"La prevenzione ci difende dai tumori" sarà lo
slogan della I Giornata Nazionale della Prevenzione Oncologica
indetta con una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri
nel maggio 2001 e che da quest'anno si celebrerà ogni prima
domenica di primavera. Da tempo associazioni variamente impegnate
sul tema della lotta ai tumori indicono giornate in cui, attraverso
la vendita di arance, stelle di Natale, azalee, uova di Pasqua
e ultimamente anche attraverso maratone televisive, vengono raccolti
fondi e si sensibilizza l'opinione pubblica sui temi della prevenzione
e della ricerca sul cancro. Adesso è stato proprio il Governo
a stabilire che ogni anno una giornata sarà dedicata alla
sensibilizzazione dell'opinione pubblica sull'importanza della
prevenzione.
E' necessario però intendersi su cosa sia veramente la
prevenzione, o meglio quale sia la vera prevenzione. Intanto facciamo
chiarezza sui termini: gli esami di screening, che servono a fare
diagnosi precoce di un tumore, dovrebbero essere a rigore chiamati
predittivi e non preventivi, capaci cioè di svelare la
malattia prima che l'uomo se ne accorga da solo attraverso i segni
del suo progredire nel proprio corpo. Queste attività sono
molto importanti e vanno diffuse, ma non bisogna tacerne altre
che a differenza delle prime non riguardano il singolo ma la collettività,
non richiedono decisioni mediche o interventi dell'industria medicale
bensì di chi ha il potere di prendere decisioni politiche.
Ci si riferisce all'eliminazione del contatto con le sostanze
cancerogene che può avvenire attraverso decisioni individuali,
come nel caso della astensione dal fumo di tabacco e dall'abuso
di alcool, da prolungate esposizioni al sole o come nel caso del
ricorso ad alimentazione ricca di frutta e verdure, ma soprattutto
con decisioni collettive di bonifica degli ambienti di vita e
di lavoro dalle sostanze cancerogene (amianto, benzene, ecc.).
Di questo si parla pochissimo, ma questa è la vera prevenzione.
I potentati economici, che pure appoggiano le campagne di screening
e spesso sono impegnati nella produzione di sostanze o apparecchiature
utilizzate in queste attività, non hanno interesse allo
sviluppo della vera prevenzione, perchè questa richiede
di sostenere costi che vanno sottratti ai profitti. Qui la filantropia
di chi detiene le leve dell'economia si esaurisce: sottoporre
ad esami ed analisi i lavoratori va bene, elargire donazioni per
ricercare farmaci e rimedi va pure bene perché rientra
nelle strategie di espansione del profitto, ma bonificare gli
ambienti di lavoro, sostituire le tecnologie vecchie ed insicure
con altre più sicure che annullano o abbattono le emissioni
delle sostanze in grado di provocare il cancro, questo non si
fa. E spesso anche i governanti si schierano, col silenzio, dalla
parte del profitto perché temono -dicono- per lo sviluppo
ed il lavoro.
Se le popolazioni di Brindisi e Taranto registrano un eccesso
di mortalità per alcuni tipi di tumore non dipenderà
certo dal fatto che si sottopongono a poche indagini predittive
o da una abitudine al fumo di sigarette più sviluppato
che altrove o da un'alimentazione meno ricca di frutta e verdura
rispetto alle province limitrofe. Dipende dall'inquinamento ambientale
e dalla mancanza di controlli, dalle tecnologie industriali non
sempre d'avanguardia.
E se la frutta e la verdura fossero pieni di pesticidi ed i pesci,
da mangiare in alternativa alla carne, fossero pieni di mercurio,
anilina o diossine? Scoprire un tumore precocemente ed avere corrette
abitudini alimentari non sempre basta a salvare vite umane se
chi deve controllare le emissioni industriali in aria, in acqua
e nel suolo non può farlo o non vuole farlo.
Per sconfiggere il cancro ci vogliono bravi medici, ci vogliono
apparecchiature per curare bene e scoprire precocemente i tumori,
ma soprattutto -e non sembri strano- ci vogliono cittadini che
da oggetti della prevenzione, pronti sempre a farsi analizzare
da qualcuno e con qualcosa, vogliano finalmente diventare soggetti
della salute, pretendendo i controlli sull'ambiente e sugli alimenti
e l'applicazione delle leggi sulla sicurezza del lavoro, che vuole
i cancerogeni sostituiti o, al massimo, confinati.
Infine sul lavoro si chiude questa riflessione. La ricerca delle
cause lavorative dei tumori fornisce sempre più approfondite
conoscenze nonostante ad essa non siano destinati gli stessi fondi
raccolti o elargiti per la ricerca dei rimedi. Molte occupazioni
e molte sostanze sono ormai correlate a specifici tipi di tumori
e questa cultura deve diffondersi tra i medici e tra i lavoratori
sia per fare vera prevenzione sia per risarcire quanti hanno subito
i danni di esposizioni ai cancerogeni. Ma il lavoro non è
di per sé fonte di malattia e di morte: al Sud è
stato trasferito e continua a essere trasferito il lavoro pericoloso,
tecnologicamente più arretrato ed inquinante perché
il profitto sa che qui non ci sono controlli, qui può inviare
lavorazioni residuali, anche di breve periodo perché gli
impegni da prendere con la collettività hanno un prezzo
basso. E così anche ciò che si impianta vale poco
e può essere dismesso dall'oggi al domani. Quando i lavoratori
esigono lavorazioni sicure e ottengono processi produttivi d'avanguardia
fanno vera prevenzione, perché difendono la salute ed il
lavoro duraturo, non muoiono né di cancro né di
fame.
Maurizio
Portaluri
Oncologo ospedaliero, Brindisi