Il manifesto - 19 Settembre 2000
Una medicina meno liberista
Un convegno di Medicina democratica sul lavoro che uccide. Diagnosi e un suggerimento: sulla sicurezza ascoltate gli operai

MANUELA CARTOSIO - INVIATA A GENOVA

Oggi nell'aula bunker di Mestre riprende il processo per i morti e per l'ecocidio di Porto Marghera. Il processo ai padroni del Petrolchimico si fa soprattutto grazie al "metodo" dell'inchiesta dal basso e del sapere operaio. Medicina democratica (Md) all'inizio degli anni '70 fondò quel metodo; oggi, in un contesto sociale e politico disastrato, è rimasta forse l'unica associazione a mantenerne fattiva e concreta memoria. Il suo convegno di sabato scorso a Genova - nonostante il titolo, "Operaio da morire" - è stato un gesto di speranza. "Per almeno altri 20 anni continueremo a scassare l'anima in questo paese", promette Tonino D'Angelo, presidente di Md. Speranza accompagnata da un sano realismo: "Siamo pochi gatti che cercano di lanciare il sasso nello stagno con l'ambizione di ricreare una rete, una sensibilità", dice un giovane fiorentino.
Un centinaio i partecipanti al convegno, quasi altrettante le realtà in cui Md è presente. L'elenco disegna la mappa italiana dei veleni (Porto Marghera, Cengio, Mantova, Ravenna, Massa Carrara, Priolo, Gela, Manfredonia, Porto Scuso e Portovesme, Scarlino...) e dei comitati contro impianti tossici, discariche, alta velocità, superstrade. A rivolgersi a Md sono soprattutto i comitati, le aggregazioni territoriali, mentre i luoghi di lavoro - dove pure si continua ad ammalarsi e a morire - sono sempre più muti e sordi sui temi della salute e dell'ambiente. Ci sono mille spiegazioni di questo silenzio: dalla deregulation del mercato del lavoro alla frammentazione postfordista, da una sinistra tale sono di nome a un sindacato tiepito e connivente.
E però, afferma Marcello Palagi, dell'Assemblea permanente dei cittadini di Massa Carrara (ricordate la Farmoplant?), "il problema restano gli operai, non li abbiamo trovati dalla nostra parte vent'anni fa, non li troviamo ora". Il ricatto occupazionale non spiega tutto, in alcuni casi "l'omertà dura anche dopo, a fabbrica chiusa, a licenziamenti avvenuti". Non c'è moralismo nelle parole di Palagi, ma solo un duro richiamo alla "materialità". L'esempio più recente, e a un tiro di schioppo dal Museo di Sant'Agostino dove si è svolto il convegno, è l'aspra vicenda dell'acciaieria di Cornigliano (inspiegabilmente neppure nominata al convegno). Per la quale vale la lezione che Luigi Mara tira da decenni di esperienza: "O gli operai prendono in mano la bandiera della salute, oppure sono spazzati via. Se si perde sul terreno della salute, si perde anche su quello del lavoro. Quando la comunità, il territorio, prendono coscienza del danno ambientale per tutti, i posti di lavoro sono destinati a sparire, diventano indifendibili".
Molti gli interventi sui danni dell'amianto e sulle difficoltà per gli esposti a ottenere un parziale risarcimento: la legge che permette a chi ha respirato aghi di amianto per dieci anni d'andare in pensione con cinque anni d'anticipo è osteggiata innanzi tutto dall'Inail. Ne hanno parlato lavoratori dell'Ansaldo di Legnano e di Milano, togliendo la pelle ai sindacati confederali; Michele Michelino, ex Breda Fucine di Sesto San Giovanni, ha allargato le critiche alla magistratura: "la scienza non è neutrale, ma neppure i giudici lo sono", si rimpallano per anni le denunce per morti da mesotelioma, il tumore provocato dall'amianto. 120 diagnosi di mesotelioma in un anno in Liguria dove i casi "attesi" erano meno di una decina, dice il dottor Valerio Gennaro che ne sta curando il registro. Attenzione, aggiunge, il mesotelioma è un tumore "sentinella", l'amianto può causare altri tipi di tumore ai polmoni. Se questa è la morte lenta, c'è la morte repentina del camallo investito dal cavo d'acciaio, sbalzato in mare dal carrello. La racconta Bruno Rossi che paragona il suo apprendistato lento e cadenzato nella Compagnia merci varie di 50 anni fa ai metodi odierni: "ragazzi appena presi che fanno 30 turni di seguito", impossibile imparare il mestiere.
Della legge 626 per la sicurezza nei luoghi di lavoro, in vigore da sei anni, Md tira un bilancio perentoriamente negativo, autorizzata dalle cifre di morti e infortuni che non mostrano inversioni di tendenza. Ma la critica risale a monte, investe la filosofia della legge. "Scoraggia la vigilanza, si sono spostati operatori pubblici dalla vigilanza all'assistenza alle azienda sconfinando nella beneficenza", osserva Vito Totire, dell'Associazione esposti amianto. Questione di principio a parte, "i risultati sono fallimentari". Dario Miedico, medico del lavoro e medico legale, rifiuterebbe di fare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls): "si rischia d'essere complici senza volerlo del padrone". La 626 è più utile per i medici legali in tribunale che per i lavoratori in fabbrica, aggiunge: "in tribunale nessuna azienda risulta totalmente in regola con la 626". Pochi o tanti che siano, utili o controproducenti, i delegati alla sicurezza ora ci sono. E ad essi Md, per bocca del suo segretario Fulvio Aurora, lancia un messaggio: approfittate della nostra esperienza, usateci, fate vostro il "metodo" che riconosce alla soggettività del lavoratore pari dignità del sapere tecnico-scientifico. Per citare di nuovo Mara: "Il tecnico non deve solo insegnare all'operaio, deve anche imparare da lui, il rapporto è sempre di scambio biunivoco".
Non passa indenne all'esame di Md neppure il testo unico sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, a cui sta lavorando da anni il senatore Smuraglia. "Non ci convince la logica premiale verso le aziende, quello sanzionatorio è l'unico linguaggio che capiscono le aziende italiane", dice Franco Pisano, dell'Agenzia per l'ambiente della Liguria, "il metodo dell'autocertificazione va bene in Svezia, non qui da noi". Sarà pure vero, ma dalla relazione del magistrato Francesco Pinto è risultato altrettanto vero che il processo penale è un "rischio sostenibile" per le aziende che violano le leggi e se la cavano con prescrizioni, condizionali e rotazione di dirigenti. Urge escogitare altre forme di "deterrenza".

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