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Dossier MICHELIN


INDICE DEI PARAGRAFI:


Mille pagine di dossier Preoccupazioni anche per le popolazioni della Fraschetta.
Guariniello:"omicidio colposo plurimo".
I giornali:"Strage"
Metà morti per tumori alla vescica e metà al polmone.
Il sindacato si muove:"il 60% dei decessi in Michelin di Spinetta è per tumori". Malgrado il ricatto occupazionale, Michelin continua ad essere allarme ambientale e sanitario.
La magistratura alessandrina si muove ma... Continua l'azione di Medicina Democratica.
Prima sconfitta per la Michelin. Risarciti 7 miliardi alla vittime.







Mille pagine di dossier

Quanto segue è lo stralcio del dossier che Medicina Democratica Movimento di lotta per la salute stava preparando in concomitanza alla querela presentata da Michelin contro Lino Balza per presunta diffamazione a mezzo stampa (coimputato il direttore de II Piccolo di Alessandria) e che sarebbe servito per il convegno intemazionale in Alessandria avente per oggetto "Morti e malattie negli stabilimenti Michelin. Prevenzione e repressione".
Al momento della sopravvenuta remissione della querela, il dossier aveva già raggiunto la consistenza di mille pagine: i documenti da presentare al processo erano stati distribuiti in sette sezioni.
Medicina Democratica era difesa dall'avvocato Aldo Mirate del Foro di Asti, che ringraziamo per il patrocinio prezioso e disinteressato.

A margine del dossier aggiungiamo un aggiornamento delle vicende processuali della Michelin.

Guariniello: "Omicidio colposo plurimo".

I giornali: "Strage".

II procuratore di Torino Raffaele Guariniello, sulla base dei casi segnalati per lo stabilimento di Torino-Dora dall'Osservatorio sui tumori professionali da lui istituito, aveva rinviato a giudizio per omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose i dirigenti della Michelin (SAMI) per 11 morti e 14 malati gravi. In seguito sul tavolo del procuratore erano continuate ad arrivare nuove segnalazioni al punto da aprire nuovi tronconi dell'inchiesta.
Il primo si è concluso (17/3/99) con una condanna ad 1 anno e 6 mesi per l'ex amministratore delegato e 1 anno e 2 mesi per il direttore dello stabilimento.
In precedenza essi avevano risarcito le vittime per 7 miliardi. Gli stessi organi di stampa padronali erano così stati costretti a pubblicare che i lavoratori erano stati colpiti da asbestosi, mesotelioma pleurico, adenocarcinoma polmonare o da altre gravi affezioni dell'apparato respiratorio provocate da amianto contenuto nel talco impiegato in certe lavorazioni.
Leggemmo drammatiche testimonianze (allegate al dossier): "quando cominciarono a togliere l'amianto, nell'83, lo strappavamo con le mani creando una polvere incredibile. I locali non venivano mai puliti. Se uno si lamentava veniva ricattato dai capi".
Altri lavoratori erano deceduti per carcinomi alla vescica dovuti alle amine aromatiche, all'antiossidante PBNA, beta-naftil-amina utilizzato fino agli anni '80.
Leggemmo le testimonianze: della scarsa attenzione -tecnica, organizzativa, procedurale- prestata all'ambiente di lavoro, della carenza degli impianti di aspirazione ecc.
Leggemmo che le fibre di amianto erano utilizzate negli stabilimenti (al plurale) Michelin. Anzi lo stesso amministratore delegato nell'interrogatorio di Guariniello aveva parlato di stabilimenti al plurale (compresa Spinetta dunque).
Leggemmo le testimonianze: che almeno fino agli anni '80 si lavoravano colle, benzine, eptano, solventi ecc. senza guanti di protezione, senza mascherine protettive, senza impianti di ventilazione e aspirazione, ne sistemi di lavorazione a ciclo chiuso, ne limitazione dei tempi di esposizione.
Sugli stessi giornali leggemmo le parole "inferno" "bilancio di guerra" "killer" "strage" riferite a questa fabbrica che, a ragion veduta, può essere definita, come altre purtroppo, "fabbrica della morte".

Il sindacato si muove: "il 60% dei decessi in Michelin di Spinetta è per tumori".

Sulla base di questo processo per lo stabilimento di Torino, e sulla base della situazione emersa per il 2° stabilimento piemontese (Cuneo: 900 domande ai Patronati per riconoscimento di malattie professionali), sollecitata dalle assemblee dei lavoratori e dai famigliar! delle vittime, la FILCEA CGIL di Alessandria, di concerto con i Patronati, le strutture territoriali, i responsabili aziendali della sicurezza, aveva presentato alla Magistratura alessandrina nel giugno '97 un esposto per il 3° stabilimento piemontese, Spinetta Marengo Alessandria.
Un altro esposto era stato presentato dalla UIL: il suo contenuto è analogo a quello della CGIL.
Un altro esposto sarà presentato da Medicina democratica, WWF e Comitati della Fraschetta, anzi sottoscritto singolarmente da quasi 5.000 cittadini.
Anche questa documentazione è allegata al dossier. L'esposto della CGIL fu presentato in conferenza stampa il 17/6/97 da Angelo Mirabelli, Bruno Pesce, Antonio Olivieri, Francesco Lipararota e altri lavoratori Michelin.
Gli esposti sono diventati procedimenti penali: vedi nota di aggiornamento a fine dossier.
Nell'esposto la CGIL affermava che "le lavorazioni svolte in Torino e quelle effettuate in Alessandria, quantomeno per tutti gli anni '70 e fino alla fine degli anni '80, erano del tutto identiche" e che "gli stabilimenti di Torino e Alessandria erano organizzati in modo del tutto identico e producevano lo stesso tipo di prodotto e utilizzavano le stesse sostanze". Erano cioè "fabbriche gemelle". Tant'è che la CGIL allega all'esposto l'imponente lavoro di ricerca svolto dalla Magistratura torinese, ne allega le perizie sulla pericolosità delle lavorazioni, sulla tossicità delle sostanze usate, sulle risultanze epidemiologiche; allega le violazioni riscontrate dall'USL di Alessandria durante i sopralluoghi in fabbrica e si richiama allo studio epidemiologico disposto dal Pretore del lavoro. L'esposto descrive in maniera meticolosa e agghiacciante le condizioni di lavoro di Spinetta, le tecniche di produzione, le sostanze nocive e cancerogene, la contaminazione ambientale, la carenza dei mezzi protettivi, nonché il nesso di causalità con morti e malattie. Le sostanze erano le stesse che avevamo letto per Torino: talco, nerofumo, olio aromatico denaturato, amine aromatiche fino al 1983: "come risulta dalle analisi eseguite a quell'epoca dalla Cllnica di Medicina del lavoro dell'Università di Pavia, è stata largamente usata la fenil-beta-meftilamina". Leggemmo: "Fino alla fine degli anni '70, gran parte della lavorazione alle mescole avveniva con l'intervento manuale a distanza ravvicinata degli addetti". "Solo a partire dagli anni '80 alcuni impianti di aspirazione sono stati installati. Peraltro funzionavano poco e male e di conseguenza il talco si diffondeva nell'ambiente. Anche ultimamente (l'esposto è del giugno '97 N.d.R.) è stata rilevata dagli organi competenti (USL) una eccessiva dispersione di talco in questo reparto. In questo reparto i tappeti trasportatori erano e sono tuttora (giugno'97 N.d.R.) scoperti, al punto che ...". "Un'occasione di maggiore esposizione al talco era ed è (giugno '97 N.d.R.) costituita dall'operazione di disintasamento delle betoniere per mezzo di una botola senza ricambio d'aria... Le protezioni allora in atto consistevano soltanto in mascherine di plastica rigida". "Il sacco di recupero del talco di aspirazione frequentemente si rompeva spargendo -ad aspiratori spenti- il suo contenuto addosso agli addetti".
Dello stesso tenore sono le restanti 10 pagine dell'esposto CGIL, che di seguito continuiamo a riassumere.
Gli addetti erano e sono tuttora (giugno '97 N.d.R.) a contatto per inalazione delle amine in quanto sprovvisti di mascherine.
Gli stessi erano a contatto cutaneo delle amine perché sprovvisti di guanti isolanti. "Accadeva spesso che l'aspirazione non funzionasse determinando la fuoriuscita di amine, nerofumo e vapore di olio". Non di rado accadeva che il nerofumo invadesse tutto il reparto. "Anche con l'olio ed aromatico denaturato, cancerogeno, alcuni addetti sono tuttora (giugno '97 N.d.R.) a contatto diretto".
Anche attualmente talco e nerofumo sono trattati manualmente.
"In passato l'azienda non forniva mascherine di protezione, gli addetti erano costretti a legarsi fazzoletti di stoffa davanti al naso e alla bocca". "Il pneumatico, fino alla fine degli anni '70, veniva asportato a mano, le mani erano protette da una sorta di stracci: l'addetto era esposto a vapori acri e caldissimi" "Nel locale posto nel sottosuolo del reparto cottura non c'erano ne ci sono (giugno '97 N.d.R.) impianti di ricambio d'aria e l'ambiente è saturo di fumi di ogni tipo: gli addetti sono sprovvisti di qualsiasi tipo di protezioni e costretti ad inspirare vapori maleodoranti".
Il problema della temperatura (65°) e dei vapori fu rilevato anche dalla USL il 18/6/96. Oltre a questa sostanze, gli addetti erano all'epoca costretti ad inspirare composti di amianto che fuoriusciva dalle guarnizioni, si sbriciolava e rilasciava fibre nell'ambiente. "Le pulizie stesse venivano fatte sovente con getti di vapore di aria compressa che non facevano che spostare le fibre da una parte all'altra. Viceversa gli impianti di aspirazione erano insufficienti, soprattutto per la loro inefficienza". Così si conclude questa parte dell'esposto: "Il pericolo per la salute derivava non solo da alcune estreme condizioni ambientali (già sopra descritte) ma soprattutto dal fatto che sono state utilizzate e in parte vengono utilizzate tuttora (giugno'97 N.d.R.) sostanze che senza la minima ombra di dubbio sono nocive alla salute. " "E' pacifico che dal 1992 non viene più direttamente impiegato l'amianto; peraltro alcuni dipendenti risultano affetti da mesotelioma e gravi patologie respiratorie che solo una prolungata esposizione all'amianto può giustificare".
I tempi di latenza per l'amianto sono ultraventennali.
"Per quanto riguarda la tossicità delle amine aromatiche, la letteratura medica che le collega alle neoplasie alla vescica è piuttosto vasta: vedi quanto affermato dai periti nel procedimento penale di Torino" di cui nell'esposto sono allegati gli elaborati.
"Si è già detto sopra come gli strumenti protettivi fossero assolutamente inidonei". "Per quanto concerne il talco, tutti gli stabilimenti Michelin si approvvigionavano, per espressa dichiarazione aziendale, presso un unico fornitore; dalle indagini effettuate per conto della procura della repubblica di Torino è risultato che il talco utilizzato conteneva fibre di amianto in quantità tale da causare pericolo per la salute (asbestosi, tumori ecc.) ".
L'esposto infine elenca i nomi degli ammalati, dei deceduti e le date dei rispettivi decessi "sottolineando che si tratta solamente di quelli per i quali è stato possibile raccogliere documentazione medica" e invitando perciò la magistratura ad aprire indagini sulle modalità di produzione, ad aprire indagini sulle morti accertate e accertabili, promuovere indagini epidemiologiche, affinchè siano colpite le eventuali responsabilità, siano riconosciuti i risarcimenti danni per morti e malattie professionali e sia fatta prevenzione per il presente e il futuro.

La magistratura alessandrina si muove ma...

"I dati a cui facciamo riferimento" scrisse la CGIL "dicono che oltre il 60% dei decessi in Michelin dal '90 al '96 è riconducibile a tumori. Nei primi 6 mesi del '97 si registrano 8/10 casi con una crescita esponenziale". (Vedi Lotte Unitarie giugno '97, La Stampa 16/6/97).
Questi dati, ripetutamente pubblicati dalla CGIL: sono ora presenti nelle documentazioni del procedimento penale 294/98 originato dall'esposto: 6 indagati per i primi 16 casi di morte e lesioni gravissime.
a) Nel primo elaborato "Analisi delle cause di morte ISTAT Piemonte 1970-90 Michelin di Alessandria" sul totale di 112 decessi Michelin ben 53 (47,4% , quasi un lavoratore su due) sono dovuti a tumori.
E precisamente:
Labbra, cavità orale e faringe
Apparato digerente e del peritoneo
Apparato respiratorio e organi intratoratici
Ossa, tessuto connettivo, pelle
Organi genitourinari
Altre e non specifiche sedi
Tessuti linfatico ed ematopoietico
2
14
23
3
3
4
4


Se si confronta questo elaborato Michelin con quello (1995) riferito alle "Morti ISTAT del Piemonte", si evidenzia che la percentuale piemontese di morti per tumore è appena del 31,5% (23.116 decessi per tumori su 73.415 decessi per tutte le cause) contro il 47,4% Michelin.
Si tenga conto che il Piemonte, usato come termine di confronto, è tra le regioni con più alta incidenza di tumori; Disaggregando i dati, i decessi Michelin per tumore a polmone-apparato respiratorio sono più del doppio rispetto al Piemonte:
Michelin Spinetta: 23 su 112 = 20,6%
Piemonte 7344 su 73.415 =10%

Anche il rapporto tumore polmone / tutti tumori oppone un 44% Michelin (23 su 53) contro un 31,7% Piemonte (7.344 su 23.116).
Disaggregando per fascia di età 30-64 anni, le percentuali piemontesi sono rispettivamente:
41,14 = 6.913 su 16.837
15,8% = 2.668 su 16.837
38,5% = 2.668 su 6.913

Per quanto riguarda i tumori all'apparato digerente:
il Piemonte è già collocato ad un livello altissimo cioè 10,3%, ma Michelin è al 12%, con un balzo al 14,7% negli anni '80-'90.
Quesito: perché non è stato aperto procedimento penale anche per i 53 decessi degli anni '70-'90 (più gli ammalati)?

b) La suddetta elaborazione su Michelin è stata aggiornata dal documento prot. 6914 dall'ASL 20, relativamente al periodo '92-'97,segnalando un ulteriore aggravamento delle percentuali:
50% di decessi per tumori sul totale decessi
21,5% di decessi per tumori al polmone sul totale decessi per tumori
.

c) Se si considera
1) che lo stabilimento Michelin di Spinetta è sorto agli inizi degli anni '70
2) che i tempi di latenza per malattie tumorali sono decennali,
è preoccupante notare la progressione geometrica di tali decessi nel corso degli anni.
Infatti, afferma la CGIL, la percentuale di decessi per tumore sul totale decessi passa dal 29,2% degli anni '70-'80, al 52,3% degli anni '80-'90, al 50% degli anni '92-'97. Contro il 31,5% regionale.
Per quanto riguarda il polmone, le percentuali sono rispettivamente: 16,7% , 21,6% e 21,5%. Contro il 10% regionale.

Prima sconfitta per la Michelin

Non a caso la prima causa avviata al dibattimento è quella relativa al signor Andrian Alberto, deceduto per mesotelioma pleurico, "la neoplasia più specifica riconducibile alla esposizione di asbesto (amianto)"
Addetto alla manutenzione nel reparto cottura "si trovava così costretto ad inspirare, oltre ai vapori bollenti dovuti alle alte temperature raggiunte dalle presse, anche la polvere del materiale di coibentazione che fuoriusciva dalle guarnizioni aperte. Le parti calde degli impianti erano coibentate con trecce o lastre di amianto: questi materiali, soprattutto durante gli interventi di manutenzione, si sbriciolavano rilasciando fibre. " "Inoltre, nell'ambiente di lavoro nel quale il signor Andrian prestava la propria attività vi era una copiosa presenza di polvere di talco, che veniva sollevata anche dai getti di aria compressa, sistema che veniva usato (per disposizione aziendale) per togliere la polvere dagli impianti. Per quanto riguarda le misure di protezione fornite al defunto, per quanto a conoscenza delle esponenti, nei primi anni non gli venivano fornite dall'azienda ne mascherine di protezione ne altro, al punto che lo stesso si proteggeva la vie respiratorie legandosi un fazzoletto sul volto".
Per Andrian la condanna è già stata emessa: riconosciuta la morte professionale nei confronti dell'INAIL.
Pretore è stata Anna Maria Oddone che ha disposto numerosi rilievi ambientali, compresa l'acquisizione dei dati presso l'ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambientale) e la perizia del dottor Moirano dell'Università di Torino.
Mentre gli altri procedimenti penali ristagnano.

Preoccupazioni anche per le popolazioni della Fraschetta


Ma torniamo all'esposto della CGIL.
Alla conferenza stampa del 17/6/97 seguì una vastissima e allarmatissima eco sulle prime pagine di giornali, radio e televisioni. I contenuti dell'esposto divennero di dominio pubblico: "Talco killer alla Michelin" (killer = assassino)."Michelin, morti sospette?" "La Michelin è a rischio?", con interviste illustranti gli esposti al segretario UILCER Elio Bricola e al segretario FILCEA CGIL Angelo Mirabelli: "Uno stabilimento costruito all'inizio degli anni '70 con dei cnteri però vecchi di quasi mezzo secolo". E ancora: "La CGIL: troppi morti di cancro in Michelin. Sotto accusa il talco" con vaste interviste al segretario FILCEA CGIL Antonio Olivieri: "Lì si lavora il talco all'amianto e la gente muore di cancro" "I dati sulle morti di cancro sono in aumento: dal 90' al'96 il 60 per cento dei lavoratori morti avevano il tumore, la metà ai polmoni" "Ancora adesso (16/6/97 N.d.R.) i sacchetti di talco vengono aperti e utilizzati senza una adeguata protezione" "L'impianto alessandrino ha le stesse caratteristiche dello stabilimento di Torino ed è stato costruito molto più tardi ".
Successivamente la CGIL integrò la conferenza stampa con una abbondante e diffusissima pubblicistica, dando così continuità alla preoccupata inchiesta da tempo avviata.
A proposito si veda l'interessantissimo Lotte Unitarie del maggio 1997: tavola rotonda fra Angelo Mirabelli, Antonio Olivieri e Dino Bianchi della FILCEA CGIL, David Robotti e PierLuigi Cavalchini di Legambiente, nonché tré delegati sindacali della Michelin di cui "per comprensibili motivi si omettono i nominativi".
Comprensibili del clima di democrazia che si respira in azienda. Non a caso viene citato anche "il solito ricatto occupazionale".
Le dettagliate e allarmate accuse sono le stesso che conterrà l'esposto, non riguardano solo il passato ma anche il presente (maggio l997) .
E' interessante notare come la preoccupazione degli intervenuti, chi; rispecchiano l'opinione pubblica, non siano solo rivolte all'interno dello stabilimento per la condizione di salute dei lavoratori, ma anche ai pericoli per la salute degli abitanti (200 mila) della Fraschetta: zona già gravata da altre situazioni di rischio su cui in passato Medicina democratica si è attivamente impegnata, zona con record italiano di decessi, soprattutto per tumori (II Sole 24 ore).
Leggemmo così, a proposito del famoso talco segnalato alla magistratura come sospetto agente di cancro polmonare, che "secondo noi questo talco liquido in sacchi di juta presenta possibilità di dispersione nei campi circostanti. II materiale di scarto viene poi inviato al consorzio di bonifica della Valle Scrivia: destinazione su cui bisognerebbe fare qualche considerazione secondo noi". "In questi due reparti" denominati ZY e Z, quelli famigerati per il sospetto di tumori alla vescica "l'attenzione dovrebbe essere mirata, oltre che alla sicurezza degli addetti, ad una maggiore attenzione a scarichi e smaltimenti dei residui di lavorazione... Circolano in fabbrica voci su pesanti scarichi illeciti: da qui il sollecito di alcuni lavoratori al consiglio di fabbrica per chiedere un intervento dell'USL preposta, per monitoraggio e analisi senza preavviso. La RSU ha chiesto più volte di partecipare all'analisi dei prelievi aziendali delle acque di scarico ma Michelin non ha mai acconsentito ... I residui di soda caustica vengono scaricati nelle fogne...Il clorotene, altra sostanza di cui è nota la nocività, poi viene immesso negli scarichi..."

Metà morti per tumori alla vescica e metà al polmone

Lotte Unitarie, il giornale della CGIL, del giugno 1997, a sua volta, commentò compiaciuta che la notizia dell'esposto "ha occupato svariate colonne con grossi titoli e per diversi giorni".
I contenuti infatti furono sempre più di dominio pubblico e vennero riproposti arricchiti di particolari da Francesco Liparota rappresentante per la sicurezza (RLS) alla Michelin, Angelo Mirabelli e Antonio Olivieri : "In particolare, amianto e derivati sono (giugno 1991 N.d.R.) o sono stati presenti in tutti e tré gli stabilimenti Michelin (Torino, Cuneo, Alessandria) mischiati ad altri prodotti (come il talco) o usati in forme specifiche di coibentazione". "Il tumore alla vescica viene contratto dove si utilizzava il PBNA che dava luogo alla formazione di fenil-beta-naftilamina". Si usano le parole "killer" e "strage".
Liparota stigmatizza "la strumentalizzazione della vicenda-esposto da parte della Michelin riguardo ad altri aspetti del confronto sindacale in atto".
Lo stesso Liparota rilasciò una coraggiosa intervista al giornale La Città del luglio 1997, in cui si commenta l'allarme nazionale sulle malattie legate alla lavorazione della gomma, nonché il riscontro sullo stabilimento di Alessandria: "I dati da noi raccolti su Michelin corrispondono a quelli della Procura alessandrina di fine '96. Sui 112 lavoratori deceduti tra l'apertura della fabbrica nel '70 e la fine '96, oltre il 50 per cento sono morti per tumore. Di questi, la metà per tumore ai polmoni (reparto cottura: talco liquido, amianto) e l'altra metà per tumori alla vescica (reparto preparazione: amine, olio aromatico, nerofumo) Non solo. Oltre ai decessi abbiamo trovato molti lavoratori colpiti da patologie polmonari, con casi di asportazione parziale o totale di un polmone e concentrato in particolare nel reparto cottura". Ancora: "Negli ultimi sei anni i decessi per cancro sono saliti al 60 per cento del totale". Ancora: "Avevamo chiesto all'azienda di affidare una indagine conoscitiva alla Cllnica del lavoro di Torino che aveva l'esperienza di Torino Dora. Ma Michelin ha interrotto in modo brusco la trattativa". ; Ancora: "II talco della cava di Balangero aveva amianto e le forniture erano le stesse per tutti e tré gli stabilimenti. L'azienda smentisce. Ma sembra che la Magistratura abbia trovato ricevute fiscali di Balangero. C'è poi un documento dell'83 della Clinica del lavoro di Torino che aveva trovato fibre di amianto in una campionatura di talco dello stabilimento di Torino Dora. Adesso abbiamo chiesto alla USL di accertare se c'è ancora questo problema". "Negli ultimi anni Michelin ha speso molto per il rinnovamento tecnologico mi non per il miglioramento dell'ambiente".
A proposito di turn over, sempre Liparota: "I dipendenti Michelin oggi (luglio 1997 N d.R.) sono 1215 : rispetto agli anni '70 siamo circa la metà. Dopo il '93 si era parlato addirittura di 600 lavoratori in esubero, ma siamo riusciti a limitarli a 300 in mobilità. Adesso (sempre luglio 1997 N.d.R.) c'è stata una piccola ripresa e i 170 ragazzi assunti a termine due anni fa sono stati confermati".
Attualmente gli addetti sono oltre 1600.
Una elasticità del genere negli organici non sarebbe pacificamente possibile senza un elevatissimo tum over "spontaneo" dovuto alla condizioni di lavoro e democrazia su descritte dalle testimonianze.

Malgrado il ricatto occupazionale, Michelin continua ad essere allarme ambientale e sanitario

L'intervento di Lino Balza su II Piccolo è del 20/2/98 e ha il merito (la colpa, secondo Michelin) di far riesplodere quell'interessamento ormai sopito che aveva infiammato l'opinione pubblica e soprattutto di dare una scossa alla Magistratura che aveva dimenticato i provvedimenti penali nei cassetti.
Per Michelin la querela si rivela un boomerang.
Prima dell'intervento la Michelin era stata abbondantemente al centro dell'allarme ambientale e sanitario della Fraschetta. Vi ritoma, dopo essere stata posta nel dimenticatoio. E vi resta.
Vi resta perché il sindacato riprende a denunciare il rischio delle lavorazioni in Michelin, il pericolo delle sostanze usate, i limiti aziendali della prevenzione, la necessità di maggiori investimenti sul piano della sicurezza e non solo dello sviluppo tecnologico.
Si legga ad esempio l'intervista di Francesco Liparota a Il Corriere del sud Piemonte del 16/2/99.
Nella stessa, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) testimonia anche inquietanti descrizioni del clima interno alla fabbrica: "II ricorso all'anonimato sintomo di un certo timore versoo un'azienda insofferente all critiche? Certo, si pensi che la ricostruzione storica delle lavorazioni l'abbiamo fatta con la collaborazione di personale che ancora opera e rendere pubblici i nomi delle persone che hanno contribuito a ricostruire la situazione, li metteva sicuramente a rischio di ritorsione. Io stesso, per il mio ruolo, in Michelin non sono ben visto". "Siamo di fronte ad una azienda che ha sempre posto come condizione di ricatto il fatto che se si approfondiva l'argomento (malattie e prevenzione N.d.R.) si sarebbe potuto chiudere lo stabilimento. Il sindacato si è sempre trovato di fronte alla minaccia dell'occupazione"
Sindacato tra incudine e martello: Scrivono 14 lavoratori su II Piccolo del 19/2/99 : "Quando denunciamo un infortunio addirittura si fa finta di niente. E' avvenuto ancora di recente. E perché, chiediamo, non lo avete denunciato? Tanto non cambia nulla, è la risposta".
Vi resta perché Medicina democratica, WWF e i Comitati della Fraschetta hanno presentato (nello stesso giorno, guarda caso, della querela) alla Magistratura un esposto (per competenza anche a Prefetto e Governo, per conoscenza a Regione, Provincia e sindaci della Fraschetta) in cui sono anche espressamente richiamati "i dati sulle morti di cancro dei lavoratori Michelin nella denuncia CGIL, che insieme con quelli ISTAT sulla provincia, allarmano una vera e propria emergenza sanitaria: quoziente di mortalità doppio della media nazionale, tasso di mortalità per tumori superiore ad ogni dato medio, fino al 60 per cento in fabbrica".
5.000 cittadini a loro volta hanno singolarmente firmato con le proprie generalità 5.000 esposti presentati anch'essi alla Magistratura.
A questi esposti si è chiaramente ispirata l'interrogazione parlamentare alla Camera dei deputati che, partendo dal caso Michelin, chiede ai ministri della sanità e dell'ambiente la costituzione di una apposita commissione di indagine e la dichiarazione della zona della Fraschetta area ad elevato rischio di crisi ambientale.
Identica ispirazione si evince nell'interrogazione al Consiglio Regionale del Piemonte avente per oggetto "Casi di morti di operai ed ex dipendenti Michelin in provincia di Alessandria", che chiede al Presidente del Consiglio regionale urgenti interventi dell'ASL e degli organi proposti, indagini epidemiologiche, la bonifica dei siti e nel contempo la dichiarazione della Fraschetta area ad alto rischio di crisi ambientale.
Vi resta perché l'opinione pubblica segue con apprensione i provvedimenti penali e civili relativi al riconoscimento di malattia professionale ai lavoratori deceduti della Michelin.

Continua l'azione di Medicina Democratica

Vi resta infine anche per merito dell'opinione pubblica che ha seguito l'incredibile vicenda della querela ad un esponente di Medicina democratica noto da trent'anni per le sue battaglie per la salvaguardia dell'ambiente e la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini.
Il contesto sociale in cui uscì l'intervento querelato vedeva infatti in campo le iniziative dei Comitati della Fraschetta, il più vasto movimento ambientalista nella storia provinciale, la cui "Piattaforma programmatica" è fedelmente riassunta nei contenuti degli esposti (5.000) presentati in Magistratura.
Di questo movimento Medicina democratica è il più attivo promotore.
In particolare, mentre si stava attenuando l'eco estiva sugli esposti sindacali contro Michelin, vennero finalmente alla luce -grazie ai Comitati- studi epidemiologici come "Le cause di morte in provincia di Alessandria negli anni 1980-1991 " edito in sordina da Provincia e ARPA, di cui le "Mappe geografìche di mortalità" sono di una eloquenza drammatica (vedi ).
Di stretta attualità era in quel momento anche il dibattito sullo studio de II Sole 24-Ore. Nel dossier del giornale della Confindustria, 8° check up dello stato di salute delle 103 province italiane, la provincia di Alessandria andava (e va anche tuttora) di male in peggio: nel '97 precipita nella classifica generale della "Qualità della vita" dal 48° al 61°posto. L'indice "Servizi e ambiente" è ancora più disastroso: 76° posto, ulteriore arretramento rispetto al 62° del '96. Peggio ancora la "Pagella ecologica", siamo sempre più in basso nella graduatoria: 82°posto. Tocchiamo il fondo, di conseguenza, con il "Quoziente di mortalità": 102 posto, 15,09 morti ogni mille abitanti, contro una media nazionale del 9,71. Alessandria da primato nazionale.

Risarciti sette miliardi alle vittime


Del procedimento giudiziario relativo al lavoratore di Spinetta deceduto per mesotelioma pleurico abbiamo già riferito.
Procede invece con lentezza il procedimento penale chiesto dal pubblico ministero Nicotra a seguito della denuncia CGIL in merito ai reati contestati a sei dirigenti Michelin di Spinetta Marengo "per avere per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, ed in particolare inosservanza delle norme sull'igiene del lavoro, cagionato la morte" di dieci lavoratori "nonché lesioni personali gravissime" ad altri sei.
Come indagati sono stati indicati l'attuale direttore Bartolomeo Bercilo, l'ex direttore Emilio Toso, ora in pensione, due capiservizio: Enrico Pollone Como e Emanuele Astesiano, nonché Emanuel Daubrée e Bruno Jeason, francesi, rispettivamente ex ed attuale amministratore delegato della Michelin Italia Spa.
La Michelin è assistita dal famoso "Studio avvocato Chiusano" di Torino. La CGIL da un collegio diretto dall'avvocato Piero Nobile con i colleghi Elena Poli, Anna Fusari e Silvia Ingegneri.
Il GIP Amerio ha affidato al dottor Gianluigi Discalzi dell'Università di Torino la perizia tecnica medico legale "per accertare la causa delle patologie che hanno determinato il decesso e/o la malattia dei lavoratori sopra indicati, in particolare se le patologie accertate siano casualmente riconducibili all'esposizione dei lavoratori medesimi all'ambiente di lavoro"
Sia la CGIL che la Michelin sono inoltre coadiuvate da un agguerrito staff di periti e consulenti medici.-
Per Torino, Daubrèe e gli altri hanno recentemente patteggiato condanne fino a 18 mesi di reclusione, dopo aver risarcito sette miliardi alle vittime.
Le lavorazioni e le sostanze sospette sono state indicate nella denuncia dei sindacati alessandrini come "del tutto identiche" nei due stabilimenti piemontesi Torino e Spinetta.

Medicina Democratica Movimento di lotta per la salute
Genova 16 settembre 2000

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