RELIGIOSITA' e/o RELIGIONE ?

La "libertà" per "gli illuminati d'Oriente".

     Al convegno del Centro Edoardo Agnelli su <<Dignità umana e libertà di scelta religiosa>>, che si è chiuso ieri, studiosi cattolici e musulmani hanno annoverato la libertà fra i fondamenti delle rispettive religioni, imputando le coercizioni storiche all'uso politico della fede. Oggi, le voci dell'induismo e del buddismo sembrano dire che la questione non riguarda le grandi religioni d'Oriente, per il semplice motivo che nessuna di esse richiede atti di fede. La libertà è implicita.
    Swami Dayatmananda, per esempio, del centro vedanta Ramakrishna, spiega che per l'induista esiste una sola religione, quella che porta al Divino: divergono le vie, ma è insensato chiedersi quale sia giusta, essendo tutte espressioni diverse della medesima aspirazione. L'antico mantra vedico salmodiato dal religioso in apertura dei lavori (=Guidami dall'irrealtà alla realtà, dall'ignoranza all'illuminazione, dalla morte all'immortalità=) potrebbe valere per qualsiasi fede.
    Certo, lo Swami sa bene che l'induismo è un pianeta brulicante di forme devozionali diverse; ma <<se tre figli di età diversa chiamano il genitore "padre, papà e pà", saranno comunque amati allo stesso modo>>. Così è per chi percepisce Dio come Assoluto indefinibile, per chi lo vede senza forma ma con infinite qualità o per chi gli assegna varie forme e attributi: <<Ciascuno deve poter pensare a Dio nel modo in cui meglio riesce ad amarlo>>. La libera scelta è un problema quando si pretenda di imporre ad altri il proprio modo di pensare Dio: e qui nascono i conflitti da cui l'India è tutt'altro che immune, come spiega Shubaganda Atre, storica dell'Università di Puna.
    Se è vero che l'induismo si fonda su testi canonici privi di dogma, è altrettanto vero che la consapevolezza tutta politica di essere maggioranza religiosa genera conflitti con minoranze (sikh, islamici) disponibili alla deriva fondamentalista. La stessa società indù, che oggi vieta per legge le divisioni di casta, è ancora pervasa da quell'idea, l punto che gli intoccabili si convertono al buddismo per rompere i vincoli sociali. Non a caso i padri dell'India moderna, a partire da Nehru, hanno visto nello stato laico e neutrale l'unica via per scongiurare tensioni etnico-religiose stridenti con la natura stessa dell'induismo.

      Anche il venerabile Mettanando Bhikkhu, leader buddista thailandese, non ha problemi di libera scelta quando afferma che dalle parole di Buddha non verrà mai una religione monolitica. <<L'illuminazione>>, spiega, <<è la via verso una superiore consapevolezza che ciascuno può seguire secondo la propria indole; non si tratta di credere nel suo insegnamento, ma di sperimentarlo secondo le intenzioni personali>>. Ma lo stesso Bikkhu parla di discriminazioni a opera di buddisti contro minoranze o contro buddisti di scuola diversa: ciò accade <<quando la religione si mischia al nazionalismo, generando sciovinismo, fanatismo>>. Per esempio, l'ortodossia buddista, in Sri Lanka, Thailandia e Myanmar, non concede alle donne libertà di scelta religiosa pari agli uomini. Nessuno è immune dai dèmoni, insomma: e la salvezza, anche per quei saggi d'Oriente, stà nel dialogo con altre tradizioni spirituali. Compresa la nostra.

(by Cesare Medail)- "Corriere della Sera" del 24-11-2001.

Commento condiviso da molti studiosi:

Ciascuno dunque, sia "religioso" secondo il proprio spirito (informazioni raccolte), senza appartenere ad alcun "gruppo religioso" (leggasi religione)  ma, sapendo che la propria "verità" raggiunta non potrà mai avere un valore di "certezza assoluta", sia sempre pronto ad affinare il proprio pensiero religioso, imparando da TUTTI e da  Tutto.

Ma ad ogni livello conquistato, occorre che il “ricercatore” della verità si adegui con i propri comportamenti, ai nuovi livelli spirituali raggiunti e ne faccia parte al suo prossimo in primis con l’esempio e contemporaneamente con la dialettica.

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