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Rischio sismico

 

 

Terremoto di scenario e caratterizzazione geotecnica del territorio

 A) Definizione dei terremoti di scenario

Per il primo terremoto di scenario (livello I) si e' fatta l'ipotesi che esso sia una plausibile ripetizione di quello che nel 1693, con una magnitudo stimata tra 7.0 e 7.5 nella scala Richter, ha colpito tutta la parte orientale della Sicilia, distruggendo molti centri abitati e causando quasi 12000 morti nella sola Catania, pari al 63% della popolazione totale allora residente (Boschi et al.,1995). In Catania il periodo di ricorrenza di una scossa distruttiva, con intensità locale IX o superiore, e' stimabile statisticamente in 250-300 anni.

Tra le ipotesi avanzate quella che oggi appare meglio suffragata dall’evidenza delle osservazioni geofisiche e neotettoniche associa la sorgente del terremoto del 1693 al sistema di faglie della scarpata Ibleo-Maltese, orientate parallelamente alla costa. Il meccanismo di rottura forse coinvolge segmenti diversi (trascorrenti e normali) della stessa struttura. In Fig.1 e' illustrata la geometria (proiezione in superficie) adottata per la faglia sismogenetica; le distanze tra la faglia in questione e il territorio del comune di Catania sono comprese tra 9 km e 27 km.

Accanto ad uno scenario distruttivo di I livello, prodotto da un terremoto tipo 1693, e' stato elaborato uno scenario di II livello, generato da un evento di minor entità. In questo caso, tra le diverse scelte possibili, si e' assunto come terremoto di riferimento quello tipo 1818, avvenuto su un segmento di faglia lungo circa 15 km, riportato in Fig.1.

Fig.1 Posizione del comune di Catania rispetto alle faglie origine dei terremoti di scenario di I livello (tipo 1693) e di II livello (tipo 1818). Si riporta anche il meccanismo focale del piu' recente evento del 1990.

 B) Caratterizzazione geotecnica

Attraverso una campagna intensiva di reperimento, processamento e modellazione di dati di indagini geologiche e geotecniche (circa 860 sondaggi geotecnici e pozzi), nonche' tramite rilievi, sondaggi e misure addizionali appositamente eseguiti, e' stata creata un’apposita base di dati. Da questa e' stata elaborata la carta di zonazione geotecnica riportata in Fig.2
 

Fig2 - Caratterizzazione geotecnica del territorio del comune di Catania e localizzazione dei sondaggi. Si riporta anche la sezione T1-T1

 e, successivamente, quella della velocita' media di propagazione delle onde di taglio Vs30 riportata in Fig. 2b.
 
 

Fig.2b - Valori di velocita' di propagazione delle onde di taglio nei primi 30 m di profondita' del comune di Catania

Vs30, oggi forse l'indice piu' largamente usato per la caratterizzazione sismica dei terreni a profondita' limitata, e' il valor medio della velocita' Vs entro i primi 30 m del piano campagna.

Tali elementi rappresentano solo parte dei risultati prodotti dalle indagini in questione, descritti per esteso in un’apposita relazione e disponibili in rete (su richiesta).

C) Approccio semplificato

Per ricostruire puntualmente la violenza della scossa tramite un indicatore rapportabile al danno delle costruzioni e' stato impiegato prevalentemente un approccio ingegneristico (basato su relazioni di attenuazione), che tiene conto in modo semplificato della zonazione geotecnica di cui sopra. Si sono stimati in ogni punto del territorio l'accelerazione massima del suolo (amax) facendo uso di una relazione di attenuazione (Ambraseys, 1995), che mette in conto la distanza dalla faglia sismogenetica, la magnitudo del terremoto e la natura locale del terreno (valori di Vs30). Tale relazione (AMB95) e' tarata prevalentemente su un campione di osservazioni di terremoti europei, e comprende anche importanti dati da terremoti italiani.

Sempre sullo stesso campione di dati e' tarata invece la legge di attenuazione di Bommer et al. (1998, chiamata di seguito BOM98) che fornisce i valori delle ordinate spettrali in termini di spostamento SD, impiegati nella determinazione del danno con il metodo degli stati limite (vd. oltre).

Si e' giunti alla scelta delle precedenti leggi di attenuazione solo dopo un lungo confronto (Pessina,1999) con i risultati di altre leggi disponibili (Spudich et al., 1996; Sabetta e Pugliese, 1987) e con le simulazioni numeriche piu' raffinate.
 
D) Metodi sofisticati Analisi numeriche piu' raffinate sono state vantaggiosamente utilizzate per verificare e attestare i risultati ottenuti con l'approccio semplificato. Tre metodi differenti hanno analizzato aspetti complementari del problema della generazione di scenari di scuotimento:
1. Metodo 2D degli elementi spettrali di Chebyshev (Priolo, 1999)

2. Metodo della somma modale (Romanelli e Vaccari, 1999)

3. Approccio ibrido deterministico-statistico (Zollo et al., 1999)

I primi due metodi affrontano il problema della propagazione bidimensionale delle onde in un mezzo lateralmente eterogeneo, forniscono sismogrammi accurati e analizzano l'effetto dell'eterogeneicita' del mezzo e delle condizioni locali sul moto del suolo; il loro limite principale sta nel modello di rappresentazione della sorgente. Il terzo metodo valuta gli effetti di un completo processo di rottura che avvenga lungo l'intera faglia: il campo d'onda in alta frequenza si propaga dalla sorgente alla superficie terrestre attraverso un modello di semispazio omogeneo.

  E) Creazione dello scenario di scuotimento

Sfruttando le potenzialita' di un GIS (ArcInfo), si e' costruita la mappa di Fig.3 con le seguenti modalita'. Il territorio comunale e' stato suddiviso in celle elementari di 40mx40m, compatibili con le dimensioni medie delle sezioni di censimento; in ogni cella e' stato stimato il valore atteso dell'accelerazione orizzontale di picco al suolo, amax, impiegando la relazione di attenuazione AMB95 (Ambraseys, 1995), che dipende esplicitamente da VS30. Appare evidente sopratutto nella parte settentrionale, occupata dal centro urbano, la differenziazione minuta nei valori di accelerazione in funzione del tipo di suolo: passando da un sito su lava massiccia ad uno adiacente su terreno argilloso si ha un’incremento medio di circa il 20% nel valore di accelerazione.
 
 

Fig.3 - Distribuzione dell'accelerazione massima calcolata attraverso la relazione di attenuazione AMB95, per il terremoto di scenario tipo 1693

 

I valori stimati dell’accelerazione massima sono riportati in Tab.1. Per confronto sono riportati in Tab.1 anche i valori della pericolosita' sismica italiana (vedere Progetto ‘Pericolosita' Sismica’) e quelli di amax stimati con la relazione di attenuazione SEA97 (Spudich et al., 1997) che classifica i suoli in superficie semplicemente come "roccia" o "terreno". Si ricorda che l’incertezza statistica associata a tali stime e' dell’ordine di ±50% dei valori indicati.

 

Tab. I. Confronto dei valori di amax (in g) per i diversi scenari di scuotimento
 

 

MAX

MIN

nell'area piu' densamente abitata

AMB95

0.362

0.150

0.25 - 0.30

SEA97

0.359

0.176

0.25 - 0.30

Pericolosita' sismica (T=475)

0.200

0.200

0.20

 

 

GLOSSARIO

Aree di emergenza: aree destinate, in caso di emergenza, ad uso di protezione civile. In particolare le aree di attesa sono luoghi di prima accoglienza per la popolazione immediatamente dopo l’evento; le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse rappresentano i centri di raccolta di uomini e mezzi per il soccorso della popolazione; le aree di ricovero della popolazione sono i luoghi in cui saranno istallati i primi insediamenti abitativi o le strutture in cui si potrà alloggiare la popolazione colpita.

Attivazioni in emergenza: rappresentano le immediate predisposizioni che dovranno essere attivate dai centri operativi.

Attività addestrativa: la formazione degli operatori di protezione civile e della popolazione tramite corsi ed esercitazioni.

Calamità: è un evento naturale o legato ad azioni umane, nel quale tutte le strutture fondamentali della società sono distrutte o inagibili su un ampio tratto del territorio.

Catastrofe: è un evento, non importa di quale entità e con quali conseguenze sia sulle persone che sulle cose, provocato vuoi da cause naturali che da azioni umane, nel quale però le strutture fondamentali della società rimangono nella quasi totalità intatte, efficienti ed agibili.

Centro Operativo: è in emergenza l’organo di coordinamento delle strutture di protezione civile sul territorio colpito, ed è costituito da un’Area Strategia, nella quale afferiscono i soggetti preposti a prendere decisioni, e da una Sala Operativa, strutturata in funzioni di supporto. La DI.COMA.C. (Direzione Comando e Controllo) esercita, sul luogo dell’evento, il coordinamento nazionale; il C.C.S. (Centro Coordinamento Soccorsi) gestisce gli interventi a livello provinciale attraverso il coordinamento dei C.O.M. (Centro Operativo Misto) che operano sul territorio di più Comuni in supporto all’attività dei Sindaci; il C.O.C. (Centro Operativo Comunale), presieduto dal Sindaco, provvede alla direzione dei soccorsi e dell’assistenza della popolazione del comune.

Centro Situazioni: è il centro nazionale che raccoglie e valuta informazioni e notizie relative a qualsiasi evento che possa determinare l’attivazione di strutture operative di protezione civile. In situazioni di emergenza si attiva come Sala Operativa a livello nazionale.

Commissario delegato: è l’incaricato da parte del Consiglio dei Ministri per l’attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza (eventi di tipo "c" - art. 2, L.225/92).

Continuità amministrativa: il mantenimento delle attività amministrative fondamentali volto a garantire l’organizzazione sociale in situazioni di emergenza.

Coordinamento operativo: è la direzione unitaria delle risposte operative a livello nazionale, provinciale e comunale.

Evento atteso: rappresenta l’evento, in tutte le sue caratteristiche (intensità, durata ecc.), che la Comunità Scientifica si aspetta possa accadere in una certa porzione di territorio, entro un determinato periodo di tempo.

Evento non prevedibile: l’avvicinarsi o il verificarsi di tali eventi non è preceduto da alcun fenomeno (indicatore di evento) che consenta la previsione.

Evento prevedibile: un evento si definisce prevedibile quando è preceduto da fenomeni precursori.

Evento: fenomeno di origine naturale o antropica in grado di arrecare danno alla popolazione, alle attività, alle strutture e infrastrutture, al territorio. Gli eventi, ai fini dell’attività di protezione civile, si distinguono in: a) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che per intensità ed estensione devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari (art. 2, L.225/92).

Fasi operative: è l’insieme delle azioni di protezione civile centrali e periferiche da intraprendere prima (per i rischi prevedibili), durante e dopo l’evento; le attivazioni delle fasi precedenti all’evento sono legate ai livelli di allerta (attenzione, preallarme, allarme).

Funzioni di supporto: costituiscono l’organizzazione delle risposte, distinte per settori di attività e di intervento, che occorre dare alle diverse esigenze operative. Per ogni funzione di supporto si individua un responsabile che, relativamente al proprio settore, in situazione ordinaria provvede all’aggiornamento dei dati e delle procedure, in emergenza coordina gli interventi dalla Sala Operativa.

Indicatore di evento: è l’insieme dei fenomeni precursori e dei dati di monitoraggio che permettono di prevedere il possibile verificarsi di un evento.

Lineamenti della pianificazione (Parte B del Piano secondo il metodo Augustus): individuano gli obiettivi da conseguire per dare una adeguata risposta di protezione civile ad una qualsiasi situazione di emergenza e le competenze dei soggetti che vi partecipano.

Livelli di allerta: scandiscono i momenti che precedono il possibile verificarsi di un evento e sono legati alla valutazione di alcuni fenomeni precursori o, in alcuni casi, a valori soglia. Vengono stabiliti dalla Comunità Scientifica. Ad essi corrispondono delle fasi operative.

Modello di intervento (Parte C del Piano secondo il metodo Augustus): consiste nell’assegnazione delle responsabilità nei vari livelli di comando e controllo per la gestione delle emergenze, nella realizzazione del costante scambio di informazioni nel sistema centrale e periferico di protezione civile, nell’utilizzazione delle risorse in maniera razionale. Rappresenta il coordinamento di tutti i centri operativi dislocati sul territorio.

Modello integrato: è l’individuazione preventiva sul territorio dei centri operativi e delle aree di emergenza e la relativa rappresentazione su cartografia, e/o immagini fotografiche e/o da satellite. Per ogni centro operativo i dati relativi all’area amministrativa di pertinenza, alla sede, ai responsabili del centro e delle funzioni di supporto sono riportati in banche-dati.

Modulistica: schede tecniche, su carta e su supporto informatico, finalizzate alla raccolta e all’organizzazione dei dati per le attività addestrative, di pianificazione e di gestione delle emergenze.

Parte generale (Parte A del Piano secondo il metodo Augustus): è la raccolta di tutte le informazioni relative alla conoscenza del territorio e ai rischi che incombono su di esso, alle reti di monitoraggio presenti, alla elaborazione degli scenari.

Pericolosità (H): è la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità (I) si verifichi in un dato periodo di tempo ed in una data area.

Pianificazione d’emergenza: l’attività di pianificazione consiste nell’elaborazione coordinata delle procedure operative d’intervento da attuarsi nel caso si verifichi l’evento atteso contemplato in un apposito scenario. I piani di emergenza devono recepire i programmi di previsione e prevenzione.

Potere di ordinanza: è il potere del Commissario delegato, in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza, di agire anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Procedure operative: è l’insieme delle attivazioni-azioni, organizzate in sequenza logica e temporale, che si effettuano nella gestione di un’emergenza. Sono stabilite nella pianificazione e sono distinte per tipologie di rischio.

Programmazione: L’attività di programmazione è afferente alla fase di previsione dell’evento, intesa come conoscenza tecnico scientifica dei rischi che insistono sul territorio, nonché alla fase della prevenzione intesa come attività destinata alla mitigazione dei rischi stessi. Il risultato dell’attività di programmazione sono i programmi di previsione e prevenzione che costituiscono il presupposto per la pianificazione d’emergenza.

Rischio (R): è il valore atteso delle perdite umane, dei feriti, dei danni alle proprietà e delle perturbazioni alle attività economiche dovuti al verificarsi di un particolare fenomeno di una data intensità. Il rischio totale è associato ad un particolare elemento a rischio E e ad una data intensità I è il prodotto: R (E;I) = H (I) V (I;E) W(E).

Gli eventi che determinano i rischi si suddividono in prevedibili (idrogeologico, vulcanico) e non prevedibili (sismico, chimico-industriale, incendi boschivi).

Risposta operativa: è l’insieme delle attività di protezione civile in risposta a situazioni di emergenza determinate dall’avvicinarsi o dal verificarsi di un evento calamitoso.

Sala Operativa: è l’area del centro operativo, organizzata in funzioni di supporto, da cui partono tutte le operazioni di intervento, soccorso e assistenza nel territorio colpito dall’evento secondo quanto deciso nell’Area Strategia.

Salvaguardia: l’insieme delle misure volte a tutelare l’incolumità della popolazione, la continuità del sistema produttivo e la conservazione dei beni culturali.

Scenario dell’evento atteso: è la valutazione preventiva del danno a persone e cose che si avrebbe al verificarsi dell’evento atteso.

Sistema di comando e controllo: è il sistema per esercitare la direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello nazionale, provinciale e comunale e si caratterizza con i seguenti centri operativi: DI.COMA.C., C.C.S., C.O.M. e C.O.C..

Soglia: è il valore del/i parametro/i monitorato/i al raggiungimento del quale scatta un livello di allerta.

Stato di calamità: prevede il ristoro dei danni causati da qualsiasi tipo di evento, alle attività produttive e commerciali.

Stato di emergenza: al verificarsi di eventi di tipo "c" (art. 2, L.225/92) il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale. Tale stato prevede la nomina di un Commissario delegato con potere di ordinanza.

Strutture effimere: edifici presso i quali di regola si svolgono attività ordinarie (scuole, palestre ecc.), mentre in emergenza diventano sede di centri operativi.

Valore esposto (W): rappresenta il valore economico o il numero di unità relative ad ognuno degli elementi a rischio in una data area. Il valore è in funzione del tipo di elemento a rischio: W = W (E).

Vulnerabilità (V): è il grado di perdita prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno di una data intensità. È espressa in scala da 0 (nessuna perdita) a 1 (perdita totale) ed è in funzione dell'intensità del fenomeno e della tipologia di elemento a rischio: V = V (I; E).

 

Le definizioni di Rischio, Pericolosità, Vulnerabilità e Valore Esposto sono tratte da: UNESCO (1972) Report of consultative meeting of experts on the statistical study of natural hazard and their consequences. Document SC/WS/500 pagg. 1-11.

 

 

 

 

 

 

Direttore: Dott. Remo TERNULLO - Sindaco

Direttore Responsabile: Paolo MAGNANO

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Aggiornato il: 03 luglio 2000