Il
percorso di ogni essere in manifestazione si basa, e si attua, secondo una
lunga sequenza di prove e di avvenimenti che vanno a completare e
arricchire il percorso che, coscientemente seppure nell’altra
dimensione, l’essere stesso ha scelto.
Nel percorso terreno un grande aiuto gli viene dall’avvento costante e
reiterato di tutto ciò che il Cosmo esprime e invia sulla Terra: forte di
tutti questi continui aiuti, l’uomo si arricchisce energeticamente e
spiritualmente trovando le forze per continuare la propria strada,
superando per il meglio le prove che lo dividono dal punto di ritorno
nella Luce.
Da anni, abbiamo l’abitudine di sottolineare i momenti cosmici con una
meditazione che, utilizzando le proprietà captatrici dell’acqua, fissa
in memoria questi avventi dando la possibilità di poter sempre fare
riferimento a quelle forze, utilizzandole laddove queste possano dare
sollievo, refrigerio, rinforzo, spinta.
Inoltre, come anni e anni fa ci aveva consigliato la Gora (il Cerchio di
Luci che ci guida dall’inizio della formazione del nostro gruppo),
abbiamo aperto a chi volesse partecipare con noi alcune meditazioni:
questo é il motivo per cui, ad esempio, abbiamo indetto ben 11 Feste del
Sole, con cui festeggiavamo tutti insieme il Solstizio d’Estate, cioé
il momento della massima manifestazione.
Ma é giunto il momento di celebrare, con gli altri, tutti i momenti
cosmici e, in particolare, tutte le otto feste che scandiscono l’anno in
periodi lunghi 45 giorni, circa. Abbiamo, inizialmente, scelto questi otto
momenti perché sono tra i più importanti perché favoriscono il contatto
con le altre dimensioni.
Iniziando con la festività di Sammhain, il capodanno celtico, invitiamo
tutti i ricercatori dell’Assoluto, ad unirsi a noi, a festeggiare,
a cantare, a meditare, ricevendo consapevolmente tutto ciò che il Cielo,
benignamente, ci invia per poter far tesoro delle ricchezze che, giunte in
noi, ci porteranno alla presa di coscienza della consapevolezza d’essere
uomo di questa Terra e, contemporaneamente, creatura di Cielo.
La triade energetica, cui siamo sempre stati, anche noi, sollecitati dalla
Gora e dagli avvenimenti della vita, é il simbolo della cosmogonia
druidica: Abred è una ruota composta da tre cerchi concentrici che stanno
tra loro nel rapporto di 1, 3 e 9, ma che è anche la Croce Celtica.
Essa é il simbolo più completo della cosmogonia druidica.
La vita incarnata sulla Terra è funzione della struttura ternaria, base
della legge di risonanza vibratoria che condiziona tutto il creato.
La croce celtica, o cerchio di Abred, é il luogo dove dimorano tutti gli
esseri umani ed in essa coesistono il bene e il male.
E’ un ponte lanciato verso gli abissi primordiali, dove si é formata
ogni esistenza terrena e la vita di oggi.
Al centro il primo Cerchio, il Cerchio di Keugant o Cerchio del Divino, è
il luogo della manifestazione di Dio e è inaccessibile ai viventi e ai
trapassati.
Il secondo Cerchio, il Cerchio di Abred o Cerchio delle Migrazioni, è il
mezzo attraverso il quale l’individualità spirituale dell’essere
vivente si evolve incontrando e superando le prove materiali cui il suo
corpo fisico è stato sottoposto.
Il terzo Cerchio, il Cerchio di Gwenved o Cerchio della Luce Bianca, è
quello della conoscenza e della consapevolezza che permettono all’essere
incarnato di intraprendere un cammino attraverso le prove affrontate
nell’Abred.
I Celti, così come noi, utilizzavano una visione trina di ogni
avvenimento e accedevano alle strutture cosmiche ternarie che provocano
l’attivazione della legge cosmica di tutti i cicli, di tutti i periodi e
di tutte le fasi che sono il fondamento della vita degli incarnati su
questa Terra. E, di conseguenza, di tutto ciò che è giunto prima o che
giungerà dopo questa vita.
Se si vuole paragonare la ruota della manifestazione a qualcosa, si
potrebbe pensare al bilanciere di un orologio che avanza in funzione al
ritmico e continuo muoversi, avanti e indietro, in movimenti sinistrorsi e
destrorsi che si rincorrono all’infinito.
Anche Teseo, per compiere la sua opera, ha dovuto raggiungere il centro
del labirinto, percorrendo per sette volte corridoi sinistrorsi e sette
volte cor-ridoi destrorsi: solo bilanciando i due movimenti, di richiamo
d’energia cosmica e di abbandono delle passioni e dei desideri fisici,
è riuscito a raggiungere il minotauro, cioé la bestia che era in lui
come è in ognuno di noi, e, attraverso l’uccisione della propria
animalità, ha potuto tornare alla vita come uomo nuovo, sempre, però,
ribilanciando i sette percorsi di ritorno.
Attraverso l’equilibrazione di tutte le nostre energie si può giungere
alla vittoria su ciò che non è consapevole per poter far trionfare
l’essere puro, di luce, che è in noi.
Simbolo di ogni aspetto trino é il triskel, una
sorta di triplice spirale a tre braccia che simboleggiava il mondo
tridimensionale dei tre elementi: Terra, Acqua e Aria.
Il quarto elemento, il Fuoco, a volte era rappresentato dal punto centrale
e apparteneva agli dei.
Le nostre ricerche sull’uomo ci hanno portato a identificare il corpo
secondo livelli energetici legati a questi tre elementi che, se in
equilibrio, permettono all’uomo il collegamento col piano della
spiritualità, del Fuoco, appunto.
Questo simbolo universale é un riequilibratore ed é simbolo
dell’Energia della Vita. Secondo lo studioso francese Jacques Bonvin,
tutto viene cambiato energeticamente se esposto alla sua azione, pertanto
questo ricercatore ne consiglia l'uso, in special mo- do, per gli alimenti
e le bevande, che, asserisce, oltretutto migliorano di sapore!
Sembra che i Celti siano giunti in Europa tra il 3.500 e il 1.200 a.C.
dall’Est. Si sovrapposero alle popolazioni neolitiche che avevano molto
radicato il culto della Madre, la Dea Terra. Il loro culto solare verso
gli dei maschili si integrò completamente con quello femminile della Dea:
ne nacque una religione spirituale nel rispetto della Terra intesa come
Madre di tutti i viventi, di conseguenza ogni essere era parente e pari a
ogni altro essere.
Il Divino é insito nella creazione, e non al di fuori di questa,
pertanto é universale.
I Druidi, gli uomini del sapere, erano sacerdoti, cioé conduttori del
sacro in Terra, e non maghi o stregoni come la Chiesa ha cercato di
sostenere.
Detenevano le conoscenze della tradizione spirituale celtica e erano
profondi conoscitori dell’energia spirituale che permea di sé ogni
manifestazione.
Lo Spirito e la Materia erano una cosa sola, l’unità della vita e la
molteplicità delle manifestazioni del divino avevano una valenza
assoluta.
Per mezzo del corretto e attento uso dell’energia spirituale, i Druidi
erano guaritori che utilizzavano erbe e piante, di cui conoscevano il
valore officinale che derivava dal valore sacro della pianta che, essendo
simbolo della divinità, era legata alle forze superiori.
Le qualità terapeutiche e magiche della pianta erano in funzione
all’attenzione portata ai rituali di raccolta: ad esempio per
raccogliere il vischio, che in celtico era detto “colui che tutto
guarisce” per le infinite proprietà che aveva e ha questa pianta
parassita, era necessario che un Druido, completamente vestito di bianco,
il sesto giorno dopo la Luna nuova, salisse sul rovere dove viveva la
pianta, la staccasse per mezzo di un falcetto d’oro, la raccogliesse in
un panno bianco facendo assolutamente attenzione a non farla cadere e
toccare la terra.
Quindi venivano sacrificati due giovani tori bianchi al divino, cui si
richiedeva di rendere propizio questo dono per coloro cui era destinato.
In moltissime tradizioni il bianco era il colore sacro della purezza;
il falcetto rappresentava, per la sua forma, la Luna e l’oro ricordava
il Sole, la dualità energetica (anche in omeopatia i vegetali non devono
essere toccati con nessun metallo, eccetto l’oro, perché é neutro);
il sacrificio dei tori era legato alla regalità dei capi, che era
connessa sempre agli alberi: il sacrificio del vischio e quello dei tori
era il simbolo del sacrificio regale;
il dio cui si sacrificava era un dio solare o un dio legato al mondo
vegetale.
il ramo raccolto non doveva toccare terra perché il vischio si
riproduce soltanto sugli alberi: se tocca terra, il seme muore.
I Celti non separavano mai il sacro dal profano essendo entrambi
manifestazione di un’Entità superiore, con la quale erano sempre in
contatto.
Praticavano molti tipi di purificazione per i vari corpi (fisico, motivo
e mentale) affinché ognuno potesse sentirsi parte della manifestazione
divina.
L’uomo e la donna avevano lo stesso valore.
Non esisteva il concetto di peccato, che giunse poi con la morale
cattolica, ma avevano limiti, o tabù, da rispettare.
Non
facendolo si andava incontro a un ritardo, o a una deviazione,
dell’evoluzione universale, pertanto ognuno era responsabile verso se
stesso, gli altri, la Terra e l’Universo.
Così come nell’altra dimensione, ognuno rispondeva del proprio impegno
e del proprio comportamento e godeva, o penava, di ogni propria azione.
Il tempo per i Celti
I Celti utilizzavano un calendario lunisolare, che divideva l’anno in
dodici mesi, di ventinove o trenta giorni, più un mese intercalare che
non aveva fissa dimora perchè a volte era presente dopo il semestre
invernale, tra il quinto e il sesto mese e, più spesso, dopo il
dodicesimo mese e prima dell’inizio dell’anno, ai primi di novembre.
Il primo mese era chiamato Samonios, quello che iniziava con la ricorrenza
di Sammhain. Come tutti i mesi, iniziava il sesto giorno dopo la Luna
nera.
Il secondo era Anagantios; il terzo Giamonos; il quarto Simivisonnios; il
quinto Equos; il sesto Elembivios; il settimo Edrinios, l’ottavo Riuros,
il nono Cantios, il decimo Dumannios, l’undicesimo Ogronios e il
dodicesimo Cutios.
Poi vi era Ciallos, il mese intercalare: per colmare la differenza tra
ciclo Lunare e ciclo solare i Celti ricorsero ai mesi intercalari, che non
avevano importanza e i cui giorni non erano neppure denominati, così in
ogni periodo di 5 anni vi erano 3 anni di 12 mesi e 2 di 13.
Il calendario era sostanzialmente diviso in due grandi stagioni: quella
“del buio” e quella “della luce”, che traevano origine da quattro
periodi, appunto due di buio e due di luce, che iniziavano sempre con una
festa.
Quella della stagione del buio cominciava con la Festa di Sammhain, il
capodanno celtico, e quella della luce cominciava con la Festa di Beltaine,
la festa della vittoria della luce sul buio, il passaggio dalla stagione
fredda alla mitezza della primavera.
Le quattro festività, intimamente connesse con il ciclo della natura,
erano Sammhain, Imbolc, Beltaine e Lam- mas, alle quali si aggiungevano le
quattro ricorrenze degli Equinozi di Primavera e di Autunno e i Solstizi
d’Estate e d’Inverno.
Tutte le feste riguardavano la potenza e il nutrimento della Terra e del
regno degli Angeli (o Deva) e degli Elementa-li.
Erano associate al fuoco come simbolo dell’energia del Sole e della
Luce, poiché senza questi non sarebbe possibile la crescita e il fuoco
cosmico è la fonte di ogni vita, è l’esperienza percettiva più vicina
alla realtà dell’esistenza devica.
Così come nella quiete di una chiesa, o di un tempio o di un luogo
“alto”, una candela è sufficiente per attrarre l’aiuto degli
elementali e dei deva, nei campi e nei pascoli i fuochi servono a chiamare
e celebrare la cooperazione degli spiriti della crescita.
Le quattro festività, oggi chiamate “delle mezze stagioni”, si
celebravano in date variabili perché erano festeggiate il sesto giorno
dopo la Luna nera, cioé quando la Luna è in crescita ma non ha ancora
raggiunto il magico momento del quarto. Per questo motivo ogni mese, anno
o secolo (che aveva una durata di 30 anni) veniva fatto cominciare il
sesto giorno dopo un Novilunio.
L’anno cominciava all’inizio della stagione buia, come il giorno
iniziava al calare del Sole. E con Beltaine iniziava la stagione della
luce, che durava fino a Sammhain.
Le otto feste sono anche chiamate le “otto porte cosmiche”, perché in
quei giorni é facilitata la comprensione dei messaggi che giungono dal
Co- smo: quindi sono i giorni - e le notti! - in cui é più facile
comunicare con le altre dimensioni.
L’insieme delle otto feste costituisce l’Anno
Magico, che é considerato la vera strada che permette di raggiungere il
sapere dei grandi iniziati: celebrando le otto feste si raggiunge la
consapevolezza.
Ogni anno completato, cioé in cui si sono celebrati tutte gli otto
momenti cosmici, permette all’iniziato di salire un importante gradino
evolutivo della propria vita karmica, perché, durante ognuno di questi
festeggiamenti si utilizzano i doni celesti che giungono in Terra.
Nello stesso modo in cui il ritmico avvicinarsi e
allontanarsi del Sole permette di percepire, scandite, le stagioni, le
otto porte cosmiche vanno a suddividerle segnando l’inizio e il culmine
di ognuna.
Nei giorni tra la fine di ottobre e i primi di novembre si festeggiava,
con Sammhain, l’inizio della stagione invernale, che era nota anche come
“Festa del Fuoco della Pace”; essa concludeva la nostra stagione
autunnale e l’anno celtico, celebrando, nello stesso tempo l’inizio
del nuovo.
Per noi, è la “Festa dei Santi e dei Morti”. Anticamente era la festa
delle più forti forze dell’inverno che, in questo giorno, cominciava,
mentre nell’attuale calendario la si trova a mezzavia dell’autunno.
Momento culmine dell’Inverno era Yule, la
seconda festa, che corrispondeva al "Solstizio d’Inverno”.
Per noi, in questo giorno, inizia l’inverno, mentre una volta ci
trovavamo a metà di questa stagione. Era anche chiamata festa dei
saturnali.
La terza é la festa di Imbolc, che noi chiamiamo “Candelora” o
“Festa di mezz'inverno”. Un tempo segnava l’inizio della primavera
esoterica.
L’Equinozio di Primavera é la quarta festa, la
Festa di Ostera, che segnava la metà del periodo primaverile, mentre, per
noi, ne é l’inizio.
La quinta festa, Beltaine, per noi é Calendimaggio, è situata nel bel
mezzo della primavera, mentre i Celti la celebravano come inizio
dell’estate esoterica e come inizio della stagione della luce.
Il Solstizio d’Estate, la sesta festa, era dedicato a Litha e era la
festa di mezz’estate, mentre per noi é l’inizio. E’ sempre stata
collegata alla ricorrenza di S. Giovanni.
Ai primi di agosto si celebrava la settima festa, Lammas o Lugnasad,
che noi chiamiamo capodinverno. Per noi è mezza estate, per gli antichi
era l’inizio della stagione autunnale. Era la festa del raccolto e
segnava l’inizio dell’autunno esoterico.
Con Mabon, la festa dell’Equinozio d’Autunno, si celebrava la metà
della stagione autunnale: per noi inizia l’autunno. E’ l’ottava
porta, l’ultima.
Era ricordata anche come la Festa di San Michele.
Sammhain
la prima porta
Sammhain, come tutti gli inizi dei periodi di tempo, era celebrato il
sesto giorno dopo la Luna nuova ed era la Festa dell’inizio dell’anno,
ma era anche l’inizio della stagione del buio, dell’inverno esoterico
e dell’Anno Magico.
Era nota come la “Festa del Fuoco della Pace” e concludeva l’anno
celtico, celebrando quello nuovo.
Era preceduta dalla notte dedicata alla Festa di Halloween, la notte più
magica dell’anno in cui il Cielo e la Terra sono percorsi da enormi
energie cosmiche.
Era la Festa dei morti, delle profezie dell’aldilà, ma anche la festa
delle luci per tutti gli Europei del Nord (ancor oggi in questa notte i
cimiteri irlandesi sono un mare di lumini, a continuare la tradizione
celtica).
Giochi, travestimenti, oracoli e le spettrali zucche, con i tradizionali
dolci alle spezie e il vino nuovo accompagnano la vigilia del Capodanno
Celtico che riapre il ciclo annuale nel momento più oscuro dell’anno.
Questa ricorrenza era lo spartiacque tra un anno agricolo e l’altro.
Finita la stagione dei frutti, la terra, che ha accolto i semi destinati a
ri-nascere in Primavera, entra nel periodo del letargo.
Inizia la stagione di comunicazione con i mondi intermedi: i grandi Deva
sono ormai tornati comple-tamente al periodo di contempla- zione interiore
e di pace.
Un tempo, in tutte le terre abitate dai Celti, che si estendevano
dall’Irlanda alla Spagna, dalla Francia all’Italia, dalla Pannonia
all’Asia minore, questo periodo di passaggio era considerato il
capodanno e l’inizio del mese di samonios.
Era una festività in cui si accendeva il fuoco rituale, lo si spegneva e,
poi, lo si riaccendeva l’indomani per sottolineare l’idea del
capodanno come giorno chiuso, fuori dal tempo.
Nel giorno di Sammhain, hanno luogo tutti gli avvenimenti magici,
leggendari.
Gli spiriti e gli elementali invitano gli umani a trascorrere la notte
sulla collina delle delizie e gli uomini scrivono messaggi per i defunti
che il fuoco, bruciandoli, porta nell’aldilà.
Si soleva anche far passare il proprio bestiame, per purificarlo e per
preservarlo dalle malattie, attraverso un fuoco formato da legna di sette
tipi diversi, acceso con un tizzone di quercia.
Era una festa al di fuori del tempo, con grandi bevute cui si credeva
partecipassero i defunti che, per la legge dei contrari, portavano vita e,
in alcune regioni, anche dolci e doni. Era una festa che ricordava molti i
rituali dei Saturnali romani.
La tradizione nordica dedica questo giorno a Odino, signore dei morti, e
al corteo dell’Hodening, il cavallo selvaggio.
Corollario di Sammhain sono i falò e gli oracoli, in particolare le
“rune” che vengono ancor oggi utilizzate con fini divinatori e magici.
La Festa di Sammhain é quella che oggi viene ricordata con le festività
di “Ognissanti” e di “Tutti i Morti”, le due feste importanti che
i cristiani celebrano in questi giorni. Anche "Halloween" è
termine che deriva da Ognissanti "All Hallows eve": fu abolita
dal Concilio di Trento, ma in molti paesi dell'arco alpino ancora si
scavano zucche e vi si pone un lumino per rischiarare la strada ai morti.
Una volta si usavano anche rape e patate, ma la zucca con il suo
simbolismo di "realizzatrice delle potenzialità umane" è
l'elemento più utilizzato. Si festeggia anche con le mele, che
simboleggiano "la sapienza" e con le nocciole per il rumore che
fanno quando vengono schiacciate (anche nel capodanno tradizionale si usa
"far botti" per scacciare gli spiriti negativi!).
Sammhain é un momento di grande energia il cui
simbolismo é complesso e profondo: di nuovo si getta nella terra il seme,
che dovrà percorrere un lungo cammino sotterraneo prima di svegliarsi e
prorompere alla luce dell’Equinozio di Primavera.
L’anno comincia nella costellazione dello
Scorpione, segno di Acqua, esaltazione di Mercurio, che rappresenta la
morte simbolica prima della rinascita, come il seme che, sepolto, scompare
per dar vita alla nuova pianta.
In tutte le culture sciamaniche ed esoteriche questo concetto di rinascita
spirituale é sempre presente perché va a identificare il bisogno di ogni
uomo di spogliarsi dai fardelli troppo legati alla fisicità per aprirsi a
una nuova vita più spirituale e elevata.
Simbolicamente, la Natura ci suggerisce di
“scendere” nel proprio inconscio (il Regno delle acque primordiali)
alla ricerca di quella luce interiore che vincerà ogni tenebra. La
Scintilla Divina della conoscenza scenderà allora nello spirito
dell’uomo per innescare quel processo evolutivo per cui l’uomo é
venuto sulla Terra.
Gettato oggi il seme, se il terreno é fertile, compariranno presto
preziosi frutti.
Sammhain era la festa più solenne dell’anno celtico ed era il momento
in cui si raccoglieva il vischio, che ne era simbolo essendo figlio della
folgore e raccolto sulle querce sacre: il vischio é l’immagine
materiale della forza divina che discende sulla Terra per iniziare
l’uomo alla conoscenza più elevata.
In questa festività, posta al di fuori del tempo,
si facevano grandi bevute, cui si credeva partecipassero anche i
trapassati. Infatti, i de- funti, per la legge dei contrari, apportano la
vita e, in alcune regioni, anche dolci e doni: per questo si lasciava
apparecchiata la tavola per loro.
A corollario di questa festa si accendevano i falò
(che venivano spenti alla sera, per poi essere riaccesi al mattino per
significare la fine di un anno e l’inizio di quello nuovo). Si era usi
anche far oracoli utilizzando le rune, con scopo divinatorio e magico.
In questo periodo, i grandi deva della natura sono
completamente ritornati nella fase della contemplazione interiore; e in
quello stato resteranno fino al ritorno della Primavera.
Per i Celti l’Albero sacro protettore del giorno dedicato a Sammhain era
il tasso.
(By
Claudio Vacava)
|