La scelta di Genova come località
in cui tenere questo convegno di Medicina Democratica non è stata
casuale ma è nata dalla volontà di evidenziare, nella stessa
città in cui il 3, il 4 ed il 5 dicembre dello scorso anno, si
svolse (con ben altri mezzi) la Conferenza internazionale sulla sicurezza
nei posti di lavoro come gli obiettivi che il governo, attraverso il
ministro del lavoro sen. Cesare Salvi, allora si pose siano stati
clamorosamente mancati.
Va rilevato come neanche allora la scelta
fosse casuale ma fosse legata all'ennesimo infortunio mortale, peraltro
non l'ultimo, avvenuto nel porto di Genova ed al conseguente sciopero
generale che avrebbe dovuto segnare una ripresa delle lotte sul fronte
della sicurezza e rimase, invece ,un'iniziativa isolata.
I dati sugli infortuni, forniti dall'
INAIL, per il 1999 sono questi: 1.208 morti su un totale di 967.000
incidenti denunciati.
Nell'industria manufatturiera i morti, nei
primi 11 mesi del 1999 sono stati 216.
Edilizia ed agricoltura, nonostante
abbiano un numero di lavoratori inferiore a quello dell'intera industria,
subiscono quasi un terzo degli incidenti. Sarebbero molti di più
qualora si riuscissero a conteggiare gli infortuni dei lavoratori
irregolari.
I morti in agricoltura nei primi 11 mesi
del 1999 sono stati 134 a fronte dei 118 che hanno perso la vita nello
stesso periodo del 1998.
Nel settore agricolo, ricorda l'INAIL, il
rischio è cresciuto dal 1950 al 1992 di ben tre volte. Una crescita
degli incidenti mortali si è avuta anche nell'edilizia con 217
morti nei primi 11 mesi del 1999 a fronte dei 210 dello stesso periodo del
1998.
Per quanto riguarda il 2000 la situazione è
ulteriormente peggiorata: 97.020 incidenti e 74 morti nel solo mese di
marzo.
Tre morti al giorno se si escludono le
domeniche.
Ma ogni record sembra destinato a cadere
presto: nei 5 giorni tra il 4 e l'8 aprile i morti sono stati 20 - quattro
al giorno -.
I dati forniti non tengono conto degli
infortuni non denunciati dalla manodopera in nero, degli incidenti
avvenuti durante il percorso di andata e ritorno dal lavoro, nonché
dei circa 8.000 nuovi casi di lavoratori colpiti ogni anno da tumori
professionali ( almeno 5.000 dei quali con esiti mortali) per esposizione
ad agenti cancerogeni.
I casi riconosciuti sono stati meno di
400, a palese dimostrazione di quanto poco valga la vita degli operai. Se
si considerano le cifre del lavoro sommerso si può avere un'idea di
quanto siano inadeguati i numeri forniti dall'INAIL.
Riportiamo i dati emersi da un'indagine
ISTAT che si riferisce al quinquennio 1992-1997 che riguardano l'altra
faccia della disoccupazione "ufficiale". Nel periodo considerato
le unità di lavoro complessive sono calate del 3,8 %, mentre il
prodotto interno lordo nello stesso periodo è cresciuto del 6,7 %.
La diminuzione ha però interessato
soltanto l'occupazione regolare, che nello stesso quinquennio è
calata del 5,9 %, passando da 20.320.000 a 19.130.000 unità. I
lavoratori irregolari tra il '92 ed il '97 sono invece aumentati del 9,3
%, passando da 3.137.000 a 3.428.000.
Il cosiddetto tasso di non regolarità,
che misura il peso della componente del lavoro sommerso sul totale, di
conseguenza è passato dal 13,4 % ad oltre il 15 %. La crescita di
questo tipo di occupazione è stata particolarmente accentuata nel
settore agricolo, con un tasso di irregolarità corrispondente al
29,2 % del totale delle unità lavorative.
Il 40 % di questi lavoratori è
costituito da stranieri. Una forte presenza del lavoro sommerso si
riscontra anche nel commercio, nei pubblici esercizi, trasporti,
comunicazioni oltre che naturalmente nell'edilizia. Basti pensare che a
Genova , secondo le valutazioni di Ennio Bettini impresario edile e
presidente del Comitato paritetico contro gli infortuni ci sono 3.000
lavoratori edili in nero a fronte di 6.600 regolari. Oltre al lavoro nero
vero e proprio, completamente irregolare, ci sono altre forme di evasione
contributiva che vanno dalla costituzione di false cooperative a quel
sistema di pagamento che si definisce a " paga globale".
E' con questa realtà di lavoro nero
e sottopagato, con la ricerca esasperata di flessibilità e di
competitività, con l'aumento della produttività ottenuto non
con l'introduzione di nuove tecnologie ma con l'inasprimento dello
sfruttamento che è necessario fare i conti se si vuole ottenere
risultati sul fronte della sicurezza. Per questo motivo non era e non è
pensabile che Carta 2000 ottenesse dei risultati positivi : perché
le scelte operate dal governo in favore di flessibilità e precarietà,
valga per tutte il pacchetto Treu, sono un fattore determinante dei rischi
che quotidianamente i lavoratori corrono sul posto di lavoro. In questa
situazione la stessa 626, una delle leggi più avanzate in Europa in
materia di sicurezza, viene usata in funzione antioperaia.
I lavoratori vengono informati e coinvolti
esclusivamente al fine di deresponsabilizzare le aziende. Infatti, con la
626, il lavoratore ha la possibilità puramente teorica di rifiutare
i lavori pericolosi. In realtà rivendicare oggi, in periodo di
piena vacanza sindacale e quindi in maniera individuale, il diritto alla
sicurezza ed alla salute comporta discriminazione sicura ed il rischio di
licenziamento.
La strada da percorrere è ancora
una volta in salita, è quella della risposta collettiva ed
organizzata. E' quella di non delegare a nessuno i propri interessi di
classe in nessun settore, né politico né sindacale né,
naturalmente, per ciò che riguarda sicurezza e salute.
Laddove la classe abdica al proprio ruolo
autonomo, l'ACNA di Cengio e l' ILVA di Cornigliano insegnano, rischia di
trovarsi a rimorchio degli interessi padronali. Medicina Democratica,
movimento di lotta per la salute, è un sicuro punto di riferimento
per queste battaglie.
Buon lavoro.
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