Contro la logica del profitto che trasforma in merce gli uomini e la Natura, per la difesa della Salute nei luoghi di lavoro e nel territorio.

di: Michele Michelino - Presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio - Sesto San Giovanni (MI)


Dopo la morte di Franco Camporeale, operaio della Breda Fucine di Sesto San Giovanni, avvenuta nel 1992 a soli 45 anni, abbiamo iniziato un'inchiesta operaia mettendo questa ennesima morte in relazione ad altre avvenute in circostanze similari.

Abbiamo così scoperto che alcuni lavoratori, dello stesso reparto, addetti alle stesse lavorazioni, erano morti per tumore, ed altri erano ammalati e costretti a subire una serie di drammatici interventi chirurgici. Ci siamo allora chiesti se si trattava solo di una coincidenza o se c'era dell'altro. Siamo arrivati alla conclusione che tutti questi operai lavoravano, o avevano lavorato, negli stessi reparti.

Costretti a respirare fumi e polveri di amianto, esposti alle radiazioni delle saldature e ad altre sostanze altamente cancerogene, più volte gli operai avevano protestato per la mancanza di aspiratori e, mentre nella società tutti parlavano di robotica, di produzione automatizzata, in fabbrica ci si ammalava e si moriva. Secondo l'azienda impiantare aspiratori non era "compatibile" con il bilancio.

Questa avrebbe comportato costi aggiuntivi, di cui si sarebbe avvantaggiata la concorrenza, mettendo a rischio il futuro della fabbrica e i posti di lavoro. Per anni, in un collaudato gioco delle parti, da un lato la direzione minacciava la chiusura della fabbrica e, dall'altro, il sindacato si appellava al senso di responsabilità dei lavoratori. Risultato: i sacrifici imposti ai lavoratori non hanno evitato la chiusura della fabbrica; molti lavoratori hanno avuto la salute rovinata o hanno perso la vita, e non si sono salvati i posti di lavoro.

Non solo alla Breda, ma anche alla Falck, all'Ansaldo, alla Magneti Marelli è successa la stessa cosa. I fatti hanno dimostrato che per i dirigenti e gli azionisti la vita dei lavoratori non valeva niente, il profitto veniva prima di tutto. Per loro bisognava risparmiare sulle spese, non sugli uomini.

Ma le fabbriche non sono divise da una campana di vetro dal territorio su cui sorgono, e le sostanze nocive non hanno minato solo la salute dei lavoratori. Disperse nell'aria, nel terreno, nelle falde acquifere, hanno inquinato i quartieri e la città di Sesto San Giovanni: così oggi il problema non è solo di questi lavoratori, è diventato un problema sociale.

Molti abitanti di Sesto si sono, in questi anni, ammalati, altri sono morti, a causa delle stesse sostanze nocive utilizzate nelle fabbriche. Per questo la nostra lotta è diventata la lotta di tutti coloro che si battono contro la logica del profitto che vuole ridurre la salute e la vita umana ad una merce.

Sesto San Giovanni, l'ex Stalingrado d'Italia, è stata e continua ad essere una delle città più inquinate d'Europa. Anche oggi che i 42.000 posti di lavoro delle sue fabbriche sono stati eliminati, con gravi conseguenze per i lavoratori e la popolazione.

Già nel 1978 lo SMAL (Servizio di Medicina preventiva per gli ambienti di lavoro) di Sesto denunciava, in diversi rapporti inviati all'assessorato alla sanità regionale, all'ufficiale sanitario, all'ispettorato del lavoro, a CGIL-CISL-UIL, all'F.L.M. (federazione lavoratori metalmeccanici), alla direzione aziendale e al consiglio di fabbrica, la pericolosità delle lavorazioni effettuate nei reparti della Breda Fucine, lavorazioni e scorie nocive (amianto, cromo, nickel, piombo, carbone, olii minerali ecc.) che , oltre agli operai, avvelenavano tutta la popolazione.

Nel 1993, a conclusione dell'inchiesta e dell'analisi della situazione in fabbrica che ha portato alcuni operai a collegare le lavorazioni effettuate con l'insorgere di molti tumori e altre gravi malattie fra i lavoratori (asbestosi, silicosi, ecc.) è nato il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio che da allora si sta battendo per ottenere giustizia per i lavoratori morti, i loro familiari, i malati e quanti, purtroppo, si ammaleranno nel futuro. Dopo anni di battaglie si è arrivati ad un primo risultato: la lotta si è allargata agli abitanti del quartiere in cui sorgeva la fabbrica.

Senza padrini politici ed economici, contando solo sulle nostre forze e sulla nostra determinazione, siamo riusciti ad aprire un varco nel muro di omertà e di complicità che le istituzioni a tutti i livelli (associazioni padronali, governi, partiti e sindacati) ci hanno frapposto in questi anni. Abbiamo imparato sulla nostra pelle che la medicina e la magistratura non sono neutrali, ma al servizio dei padroni. La lotta ha dimostrato a molti lavoratori che la frase scritta nelle aule dei tribunali "La legge è uguale per tutti" non corrisponde a verità.

In questa società chi non ha soldi non può far valere le proprie ragioni: diciamo quindi piuttosto che la legge è uguale per tutti sì ….. ma per tutti i ricchi. Pur essendo coscienti di andare contro interessi economici giganteschi, contro una società che vive e prospera mettendo il profitto e lo sfruttamento degli esseri umani prima di ogni altra cosa, noi non ci arrendiamo ma continueremo la lotta.

Comitato per la Difesa della Salute nei luoghi di lavoro e nel Territorio di Sesto San Giovanni ( via Magenta 88, tel/fax 02.26224099)

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