La complessa vicenda della sanità pugliese ha bisogno per
essere compresa del microscopio e del telescopio. Il primo per
approfondire gli innumerevoli provvedimenti licenziati in questi
mesi dal governo regionale, il secondo per scorgere i passi che
a livello nazionale interessi imprenditoriali del settore stanno
compiendo verso la Puglia.
La frenetica attività della giunta regionale pugliese in
tema di sanità dall'autunno scorso a questa parte non ha
pari forse negli ultimi decenni: i provvedimenti approvati si
susseguono ed il cittadino non ha la possibilità di accorgersene
anche perché l'introduzione di regole nuove nel governo
della salute ha quasi sempre effetti a lungo termine. E' possibile
quindi che le conseguenze, positive e negative, dei provvedimenti
regionali non si apprezzino immediatamente.
Dopo il blocco di assunzioni ed acquisti introdotto alla fine
del 2000 e reiterato alla fine dello scorso anno, è stato
ridotto il numero delle malattie trattabili in day hospital, sono
stati messi dei paletti ai bilanci delle aziende sanitarie ed
alle tipologie dei ricoveri ospedalieri, infine, in queste settimane,
sono state introdotte restrizioni al consumo di farmaci. Quest'ultimo
provvedimento è stato meglio percepito dai cittadini perché
379 medicinali sono stati esclusi dalla rimborsabilità,
tra questi farmaci quelli per le allergie e alcuni importanti
antibiotici. Inoltre la Regione ha introdotto un sistema di distribuzione
diretto dei farmaci e ha imposto dei tetti di spesa mensili, alle
AUSL ed ai medici di base e pediatri, prevedendo la convocazione
Di coloro che li superino per fornire giustificazioni dell'accaduto.
Inoltre i medici ospedalieri non dovrebbero più prescrivere
farmaci da acquisire dalle farmacie private per i pazienti dimessi,
ma dovrebbero assicurare l'erogazione direttamente da parte del
presidio ospedaliero di appartenenza.
Il TAR di Lecce ha intanto bocciato la ripartizione in dodici
mensilità della spesa per le prestazioni specialistiche
erogate dai privati convenzionati, attuata dalla AUSL del capoluogo
salentino per evitare di giungere in autunno nella impossibilità
di assicurare ai cittadini prestazioni gratuite e diluendo il
disagio nel corso dei dodici mesi. Quando nel settembre scorso
apparve chiaro che i pugliesi avrebbero dovuto pagarsi gli esami
diagnostici fino alla fine dell'anno, il Presidente della Regione
ebbe a sollevare dei dubbi sulla correttezza delle prescrizioni
degli esami strumentali, in altre parole disse che non tutti sono
davvero necessari.
All'inizio di febbraio il Governo ha introdotto i cosiddetti Livelli
Essenziali di Assistenza con i quali si stabilisce quali prestazioni
sono a carico del SSN e quali a carico del cittadino. Nello stesso
decreto, surrettiziamente, vengono introdotti dei limiti alla
erogazione di prestazioni a favore di ammalati non autosufficienti,
disabili gravi, alle persone con problemi psichiatrici gravi e
malati di AIDS addossando a loro ed alle loro famiglie, ed in
seconda istanza ai Comuni, percentuali variabili dei costi, dal
30 al 60%, a seconda dei casi: dall'aiuto infermieristico alle
terapie ed agli esami diagnostici e socio riabilitativi in regime
residenziale e semi- residenziale.
Inoltre è di queste settimane un provvedimento della Giunta
Regionale che assicura fondi ai Comuni per l'assistenza domiciliare
integrata solo nel caso che nelle precedenti gestioni si siano
attuati risparmi di gestione.
Nonostante
queste restrizioni la Giunta Regionale ha trovato il modo di concludere
un accordo con la Conferenza Episcopale Pugliese che prevede,
mentre le leggi regionali e la legge finanziaria permettono solo
assunzioni a tempo determinato, l'assunzione a tempo indeterminato
e a carico del SSR di un sacerdote per ogni 250 posti letto. La
sensibilità cristiana avrebbe richiesto un'astensione da
simile accordo in un momento in cui rapporti di lavoro di medici
ed infermieri vengono risolti, posti di primari continuano ad
essere mantenuti vacanti ed il personale disponibile stenta ad
assicurare livelli accettabili di assistenza.
In questo quadro si colloca qualche giorno fa il nuovo piano sanitario
nazionale che in dieci punti promette il doppio delle prestazioni
offerte oggi dal SSN con le stesse risorse, ma soprattutto elimina
l'obiettivo della prevenzione, naturalmente quella vera, non quella
dell'alimentazione sana e dell'abolizione del fumo, quella che
invece controlla ed abbatte le emissioni industriali ed evita
che si concentrino nella catena alimentare.
Quale
è l'obiettivo di questi provvedimenti apparentemente così
slegati tra loro?
La "torta" della sanità rappresenta l'80% del
bilancio regionale e bisogna renderla flessibile se la si vuole
piegare alle esigenze politiche, bisogna che diminuisca il più
possibile il costo del personale, in Puglia peraltro tra i più
bassi in Italia (41% fonte CNEL) e si portino all'esterno i servizi
senza assumere operatori a tempo indeterminato. Le esigenze della
politica, che richiedono libertà nella gestione dei posti
di lavoro e nella scelta dei destinatari dei flussi di risorse,
si scontrano con quelle delle categorie sanitarie che non accettanno
intrusioni nelle scelte professionali, nella prescrizione di esami
e di farmaci, e con quelle dell'industria farmaceutica.
E' evidente che in questa partita l'ammalato è fuori gioco
e lo sarà tanto di più fin quando anche i sani non
si renderanno conto di essere fuori gioco e non ritireranno la
delega ai tecnici, all'industria farmaceutica e medicale ed ai
politici sulle questioni che riguardano la propria salute.
L'obiettivo vero dei provvedimenti fin qui emanati è quello
di chiudere il bilancio della sanità pugliese in pareggio
e per farlo si è goduto di una ulteriore elargizione dal
parte del Governo centrale nell'agosto scorso, si è introdotto
un aumento delle tasse dello 0.5%, si sono bloccati acquisti e
assunzioni, si fanno pagare 400 farmaci prima rimborsabili e si
stringono i controlli sull'erogazione degli altri, si fa partecipare
disabili gravi, malati di mente, di AIDS ed i Comuni al costo
di prestazioni a loro dirette. In questo modo si tende a sottrarre
alle voci fisse importanti quote della "torta" sanità
per indirizzarle verso i nuovi soggetti imprenditoriali che si
preparano ad agire nell'assistenza domiciliare, nella riabilitazione
e nell'alta specialità.
Ma quale rete di servizi si vuole offrire ai cittadini? E' bene
ridurre i posti letto in ospedale, ma a casa degli ammalati chi
andrà a praticare cure ed esami diagnostici? E' in atto
un grande movimento di iniziative private nel settore. E' giusto
ridisegnare gli organici rispetto a bisogni, ma quale eccellenza
si potrà mai fare con lavoratori precari e insicuri e con
due anni di blocco di acquisti di strumentazione? Accordi pubblico-privato
si vedono già all'orizzonte, ma il profitto in sanità
non si è mai coniugato con due questioni irrisolte nella
nostra regione: emergenza e prevenzione.
Il Piano Sanitario Regionale, sebbene composto da cento pagine,
fa capire poco sul disegno della sanità futura, le uniche
cifre sono quelle della ripartizione della "torta":
meno soldi agli ospedali, raddoppio dei fondi alla prevenzione
e più soldi al territorio, ma non si dice esattamente quali
novità saranno introdotte nei tre settori. La prevenzione,
quella vera, langue, l'alta specialità si va a fare sempre
di più fuori regione, l'assistenza domiciliare o non esiste
o è una parvenza di quella che dovrebbe essere.
La critica che la politica rivolge alla medicina ed all'industria
sarebbe interessante e da approfondire se non fosse dettata solo
da esigenze di bilancio: quanti esami diagnostici sono davvero
necessari, quanti farmaci sono indispensabili? Esiste una branca
della medicina che si chiama "medicina basata sull'evidenza".
Su ogni patologia cerca di stabilire una guida che indichi i farmaci
più efficaci e gli esami più utili. Ma non tutti
i medici accettano queste indicazioni, le giudicano una intrusione
nella libertà dell'esercizio professionale. Forse se le
avessero accettate in passato oggi non si vedrebbero convocati
mensilmente dalla AUSL per giustificare lo sforamento del tetto
assegnato per la spesa farmaceutica.
E'
ormai tempo di scoprire le carte in sanità: la partita
non può essere ristretta ai politici ed ai vecchi e nuovi
destinatari della spartizione, bisogna rimettere in gioco i veri
soggetti della tutela della salute, cioè i cittadini, visto
che questa è una questione loro e non solo di bilancio.
Maurizio
Portaluri
Medicina Democratica - Puglia Brindisi, 30.3.02