi rifiuti vi sono anche tracce dei microinquinanti organici e
cloroorganici sopra citati).
Tabella 6.
Metalli presenti nelle scorie pesanti.
(I valori sono riferiti alle analisi effettuate presso gli impianti ACCAM di
Busto Arsizio (VA) e ai dati di letteratura)
Elemento
|
Inceneritore ACCAM:
scorie pesanti
concentrazioni minime-massime rilevate da più
analisi
|
Concentrazioni
medie da più analisi riportate in letteratura (*)
|
Limiti di concentrazione (CL), Delibera del
Comitato Interministeriale del 27.07.1984
|
|
mg/kg
|
mg/kg
|
mg/kg
|
Ferro
|
14.953 - 5.600
|
94.000
|
n.r.
|
Zinco
|
5.000 - 1.295,3
|
12.000
|
n.r.
|
Piombo
|
4.100 - 1.056,7
|
6.000
|
5.000
|
Nichel
|
100 - 19,8
|
180
|
n.r.
|
Cromo
|
n.r
|
3.300
|
100 (Cr VI)
|
Manganese
|
550 - 228,2
|
n.r.
|
n.r.
|
Rame
|
896,4 - 600
|
1.700
|
5.000
|
Cadmio
|
inf. 5,0 -
1,04
|
20
|
100
|
Arsenico
|
inf. 50,0 - 0,5
|
300
|
100
|
Alluminio
|
23.000 - 21.008
|
32.000
|
n.r.
|
Bario
|
319 - 50
|
n.r.
|
n.r.
|
Berillio
|
inf. 50,0 - 1
|
n.r.
|
n.r.
|
Mercurio
|
inf. 10,0 - 0,3
|
1
|
100
|
Fonti:
Certificati di analisi delle scorie
1987-1991 dell’inceneritore ACCAM, Busto Arsizio (VA).
(*) Media da 500 pubblicazioni
relative ai residui di inceneritori di RSU, S.Cernuschi, M.Giugliano, G.
Lonati, M. Ragazzi “Flussi di materiali e
di energia per il bilancio ambientale”, in Incenerimento di RSU e recupero
energetico, CIPA, 1995.
n.r. = non riportato.
2. Evoluzione
normativa e tecnologia dei processi di incenerimento dei rifiuti
Per quanto concerne l’evoluzione
normativa mi limito a cenni relativi ai limiti delle emissioni degli impianti
di incenerimento sulla base delle direttive europee che si sono succedute negli
ultimi 12 anni ( da ultimo la DIRETTIVA
2000/76/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 dicembre 2000
sull'incenerimento dei rifiuti) e ai relativi recepimenti nella
normativa nazionale. Nella tabella 7 che segue si riassume tale evoluzione
verso limiti più restrittivi.
Inoltre, nella tabella più avanti, si riportano le stime
relative ai fattori di emissione (quantità della emissione di una sostanza per
tonnellata di rifiuto incenerito, tenendo conto della quantità di fumi emessi
sempre per tonn di rifiuto incenerito), ovvero quello che viene ritenuto il
trend futuro di tali emissioni andando oltre al rispetto dei limiti normativi,
con verso l’applicazione della migliore tecnologia disponibile (senza “eccessivi costi”).
Nel proporre i dati della tabella 8, gli estensori, hanno
ritenuto “dimostrato” l’innocuità
degli impianti di incenerimento, pur evidenziando che “un esame esaustivo e di validità generale rispetto alle correlazioni
tra emissioni ed immissioni, e quindi alle ricadute ed ai potenziali carichi
nell’area di interesse, risulta estremamente arduo e forse anche poco
pertinente a causa delle specificità, tra cui quelle metereologiche, dei
singoli siti”. In ogni caso gli estensori si avventurano, nonostante tali
premesse a definire “indicativamente” che
-
i fattori di riduzione delle concentrazioni in aria del suolo
alla distanza di maggiore ricaduta (500-1.000 metri) comportano “una generale compatibilità con i limiti e
gli obiettivi fissati rispetto alla qualità dell’aria” ;
-
per macroinquinanti (ossidi di azoto, di carbonio, di zolfo) e
microinquinanti organici (IPA) “una
gestione appropriata dei processi di valorizzazione energetica dei rifiuti non
implica necessariamente problematiche aggiuntive rispetto all’utilizzo di
combustibili convenzionali” ed in alcuni casi vi sono dei vantaggi rispetto
all’utilizzo del carbone;
-
“rispetto ai
microinquinanti di maggiore tossicità (quali diossine e metalli pesanti),
occorre anche valutare il peso del contributo originato da tali processi
rispetto a quelli derivanti da varie e diversificate fonti, che vanno dai
settori di combustione convenzionale al traffico veicolare, alle industrie, ai
gas da discarica, alle cause naturali. I dati disponibili per tali specifici
inventari risultano ancora largamente incompleti rispetto ad un esame esaustivo
di tutte le potenziali fonti causali, tuttavia i livelli di standard fissati e
l’avanzamento tecnologico raggiunto portano a valutare che i contributi
derivanti dalla valorizzazione energetica dei rifiuti sono destinati a
ridursi”.
Gli
autori, pur con tutte le premesse sopra ricordate, concludono a favore
dell’utilizzo energetico dei rifiuti.
Tabella 7. Evoluzione normativa dei
limiti alle emissioni degli impianti di incenerimento rifiuti
Contaminante
|
Limiti
DPR 203/88 (Linee Guida DM 12.07.1990)
|
Limiti
CRIAL 1992
|
Limiti
DM 19.11.97
(nuovi
inceneritori)
giornaliero
|
Limiti
DM 19.11.97
(nuovi
inceneritori)
orario
|
Direttiva
UE 2000/76 del 4.12.2000
giornaliero
|
Direttiva
UE 2000/76 del 4.12.2000
su
mezz’ora
|
Polveri mg/mc
|
30
|
25
|
10
|
30
|
10
|
30
|
Cadmio mg/mc
|
0,2
|
0,1
|
0,05 (un'ora)
|
|
0,05
(mezz’ora)
|
0,1
(8 ore)
|
Mercurio mg/mc
|
0,2
|
0,1
|
0,05 (un'ora)
|
|
0,05
(mezz’ora)
|
0,1
(8 ore)
|
Piombo mg/mc
|
5
|
3
|
|
|
|
|
Metalli
totali mg/mc
|
5
|
5
|
0,5
(un'ora) (*)
|
|
0,5
(mezz’ora) (*)
|
0,1
(mezz’ora) (*)
|
Fluoro
(HF) mg/mc
|
2
|
n.p.
|
1
|
4
|
1
|
4
|
HF
+ HBr mg/mc
|
v.sopra
|
3
|
|
|
|
|
Cloro
(HCl) mg/mc
|
50
|
30
|
20
|
40
|
10
|
60
|
Cianuri mg/mc
|
1
|
0,5
|
|
|
|
|
Fosforo mg/mc
|
n.p.
|
5
|
|
|
|
|
SO2 mg/mc
|
300
|
300
|
100
|
200
|
50
|
200
|
NOx mg/mc
|
500
|
n.p.
|
200
|
400
|
200
|
400
|
PCDD+PCDF
g/mc
|
4
|
10
|
0,0001
(otto ore **)
|
|
|
0,0001
(otto ore **)
|
TCDD+TCDF
nanog/mc
|
n.p.
|
50
|
|
|
|
|
PCB+PCT+PCTg/mc
|
500
|
100
|
|
|
|
|
IPA mg/mc
|
0,05
|
0,05
|
0,01
(otto ore)
|
|
|
|
Ossido
di carbonio mg/mc
|
100
|
n.p.
|
50
|
100
|
50
|
100
|
COT mg/mc
|
20
|
10
|
10
|
20
|
10
|
20
|
(*)
Somma di Piombo, Antimonio, Arsenico, Cromo, Cobalto, Rame, Manganese, Nichel,
Vanadio, Stagno.
(**)
Espresso in TCDD equivalenti
Tabella 8.
Stima dei fattori di emissione da impianti di incenerimento
Contaminante
|
Fattori di emissione (grammi per tonnellata di rifiuto)
|
|
Emissioni risultanti dalla
applicazione dei limiti esistenti per nuovi impianti
|
Emissioni raggiungibili con
l’applicazione della B.A.T.
|
Polveri
|
60
|
30
|
Acido cloridrico
|
120
|
60
|
Ossidi di azoto
|
1.200
|
420
|
Ossidi di zolfo
|
600
|
300
|
Monossido di carbonio
|
300
|
200
|
Carbonio organico totale
|
60
|
40
|
Metalli
|
3
|
1,5
|
Mercurio
|
0,30
|
0,30
|
Idrocarburi policiclici aromati
|
0,060
|
0,030
|
Tcddeq
|
600 nanog
|
600 nanog
|
Fonte : Conferenza
Nazionale Energia e Ambiente, Roma, 25-28 novembre 1998; “Compatibilità ambientale, controlli e caratterizzazioni nella
valorizzazione energetica dei rifiuti urbani” .
-
per chi scrive
l'obiettivo primario è l’eliminazione, o almeno la drastica riduzione, delle
emissioni e dell'esposizione umana a diossine e ad altri tossici, dentro e
fuori gli insediamenti industriali. Per esempio, da tempo mettiamo in
discussione anche le produzioni che fanno ingente uso di cloro (produzione di
CVM/PVC, produzione di carta con l’uso sbiancanti clorurati, solventi
clorurati) che, fra l’altro, provocano le inevitabili emissioni di diossine,
furani, microinquinanti organici e altri tossici a livello dei singoli processi
produttivi e nelle operazioni di smaltimento di rifiuti e materiali contenenti
cloro. Fermo quanto sopra, a titolo esemplificativo, riporto una valutazione
inerente il confronto – pur improprio – tra emissioni di un moderno impianto di
incenerimento e le emissioni equivalenti del parco automobilistico.
Tabella 9.
Confronto tra emissioni annue di un inceneritore per CDR e “automobili
equivalenti annue” (per i parametri confrontabili)
Contaminante
|
Stima emissione annua inceneritore da 400 t/g (8.000
ore di funzionamento)
kg/anno
|
Fattori di emissione di una automobile con le caratteristiche
indicate
per km percorso in ciclo urbano
g/km
|
Numero equivalente di automobili “annue” ovvero
numero di auto circolanti con percorrenza uguale a 10.000 km/anno in ciclo
urbano
|
Ossido di carbonio
|
53.333
|
14,8200
|
359,9
|
Polveri
|
10.667
|
0,0511
(*)
|
20.874,8
|
Acido cloridrico
|
21.334
|
Non pertinente
|
//
|
Acido fluoridrico
|
1.067
|
Non pertinente
|
//
|
Anidride Solforosa
|
106.666
|
Non disponibile
|
//
|
Ossidi di azoto
|
213.333
|
0,5540
|
38.507,9
|
Sostanze organiche volatili (COT)
|
10.667
|
2,3659
(**)
|
450,9
|
Metalli pesanti
|
533
|
Non confrontabile (***)
|
//
|
Cadmio+Tallio
|
53
|
Non pertinente
|
//
|
Mercurio
|
53
|
Non pertinente
|
//
|
Idrocarburi policiclici aromatici
|
11
|
Non confrontabile
|
//
|
TCDD equivalenti (I-TEQ)
|
107 mg
(****)
|
1,5 pg/km
|
71.333.333
|
Note alla Tabella
Non pertinente = parametro
caratteristico dell’incenerimento di rifiuti ma non presente nelle emissioni di
gas di scarico.
Non confrontabile = parametri con
diverso significato tra emissioni dell’inceneritore e delle automobili.
(*) Tale valore è riferito alle
PM10 emesse da auto diesel immatricolate dopo il 1997 (ecodiesel 94/12/EEC).
(**)Il dato per le auto è
riferito a Carbonio Organico Volatile Non Metanico (COVNM) per cui è solo
parzialmente confrontabile con il Carbonio Organico Totale, parametro di
emissione per gli inceneritori.
(***) Nel caso delle auto
catalizzate le emissioni di metalli sono connesse ai metalli utilizzati nei
catalizzatori (in particolare palladio) per i quali non vi sono ancora degli
affidabili fattori di emissione, in ogni caso è arduo confrontare la tossicità
di questo metallo con quella dei numerosi metalli emessi da un inceneritore.
(****) ovvero 107.000.000.000 picogrammi/anno. Il fattore
EPA utilizzato è quello più elevato riferito alle auto catalizzate. Vi sono
stime precedenti (riferite ad auto non catalizzate) in cui il fattore di
emissione di PCDD+PCDF espresse come I-TEQ arriva fino a 20 picog/km percorso,
quindi con di due ordini di grandezza superiori a quello utilizzato nella
presente tabella.
3.
Tossicità e cumulabilità dei tossici nell'ambiente e nell'uomo in relazione
anche alle emissioni dagli impianti di incenerimento di rifiuti
Come
già accennato, va posta la massima attenzione sul significato e le conseguenze
di una esposizione ai microinquinanti emessi dagli inceneritori. Va anche
ricordato che i limiti di esposizione a tossici (nell'ambiente interno ed
esterno le fabbriche) non sono un risultato puramente "scientifico", ma rappresentano il
compromesso di un dato momento realizzato fra Industria e mondo del lavoro sulla
base dei rapporti di forza esistenti nella società, con la mediazione delle
istituzioni politiche e sanitarie per tutelare la salute e l'ambiente. In altri
termini, non possiedono alcuna validità oggettiva, non possono, nè vogliono,
garantire l'assenza di effetti su tutti gli individui esposti nel breve e medio
termine a tali contaminanti.
Tra i
contaminanti sicuramente presenti nelle emissioni di un inceneritore compaiono,
in particolare, una serie di sostanze per le quali è stata dimostrata la
cancerogenicità per l'uomo; ricordiamo le principali:
Arsenico
e composti, Cromo esavalente, Fuliggini, Nichel e composti, composti inorganici
del Piombo, Benzoantracene, Benzopirene, Berillio e composti, Cadmio e
composti, Dibenzoantracene, Benzofluorantrene, Bifenili polibromurati,
Clorofenoli, Dibenzopirene, Esaclorobenzene, 2,3,7,8 Tetraclorodibenzodiossina
(TCDD).
Come già accennato, le intrinseche proprietà tossiche
delle diossine e dei furani, se possibile, sono ancor più insidiose per la
salute umana a causa del fatto che questi composti, così come molti altri
clororganici, non sono biodegradabili e si accumulano nei tessuti degli
organismi viventi.
Data la loro maggiore solubilità negli oli e nei
grassi, piuttosto che nell'acqua, essi tendono a spostarsi dall'ambiente verso
i tessuti grassi e negli organi bersaglio come il fegato e a bioaccumularsi
negli organismi viventi.
Per esempio, la 2,3,7,8 - tetraclorodibenzo - p -
diossina (2,3,7,8 - TCDD) si accumula nei pesci in concentrazioni di
159.000 volte maggiori di quelle
riscontrate nell'ambiente acquatico circostante. Questo rapporto è definito il
"fattore di bioaccumulazione".
Esso è stimato maggiore di 10.000 volte per sostanze
tossiche quali policlorobifenili (PCB), esaclorobenzene, octaclorostirene, dibenzofurani
policlorurati (PCDF).
Lo stesso vale per il DDT, mentre l'esaclorobutadiene
si bioaccumula secondo un fattore maggiore di 17.000.
Gli esseri umani occupano una posizione ai vertici
della catena alimentare, risultando così i più esposti all'accumulo dei
composti clororganici. Questi, sebbene nella loro maggioranza possano resistere
a qualsiasi tipo di escrezione ed alterazione biochimica naturale, possono
essere eliminati dal corpo umano tramite il sangue, il liquido seminale e il
latte materno.
I composti clororganici sono quindi trasferiti da una
generazione all'altra, in dosi probabilmente maggiori. I feti ricevono significative quantità di sostanze clororganiche
attraverso la placenta.
Una volta nati, essi ne ricevono dosi maggiori anche
con il latte materno, perchè queste sostanze tossiche si sono accumulate nel
corpo della madre seguendo differenti fattori di biomagnificazione.
Valga per tutti il caso delle popolazioni Inuit, gli
Esquimesi che popolano la regione artica del Quebec, in Canada.
Elevati livelli di sostanze clororganiche sono stati
riscontrati nei loro tessuti e nel latte materno, in quanto essi si cibano
principalmente di pesci e mammiferi marini, occupando il vertice di una catena
alimentare molto semplice e diretta.
I composti clororganici e, in primis, le diossine, i
furani e i policlorobi(tri)fenili sono riconosciuti come estremamente tossici,
a causa di numerosi effetti dannosi per la salute umana e di numerose specie
animali, che non hanno la possibilità di difendersi da sostanze che sono
estranee alla natura. Tra gli effetti più ricorrenti si riscontrano disturbi
delle funzioni riproduttive e una diminuita fertilità; difetti alla nascita,
danni embrionali. Alcuni clororganici come, ad esempio, le diossine, i furani e
i PCB possono distruggere il sistema immunitario e inoltre sono cancerogeni,
mutageni e teratogeni. Praticamente tutti, in dosi anche minime, danneggiano il
fegato, i reni (le diossine anche il sistema cardiocircolatorio) e il sistema
nervoso.
Indagini mediche hanno inoltre evidenziato elevati
quantitativi di diossine nel sangue dei lavoratori addetti agli inceneritori
(Vedi Schechter, A.J. et al “Dioxin
Levels in Blood of Municipal Incinerator Workers”, Med. Sci. Res., 1991).
Non va comunque taciuto, che in un rapporto compilato
dall'USEPA si ribadisce la pericolosità della 2,3,7,8-TCDD. In esso si afferma
che l'esposizione alla diossina e ai suoi composti può essere associata
all'insorgere di diversi tumori, quali linfoma maligno, sarcoma dei tessuti
molli, cancro alla tiroide e ai polmoni. D'altra parte che la 2,3,7,8-TCDD sia
un cancerogeno multiplo non è una novità, vista la sua potente e persistente
azione di agonismo e antagonismo nei confronti degli ormoni.
Il rapporto conclude contrastando quanto sostenuto
dalle industrie e dai governi, tra cui quello italiano, e cioè che in realtà la
diossina non è pericolosa per l'uomo e che gli effetti micidiali osservati su
animali da laboratorio non sono validi per calcolare il rischio corso dagli
esseri umani.
Al contrario, secondo l'USEPA: "Sebbene i dati esistenti relativi agli
esseri umani siano limitati, i modelli osservati sugli animali appaiono
generalmente appropriati anche in funzione della stima del rischio per l'uomo"
(USEPA Office of Health and Environmental Assessment, 1992).
Cerco di dare alcune
indicazioni in merito alle valutazioni e alle misure proposte da organismi
internazionali per alcuni microinquinanti presenti anche nelle emissioni degli inceneritori.
L’attenzione dei ricercatori, delle istituzioni sanitarie
e dei governi (UNEP 1995) si è interessa, negli ultimi anni, su cosiddetti
POPs, sostanze attive anche a
microdosi, e caratterizzate dal una bassa degradibilità ambientale e,
quindi, cumulabilità nell’ambiente e negli organismi, nonchè per l’accertata
ubicuità di tali sostanze oramai distribuite su tutto il pianeta anche in
luoghi lontanissimi dalle fonti – quasi esclusivamente i paesi industrializzati
- che le immettono nell’ambiente e per gli effetti sanitari emergenti dovuti
all’esposizione a queste sostanze.
Tra i POPs figurano sostanze –
come già detto - che sono emesse anche dagli impianti di incenerimento, tra cui
ricordiamo le PCDD/F e i PCBs.
Le istituzioni sanitarie hanno
introdotto dei “limiti” di
riferimento per tentare di “pesare”
gli effetti dell’esposizione umana a
queste sostanze.
Questi limiti (TDI o ADI) sono
costituiti da “livelli giornalieri
accettabili” (o “sopportabili”)
ovvero da livelli di esposizione che, durante la vita media di un individuo,
non dovrebbero comportare – sulla base delle conoscenze scientifiche – un
rischio “apprezzabile”.
Questi limiti si basano sul “Lowest observable effect level” (LOAEL)
ovvero il livello di esposizione al di sotto del quale non si sono riscontrati
effetti negativi sugli animali da laboratorio. Di norma i LOAEL ottenuti sugli
animali sono estrapolati nell’uomo riducendoli di due ordini grandezze (1/100)
.
L’OMS, con questo sistema, ha
definito – nel 1990 - un TDI per la
sommatoria delle PCDD, dei PCDF e dei PCB “dioxin-like” pari a 10 picogr TEQ per kg di peso corporeo
al giorno (esposizione cronica su 70 anni di vita media) (vedi WHO Environmental Health Criteria 88, Polychlorinated Dibenzo-para-dioxins and
Dibenzofurans, IPCS – WHO 1989 e WHO Consultation
on tolerable daily intake from food of PCDDs and PCDFs : Summary report ,
WHO regional office for Europe, EUR/ICP/RCS O30S), nel 2000 l’OMS ha rivisto
tale limite e ha proposto due valori 1 pg TEF/kg/giorno come valore “obiettivo”
e 4 pg TEF/kg/giorno come limite massimo (v. WHO “WHO experts re-evaluate kealth risk of dioxins”, WHO/45, 3 giugno
1998; WHO “Assessment of the health risk
of dioxins : re-evaluation of the Tolerable Daily Intake (TDI), WHO
Consultation, 25-29 maggio 1998, Ginevra). Nella revisione in corso si
intende portare il valore a 1 pg TEF/kg/giorno come limite al di sotto del
quale non si sono riscontrati effetti sullo sviluppo neurologico e del sistema
endocrino, in altri termini ridurre i correnti livelli medi di esposizione che
nei paesi industrializzati sono stimati tra i 2 e i 6 picog TEQ giornalieri per
kg di peso corporeo.
Per comprendere, fino in fondo, l'estrema tossicità
delle diossine, basti dire che considerando la dose massima giornaliera
inizialmente ammessa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (10 picogr TEQ
kg/giorno), la dose annua "tollerabile"
per un individuo di 60 Kg di peso sarebbe di soli 219 nanogrammi (ng) e cioè
circa 0,22 microgrammi (µg).
Un solo
grammo di diossina rappresenterebbe pertanto la dose annua per 4.500.000
persone ! In questo contesto si può
ben comprendere il significato che rivestono i milligrammi e i grammi di
diossine e furani originati ed emessi nell'ambiente da un impianto di
incenerimento per R.S.U. o per rifiuti speciali (R.S.) o per rifiuti
tossico-nocivi (R.T.N.) e pericolosi.
Questi limiti sono stati
sottoposti a osservazioni critiche, le principali evidenziano che la
definizione stessa di un limite non equivale a un “rischio zero” riferito in particolare agli effetti cancerogeni di
tali sostanze, ovvero, in altri termini, che non ci sono delle dosi senza
effetto per sostanze che hanno la caratteristica di essere dei “distruttori
endocrini” e/o di possedere un potere cancerogeno, mutageno e/o teratogeno.
Inoltre è stato evidenziato che
questi limiti non possono essere considerati “protettivi” per la salute individuale e pubblica in quanto
considerano l’effetto tossicologico di una sostanza alla volta, ma non valutano
la realtà dell’esposizione umana e ambientale ad un insieme di sostanze con
caratteristiche tossicologiche più o meno simili, comprensive degli effetti
sinergici o cumulativi delle stesse. Un’ultima critica è stata avanzata in
merito al fatto che non tengono conto della particolare reattività degli
individui nella fase della crescita (neonati) che hanno forme di difesa dalle
aggressioni esterne diverse e meno efficaci degli individui adulti.
L’EPA ha proposto delle soglie di
esposizione individuale, sempre rimanendo alle diossine e per le diverse vie
espositive (inalazione, ingestione, contatto dermico), pari a 0,01 pg
TEF/kg/giorno (EPA 1994, Health
assessment document for 2,3,7,8-tetrachlorodibenzo-p-dioxin (TCDD) and related
compounds. Volume II of III, EPA 600/BP-92/001c), questo valore, secondo
questa Agenzia, terrebbe conto anche degli effetti cancerogeni. Va ricordato
però che tali soglie – sviluppate dall’EPA a partire dalla fine degli anni ’60
per motivi amministrativi - appaiono anch’esse arbitrarie in quanto questo
limite definirebbe una soglia di “accettabilità”
al rischio cancerogeno. L’EPA individua tale soglia nella concentrazione di
esposizione di una data sostanza equivalente ad un rischio aggiuntivo di
patologie neoplastiche pari o inferiore a 1 caso ogni milione di abitanti (1 *
10 –6), quale parametro di rischio accettabile per la popolazione
generale esposta cronicamente per tutta la vita a quella sostanza cancerogena.
Infatti l’EPA individua altre “soglie” : un rischio tollerabile per la
popolazione lavorativa tra 1 caso aggiuntivo ogni 100.000 esposti e 1 caso aggiuntivo ogni 10.000 esposti,
range di rischio che viene contestualmente giudicato come socialmente
inaccettabile, mentre una valutazione di esposizione da cui risulterebbe un
rischio aggiuntivo superiore a 1 caso ogni 10.000 esposti viene indicato come
socialmente inaccettabile.
Come abbiamo già detto, la
maggiore fonte espositiva per l’uomo per i POPs, e dunque anche per le PCDD e i
PCDF, è rappresentata dalla catena alimentare, infatti, anche a parità - o a
vicine - concentrazioni nelle diverse
matrici ambientali di POPs, sono stati verificati significative differenze
nella esposizione ovvero nei tessuti umani in funzione delle caratteristiche
della dieta locale.
Rimanendo a PCDD, PCDF e PCB,
avendo queste sostanze una spiccata caratteristica di lipofilità (sono insolubili
nell’acqua ma si sciolgono nei grassi), si è riscontrata una maggiore
esposizione nelle popolazioni nella cui dieta hanno un peso maggiore cibi con
maggiore contenuto di grasso (latte, pesci, carni). Non esistono dei limiti
riconosciuti internazionalmente concernenti la presenza di tali sostanze negli
alimenti, ma alcuni paesi hanno fissato dei limiti per determinati alimenti e/o
per i suoli agricoli.
Tabella 10. Limiti fissati in alcuni paesi europei inerenti le
concentrazioni massime nella sostanza grassa del latte di PCDD/PCDF
Stato
|
Concentrazione (pg ITEQ /g di sostanza grassa nel latte)
|
Note
|
Belgio
|
5
|
|
Germania
|
< 0,9
3,0
5,0
|
obiettivo di lungo termine
valore di intervento di primo
livello : obbligo di miscelazione del latte contaminato con altro provenienti
da fattorie e misure di contenimento delle fonti
valore di intervento di secondo
livello : divieto di commercializzazione del latte
|
Olanda
|
6
|
Limite massimo da non superare
|
Gran Bretagna
|
16,6
|
comprensivo di PCBs
|
Austria
|
35
|
Indicato dal Ministero della
Sanità, l’Agenzia per l’ambiente raccomanda il non superamento del limite
olandese
|
Francia
|
1,0
> 5,0
|
Obiettivo di riferimento
Divieto di immissione sul
mercato
|
Oltre ai limiti sopra indicati,
per rimanere all’Europa, la Germania ha fissato in 10 pg ITEQ/g di peso secco
(equivalente a 1 pg ITEQ/g su peso tal quale) quale limite per alcuni vegetali;
inoltre, nel caso dei suoli, un superamento del limite di 40 pg ITEQ/g di
sostanza secca, implica la definizione di pratiche agricole e la coltivazione
di piante con caratteristiche biologiche tali da ridurre l’accumulabilità nei
vegetali.
In Italia – come vedremo anche più avanti – un suolo a
destinazione residenziale con una concentrazione superiore a 10 pg ITEQ/g (10
nanogr/kg) di sostanza secca è da considerarsi come sito contaminato dal DM
471/99.
Rammento da ultimo i limiti
fissati dall’Unione Europea – dopo la contaminazione di alimenti animali in
Belgio nel 1999 da PCBs e diossine–
pari a 0,2 pg ITEQ/g di sostanza grassa per le carni fresche di pollo e maiale
ed i prodotti da loro derivati. Infine rammento il limite, sempre dell’Unione
Europea, fissato a 0,5 pg ITEQ /g
riferiti alla polpa di limone utilizzata come mangime per animali
(bovini) che aveva provocato una emergenza sanitaria in alcuni paesi (in
particolare la Germania) a causa della importazione di mangime contaminato dal
Brasile.
A fronte di questi limiti
diversificati, la situazione attuale nei paesi ove sono state condotte delle
indagini è riassunta nella tabella 13.
Lo studio in oggetto ha verificato che 40 prodotti analizzati (20
formaggi, 8 di burro, 12 di prodotti freschi) erano tutti contaminati da
diossine. Il calcolo della razione giornaliera riferita in particolare a neonati
ha evidenziato un superamento dei limiti individuali fissati dal Ministero
della Sanità (ovvero 1 picogrammo di diossina per chilogrammo di peso corporeo
al giorno): infatti un bambino di 10 anni del peso di 30 kg, stando a tale
limite, non deve ingerire più di 30 picog/kg al giorno, mentre ipotizzando una
razione giornaliera di 500 ml di latte, due porzioni di burro da 10 g, due
yogurt da 150 ml e due porzioni di formaggio da 30 g si troverebbe a ingerire tra 156 e 92 pg di TCDDeq al giorno
(corrispondenti ai prodotti a maggiore contaminazione e a quelli a
contaminazione media). A tale esposizione, continua questo studio, va aggiunta
quella derivante da altri alimenti a base di grassi animali in cui si è
accertata la maggiore contaminazione da diossine; tale apporto supplementare è
in grado di raddoppiare l’esposizione – sempre per un bambino di 10 anni -
quello derivante dai prodotti lattiero-caseari.
Le prefetture hanno vietato a
sedici aziende agricole la vendita del latte prodotto e sono stati chiusi gli
inceneritori di Halluin, Wasquehal e Sequedin (zona di Lille) assieme a quello
di Maubeuge, nel nord del paese, dove si è accertato il superamento di 1.000
volte il vigente limite previsto dalle direttive dell’Unione Europea sulle
diossine. Tant’è che la Francia sta riconsiderando la sua politica di
smaltimento dei rifiuti urbani da decenni basata sull’incenerimento e sta
sottoponendo gli impianti di incenerimento, fino a ieri vantati come sicuri e
non inquinanti, a verifiche approfondite.
Tabella 11. Sommario degli
studi relativi alla esposizione a PCDD/PCDF e PCBs che hanno evidenziato il superamento di limiti internazionali
Paese/Alimento
|
Superamento di limiti
|
Dieta complessiva
Spagna
Gran Bretagna (bambini)
Svezia del sud (consumatori di
pesce)
Taiwan del sud (consumatori di
pesce di acqua dolce)
|
Superamento del TDI dell’OMS
per diossine, furani e PCB
|
Dieta complessiva
Italia
Isole Faroe (consumatori di
carne)
Popolazione Inuit del circolo
artico, Canada
|
Superamento del TDI per PCB
|
Dieta complessiva
India
Isole Faroe (consumatori di
carne)
Popolazione Inuit del circolo
artico, Canada
|
Superamento ADI OMS/FAO per
aldrin e dieldrin
Superamento ADI OMS/FAO per
toxaphene
|
Pesci di acqua dolce
Spagna
Australia
|
Superamento MRL OMS/FAO per
eptacloro e eptacloro epossido
Superamento MRL OMS/FAO per PCB
e chlordane
|
Carne
Vietnam
Messico
|
Superamento MRL OMS/FAO per DDT
|
Latte e derivati
Hong Kong
Argentina
Messico
|
Superamento MRL OMS/FAO per
eptacloro e eptacloro epossido
|
Analoghe verifiche sono in
corso in Belgio per l’impianto di Anversa come per quelli di Weurt e Lathum in
Olanda. In Olanda, è utile ricordarlo, nel 1989 l’inceneritore di Rotterdam fu
spento e la produzione di latte del circondario fu distrutta per diversi anni
per l’elevata presenza di diossine. In alcuni casi si sono verificate
contaminazioni tra 11 e 14 nanog/l in TCDDeq a fronte di un limite massimo
fissato in Olanda a 0,1 nanog/l; questo inquinante ha interessato anche in
aziende di agricoltura biologica considerate – erroneamente - al di fuori
dell’area “a rischio”.
Come già accennato
la maggiore fonte espositiva (valutata in un range tra il 70 % e il 95 % a
seconda delle condizioni socio-territoriali locali) ai microinquinanti
clorurati è dovuta alla alimentazione per gli effetti di cumulabilità nella
catena alimentare sopra ricordati. Per quanto concerne la presenza di questi
tossici nell’aria le fonti sono concordi nell’evidenziare valori più elevati in
prossimità di fonti di esposizione (inceneritori, impianti industriali
correlati con l’emissioni di tali inquinanti, arterie di elevato traffico
stradale) rispetto a zone considerate non disturbate e che subiscono “solo” gli
effetti del trasporto su lunga distanza degli inquinanti atmosferici; i valori
riscontrati in studi nei paesi industriali hanno dei range molto variabili, da
5 picogr/mc (caso di un inceneritore tedesco) a valori di mille volte
inferiori, in caso di zone considerate non esposte a fonti di PCDD/PCDF.
L’indicazione della
Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale, come livello di azione,
è pari ad una concentrazione di 0,04 picog/mc, questo livello viene superato in
diverse situazioni.
In Italia sono pochissimi gli studi in proposito, tra
questi citiamo un recente studio svolto
tra il 1995 e il 1996 in diverse zone della città di Milano è stata stimata una
media di 0,0208 picog/mc nell’atmosfera di TCDDeq (come somma di PCB, PCDD e
PCDF – per il PCB è stato valutato un apporto pari al 10 %) con una
distribuzione dei numerosi isomeri delle PCDD e dei PCDF “molto simile a quello delle emissioni dei forni di incenerimento dei
rifiuti solidi urbani (nell’arco di 10 km dalle zone indagate sono attivi 3
impianti di questo genere ndr) e di
processi metallurgici” (R. Fanelli, E. Davoli in AAVV “Il benzene e altri composti aromatici: monitoraggio e rischi per
l’uomo”, Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 1998, pp.133÷151).
Studi precedenti sulla base di 18 analisi dell’aria
urbana di Firenze e di 10 analisi dell’aria urbana di Roma hanno evidenziato concentrazioni
di PCDD e PCDF : per Firenze, tra un minimo di 0,072 picog/mc in Teq e un
massimo di 0,2 picog/mc in Teq, e per Roma, tra 0,048 e 0,277 picog/mc di Teq,
con una concentrazione media per le due città stimata in 0,062 picog/mc.
(Berlincioni et al. 1995, 1993, 1992,
Turrio-Baldassarri et al. 1994; riportati in
“Compilation of EU Dioxin Exposure and Health Data - Task 2, Environmental
levels”, European Commission DG Environment, ottobre 1999, pag. 8, e “Annex
Task 2”, pag. 52).
Che tale questione sia tuttora all’ordine del giorno è
confermato dal Seminario “Dioxins in the
air”, organizzato dall’Agenzie per l’ambiente del Belgio, con il patrocinio
della Commissione UE, che si terrà a Bruges dal 19 al 20 novembre 2001.
Da ultimo si
intende presentare alcuni dati inerenti la contaminazione dei suoli :
-
nella tabella 12 si ricordano i risultati dell’unica campagna
di una certa estensione svolta in Italia e specificatamente indirizzata a
valutare la contaminazione da PCDD/PCDF nelle vicinanze di impianti di
incenerimento, mostrando i dati relativi all’inceneritore di San Donnino
(Firenze) e quelli relativi agli impianti lombardi di Busto Arsizio (VA) e
Desio (MI), tuttora funzionanti. (I dati relativi all’inceneritore di San
Donnino portarono al divieto di consumo degli ortaggi nel raggio di un
chilometro dall’impianto e contribuirono alla chiusura dell’impianto stesso).
-
Nella Tabella 13 si raffrontano alcuni limiti relativi alla
contaminazione dei suoli, evidenziando, per alcune sostanze, l’evoluzione tra
le prime iniziative regolamentari (nel nostro caso della Regione Lombardia nel
1996 e quelli ora vigenti a livello nazionale con il DM 471/99. Si sottolinea
il dato relativo ai PCB, la concentrazione fissata per la individuazione di un
sito contaminato è stata ridotta di ben quattro ordini di grandezza.
Tabella 12. Impatto ambientale dovuto alle
emissioni di CDD e di CDF dagli inceneritori di Busto Arsizio, Desio e San
Donnino (campagne di rilevazione 1979-1982)
Contaminante
|
Monitoraggio
effettuato nelle aree limitrofe all'inceneritore di Busto Arsizio
(nanogrammi per
metro quadro di suolo contaminato)
Minimo -
Massimo
|
Monitoraggio
effettuato nelle aree urbane di
Legnano (nanogrammi per metro quadro di suolo contaminato)
Minimo -
Massimo
|
Monitoraggio
effettuato nelle aree limitrofe all'inceneritore di Desio
(nanogrammi per
metro quadro di suolo contaminato)
Minimo -
Massimo
|
Monitoraggio
effettuato nelle aree limitrofe all'inceneritore di S.Donnino
(nanogrammi per
metro quadro di suolo contaminato)
|
|
|
|
|
SITO 1
|
SITO 2
|
tetra CDD
|
90 -
840
|
13 - 31
|
61,0 - 6.100
|
130
|
89
|
penta CDD
|
260 - 5.600
|
17 - 47
|
55,0 - 9.600
|
420
|
2.200
|
esa CDD
|
24 - 2.100
|
51 - 93
|
8,4 - 3.100
|
380
|
2.500
|
epta CDD
|
44 - 2.880
|
9 - 19
|
5,2 - 2.000
|
380
|
3.300
|
octa CDD
|
53 - 1.600
|
5 - 11
|
2,1 - 420
|
600
|
5.600
|
Poli CDD
|
n.r.
|
n.r.
|
113,0 - 305
|
n.r.
|
n.r.
|
tetra CDF
|
n.r.
|
n.r.
|
n.r.
|
490
|
730
|
penta CDF
|
n.r.
|
n.r.
|
n.r.
|
160
|
910
|
esa CDF
|
n.r.
|
n.r.
|
n.r.
|
220
|
1.800
|
epta CDF
|
n.r.
|
n.r.
|
n.r.
|
220
|
2.800
|
octa CDF
|
n.r.
|
n.r.
|
n.r.
|
89
|
1.000
|
Totali (*)
|
2.800
|
140
|
830
|
3.100
|
21.000
|
Totali
TE (**)
|
120
|
4,5
|
46
|
51
|
220
|
Fonti: "Inquinamento ambientale da diossine:
valutazione delle emissioni dei forni di incenerimento e loro contributo alla
contaminazione ambientale" di A.Cavallaro ed altri, USL 75/11 Milano,
Settembre 1984 e, per l'inceneritore di S.Donnino, A. di Domenico, Laboratorio
di Tossicologia Istituto Superiore di Sanità, studio del 1988 allegato al
Parere della Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale sui PCDD e PCDF,
seduta del 12.02.1988.
(*) I valori
totali sono calcolati, come indicato
dall'autore A.Di Domenico, attraverso la somma delle medie geometriche delle
singole analisi, di queste ultime sono riportate come valori minimi e massimi.
(**) Il totale TE
è espresso come valore di "tetraclorodiossine
equivalenti" (ricalcolati su fattori EPA 1987), e corrisponde
convenzionalmente a parametri di tossicità equivalenti all'isomero tetra della
diossina, e ciò calcolato per ognuno di tutti gli altri isomeri delle diossine
e dei furani.
Note: come
descritto dagli autori i dati relativi alla Lombardia sono stati realizzati con
l'analisi di carotaggi del terreno fino a 10 cm di profondità e su dieci
campioni su reticoli di 25 mt di distanza nelle aree a ridosso degli
inceneritori. Per Desio si evidenzia che le analisi sono successive al crimine
di Seveso (Milano) del 1976. Il dato di Legnano (città limitrofa a Busto
Arsizio) è stato utilizzato come termine di confronto in quanto si è supposto
che l'influenza delle emissioni dell'inceneritore di Busto Arsizio fossero
limitate e la presenza di diossine dovute ad altri fonti.
Tabella 13. Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo per
alcuni tossici, destinazione residenziale e commerciale. Confronto con i limiti
previsti dalla normativa della Regione Lombardia ( delibera 6/17252 del
1.08.1996) e quelli indicati nell’allegato 1 DM n. 471 del 25.10.1999.
(Tutti i valori sono
in microg/kg su sostanza secca)
Sostanza
|
Limite
Regione Lombardia suolo a uso residenziale
|
Limite
DM 471/99 suoli ad uso residenziale
|
Limite
Regione Lombardia suolo ad uso industriale
|
Limite
DM 471/99 suoli ad uso residenziale
|
Arsenico
|
30
|
20
|
50
|
50
|
Mercurio
|
2
|
1
|
10
|
5
|
Benzene
|
1.250
|
100
|
5.000
|
2.000
|
Toluene
|
62.500
|
500
|
250.000
|
50.000
|
Triclorometano
|
1.250
|
100
|
5.000
|
5.000
|
Aldrin
|
1.250
|
10
|
5.000
|
100
|
DDD, DDT, DDE
|
1.250
|
10
|
5.000
|
100
|
Esaclorobenzene
|
1.250
|
50
|
5.000
|
5.000
|
CVM
|
1.250
|
10
|
5.000
|
100
|
Policlorobifenili
|
12.500
|
1
|
50.000
|
5
|
PCDD+PCDF (Teq)
|
0,01 (*)
|
0,01
|
0,25 (*)
|
0,1
|
(*) Limiti massimi tollerabili indicati dalla Commissione
consultiva tossicologica nazionale del 12 febbraio 1988
4. Alcune sommarie valutazioni in merito agli effetti sanitari connessi
all’esposizione alle sostanze emesse dagli impianti di incenerimento dei
rifiuti
Mentre sono noti gli effetti dei singoli inquinanti sulla
salute pubblica, sono purtroppo pochi gli studi sanitari ed in particolare di
tipo epidemiologico, occupazionali e generali, dedicati alla problematica degli
effetti delle emissioni degli inceneritori di rifiuti.
Questi studi sono ovviamente
correlati a quelli inerenti sia la contaminazione ambientale (dell’aria, del
suolo, degli alimenti) che a quelli relativi ad indagini sui livelli nei
tessuti delle persone dei contaminanti, ed in particolare dei microinquinati
bioaccumulabili.
La maggior parte degli studi
evidenziano un incremento dei livelli di microinquinanti nei tessuti, sia per
quanto concerne le PCDD/PCDF e i PCB, sia per determinati metalli (es mercurio)
ma anche per metaboliti derivati (es. tioeteri) o altri “biomakers”. Questi incrementi sono stati registrati sia in
relazione a vecchi che a nuovi impianti di incenerimento.
Le risultanze di tali studi di
esposizione non sono, ad oggi, stati completati con un numero adeguato di studi
sugli effetti sanitari ovvero con studi condotti con rigorosi e riconosciuti
standard scientifici.
Si passano in rassegna, succintamente, gli effetti sulla salute di alcuni tipici
inquinanti emessi dagli impianti di incenerimento.
Tabella 14. Principali effetti tossicologici di alcuni contaminanti
tipici degli impianti di incenerimento
Contaminante
|
Principali effetti sulla salute
|
Particolato
|
Tutti gli studi inerenti gli
effetti dell’esposizione a polveri emesse da impianti di combustione hanno
evidenziato incrementi nella mortalità correlati con incrementi nelle
concentrazioni di polveri, in particolare le PM10. Le cause di morte
correlate sono quelle dovute a malattie respiratorie, tumori polmonari e malattie cardiovascolari. Studi di lungo
termine (esposizione cronica) tra popolazioni esposte a diverse
concentrazioni in diverse aree hanno evidenziato incrementi in caso di
maggiori esposizioni, in particolare con compresenza di elevati livelli di
ossidi di zolfo. Sono state inoltre evidenziale correlazioni tra
concentrazioni di polveri e incremento di ricoveri ospedalieri, incrementi di
attacchi d’asma, assenteismi scolastici. Ovviamente nel caso del particolato
le fonti di confondimento (leggi difficoltà di individuazione di una
specifica fonte inquinante) sono elevate per le numerose e compresenti fonti
che possono esistere in un territorio.
|
PCDD/PCDF
|
Queste sostanze sono note per
numerosi effetti sui sistemi di regolazione biochimici dell’organismo umano.
In particolare : sono delle sostanze note come cancerogene correlate con
sarcomi dei tessuti molli; sono sostanze in grado di indebolire il sistema
immunitario; riducono la concentrazione degli spermatozoi con riduzione della
fertilità, anche nella donna; producono dei danni all’apparato genitale sia
maschile che femminile; incrementano la produzione di ormoni femminili;
incremento il rischio di aborti spontanei; hanno effetti teratogeni ed in
particolare possono ridurre lo sviluppo neurologico dei feti producendo delle
deficienze cognitive nei neonati; alterano lo sviluppo sessuale dei feti;
producono disfunzioni in diversi recettori ormonali con effetti diversi;
incrementano il rischio di diabete, di alterazioni del metabolismo dei grassi
e degli zuccheri, in generale disturbano l’azione degli enzimi.
La vulnerabilità è
particolarmente elevata per i feti e i neonati.
Elevati livelli di esposizione
(occupazionali o a crimini ambientali come quello di Severo) hanno fatto
registrare effetti acuti come la cloracne ed elevati effetti sul sistema
endocrino. E’ certo l’incremento di tumori polmonari nelle esposizioni
occupazionali
|
Metalli Pesanti
|
|
Piombo
|
l’incremento nel sangue di
composti del piombo è associato a disordini nel sistema nervoso, anemia,
malattie cardiovascolari, disordini metabolici, nelle funzioni renali e
riproduttive. Esposizioni a “bassi” livelli hanno effetti significativi sui
bambini con effetti anche sullo sviluppo delle capacità cognitive. I suoi
composti sono sostanze cancerogena associate al tumore allo stomaco, al rene
e alla vescica.
|
Cadmio
|
E’ una sostanza tossica anche
per le piante, i maggiori effetti sono riscontrati a livello renale,
correlati ad effetti depressivi di tipo enzimatico. Studi epidemiologi, per
lo più occupazionali, a basse dosi hanno evidenziato deficienze
nell’assorbimento del calcio (osteoporosi e simili), infiammazione dei
bronchi fino all’enfisema, ipertensione. Principali effetti da esposizione
acute (oltre alla morte) comprendono irritazioni delle vie respiratorie (tracheobronchiti
e edemi polmonari). E’ una sostanza cancerogena e teratogena, in particolare
correlata con tumori al polmone e
alla prostata.
|
Mercurio
|
Sostanza molto tossica.
L’esposizione a elevati livelli comporta nausea, vomito, diarrea, incremento della
pressione sanguigna, irritazione della pelle, degli occhi, bronchiti,
polmoniti ed effetti sul sistema nervoso centrale (cd malattia di Minamata
dovuta all’esposizione a pesce contaminato). Esposizioni croniche a bassi
livelli comportano danni ai reni ed effetti diversi sul sistema nervoso. E’
un genotossico, sospetto cancerogeno; per la sua volatilità – se presente
nella matrice incenerita – la quasi totalità viene emessa.
|
Arsenico
|
I composti dell’arsenico sono
cancerogeni ed associati ai tumori alla pelle (anche per assunzione da acqua
contaminata) ma anche angiosarcomi epatici, tumori intestinali, vescicali e
polmonari.
|
Cromo esavalente
|
I composti del cromo esavalente
sono cancerogeni, correlati in particolare con l’incremento dell’incidenza di
tumori al polmone ma anche all’apparato gastrointestinale, allo stomaco e al
pancreas.
|
Nel seguito riporto le
indicazioni sintetiche degli studi sulla salute inerenti le popolazioni esposti
alle emissioni di impianti di inceneritori.
Tabella 15. Rassegna di studi sugli effetti sulla salute da emissioni
di inceneritori -
Studi sulla popolazione residente nelle vicinanze di
inceneritori
Tipo di impatto sulla salute
|
|
Indicatori biologici di esposizione
|
|
Incremento di tioeteri nelle
urine di bambini
|
Uno studio del 1999 ha rilevato
elevati livelli di tioeteri nelle urine di bambini residenti vicino a un
inceneritore in Spagna
|
Effetti cancerogeni
|
|
Incremento del 44 % di sarcomi
nei tessuti molli e del 27 % per linfomi non Hodgkins’
|
Uno studio (2000) relativo
all’inceneritore francese di Besancon ha evidenziato un significativo
incremento di queste due tipologie di tumori in residenti vicino
all’impianto. In corso studi di verifica.
|
Incremento di 6,7 volte della
probabilità di mortalità per cancro ai polmoni
|
Uno studio del 1996 ha
evidenziato un incremento significativo di tumori ai polmoni in residenti
vicino a un impianto italiano (Trieste)
|
Incremento di incidenza di
cancro alla laringe
|
Studio inglese (1990) nelle
vicinanze di un inceneritore per rifiuti (solventi) pericolosi; un altro
studio riguarda un’area italiana (vicino a Roma) con compresenza di
inceneritore, discarica e raffineria.
|
Eccesso del 37 % di
mortalità per cancro al fegato
|
Uno studio su una
popolazione di 14 milioni di persone residenti nel raggio di 7,5 km da
72 inceneritori in tutta la Gran
Bretagna ha evidenziato tali eccessi (1996), un successivo studio per
eliminare i fattori di confondimento attribuiscono agli inceneritori un
eccesso tra il 20 e il 30 % di mortalità per cancro al fegato (2000)
|
Incremento di due volte
di mortalità per tumore nei bambini
|
Uno studio condotto su
70 inceneritori inglesi (1974-1987) e 307 inceneritori per rifiuti
ospedalieri (1953-1980) ha evidenziato tale incremento
|
Effetti sul sistema respiratorio
|
|
Incremento nella
richiesta di medicinali per problemi respiratori
|
Uno studio (1984) su un
villaggio francese nelle vicinanze di un inceneritore ha evidenziato un
incremento nella richiesta di tali medicinali. Non si è stato in grado di
provare la correlazione con l’impianto.
|
Incremento di sintomi
di problemi respiratori
|
Incremento rilevato in
uno studio (1993) relativo ad un inceneritore di rifiuti pericolosi USA. I risultati sono incerti a causa
della metodologia adottata.
|
Effetti sulle vie
respiratorie di bambini
|
Uno studio (1992) su
bambini residenti vicino a un inceneritore di Taiwan ha evidenziato un
incremento di problemi respiratori per i bambini connessi con un elevato
inquinamento atmosferico, non è definito il ruolo dell’inceneritore.
|
Incremento di sintomi
sulle vie respiratorie come persistente tosse, bronchiti ed altri
|
Uno studio USA (1998)
ha evidenziato un incremento di tali sintomi in 58 residenti vicino a un
cementificio che brucia rifiuti pericolosi
|
Altri effetti
|
|
Eccessi nelle nascite di
femmine
|
Uno studio (1995 e 1999) su
popolazione residente vicino a 2 inceneritori in Scozia, ha evidenziato un
incremento nelle nascite di femmine rispetto ai maschi.
|
Incremento di incidenza di
malformazioni congenite nei feti relativi alla spina dorsale e agli organi genitali
|
Un significato incremento di
malformazioni congenite è stato rilevato in neonati in un’area vicino a un
inceneritore posto in una azienda chimica, tra il 1960 e il 1969. Non si è
potuto dimostrare la correlazione con gli effetti delle emissioni
dell’impianto
|
Incremento di 1,26 volte di
malformazioni congenite in neonati
|
Studio del 1998 condotto vicino
a 2 inceneritori a Wilrijk (Belgio)
|
Incremento di malformazioni
congenite agli occhi in neonati
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Studio condotto in Scozia vicino
a due inceneritori di rifiuti chimici. Conclusioni incerte.
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Possibile incremento di
gravidanze multiple
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Un incremento significativo di
gravidanze gemellari (1980) vicino a un inceneritore in Scozia. Incremento di
2,6 volte di gravidanze multiple in uno studio (2000) relativo ad un impianto
belga. Altri studi (Svezia) non hanno evidenziato i medesimi incrementi
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Abbassamento delle funzioni
tiroidee nei bambini
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Abbassamento nel sangue dei
livelli dell’ormone tiroideo in bambini tedeschi residenti vicino a un
inceneritore (1998)
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Incremento di allergie,
complicanze generali sulla salute, utilizzo di medicinali in bambini di età
scolare
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Studio del 1998 su bambini
residenti vicino all'inceneritore di Wilrijk (Belgio)
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Tra gli studi maggiormente significativi segnalo i
seguenti :
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(Miyata et al, 1998) è uno studio giapponese relativo ai
residenti di un’area vicino a un inceneritore che era stato chiuso a causa
dell’elevata contaminazione da diossine del suolo; lo studio ha evidenziato sia
elevati livelli di diossine nel sangue che il raddoppio nell’incidenza di
tumori dei residenti. La causa è stata attribuita sia all’inalazione di suolo
che di alimenti contaminati.
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(Holdke et al. 1998) ha evidenziato elevati livelli di PCBs
nel sangue di 348 bambini tra i 7 e i 10 anni, residenti vicino ad un
inceneritore per rifiuti pericolosi tedesco, rispetto ai livelli riscontrati in
un gruppo di controllo in un’area a bassa contaminazione atmosferica.
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L’unico studio relativo all’esposizione al mercurio
proveniente da inceneritori è finlandese (Kurttio et al, 1998) e ha evidenziato
un decremento nei livelli di mercurio nelle persone allontanandosi da un
impianto di incenerimento di rifiuti pericolosi.
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Nello studio citato relativo a Besancon (Viel et. al, 2000) a
fronte di una emissione – al 1998 – pari a 16,3 nanog ITEQ/Nmc si sono
riscontrati eccessi nell’incidenza (44 %) di sarcomi ai tessuti molli e (27 %)
di linfomi non-Hodgkin’s proprio in corrispondenza delle due aree (su 26) in
cui era stato suddivisa la regione di Doubs, mentre nessun eccesso è stato
riscontrato nelle altre 24 aree. Lo studio si è limitato a queste due forme
tumorali e non ad altri effetti sulla salute, si evidenzia che i linfomi non
sono associati all’esposizione a diossine e furani. Gli autori si sono
riservati l’effettuazione di ulteriori studi.
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Lo studio di Trieste ha interessato una popolazione esposta a
diversi fattori di rischio (inceneritore, fonderie, produzione di navi, centro
urbano) limitatamente all’incidenza di tumori al polmone. L’incremento di
incidenza trovato è stato di 6,7 volte per i residenti vicini all’inceneritore
rispetto ad altre zone della città (la zona del centro ha registrato
un’incremento di incidenza di 2,2 volte).
5. Conclusioni ?
Negli studi appena scorsi è
evidente che le emissioni degli impianti di incenerimento sono fortemente
indagate di essere tra i principali (il principale) responsabili della
contaminazione planetaria da alcuni microinquinanti (in primis PCDD e PCDF) ma
anche alcuni metalli pesanti, anche se non ci sono ancora un numero
sufficiente di indagini sanitarie e epidemiologiche che dimostrino una
correlazione anche a livelli “ridotti” del mix di inquinanti che
fuoriescono da tali impianti, gli studi e le conoscenze sono certamente
sufficienti per evidenziare la necessita della fuoriuscita dalla pratica
dell’incenerimento dei rifiuti di ogni genere (anche in relazione
all’applicazione del “principio di
precauzione”). (Peraltro il numero limitato di ricerche in questo campo è
indice della voluta sottovalutazione, per non dire omissione ed occultamento,
delle istituzioni politiche e sanitarie).
Si tratta di un obiettivo, per
chi scrive, che fa parte di quello più generale della eliminazione dai cicli
produttivi e da quelli di consumo delle sostanze ad elevata tossicità, a partire da quelle cancerogene, mutagene e
teratogene. Un obiettivo che ha fatto strada, tra l’altro, con lo storico
processo contro i vertici della chimica italiana che si sta chiudendo in questi
giorni a Venezia e che ha visto Medicina Democratica come promotrice di un esposto-denuncia basato, tra l’altro,
su una indagine epidemiologica “dal basso”
(un ricordo va al compagno Gabriele Bortolozzo, “medico scalzo” di
quell’indagine) che ha fatto emergere la strage operaia e l’ecocidio ambientale
prodotto dai cicli produttivi (nati) obsoleti del polo chimico di Porto
Marghera, a partire dall’esposizione dei lavoratori, loro malgrado, ai
cancerogeni CVM/PVC e 1,2- Dicloroetano.
Lo ribadiamo : i sistemi di
incenerimento dei rifiuti (così come la loro tumulazione in discarica) vanno
respinti perchè intrinsecamente pericolosi per la salute pubblica e l'ambiente
e perchè rappresentano gli anelli di una tossica catena che autoperpetua un
sistema produttivo e sociale fortemente inquinante. Va demistificato il luogo
comune che questi problemi sono risolvibili con il miglioramento tecnologico
degli impianti. Sia chiaro, nessuno vuole negare i possibili miglioramenti, ma
altro è il problema.
Infatti nessun sistema è in grado di far scomparire i contaminanti, ma solo di trasformarli e trasferirli
nell’ambiente, in misura più o meno elevata, con le emissioni. Per non dire
dell’inquinamento del suolo, del sottosuolo e delle falde idriche causato dalle
score e dalle ceneri originate dai processi di combustione e tumulate in
discarica.
A
tale proposito si vuole ricordare il diritto di ogni persona e della
collettività a non subire alcuna esposizione a sostanze ed agenti
tossico-nocivi. In altri termini va affermato, nella realtà, il rischio ZERO
per la popolazione e l'ambiente, nello specifico rispetto ai reflui tossico-
nocivi prodotti dall'incenerimento (solidi, liquidi e gassosi).
Questo
diritto è chiaramente enunciato nella Carta Costituzionale della Repubblica
Italiana (in particolare gli artt. 32 e 41) ove è esplicitamente sancita la
"tutela della salute come
fondamentale diritto dell'individuo e della collettività" così come
pone limiti alla iniziativa economica che " non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana".
Questi
principi fondamentali del nostro ordinamento costituiscono di per sé motivo
sufficiente per negare validità a qualunque proposta e innovazione - comunque
ammantata sul piano tecnico - di esposizione, più o meno controllata, della
popolazione ai rischi e agli agenti tossici e nocivi insiti nel cosiddetto
"smaltimento" dei rifiuti
e, nel caso di specie , del loro incenerimento.
Chi
scrive, infatti, rifiuta la posizione strumentale di chi considera ineluttabile
lo "smaltimento" dei
rifiuti e la relativa retorica della sua accettazione come "male minore".
Viceversa,
sostiene la necessità:
a) della prevenzione (il non inquinamento)
cioè l'affermazione del rischio ZERO sopra accennato;
b) della bonifica (il disinquinamento)
delle realtà inquinate interne ed esterne alle fabbriche, eliminando ogni
nocività e rischio attraverso adeguati interventi e mezzi, al fine di
ripristinare e mantenere condizioni ambientali salubri e sicure;
c) del riciclaggio (intervento da attuare
a valle dei cicli produttivi e dei sistemi di servizi e consumo) per
recuperare, qualificare e riutilizzare effluenti e "rifiuti" sversati attualmente nell'ambiente.
Non
vi è lo spazio per proseguire su questi argomenti ma voglio sottolineare che l'inaccettabilità della pratica
dell'incenerimento dei rifiuti si fonda anche su ragioni socio-economica in
quanto la pratica dell’incenerimento autoperpetua il ciclo dell'inquinamento e
dello spreco dei materiali.
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